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«Il comunismo per noi non è uno stato di cose che debba essere instaurato, un ideale al quale la realtà dovrà conformarsi. Chiamiamo comunismo il movimento reale che abolisce lo stato di cose presente. Le condizioni di questo movimento risultano dal presupposto ora esistente»

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Scenari economici di guerra... in Medio Oriente e non solo

Scenari economici di guerra... in Medio Oriente e non solo

In un recente libro, Shock Politics, la giornalista americana Naomi Klein indaga le ragioni del successo elettorale di Trump e analizza la devastazione sociale operata da 30 anni a questa parte nel suo paese. Consigliamo l'agevole lettura del testo soprattutto laddove parla della Cleptocazia senza regole, la gestione dell'emergenza in Florida dopo l'uragano Katrina, la violenta deportazione dei poveri e individua nella grandi compagine petrolifere e delle armi gli assi portanti delle politiche economiche e sociali di Trump .
Una inchiesta giornalistica meritevole di lettura perché ci riporta a quanto sta accadendo in queste ore in Medio Oriente.

Il ricorso sistematico alla guerra è funzionale alla strategia internazionale di Trump, permette l'innalzamento dei prezzi petroliferi, alimenta il commercio e la produzione di armi, aiuta la espansione dei contractor, militarizza l'immaginario collettivo e alimenta la paura di un attacco terroristico che giustifica tagli sociali a vantaggio della sicurezza.

Allo stesso tempo l'attenzione dei Media si sposta dagli affari interni agli Usa, i riflettori non sono più puntati sulla famiglia Trump e sugli scandali e si rafforza l'asse con paesi come Arabia Saudita, Turchia e soprattutto Israele
Dietro all'attacco all'Iran e alle sanzioni si cela soprattutto una guerra economica alle piccole e medie imprese europee, italiane in primis . Stando a Il Sole 24 Ore, il giro di affari tra Iran e Italia è di 27 miliardi, 2 miliardi di export attesi, con il rischio di perdere un business da 30 miliardi. Gli Usa impongono anche la chiusura dei vecchi contratti e promettono, in caso di diniego, sanzioni con quel “principio di extraterritorialità”  che ricorda la pax dell'Impero Romano e crediamo abbia poco a che vedere con il diritto ossia la possibilità di sanzionare tutte le imprese straniere che fanno affari con un paese verso cui gli Usa hanno applicato un embargo.

Trattasi di un ricatto terroristico (chiamiamolo con il suo nome) all'economia europea, in un colpo solo si accontenta Israele, si lasciano impuniti gli attacchi dei Turchi ai Kurdi e se l'Europa non asseconda la politica Usa si promette al vecchio continente di bloccarne le esportazioni oltreoceano, magari presentando queste misure come salvaguardia del prodotto americano e della classe operaia a stelle e strisce.

Ma l'obiettivo potrebbe essere anche un altro, ossia imporre ad alcuni marchi Europei, italiani inclusi, di spostare la produzione negli Usa e a quel punto mettere al sicuro i Marchi da eventuali ritorsioni Usa contro le aziende esportatrici verso i paesi soggetti a sanzioni.

  Del resto le aziende italiane che hanno export con l'Iran sono in ambiti ricercati come la meccanica (componentistica  macchinari), la chimica, le infrastrutture industriali legate ai petrolchimici e il settore elettrico senza dimenticare armi, aerei commerciali e non solo.



Nel frattempo l'Arabia Saudita promette di intensificare la esportazione di petrolio in cambio di nuovi rifornimenti di armi (quasi nessuno parla della sanguinosa guerra che l'Arabia sta conducendo nello Yemen), Francia e Germania sono all'opera per evitare sanzioni alle loro multinazionali.

E l'Italia?

Lascia la parola agli imprenditori che lamentano i rischi connessi alle sanzioni ma già stanno studiando le forme migliori per salvaguardare il loro business, inclusa la chiusura di qualche produzione per trasferirla negli Usa. Il benestare di Gentiloni ai bombardamenti in Siria si sta dimostrando un boomerang. Nel frattempo, nessuno dice che sono proprio gli istituti finanziari non italiani a gestire le transazioni economiche in Iran e anche questo aspetto giocherà un ruolo determinante nella soluzione della crisi. Resta il fatto che la politica estera dell'Italia non esiste se non nel senso di assecondare Usa e Nato (basta vedere il vergognoso Giro d'Italia in Israele), incapace di far valere perfino gli interessi nazionali augurandosi che almeno Germania e Francia si attivino per salvaguardare gli interessi dell'Ue e di conseguenza anche del nostro paese.

 La giustificazione da piu' parti addotta, secondo cui il problema sarebbe l'assenza di un Governo ,è facilmente smontabile: non manca solo un Governo all'Italia ma una  politica internazionale ed economica del tutto autonoma dagli Usa il che non aiuta neppure le aziende italiane e il loro export.

Ma di sicuro questa sudditanza fa felici produttori ed esportatori di armi che con l'inizio della Presidenza Trump stano facendo grandi affari in varie aree geografiche del mondo

 FEDERICO GIUSTI REDAZIONE PISANA

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