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venerdì, 20 Settembre 2024

«Il comunismo per noi non è uno stato di cose che debba essere instaurato, un ideale al quale la realtà dovrà conformarsi. Chiamiamo comunismo il movimento reale che abolisce lo stato di cose presente. Le condizioni di questo movimento risultano dal presupposto ora esistente»

[K. Marx]

Tonino Miccichè: la memoria per il presente

Qua­ran­ta­set­te anni fa, nel quar­tie­re del­la Fal­che­ra, a Nord di Tori­no, nel cor­so del­la più gran­de occu­pa­zio­ne di case del­la Cit­tà, veni­va assas­si­na­to Toni­no Mic­ci­chè da una guar­dia giu­ra­ta iscrit­ta alla Cisnal, il sin­da­ca­to fasci­sta del tem­po.

Ricor­da­re­To­ni­no non è un’operazione “memo­ria­li­sta”. Voglia­mo richia­ma­re la memo­ria di un com­pa­gno che, nel­la sua bre­ve vita, ha sin­te­tiz­za­to un per­cor­so di lot­te pro­le­ta­rie con­dot­te in attac­co fra la fine degli anni Ses­san­ta e la pri­ma metà degli anni Set­tan­ta. Per LOTTA CONTINUA Toni­no per­so­ni­fi­ca uno dei pas­sag­gi più intel­li­gen­ti del­la sua pra­ti­ca poli­ti­ca: l’elaborazione e la mes­sa in atto del pro­gram­ma “Pren­dia­mo­ci la cit­tà”.

Toni­no, giun­ge a Tori­no con il “tre­no del Sole” nel 1966, all’età di 16 anni da Pie­tra­per­zia, in pro­vin­cia di Enna. Assun­to alle Mec­ca­ni­che di Mira­fio­ri diven­ta un espo­nen­te di quel for­mi­da­bi­le con­flit­to che oppo­ne la “nuo­va clas­se ope­ra­ia” del­le fab­bri­che tori­ne­si alla Fiat e al capi­ta­li­smo tori­ne­se.

Agli ini­zi del ’73 i maz­zie­ri fasci­sti si distin­guo­no per le loro “impre­se “ che par­to­no dal covo mis­si­no di Cso Fran­cia 19. Com­pa­gni ven­go­no aggre­di­ti in piaz­za Adria­no, davan­ti al liceo Cavour e alla por­ta 17 di Mira­fio­ri. Il 27 gen­na­io un impo­nen­te cor­teo di stu­den­ti per­cor­re le vie cen­tra­li di Tori­no; nei pres­si di Por­ta Palaz­zo un grup­po di squa­dri­sti cer­ca­no di pro­vo­ca­re la mani­fe­sta­zio­ne basto­nan­do un com­pa­gno ope­ra­io. Ver­so le 20 del­lo stes­so gior­no un grup­po di com­pa­gni, inten­zio­na­to a chie­de­re con­to del com­por­ta­men­to squa­dri­sta, si ritro­va nei pres­si di cor­so Fran­cia 19. Il covo fasci­sta, come sem­pre, è ben pro­tet­to dal­la poli­zia che rea­gi­sce spa­ran­do ad altez­za d’uomo con­tro i com­pa­gni. Ven­go­no feri­ti due com­pa­gni di LOTTA CONTINUA e arre­sta­ti Car­lo e Andrea, nipo­te di Pie­ro Gobet­ti. Altri 25 com­pa­gni di Lot­ta Con­ti­nua saran­no arre­sta­ti nei gior­ni seguen­ti. Toni­no, vie­ne fer­ma­to men­tre sta entran­do in fab­bri­ca; dopo 3 mesi di car­ce­re a Pesca­ra sarà rimes­so in liber­tà per “man­can­za di indi­zi” Intan­to la Fiat ha prov­ve­du­to a licen­ziar­lo.        Toni­no diven­ta respon­sa­bi­le del “set­to­re casa” di Lot­ta Con­ti­nua e par­te­ci­pa atti­va­men­te alla lot­ta per la casa e alle occu­pa­zio­ni cit­ta­di­ne degli anni 74–75, in par­ti­co­la­re all’occupazione del­la Fal­che­ra Nuo­va.      Diri­ge, da mili­tan­te comu­ni­sta, il con­flit­to con il Comu­ne cit­ta­di­no per riven­di­ca­re il dirit­to alla casa e l’assegnazione degli appar­ta­men­ti IACP.

In un’intervista com­par­sa su Lot­ta Con­ti­nua del 15 novem­bre 1974 affer­ma: “ È impor­tan­te che que­sta lot­ta non si fer­mi. Que­sta for­ma di orga­niz­za­zio­ne deve esten­der­si. Se andia­mo a guar­da­re bene, non è un’organizzazione nuo­va, è un’organizzazione già spe­ri­men­ta­ta nel­le fab­bri­che, anche per­ché i com­pa­gni che occu­pa­no sono i com­pa­gni di fab­bri­ca. Ci rial­lac­cia­mo diret­ta­men­te all’organizzazione dei dele­ga­ti di squa­dra. Il dele­ga­to di fab­bri­ca rap­pre­sen­ta gli inte­res­si del­la squa­dra, il dele­ga­to di sca­la è l’espressione dei suoi com­pa­gni di sca­la. Qui man­ca­va il gas, l’acqua, la luce, i com­pa­gni han­no rispo­sto facen­do tut­to: abbia­mo elet­tri­ci­sti, idrau­li­ci, il Comi­ta­to di Lot­ta li ha orga­niz­za­ti. Abbia­mo mes­so in pie­di anche un asi­lo.”

Per noi ricor­da­re Toni­no ha sen­so solo se que­sto si col­le­ga e si fon­de con le pra­ti­che di lot­ta odier­na, in pri­mo luo­go quel­le per il dirit­to alla casa e con­tro gli sfrat­ti, con­flit­ti che a Tori­no sono ripre­si con l’appoggio dei cen­tri socia­li cit­ta­di­ni. Il pro­le­ta­ria­to metro­po­li­ta­no tori­ne­se sta ritor­nan­do riven­di­ca­re e a lot­ta­re per il pro­prio dirit­to natu­ra­le alla casa con­tro la ren­di­ta e la spe­cu­la­zio­ne edi­li­zia.

Toni­no sareb­be sicu­ra­men­te al loro fian­co.

Testi­mo­nian­za di Enzi­no di Calo­ge­ro, ripre­sa da Cor­ra­do San­nuc­ci, Lot­ta Con­ti­nua. Gli uomi­ni dopo, pag 125.

“Era appe­na dopo la ver­ten­za del ’70, gli ester­ni del­la por­ta 18 del­le Mec­ca­ni­che mi par­la­va­no con entu­sia­smo di un cer­to Toni­no, un ragaz­zo mol­to atti­vo nel tur­no oppo­sto al mio. Un nuo­vo mili­tan­te per Lot­ta Con­ti­nua era cer­ta­men­te un even­to impor­tan­te, ma per me ave­va un signi­fi­ca­to par­ti­co­la­re. Ave­vo sapu­to che que­sto mio com­pa­gno era del mio stes­so pae­se, Pie­tra­per­zia, in Sici­lia, pro­vin­cia di Enna. Mi chie­de­vo chi potes­se esse­re que­sto com­pae­sa­no; a Pie­tra­per­zia i gio­va­ni a qual­sia­si ceto socia­le appar­te­nes­se­ro, si cono­sce­va­no tut­ti, alme­no di vista, per­ché s’incontravano a pas­seg­gia­re con il pro­prio grup­po, in piaz­za con il vesti­to buo­no o davan­ti alla chie­sa la dome­ni­ca, per guar­da­re le ragaz­ze chje usci­va­no dal­la mes­sa. Non sape­vo in qua­le grup­po col­lo­car­lo: e poi quel nome, Toni­no, un dimi­nu­ti­vo inso­li­to per il mio pae­se. Teme­vo che fos­se un figlio di emi­gra­ti, caso­mai nato già a Tori­no, sareb­be sta­ta una mez­za delu­sio­ne. Ero ansio­so di incon­trar­lo. Un gior­no men­tre gio­ca­vo a cal­cet­to al bar di cor­so San Mau­ri­zio, sen­tii alle mie spal­le la voce di un sici­lia­no alle­gro e sfot­ten­te che dice­va: “salu­tam­mo la cum­pa­gnia”. Era lui. Lo cono­sce­vo da sem­pre e da sem­pre si cono­sce­va­no e si rispet­ta­va­no le nostre fami­glie. Da pic­co­lo ave­vo gio­ca­to con lui per­ché abi­ta­va nel quar­tie­re di mia non­na e di mo zio e allo­ra lo chia­ma­vo Nino. L’amicizia naque in un istan­te. Ci fece diven­ta­re fra­tel­li di una fra­tel­lan­za inim­ma­gi­na­bi­le, come quel­la di inter­na­ti in un cam­po di con­cen­tra­men­to. Non ho mai cono­sciu­to un mili­tan­te più stu­pi­to e diver­ti­to di lui prer le tra­sfor­ma­zio­ni che la lot­ta col­let­ti­va ope­ra­va sui sin­go­li indi­vi­dui in fab­bri­ca e fuo­ri. Era una per­so­na feli­ce di esse­re un ribel­le, un ribel­le irri­du­ci­bi­le, ma con­sa­pe­vo­le che le giu­ste ragio­ni del­la rivol­ta non doves­se­ro mai indie­treg­gia­re di fron­te agli osta­co­li, di qua­lun­que natu­ra fos­se­ro. Mi impres­sio­na­va ogni vol­ta la sua auda­cia. Davan­ti alla poor­ta 18 lo vidi apo­stro­fa­re una pat­tu­glia del­la poli­zia che sosta­va lì davan­ti: “che ci fate voi qui, que­sto non è il vostroi posto; non lo sape­te che qui lot­tan­do anche per voi?”

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