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«Il comunismo per noi non è uno stato di cose che debba essere instaurato, un ideale al quale la realtà dovrà conformarsi. Chiamiamo comunismo il movimento reale che abolisce lo stato di cose presente. Le condizioni di questo movimento risultano dal presupposto ora esistente»

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Tempo determinato: le critiche da destra di PD e padroni

Tempo determinato: le critiche da destra di PD e padroni

Il Governo ha licenziato il decreto dignità. Dal Pd e dagli ambienti padronali la critica piu' gettonata è stata quella di volere favorire la disoccupazione come se occupazione fosse sinonimo di precarietà. E' questo l'aspetto saliente di una critica " da destra" al decreto dignità mentre "da sinistra", e a ragione, si è manifestata opposizione al ritorno del voucher.

Il sindacato nel suo complesso è stato silente spettatore, eppure le assunzioni flessibili e la precarietà dovrebbero essere oggetto di spietata critica. E poi se la ripresa occupazionale dipende dai contratti a tempo, qualcuno vorrà spiegarci cosa si intenda per occupazione ?  Eppure esiste una linea di continuità tra la Fornero  e il decreto dignità nel senso che entrambi hanno reso meno conveniente, per le imprese, il contratto a tempo, ovviamente con idee sfumature diverse. 

L’innalzamento della contribuzione sul lavoro a tempo avrà anche ripercussioni sulle agenzie per il lavoro che caricheranno a loro volta il costo aggiuntivo su chi materialmente utilizzerà il lavoratore.  

 

La domanda dirimente resta quella di come favorire la ripresa occupazionale che per noi resta quella dei contratti a tempo indeterminato. Da anni viene detto che il cuore del problema sia la riduzione dell'onere contributivo, basti pensare che perfino il versamento delle aziende in caso di licenziamento di un tempo indeterminato venne presentato come misura necessaria al finanziamento della Naspi anche se fortemente criticata in nome del principio che le imprese vanno aiutate e sgravate di oneri e impegni burocratici

Ad oggi l'apprendistato resta il contratto piu' favorevole per le imprese che tornano a chiedere bonus e aiuti vari, incentivi a fondo perduto senza garantire gli investimenti e le innovazioni necessarie.

Ma quanto paga una azienda per un contratto a termine? Non è facile saperlo, da fonti industriali viene detto che oggi pagherebbero 270 euro in piu' rispetto a un contratto stabile, ma se cio' fosse vero per quale ragione allora gli industriali tengono tanto ai contratti precari, non converrebbe loro l'assunzione a tempo indeterminato?


 In realtà siamo in presenza di un contributo in piu' pari allo 0,5% per ciascun rinnovo di un contratto a termine, somministrazione inclusa.

 

L'obiettivo della polemica quindi si scopre ben altro, ossia rimettere mano a tutto il sistema per cancellare non solo questo contributo previsto dal decreto Dignità mirando direttamente anche a rimuovere il contributivo previsto dalla Fornero fin dal 1993. Si critica allora il decreto dignità per arrivare ad altro: la cancellazione di ogni aggravio per le imprese per le assunzioni con contratti flessibili, il de-finanziamento della Naspi per far ricadere il costo della cassa sempre piu' sulle spalle della fiscalità generale sgravando le imprese da ogni impegno economico. 

 

Il numero dei contratti a tempo determinato negli ultimi anni è stato in costante aumento, non sono stati certi i contributi aggiuntivi a scoraggiare il ricorso alla precarietà se pensiamo che a tempo determinato è oltre il 70% dei contratti complessivi con aumento maggiore negli ultimi anni.

Un altro obiettivo padronale, oltre a scaricare sulla collettività ogni costo relativo al lavoro è la possibilità di reiterare i contratti precari per piu' tempo, non a caso da Il sole 24 ore al Pd tutti si sono sperticati nel dire che perderemo 8 mila posti di lavoro portando il limite del tempo determinato da 26 a 24 mesi.

Anche in questi giorni abbiamo toccato con mano come le critiche al Governo (non certo nostro amico) finiscano con lo sposare le teorie dei padroni, incapaci di cogliere le poche novità e di avanzare proposte radicali come l'incremento degli oneri per i contratti precari chiedendo ai datori di lavoro maggiori contributi per le politiche attive e passive del lavoro.

Un ritardo culturale condito da miopia politica e dalla incapacità di costruire un punto di vista di classe in una diatriba che rischia di vedere come  soli protagonisti Governo e padroni.

 A buon intenditor non servono altre parole!

Pubblicato da Delegati e Lavoratori Indipendenti Pisa

 

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