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giovedì, 21 Novembre 2024

«Il comunismo per noi non è uno stato di cose che debba essere instaurato, un ideale al quale la realtà dovrà conformarsi. Chiamiamo comunismo il movimento reale che abolisce lo stato di cose presente. Le condizioni di questo movimento risultano dal presupposto ora esistente»

[K. Marx]

Considerazioni sulla guerra in corso da un punto di vista di classe

Inter­ven­to di un com­pa­gno del­la reda­zio­ne di Lot­ta Con­ti­nua all’incontro/confronto del 18 feb­bra­io 1923 su “Guer­ra impe­ria­li­sta, cri­si. Gover­no Melo­ni, gover­no dei padro­ni. Pro­mos­so da: FGC Fron­te del­la gio­ven­tù comu­ni­sta, LUME Labo­ra­to­rio Uni­ver­si­ta­rio Metro­po­li­ta­no, csa Vit­to­ria.

Una pre­mes­sa: non sia­mo un’organizzazione poli­ti­ca strut­tu­ra­ta, ma una reda­zio­ne di gior­na­le (che lavo­ra sia sul­la for­ma car­ta­cea, sia su quel­la elet­tro­ni­ca sot­to for­ma di blog e di vari altri siti). Il com­pi­to che ci sia­mo dati è quel­lo di esse­re par­te di un movi­men­to di clas­se e di fun­ge­re da cas­sa di riso­nan­za del­lo stes­so, di esse­re una del­le sue voci, espri­men­do una nostra posi­zio­ne, ma sen­za esse­re pre­clu­si­vi nei con­fron­ti di altre, anzi cer­can­do di crea­re un dia­lo­go che por­ti a con­ver­ge­re e con­flig­ge­re insie­me.

Sia­mo inte­res­sa­ti a costrui­re pre­cor­si con­flit­tua­li con aree poli­ti­che e sin­da­ca­li capa­ci di ela­bo­ra­re e met­te­re in comu­ne idee e pra­ti­che con­se­guen­ti con­tro la guer­ra e sul rap­por­to tra guer­ra e con­flit­to di clas­se, sul nes­so che da sem­pre esi­ste tra guer­ra e guer­ra di clas­se. Que­sto anche per evi­ta­re che il movi­men­to rica­da nel­lo sto­ri­co e ripe­tu­to erro­re di pri­vi­le­gia­re la scel­ta di voler far par­te di uno schie­ra­men­to sce­glien­do uno dei due fron­ti in con­flit­to.

Solo con mol­ta fati­ca si sta facen­do stra­da all’interno del movi­men­to più ampio con­tro la guer­ra la dovu­ta atten­zio­ne rispet­to alle rica­du­te sia eco­no­mi­che sia socia­li che il con­flit­to in cor­so sta cau­san­do ai dan­ni del­le clas­si meno abbien­ti. Il NO net­to a una guer­ra è un valo­re aggiun­to, ma insuf­fi­cien­te a com­pren­de­re la posta in gio­co.

Pare ovvio che se i Gover­ni aumen­ta­no le spe­se mili­ta­ri, se tra le varie opzio­ni la sola che si sce­glie è quel­la di poten­zia­re la pro­du­zio­ne di armi all’infinito, si intra­pren­de la stra­da dell’economia di guer­ra. Seguen­do in que­sto modo la chi­na che in 40 anni ha ali­men­ta­to mise­rie, impo­ve­ri­men­to ed emar­gi­na­zio­ne del­le clas­si popo­la­ri, abbat­ten­do­ne il pote­re di acqui­sto e inde­bo­len­do di con­se­guen­za anche le misu­re socia­li a loro soste­gno.

Osser­via­mo che la stra­da di una sor­ta di “guer­ra laten­te per­ma­nen­te” è sta­ta accen­tua­ta dall’Unione Euro­pea attra­ver­so la “Bus­so­la stra­te­gi­ca euro­pea”, adot­ta­ta lo scor­so anno, ma sul­la qua­le è cala­to un tom­ba­le silen­zio anche da par­te del­le aree più avan­za­te del movi­men­to euro­peo. È un docu­men­to chia­ve, che impe­gna sia mili­tar­men­te, sia eco­no­mi­ca­men­te gli Sta­ti mem­bri in una guer­ra sen­za fine in ogni luo­go nel qua­le gli inte­res­si dell’Unione (ma non solo) sono in gio­co. Una guer­ra che, per­ciò, può esplo­de­re in ogni ango­lo del pia­ne­ta in qual­sia­si momen­to il mer­ca­to lo richie­da.

È una visio­ne stra­te­gi­ca impe­ria­li­sta che ha lo sco­po (come si evin­ce da un docu­men­to del Ser­vi­zio Stu­di del Sena­to del­la Repub­bli­ca) di imple­men­ta­re “la nostra capa­ci­tà di pro­muo­ve­re la nostra visio­ne e difen­de­re i nostri inte­res­si”. E, anco­ra, in rife­ri­men­to alla cri­si ucrai­na “il docu­men­to […] vede ora la luce in un con­te­sto scon­vol­to dal­la cri­si ucrai­na, in cui si mol­ti­pli­ca­no anche nel set­to­re del­la dife­sa e del­la sicu­rez­za, le ini­zia­ti­ve dell’Unione per fra fron­te all’emergenza (come la deci­sio­ne di for­ni­re assi­sten­za mili­ta­re, con mate­ria­li anche leta­li, alle for­ze arma­te ucrai­ne, nell0ambito del­lo Stru­men­to euro­peo per la Pace)”. Poi “Il suo sco­po è infat­ti quel­lo di defi­ni­re gli obiet­ti­vi con­cre­ti per raf­for­za­re la sicu­rez­za dell’Unione e deli­nea­re le sue pro­spet­ti­ve stra­te­gi­che per i pros­si­mi 5 — 10 anni par­ten­do da una visio­ne comu­ne del­le minac­ce che incom­bo­no sull’Europa e dei pos­si­bi­li stru­men­ti per far­vi fron­te”.

Se vol­gia­mo lo sguar­do all’Italia la distru­zio­ne del Red­di­to di cit­ta­di­nan­za, pur con tut­te le con­trad­di­zio­ni che con­tie­ne, è un esem­pio lam­pan­te del­le poli­ti­che con­se­guen­ti alla guer­ra. Al di là del­le spa­ra­te popu­li­ste, uti­li solo per atti­ra­re i gon­zi, secon­do le qua­li con tale misu­ra “si arric­chi­sco­no i truf­fa­to­ri e i nul­la­fa­cen­ti”, il red­di­to di cit­ta­di­nan­za vie­ne sacri­fi­ca­to per poter devia­re le risor­se su altro, sugli arma­men­ti. Così come anche l’i­dea che sia­no suf­fi­cien­ti poli­ti­che atti­ve del lavo­ro per inver­ti­re una dram­ma­ti­ca e ormai qua­si ver­ti­ca­le cadu­ta del pote­re di acqui­sto e di con­trat­ta­zio­ne, quan­do è sta­to distrut­to ogni per­cor­so real­men­te for­ma­ti­vo pri­ma, di inse­ri­men­to poi dei gio­va­ni e dei disoc­cu­pa­ti nel mon­do del lavo­ro. Optan­do inve­ce per la miria­de di cor­si a vico­lo cie­co e a fon­di per­du­ti; quan­do si è costrui­to scien­te­men­te l’impoverimento del lavo­ro tra appal­ti e subap­pal­ti den­tro i qua­li si mate­ria­liz­za la pre­ca­riz­za­zio­ne e si acui­sce in manie­ra espo­nen­zia­le l’impoverimento del­la for­za lavo­ro. Non dimen­ti­chia­mo l’abbandono di ogni ele­men­to di sicu­rez­za sul lavo­ro e rinun­cian­do, da par­te dei gover­ni, a inter­ve­ni­re sul soste­gno al red­di­to e sul­la strut­tu­ra mede­si­ma del mer­ca­to del lavo­ro ponen­do fine alle mol­te­pli­ci for­me di pre­ca­rie­tà.

Oggi, qui, non ci inte­res­sa entra­re nel meri­to di que­stio­ni geo­po­li­ti­che sul­le qua­li ogni osser­va­to­re può sbiz­zar­rir­si in ciò invo­glia­to dagli inte­res­san­tis­si­mi dibat­ti­ti che ogni rete ci pro­pi­na. Sia­mo con­vin­ti che l’ac­cer­chia­men­to del­la Rus­sia avve­nu­to in que­sto decen­nio e quel­lo ai dan­ni del­la Cina sono le rispo­ste impe­ria­li­ste a dife­sa del­la supre­ma­zia del dol­la­ro e del­la Ue e la neces­si­tà di ripren­der­si aree di mer­ca­to (l’Africa ad esem­pio, ma non solo) dove con­so­li­da­ta è la pre­sen­za cine­se e in par­te anche del­la Rus­sia.

La vicen­da para­dos­sa­le, e qua­si comi­ca per come è sta­ta costrui­ta (non per l’esistenza o meno di tali stru­men­ti ma per il tem­pi­smo con il qua­le sta mon­tan­do l’intera nar­ra­zio­ne), dei pal­lo­ni aero­sta­ti­ci cine­si è solo un altro pas­so in dire­zio­ne di un’accelerazione impres­sa a una ten­sio­ne sem­pre più pal­pa­bi­le. Ma anche, e si deve guar­da­re in quel­la dire­zio­ne con atten­zio­ne, deve esse­re osser­va­ta con timo­re per le sue con­se­guen­ze la recen­tis­si­ma comu­ni­ca­zio­ne di inten­ti di Bra­si­le e Argen­ti­na di voler crea­re una mone­ta alter­na­ti­va per gli scam­bi tra que­sti due Pae­si dell’emisfero sud. Per­ché se que­sta mone­ta sarà alla fine adot­ta­ta, e se lo sarà anche dagli altri Pae­si dell’area, rischia di far fra­na­re anche in quest’area l’influenza mone­ta­ria ed eco­no­mi­ca del dol­la­ro. Gli USA, com’è loro abi­tu­di­ne, non sta­ran­no a guar­da­re e non si fati­ca a imma­gi­nar­ne le con­se­guen­ze.

Ciò che si deve sot­to­li­nea­re, e fare in modo che tale aspet­to sia divul­ga­to il più pos­si­bi­le, è riba­di­re lo stret­tis­si­mo nes­so che lega le poli­ti­che impe­ria­li­ste, tra cui la guer­ra rive­ste un posto pre­pon­de­ran­te, e l’attacco alle con­di­zio­ni socia­li e sala­ria­li del­le clas­si meno abbien­ti. Il dupli­ce risul­ta­to che il capi­ta­le ottie­ne in que­sto modo è un’accentuata e per­ma­nen­te mili­ta­riz­za­zio­ne del ter­ri­to­rio con nuo­ve basi NATO e il poten­zia­men­to di quel­le esi­sten­ti, con un con­se­guen­te inve­sti­men­to a tem­po inde­ter­mi­na­to negli arma­men­ti da un lato, dall’altro la pre­ca­riz­za­zio­ne, anche que­sta tem­po­ral­men­te inde­ter­mi­na­ta, di ogni con­di­zio­ne di vita dei pro­le­ta­ri poi­ché il lavo­ro, ma anche la vita mede­si­ma, diven­go­no varia­bi­li dipen­den­ti da altro.

Sia­mo con­sci del­le dif­fi­col­tà che si pro­spet­ta­no in un simi­le per­cor­so, poi­ché si è veri­fi­ca­to un arre­tra­men­to del­le for­ze sin­da­ca­li di base su un pia­no sem­pre meno con­flit­tua­le, se si esclu­do­no alcu­ni set­to­ri e real­tà di base. La guer­ra nep­pu­re trop­po silen­te con­tro il sin­da­ca­li­smo di base e di clas­se nel nostro Pae­se è anche il risul­ta­to del­la non com­ple­ta capa­ci­tà mostra­ta com­ples­si­va­men­te sino a oggi di leg­ge­re il rap­por­to tra poli­ti­che impe­ria­li­ste e di guer­ra e le loro rica­du­te sul­la clas­se.

È neces­sa­rio, poi, supe­ra­re sia i pro­ta­go­ni­smi poli­ti­ci­sti con pun­ti di cadu­ta fis­sa­ti da sca­den­ze elet­to­ra­li, sia il ripie­ga­men­to sul­la sola dimen­sio­ne loca­le che pun­ta su un’opposizione alla guer­ra che esal­ta la dimen­sio­ne paci­fi­sta “a pre­scin­de­re”, che non ana­liz­za le dina­mi­che di clas­se che sca­te­na­no una situa­zio­ne e le con­se­guen­ze che que­ste por­ta­no. Anzi le azze­ra ripor­tan­do tut­to in un indi­stin­to scon­tro tra “mon­do dei cat­ti­vi con­tro mon­do dei buo­ni” a com­po­si­zio­ne varia­bi­le, una vol­ta gli Sta­ti Uni­ti, una vol­ta la Rus­sia, una vol­ta la Cina risol­ven­do tut­to in uno scon­tro tra nazio­ni, scor­dan­do che sem­pre i pri­mi si tro­va­no tra chi dai con­flit­ti trae pro­fit­to, men­tre nei secon­di si col­lo­ca un’intera clas­se che si tro­va con il pote­re d’acquisto azze­ra­to e il lavo­ro schia­viz­za­to.

Si deve appro­fon­di­re la denun­cia con­tro la costru­zio­ne di nuo­ve basi mili­ta­ri e il poten­zia­men­to del­le basi USA e NATO esi­sten­ti, aspet­to che spes­so non vie­ne suf­fi­cien­te­men­te ana­liz­za­to, e col­lo­ca­to den­tro una pras­si antim­pe­ria­li­sta. Pro­prio per­ché la lot­ta al mili­ta­re, se lascia­ta in mano al paci­fi­smo tout court, rischia di sci­vo­la­re su un ter­re­no ambien­ta­li­sta, di dife­sa del ter­ri­to­rio, cer­to impor­tan­te e fon­da­men­ta­le, ma che per­de di vista il ruo­lo del­l’im­pe­ria­li­smo, del­la “bus­so­la euro­pea” e il ripo­si­zio­na­men­to del­la UE, con un suo sostan­zia­le asser­vi­men­to alle poli­ti­che NATO e sta­tu­ni­ten­si come sta avve­nen­do con la guer­ra in Ucrai­na. Men­tre si deve sem­pre riba­di­re il nes­so tra mili­ta­re e capi­ta­le, tra mili­ta­re e spo­lia­zio­ne del ter­ri­to­rio da par­te del capi­ta­le.

L’aspetto con­cer­nen­te l’informazione è di impor­tan­za deci­si­va dal momen­to che par­te del­la guer­ra vie­ne com­bat­tu­ta con bom­bar­da­men­ti inces­san­ti (que­sto sì!) da par­te di tut­ti gli orga­ni di infor­ma­zio­ne main­stream, ma tal­vol­ta anche quel­li di auto­de­fi­ni­ta indi­pen­den­za. Poi­ché la crea­zio­ne del con­sen­so è in que­sto caso da rag­giun­ge­re con tem­pi mol­to stret­ti e man­te­nu­ta costan­te nel tem­po, lo sfor­zo com­piu­to è pari a quel­lo pro­fu­so nel­la pro­du­zio­ne bel­li­ca. Se non è ora pos­si­bi­le, come acca­du­to duran­te la Guer­ra del Gol­fo, spet­ta­co­la­riz­za­re la distru­zio­ne, data l’equivalenza del­le for­ze in cam­po, allo­ra si pro­ce­de con la dram­ma­tiz­za­zio­ne del con­flit­to, pro­van­do a muo­ve­re i sen­ti­men­ti di chi guar­da, per­ché è neces­sa­rio che l’osservatore occi­den­ta­le assu­ma la posi­zio­ne dell’aggredito fino in fon­do per­ché pos­sa tol­le­ra­re la depre­da­zio­ne di ciò che gli appar­tie­ne. È obbli­ga­to­rio mostra­re la neces­si­tà di inve­sti­re in armi sem­pre più moder­ne per soc­cor­re­re là (in un qual­sia­si là), affin­ché si pos­sa accet­ta­re di esse­re spo­glia­ti di dirit­ti, di soste­gni, di ser­vi­zi qui. È un aspet­to che sin dal­le pri­me bat­tu­te di tut­ta la vicen­da è appar­so chia­ro. Così come è diri­men­te la stra­te­gia del­la disin­for­ma­zio­ne mes­sa in cam­po sen­za lesi­na­re sfor­zi e rispar­mi. È una guer­ra che vie­ne com­bat­tu­ta pre­ven­ti­va­men­te anche nei Pae­si che non sono sul­la linea del fron­te. Pre­ven­ti­va­men­te per sva­ria­ti moti­vi: per­ché non si sa come si potrà allar­ga­re la richie­sta d’intervento e quin­di è uti­le mar­tel­la­re sul­la sua neces­si­tà da subi­to. Poi per­ché è neces­sa­rio schie­ra­re un’opinione pub­bli­ca favo­re­vo­le per­ché il dis­sen­so va con­tra­sta­to e annien­ta­to. La logi­ca non cam­bia mai: crea­re un nemi­co inter­no sen­za che peral­tro ve ne sia uno uffi­cial­men­te dichia­ra­to tale ester­no. Far appa­ri­re il siste­ma minac­cia­to per giu­sti­fi­ca­re inter­ven­ti mili­ta­ri e svol­te repres­si­ve. Ben­ché, infat­ti, si con­ti­nui a inten­de­re la Rus­sia come “Pae­se osti­le”, mai, ci risul­ta, è sta­ta con­se­gna­ta una dichia­ra­zio­ne di guer­ra. L’informazione arma­ta, la cui esem­pli­fi­ca­zio­ne più pale­se è data dal­le ono­ri­fi­cen­ze elar­gi­te da Zelen­sky a Ste­fa­nia Bat­ti­sti­ni cor­ri­spon­den­te quo­ti­dia­na del TG1 e a Mau­ri­zio Moli­na­ri Diret­to­re di Repub­bli­ca. Que­sto è un dato di fat­to che non va sot­to­va­lu­ta­to e deve vede­re l’impegno per con­tra­star­la di tut­ti colo­ro che si oppon­go­no a un con­flit­to tra poten­ze capi­ta­li­ste che non ci vede e non ci deve vede­re coin­vol­ti qua­le clas­se, poi­ché gra­vi­do solo di cose nefa­ste per la clas­se stes­sa.

Per que­sto la pro­po­sta che muo­ve que­sta assem­blea e che con­di­vi­dia­mo, di aggior­na­re una let­tu­ra del­la guer­ra a par­ti­re dal ruo­lo odier­no del­l’im­pe­ria­li­smo e di foca­liz­za­re l’at­ten­zio­ne sul­le rica­du­te eco­no­mi­che e socia­li, con­sa­pe­vo­li che oggi ser­va non par­teg­gia­re per uno o l’al­tro con­ten­den­te ma com­bat­te­re con effi­ca­cia il nemi­co che abbia­mo in casa nostra, deve esse­re rilan­cia­ta con ogni ini­zia­ti­va pos­si­bi­le e ripe­tu­ta nel tem­po. Per­ché la ten­den­za alla guer­ra non ver­rà meno quan­do (ma quan­do?) ter­mi­ne­rà quel­la in cor­so ora.

È più che mai neces­sa­rio attrez­zar­si su que­sto ter­re­no e, per quan­to ci riguar­da, sia­mo a dispo­si­zio­ne con le nostre pos­si­bi­li­tà e i nostri mez­zi per con­tri­bui­re a raf­for­za­re una let­tu­ra cri­ti­ca e costrui­re azio­ni con­se­guen­ti. Si deve ela­bo­ra­re una posi­zio­ne che pos­sa por­ta­re a con­ver­gen­ze sem­pre mag­gio­ri, evi­tan­do di gio­ca­re (pas­sa­te­mi il ter­mi­ne) a “chi ce l’ha più lun­go”, ma essen­do dispo­sti ad arre­tra­re di un pas­so per ave­re più spin­ta dopo. O ci attrez­za ade­gua­ta­men­te a que­sto sco­po, oppu­re si andrà poco lon­ta­no.

Per cui è neces­sa­rio tene­re lega­te tut­te le piaz­ze del 25/2 e por­ta­re al loro inter­no un for­te con­te­nu­to di clas­se.

Luca del­la reda­zio­ne mila­ne­se di Lot­ta Con­ti­nua

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