La notizia dello spacchettamento di una nuova base militare, inizialmente prevista a Coltano, tra Pisa e Pontedera scuote la Toscana, a poco più di un anno della scoperta del progetto che era stato tenuto segreto dalle istituzioni nazionali, regionali e locali. Dopo le poteste e la nascita del movimento No Base, che il 2 giugno del 2022 aveva portato in strada diecimila persone per opporsi all’ennesima cementificazione del territorio per scopi militari, il piano per la base a Coltano, nel territorio del parco naturale di San Rossore, era stato accantonato in favore di un suo spezzettamento.
È così che Governo, Regione, Provincia, Comune e Ente Parco hanno lavorato in assoluto silenzio fino al lapidario comunicato del tavolo interistituzionale del 6 settembre: il centro addestramento e gli alloggi per i militari (battaglione Tuscania, GIS e cinofili) sorgeranno a Pisa, riconvertendo l’area Cisam, mentre a Pontedera si realizzerà la pista per l’addestramento alla guida dei veicoli militari e un poligono di tiro. Il tutto in cambio della piantumazione di dodicimila nuovi alberi, senza indicazione di costi e coperture, con vaghe promesse di limitare l’impatto ambientale.
Al netto di tecnicismi e fuffa retorica, il dato politico fondamentale è che la militarizzazione del territorio è la via bipartisan scelta per uscire dalle difficoltà economiche in cui versa il Paese. A fronte di una crisi che investe industria e produzione, il Governo risponde con tagli alle spese sociali e investimenti nel settore di “guerra e repressione” (siamo a 38 mld di spesa annua), in piena subordinazione alla macchina imperialista Nato e al servizio degli interessi dei gruppi privati del settore “difesa” (Leonardo) ed energia (Eni).
La nuova base prevista tra Pisa e Pontedera dimostra la piena convergenza di interessi tra le due bande affaristiche che si contendono la guida del Paese: il centro destra guidato da Fratelli d’Italia e il centro “sinistra” guidato dal Partito Democratico. Governo, Regione e Comuni uniti in nome del cemento e della guerra.
Di fronte a queste nefandezze, il movimento No Base è chiamato ad un ulteriore passo in avanti. Se in questo anno la mobilitazione non si è mai fermata, con decine di assemblee, momenti informativi, eventi organizzati in Toscana e in giro per l’Italia, il momento attuale richiede un salto qualitativo.
Occorre creare un movimento territoriale di “massa”, in grado di uscire dagli abituali recinti della militanza politica e che coinvolga lavoratori, studenti, cittadini dell’intera area pisana.
In ballo c’è un modello di sviluppo improntato alla devastazione ambientale, legato agli apparati militari e piegato alla logica del profitto privato. Niente di più lontano dagli interessi popolari e di classe.
Governo e enti locali scelgono di investire centinaia di milioni di euro nell’ennesima base militare, mentre le case popolari cadono a pezzi, le liste di attesa per la sanità sono sempre più lunghe, così come le attese al Pronto Soccorso, solo per citare due emergenze macroscopiche. Il progetto iniziale del nuovo centro militare prevedeva di finanziare una parte del progetto (circa 190 milioni di euro) con i fondi di coesione sociale!
Sabotare questo progetto di cemento e morte è un imperativo politico ineludibile per tutte le forze politiche della sinistra di classe. Occorre superare i settarismi e il “paradigma della sconfitta” per una battaglia di lunga durata contro il piano della nuova base. Si può e si deve tornare a coinvolgere tutti quei settori di classe che saranno impattati direttamente da questa base.
Ogni euro speso per la base significa un peggioramento del servizio sanitario pubblico, un taglio ai posti di asili nido e scuole pubbliche, un ulteriore allungamento delle liste di attesa per gli alloggi pubblici.
Questa deve essere la base di partenza su cui costruire una opposizione dura e senza sconti a questo progetto di devastazione militar-industriale, che sia all’altezza della sfida posta dallo Stato al territorio pisano.