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«Il comunismo per noi non è uno stato di cose che debba essere instaurato, un ideale al quale la realtà dovrà conformarsi. Chiamiamo comunismo il movimento reale che abolisce lo stato di cose presente. Le condizioni di questo movimento risultano dal presupposto ora esistente»

(K. Marx)

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Primo maggio di festa o di lotta?

Primo maggio di festa o di lotta? - Lotta Continua

Di ragioni per cui festeggiare ne abbiamo ben poche, numerosi invece sono i motivi per indignarsi e lottare. Ma di lotte in giro ne vediamo ben poche, istanze frammentate e scollegate tra di loro, vertenze aziendali legate alla chiusura della produzione, presidi e picchetti contro i licenziamenti. Mentre scriviamo apprendiamo del licenziamento di due delegati nella Sda appartenenti al Sindacato Generale di Base. Anche quest' anno non mancheranno manifestazioni del 1° Maggio, a Bologna, a Roma, a Milano, a Taranto dove all'Ilva è stata sospesa la trattativa per la volontà della nuova società di ridurre salari e organici aziendali. Ma tutte queste manifestazioni sono frutto di singole organizzazioni sindacali, i rapporti anche tra le sigle conflittuali non sono idilliaci e così vengono meno appuntamenti unitari, parole d'ordine comuni e per portare in piazza numeri maggiori di lavoratori e lavoratrici.

Il 1° Maggio per troppi anni è stata una giornata di festa all'insegna del pic nic all'aria libera, partiti di sinistra e sindacati hanno fatto di tutto perché si rientrasse nella normalità, quella normalità che scambia ormai la parola liberazione con libertà o il primo maggio come rimembranza del passato.

Di motivi per lottare nel 2018 ce ne sono fin troppi, basta solo ricordare le pensioni ormai alla soglia di 70 anni di età, le troppo numerose malattie contratte sui luoghi di lavoro, la lista troppo corta delle malattie professionali riconosciute dall'Inail, i quasi 4 morti sul lavoro al giorno, la precarietà del lavoro trasformatasi ormai in precarietà esistenziale.

I licenziamenti politici sono in continua crescita, magari travestiti da provvedimenti disciplinari, in questi anni hanno alimentato codici disciplinari, codici etici, le imprese impiegano loro consulenti e uomini per spiare i dipendenti, per passare in rassegna le pagine dei social network e colpire ogni commento giudicato lesivo per la immagine aziendale.

Basta un semplice like per essere licenziati, nel pubblico impiego poi il danno di immagine costa doppio per l'inchiesta della Corte dei Conti.

Mai come oggi le agibilità sindacali e politiche nei luoghi di lavoro sono state così ridotte, hanno alimentato un clima di paura e di rassegnazione, la paura di perdere il posto determina atteggiamenti di passività e spesso di collaborazione con i vertici aziendali.

Dove esisterebbero maggiori spazi di iniziativa non si intravedono segnali di cambiamento, parliamo del pubblico impiego dove alle ultime elezioni Rsu i consensi di Cgil Cisl Uil e sindacati autonomi sono rimasti invariati nonostante abbiano taciuto davanti a 9 anni di blocco dei salari e della contrattazione.

Memoria corta o subalternità? Non siamo di fronte a un accordo tacito tra sindacati complici del governo e lavoratori? Un accordo tacito costruito in anni di clientelismo, di quieto vivere, di luoghi comuni, per esempio pur in presenza di scarsa produttività il nostro lavoro sarebbe al riparo da licenziamenti, un compromesso rafforzato dal welfare aziendale, da sanità e previdenza integrativa che trasformano il sindacalista in una sorta di piazzista.

I lavoratori non sono più capaci di indignarsi, non lo fanno che sporadicamente e individualmente ma quasi più come forza collettiva. E senza l'agire collettivo non potranno esserci forze sufficienti in grado di cambiare lo stato delle cose presenti.

Il 1° Maggio 2018 costituisce motivo di riflessione oltre che di partecipazione alle poche iniziative conflittuali previste. In Toscana noi saremo davanti alla base Usa di Camp Darby, nel Nord alle manifestazioni di Torino e di Milano, appuntamenti importanti che vedranno protagonisti e partecipi i lavoratori subordinati, i rider, i pensionati e gli studenti, i collaboratori con partita iva, i precari. È il variegato mondo del lavoro all'insegna della precarietà il terreno dove operare per ricomporre un soggetto conflittuale, non dimentichiamoci delle fabbriche, del terziario e del facchinaggio, non siamo certo noi a stabilire acriticamente una figura lavorativa per eccellenza elevandola a emblema del conflitto.

Potremmo parlare dei facchini, dei rider, dei raccoglitori di pomodoro o degli operai in Fiat, lavoratori così diversi tra di loro ma uniti dallo sfruttamento che ogni giorno subiscono da differenti datori di lavoro.

Non ci siamo mai innamorati delle formule astratte, siamo invece convinti che la ricomposizione di un percorso conflittuale possa avvenire nel rispetto di tutte le vertenze in corso senza primogeniture o schematismi. se vogliamo cambiare lo stato delle cose presenti bisogna avere l'umiltà di ascoltare, capire, interagire con tutte le vertenze in corso, farlo per arricchire la conoscenza del mondo del lavoro e rilanciare una iniziativa di lotta all'altezza della situazione, per ricomporre e non dividere, per andare avanti e non guardarci indietro.

Il primo maggio 2018 per noi è anche l'occasione per denunciare le crescenti disparità economiche e sociali, crescono le disuguaglianze e se ne rende conto anche il Documento economico finanziario del Governo. Poi abbiamo le gabbie salariali, le gabbie sociali con la fidelizzazione della cittadinanza che ha preso piede in Inghilterra ma che poi ritroviamo in Cina con una sorta di punteggio assegnato ai cittadini e vincolante per accedere al sistema di credito sociale in via di sperimentazione. I comportamenti dei singoli saranno dirimenti per accedere ai servizi, una grande gabbia dentro la quale saranno ammessi solo comportamenti compatibili con la salvaguardia di un sistema da cui dipenderà anche la condizione di vita, il tipo di lavoro e l'accesso alla istruzione e ai servizi statali. La società della performance è ormai dilagante, si manifesta ovunque con le sue imposizioni sociali a difesa dello status quo.

E nella gabbia delle compatibilità capitalistiche non c'è futuro per il protagonismo delle classi sociali meno abbienti ma perfino per i diritti di cittadinanza con la crescente disuguaglianza, la povertà assoluta, il limitato accesso alla istruzione, la speranza di vita che sta diminuendo, etc.

La desertificazione della scuola e dell'università, la crisi che colpisce gli under 40 figli della precarietà lavorativa e sociale, la crisi delle famiglie e dei loro consumi dimostrano che la società odierna è sempre più caratterizzata da disuguaglianze e da meccanismi totalitari contro i quali dovremo costruire un conflitto a tutto campo, dalla cultura al mondo del lavoro, dalla società alle scuole. Sta qui il significato del 1° Maggio conflittuale di cui ci facciamo carico.

I COMPAGNI E LE COMPAGNE DELLA REDAZIONE DI LOTTA CONTINUA.

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