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«Il comunismo per noi non è uno stato di cose che debba essere instaurato, un ideale al quale la realtà dovrà conformarsi. Chiamiamo comunismo il movimento reale che abolisce lo stato di cose presente. Le condizioni di questo movimento risultano dal presupposto ora esistente»

(K. Marx)

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Pentaleghismo e media: un amore che viene da lontano

Pentaleghismo e media: un amore che viene da lontano

Il clima mefitico di questa estate italiana, tra gli ammiccamenti fascisti della Lega e il susseguirsi di aggressioni a sfondo razzista, sembra andare a genio alla maggioranza degli italiani. Le percentuali di approvazione del governo continuano ad essere alte (oltre il 60%) ed il consenso verso la Lega cresce ad ogni rilevazione statistica, nonostante i piagnucolii isterici dell’establishment intellettuale e politico riscopertosi improvvisamente antirazzista e terzomondista.

In questa palude di odio, cinismo e striduli richiami moralisti da libro Cuore, i media italiani, senza eccezioni rilevanti, continuano a svolgere l’unico compito di cui sono capaci: portare acqua al mulino del potente di turno.

Infatti i gruppi editoriali del belpaese si muovono da tempo su un piano simbolico bidimensionale che si estende lungo le coordinate valoriali razzismo/buonismo e quelle politiche populismo nazionalista/neoliberismo europeista. Questa mappa concettuale è sostanzialmente condivisa dalle stesse forze politiche parlamentari, posizionate al suo interno a seconda dell’elettorato di riferimento.

Su tale piano simbolico l’attuale compagine pentaleghista miete i propri successi e continuerà a farlo, sino a che il piano non sarà ribaltato. In un tale ordine del discorso non vi è spazio per riflessioni economiche (se non per qualche intemerata di Boeri, che ci risparmieremmo volentieri) né tantomeno per l’articolazione in termini di classe del fenomeno “razzismo/xenofobia”. L’unica possibilità è collocarsi all’interno di uno scacchiere le cui posizioni sono predeterminate e in cui non sono ammesse eccezioni.

Per provare a far saltare il tavolo dobbiamo quindi capirne i meccanismi, analizzando in particolare il ruolo che i media hanno avuto nel successo elettorale di Lega e M5S e in che modo stanno contribuendo al mantenimento dello status quo. Tutto ciò senza cadere in complottismi o vittimismi, che lasciamo volentieri ai sostenitori del piano Kalergi, cercando invece di leggere il rapporto dialettico tra mondo dell’informazione e formazioni politiche.

La preparazione mediatica, spesso inconsapevole, del successo dei pentaleghisti inizia nel 2017, con i primi allarmi su una presunta invasione di “extracomunitari”, lanciati per sostenere le misure liberticide e securitarie targate governo Gentiloni e Partito Democratico. In un susseguirsi di servizi e reportage, le periferie urbane vengono presentate come suk arabi, in mano a stranieri intenti a taglieggiare e intimidire i “nostri” poveri. La miseria deve essere appannaggio solo degli italiani (quale onore!) e soprattutto circoscritta ad aree marginali e lontane dai centri urbani!

La messa a punto di un tale frame narrativo, di cui in un primo tempo beneficia il PD nella figura del ministro Minniti, additato come santo laico dallo vate Scalfari in più di un editoriale, diventa poi funzionale a altre forze politiche durante la campagna elettorale della primavera 2018.

Ormai inebriati dal proprio successo, i coraggiosi pennivendoli nostrani non perdono occasione per lucrare sulla pelle di qualche poveraccio, a patto che sia di un colore appena più scuro del pallore luciferino dei nostri politici. Il meccanismo è semplice e efficace. Riprorre sempre notizie riguardanti migranti, additandoli ora come orde di invasori senza legge, ora come vittime di un sistema che non ha posto per loro. In breve, per vendere qualche copia  di giornale in più o per qualche migliaia di click aggiuntivi, i media nostrani finiscono per creare un allarme sicurezza non corroborato da alcun dato. Si parla di “paura percepita” per giustificare la riproposizione di bufale o notizie di aggressioni non verificate degne delle veline dell’Ovra.

La campagna elettorale, che di per sé garantisce all’asfittico panorama dell’informazione una rinnovata visibilita, non può che ruotare attorno al tema dell’immigrazione.

Improvvisamente l’Italia dei telegiornali e dei quotidiani sembra essere diventata un Far West, con autobus e treni regionali presi d’assalto da immigrati con coltelli e machete come le diligenze da parte dei pellerossa nei film spaghetti western. Non vi è giorno senza che l’intero web venga setacciato da scrupolosi giornalisti per riproporre su siti a rilevanza nazionale (Repubblica in primis) notizie di misfatti compiuti da richiedenti asilo, evidentemente ingrati nei confronti di uno Stato che li pone di fatto ai domiciliari in catapecchie fatiscenti nei luoghi più sperduti della penisola sine die. In assenza di attentati di matrice islamica sulla penisola, l’opinione pubblica è costretta a “accontentarsi” di questi incidenti, ansiosa di senrtirsi raccontare che i mali dell’Italia sono causati da coloro che scappano da fame e guerra invece che da banche e padroni.

Infine ogni legittima protesta contro le passerelle provocatorie del leghista di turno viene descritta da zelanti cronisti come attentato alla libertà di parola. Che orrore questi comunisti che non sanno fare altro che stare in piazza a prendersela con gli eroici celerini! E giù strampalate (e false) citazioni di Pasolini e Voltaire, con tanto di dissociazioni (espediente purtroppo ancora in voga) dalle pratiche di piazza di questo o quel politico di “sinistra”, dal redivivo Bertinotti agli evergreen Grasso e Boldrini, fino a  oscuri ex sessantottini strappati a un altrimenti meritato oblio. Lasciamolo parlare il povero Salvini, facciamogli fare tutta la becera propaganda possibile, tanto a rimetterci sarà qualche negro (come successo a Macerata, solo per citare il caso più eclatante) e noi potremo allora indignarci a tutta pagina.

Dopo un tale servizio, gratuito e a reti e giornali unificati, la Lega non poteva che ottenere un sorprendente successo elettorale e, seppure dopo qualche titubanza, formare un governo con il M5S. A coronamento di questa resistibile ascesa, il candidato premier della Lega Salvini prende posto al Viminale, assicurandosi un posto al centro della scena politica nonostante il compromesso con i grillini.

A questo punto, dopo il giuramento dell’ectoplasma Conte, si compie l’ennesimo capolavoro a opera dei mass media: giornali e Tv si accorgono improvvisamente che c’è un crescente clima di razzismo e intolleranza. Allora le mai dome mosche cocchiere dell’establishment, digiune di ogni minima nozione di marketing e comunicazione, iniziano a fare da cassa di risonanza “indignata” per ogni sparata del Ministro dell’Interno, riproducendo senza sosta tweet, interviste e boutade come fossero le nuove tavole della legge aggiornate quotidianamente dal nostro Mosè in felpa padana. Il tutto per dimostrare l’ovvio: la Lega è un partito xenofobo.

Con una tale ossessiva copertura, operativa 24 ore su 24, non deve stupire l’egemonia leghista tanto nella compagine governativa quanto a livello di opinione pubblica. Senza scomodare illustri sociologi, la sovraesposizione del ministro dell’Interno e la martellante insistenza sull’immigrazione, sugli sbarchi e sui rimpatri, non fa che aumentare i consensi verso la Lega, ormai accreditata oltre il 30% negli ultimi sondaggi .

Tuttavia il ministro dell’interno non è il genio della comunicazione che si vuol far credere, né uno showman particolarmente dotato. E’ capace di reiterare sempre e solo il ruolo dell’arrabbiato, del duro. Non c’è foto o selfie in cui non si noti in lui tensione, rabbia.

Per far cadere questa maschera basterebbe evitare di distendergli tappeti rossi e inchiodarlo alle promesse elettorali non mantenute, invece di gridare al lupo al lupo ad ogni piè sospinto. Occorrerebbe avere il coraggio di tralasciare le continue sparate e portare l’ordine del discorso su un piano a lui meno favorevole, quale quello economico sociale.

Che fine ha fatto l’abolizione della Fornero? Quanto ci costano i vigili intento a pattugliare le spiagge per multare i pericolosi venditori ambulanti? Dove sono i 49 milioni fatti sparire dalla Lega? E che fino fanno gli incentivi alle imprese che delocalizzano?

Solo all’interno di queste coordinate possiamo incrinare il connubio tra opinione pubblica e Lega, smascherando anche gli utili idioti del M5S che nascosti dietro la democristianissima figura di Di Maio stanno smentendo tutte le promesse fatte in campagna elettorale (abolizione art. 18, reddito di cittadinanza scomparso dai radar, stop al Tav), eccetto per l’epica abolizione dei vitalizi, utile quanto un retino per svuotare il mare della povertà e dell’ingiustizia sociale.

 

Lorenzo

Redazione Pisana Lotta Continua

 

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Commenti 1

Ospite - Bruno Giancotti il Mercoledì, 31 Ottobre 2018 22:02

Un articolo sicuramente bene strutturato. Una lingua scevra di isterismi e pervasa da accattivante ironia. Tuttavia, il nerbo significante di tanta piacevole scrittura risente dell’atavico ‘complesso di appartenenza’ ad una sinistra, da tempo sepolta, che impone un codice di atteggiamento morale che non ammette deroghe alla dottrina totalitaria di un umanitarismo prevaricatore. L’uomo astratto dell’Eden comunista si sostituisce all’uomo corposo della decaduta realta’ terrena e propone formule di redenzione del genere umano prese in prestito dalla bibbia cristiana , che poca attinenza hanno con le reali , sebbene poco edificanti, esigenze sociali. L’ossessione buonista degli attardati predicatori del credo cristiano, assordita dai rumori di una minoranza chiassosa, non tiene conto delle ‘volgari’ esigenze di una maggioranza timidamente silenziosa, che in Salvini vede un coraggioso portavoce dei propri intimoriti pensieri. Al buono per complesso di appartenenza poco importa l’opinione di una maggioranza cattiva e ineducata ai grandi ideali; poco si cura della sostenibilita’ economica e sociale di tanta ostentazione di bonta’; e’ indifferente al degrado di civilta’ conseguente all’ infranzione dei principi della legalita’. L’apostolo del bene si compiace dei propri esaltanti pensieri e all’ignorante praticita’ di Salvini contrappone il Verbo dell’inconcludente ecumenismo dell’amore coatto.

Un articolo sicuramente bene strutturato. Una lingua scevra di isterismi e pervasa da accattivante ironia. Tuttavia, il nerbo significante di tanta piacevole scrittura risente dell’atavico ‘complesso di appartenenza’ ad una sinistra, da tempo sepolta, che impone un codice di atteggiamento morale che non ammette deroghe alla dottrina totalitaria di un umanitarismo prevaricatore. L’uomo astratto dell’Eden comunista si sostituisce all’uomo corposo della decaduta realta’ terrena e propone formule di redenzione del genere umano prese in prestito dalla bibbia cristiana , che poca attinenza hanno con le reali , sebbene poco edificanti, esigenze sociali. L’ossessione buonista degli attardati predicatori del credo cristiano, assordita dai rumori di una minoranza chiassosa, non tiene conto delle ‘volgari’ esigenze di una maggioranza timidamente silenziosa, che in Salvini vede un coraggioso portavoce dei propri intimoriti pensieri. Al buono per complesso di appartenenza poco importa l’opinione di una maggioranza cattiva e ineducata ai grandi ideali; poco si cura della sostenibilita’ economica e sociale di tanta ostentazione di bonta’; e’ indifferente al degrado di civilta’ conseguente all’ infranzione dei principi della legalita’. L’apostolo del bene si compiace dei propri esaltanti pensieri e all’ignorante praticita’ di Salvini contrappone il Verbo dell’inconcludente ecumenismo dell’amore coatto.
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