Uscire dalla crisi e dai tagli draconiani della UE

Siamo certi che per la Grecia sia stato un vantaggio la moneta unica (l'Euro) e l'adesione alla Ue?

A sentire il popolo greco diremmo di no, la letteratura ha descritto gli effetti della crisi (a parte Markaris sono rari gli autori greci tradotti e pubblicati), gli economisti sono i soli a pensarla diversamente e parlano di stabilità finalmente raggiunta dopo privatizzazioni e svendite di proprietà statali, dopo i licenziamenti di massa negli enti pubblici che hanno comportato la chiusura di scuole, atenei e ospedali.  In giro si parla insistentemente di “rischio Grecia” una minaccia per gli altri paesi europei con economie deboli e debito elevato.

 Sono stati otto anni di austerità e di tagli, ogni anno si parla di uscita dalla crisi ma la fine del tunnel è ancora lontana, la ricchezza prodotta in Grecia finisce nel pagamento del debito, hanno costruito nel popolo greco un senso di colpa per la situazione in cui si trova come se le misure draconiane dell'austerità non fossero conseguenza le cause del disastro sociale. Non capiamo allora quale sia il risanamento da consolidare, oggi l'economia greca è dominata dal capitale straniero, i servizi pubblici quasi smantellati, è questa la economia aperta e diversificata di cui il Fondo Monetario decanta le lodi. Investimenti esteri e privatizzazioni, salari da fame e miseria, la Grecia è divenuta terreno di conquista e di speculazione, di acquisiti a prezzi stracciati. Altro che aumento delle esportazioni, la crescita del Pil nel 2017 pari all'1,4%, nel 2018 dovrebbe essere attorno al 2%, ma questi risultati non sono, come vorrebbero far credere, i risultati delle politiche di austerità, la flotta navale e i porti greci sono in mani straniere che una volta acquisito, a prezzi stracciati, il controllo azionario decidono di investire per rafforzare il loro business.

E anche l'Italia potrebbe partecipare alla rapina con l'ingresso di Ferrovie Italiane a costruire una rete per lo smistamento a terra dei prodotti in arrivo nei porti Greci
Solo pochi mesi fa hanno imposto ad Atene nuovi sacrifici, gli scioperi hanno paralizzato il paese ma Syriza gode dell'incondizionato appoggio di Bruxelles e l'ennesimo pacchetto di privatizzazione potrebbe mettere in ginocchio i lavoratori dei trasporti.

Ma la Grecia resta un paese nevralgico per la stessa Nato, non a caso sono potenziate le basi militari dell'Alleanza Atlantica, le spese militari risultano da alcuni anni in continua crescita. E infine il vento nazionalista che soffia sempre più forte
A deviare l'attenzione dai disastri sociali, dalla disoccupazione giovanile doppia rispetto all'Ue e attestata sopra al 20% (dal 27,9% del 2013) Migliaia sono i greci emigrati all'estero in cerca di una occupazione anche precaria ma capace almeno di garantire quel poco di dignità distrutta dalle politiche di Maastricht. Anche in Grecia la coalizione di centro sinistra ha finito con l'assecondare le richieste della Bce, scenari già visti e ai quali siamo da troppo tempo abituati eventi che portano acqua solo alla estrema destra che può presentarsi come forza in difesa della sovranità nazionale schiacciata dalle regole europee, salvo poi aprire la caccia agli immigrati che dai paesi in guerra del Terzo Mondo spingono verso i paesi sul Mediterraneo. Per fortuna, al contrario dell'Italia, la classe lavoratrice ha settori sindacati di classe conflittuali che rappresentano un argine al dilagare delle destre.

REDAZIONE PISANA DI LOTTA CONTINUA