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giovedì, 21 Novembre 2024

«Il comunismo per noi non è uno stato di cose che debba essere instaurato, un ideale al quale la realtà dovrà conformarsi. Chiamiamo comunismo il movimento reale che abolisce lo stato di cose presente. Le condizioni di questo movimento risultano dal presupposto ora esistente»

[K. Marx]

Il fascino indiscreto della repressione

Da anni ora­mai assi­stia­mo da par­te dei gover­ni all’emanazione di dispo­si­ti­vi fina­liz­za­ti a restrin­ge­re gli spa­zi di liber­tà e di lot­ta per l’espressione di for­me di oppo­si­zio­ne rea­le. Her­bert Mar­cu­se, nei lon­ta­ni anni Ses­san­ta del Nove­cen­to per descri­ve­re le for­me sub­do­le, quel­le meno evi­den­ti, di eser­ci­zio del coman­do da par­te del siste­ma ave­va intro­dot­to il con­cet­to di “tol­le­ran­za repres­si­va”. A que­sto con­cet­to, nel­le nuo­ve for­me di con­trol­lo e repres­sio­ne del siste­ma di domi­nio capi­ta­li­sti­co-libe­ra­le, è sta­ta tol­ta del tut­to la paro­la “tol­le­ran­za”. Il dise­gno di leg­ge del mini­stro Pian­te­do­si, gover­no Melo­ni, rap­pre­sen­ta un deci­so bal­zo in avan­ti nel ten­ta­ti­vo di chiu­de­re i rima­nen­ti, sem­pre più esi­gui, spa­zi per l’esercizio del con­flit­to socia­le.

I nemi­ci di Sta­to e Capi­ta­le sono le odier­ne “clas­si peri­co­lo­se”: immi­gra­ti, ope­rai in lot­ta nei luo­ghi di lavo­ro, sfrat­ta­ti e sen­za casa, car­ce­ra­ti uomi­ni e don­ne, colo­ro che difen­do­no i ter­ri­to­ri, soli­da­li, pove­ri, “ter­ro­ri­sti del­la paro­la”. Dopo anni di cri­mi­na­liz­za­zio­ne del dis­sen­so e dell’opposizione socia­le la repres­sio­ne si con­cre­tiz­za in leg­ge.

Lo han­no chia­ma­to Dise­gno di leg­ge sicu­rez­za. Sicu­rez­za per chi? Men­tre la ten­den­za alla guer­ra è sem­pre più inne­ga­bi­le, lo Sta­to vuo­le ave­re la cer­tez­za che il “fron­te inter­no” sia costi­tui­to da un con­te­sto socia­le paci­fi­ca­to. Nono­stan­te il con­flit­to socia­le nel nostro Pae­se sia mol­to debo­le, discon­ti­nuo e inca­pa­ce di coin­vol­ge­re una mas­sa cri­ti­ca in gra­do di soste­ne­re una resi­sten­za effi­ca­ce agli attac­chi che ci ven­go­no mos­si, si stan­no appro­van­do dispo­si­ti­vi repres­si­vi che rap­pre­sen­ta­no un sal­to qua­li­ta­ti­vo e quan­ti­ta­ti­vo all’azione repres­si­va del­lo Sta­to.

Pen­sia­mo che alcu­ne nor­me sono peg­gio­ra­ti­ve anche rispet­to al codi­ce fasci­sta Roc­co che pre­ve­de­va, ad esem­pio, che la resi­sten­za a pub­bli­co uffi­cia­le, con­dot­ta nell’ambito di una pro­te­sta col­let­ti­va, fos­se un’attenuante, al con­tra­rio di que­sto dise­gno di leg­ge. Stru­men­ti di lot­ta che fan­no par­te del­la tra­di­zio­ne dei con­flit­ti socia­li sono d’ora in poi da con­si­de­ra­re atti cri­mi­na­li. Pro­te­sta­re in modo “minac­cio­so o vio­len­to” con­tro la rea­liz­za­zio­ne di un’opera pub­bli­ca, ad esem­pio il Pon­te sul­lo Stret­to, può com­por­ta­re fino a 20 anni di reclu­sio­ne.

L’intento del Gover­no è quel­lo di pre­ve­ni­re e stron­ca­re sul nasce­re pos­si­bi­li futu­ri con­flit­ti socia­li. D’altra par­te pos­sia­mo tro­va­re un insie­me di nor­me che assi­cu­ra­no mag­gio­re pote­re alle for­ze del­la repres­sio­ne e l’impunità per le for­ze di poli­zia che sono garan­ti­te da even­tua­li denun­ce per i loro com­por­ta­men­ti; per loro è anche pre­vi­sto il dirit­to di por­ta­re armi anche fuo­ri dal ser­vi­zio.

I capi­to­li di que­sto dise­gno di leg­ge, mol­ti e varie­ga­ti, sono uni­ti da un uni­co filo nero: abo­li­re la legit­ti­mi­tà del con­flit­to socia­le, anche nel­le for­me paci­fi­che, pen­sia­mo agli atti dimo­stra­ti­vi dei gio­va­ni ambien­ta­li­sti, ai pic­chet­ti davan­ti ai can­cel­li del­le fab­bri­che, ai sit-in che bloc­ca­no il traf­fi­co. Per i sen­za casa che occu­pa­no allog­gi vuo­ti sono pre­vi­ste pene da 2 a 7 anni di deten­zio­ne, la puni­zio­ne si esten­de a chi sostie­ne l’occupazione (“chi coo­pe­ra”), men­tre chi col­la­bo­ra con le for­ze di poli­zia nel­lo sgom­be­ro o denun­cian­do occu­pan­ti e soli­da­li vie­ne sca­gio­na­to. Lo sgom­be­ro dell’abitazione occu­pa­ta diven­ta diret­ta­men­te di com­pe­ten­za del­le for­ze del­la repres­sio­ne che pos­so­no prov­ve­der­vi diret­ta­men­te sen­za alcun accer­ta­men­to e prov­ve­di­men­to del­la magi­stra­tu­ra. Quan­do si dice “Sta­to di poli­zia!”.

Nel miri­no di Pian­te­do­si rien­tra­no la cri­mi­na­liz­za­zio­ne del­la mar­gi­na­li­tà e del disa­gio socia­le: infat­ti è pre­vi­sto un incre­men­to del­le pene per “l’accattonaggio”, non sta bene met­te­re in mostra la pover­tà!

Chi agi­sce dall’alto del pote­re poli­ti­co per impe­di­re il con­flit­to socia­le inten­de difen­de­re lo sta­to di cose esi­sten­ti, le rela­zio­ni di domi­nio di clas­se, le dise­gua­glian­ze sem­pre più mar­ca­te, l’aspirazione all’emancipazione.

Scri­ve Ales­san­dra Algo­sti­no, docen­te di Dirit­to costi­tu­zio­na­le pres­so l’Università di Tori­no: “Il con­flit­to con­sen­te l’espressione dei subal­ter­ni, degli oppres­si, del­le vite di scar­to (Bau­man), dei dan­na­ti del­la ter­ra (Fanon), ne rico­no­sce l’esistenza e la legit­ti­ma­zio­ne a lot­ta­re per la pro­pria digni­tà e auto­de­ter­mi­na­zio­ne … è eman­ci­pa­zio­ne in sé e vei­co­la eman­ci­pa­zio­ne”

Per Marx il con­flit­to è il moto­re del­la sto­ria, “oppres­si e oppres­so­ri sono sem­pre sta­ti in con­tra­sto fra di loro, han­no soste­nu­to una lot­ta inin­ter­rot­ta, a vol­te nasco­sta, a vol­te pale­se”. Quan­do a Mao chie­se­ro qual è l’essenza prin­ci­pa­le del mar­xi­smo, con­ci­sa­men­te rispo­se: “Ribel­lar­si è giu­sto!”

Elle­Pi

 

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