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Amazon a New York: tagli al sociale, incentivi ai padroni

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Amazon ha svelato nel corso della giornata di ieri la località scelta per l’apertura del suo secondo quartier generale. A dispetto delle previsioni, il colosso dell’e-commerce ha optato per lo sdoppiamento della sede in due poli: uno a New York City e uno a Arlington (Virginia).

Il processo decisionale era iniziato due anni fa e negli ultimi mesi la scrematura tra le città candidate si era ridotta a un pugno di scelte papabili, ciascuna rispondente ai criteri stabiliti dal gigante di Seattle: essere situata ad un massimo di quaranta minuti di distanza da un aeroporto internazionale, trovarsi in una zona collegata alle maggiori arterie stradali, avere almeno un milione di abitanti e un’alta densità di potenziali ingegneri, programmatori e informatici. 

Alla fine, la scelta è ricaduta su un sobborgo di Washington DC (Arlington) e su Long Island City, un’area del Queens che si affaccia su Manhattan a New York City. Queste due aree hanno vinto una battaglia a colpi di incentivi miliardari (!!) per assicurarsi l’apertura di una sede che una volta ultimata garantirà l’assunzione di un numero variabile tra 25,000 e 50,000 lavoratori altamente qualificati, come specificato da Jeff Bezos amministratore delegato di Amazon.

Avete capito bene, la terza azienda al mondo per fatturato, posseduta dall’uomo più ricco del mondo con un patrimonio di 150 miliardi di dollari, ha bisogno di incentivi pubblici sotto forma di finanziamenti e tagli alle tasse locali e statali per aprire una nuova sede della sua ricchissima azienda.

In questa delirante gara di solidarietà verso i miliardari, New York ha offerto un pacchetto di aiuti pari a 3 miliardi di dollari, in parte legati al raggiungimento dei promessi livelli occupazionali, senza tuttavia alcun vincolo rispetto alla provenienza dei lavoratori. Considerata l’altissima specializzazione richiesta, è facile prevedere una selezione del personale su scala nazionale e internazionale, cosi come l’appalto della costruzione della sede. In cambio Amazon ha promesso di tenere delle fiere del lavoro aperte agli abitanti del luogo, alla ricerca probabilmente di custodi, centralinisti e addetti alle pulizie. Dal canto suo l’amministrazione non ha posto alcun limite all’utilizzo dell’extra gettito garantito dai nuovi posti di lavoro: una buona parte, non dubitiamo, sarà utilizzata per rendere Long Island City un’area a misura di élite globale: isolata, esclusiva, sicura e molto green.

In una città congestionata come New York City, con un sistema di trasporti pubblici sull’orlo del collasso, case popolari in condizioni disastrose e intere aree di Manhattan e di Brooklyn off limits a causa dei prezzi esorbitanti, sembra perfettamente normale offrire miliardi di risorse pubbliche a aziende perfettamente in salute e in grado di coprire da sole i costi di eventuali espansioni.

In compenso è già iniziata la corsa alla gentrificazione di una delle poche aree popolari poste ad una distanza ragionevole da Manhattan. Come riporta il Wall Street Journal costruttori, investitori e agenti immobiliari stanno accaparrandosi terreni e unità immobiliari di Long Island City, attirati come mosche dalla carcassa di un’area il cui destino sembra ormai segnato. Nell’ambiente dei developer si parla di corsa all’oro, mentre in giro per il quartiere sono già comparsi pulmini carichi di investitori orientali pronti a sfruttare un’occasione di guadagno irripetibile.

 La prospettiva è quella di ripetere quanto accaduto a San Francisco e nella Silicon Valley: espulsione della popolazione locale a causa dell’aumento dei prezzi, sfratto degli affittuari, apertura di ristoranti, hotel e catene commerciali di lusso in modo da assicurarsi la fuga della working class. Un caso di gentrificazione da manuale, che non dubitiamo verrà rivestito da una patina hispster post-moderna fatta di richiami al biologico, alle discipline olistiche e al well-living. Del resto, i progressisti da salotto sono già in brodo di giuggiole, complice la copertura favorevole di New York Times e CNN della notizia. Tecnologia e sfruttamento piacciono da sempre ai liberal-democratici e ai media progressisti, compagni di merende inseparabili quando si tratta di rendere la vita dei lavoratori un inferno.

La lotta di classe dall’alto pianta quindi un’altra bandiera nel cuore di un quartiere popolare, con la benedizione dei papaveri democratici di New York, quali il sindaco De Blasio e il governatore Cuomo. A costoro sembra perfettamente logico utilizzare soldi pubblici per aiutare i miliardari, mentre nelle case popolari la vita va avanti tra muffa e ratti. Nel mondo politico della grande mela l’unica voce in aperto dissenso è al momento quella di Alexandra Ocasio Cortéz, che appena eletta al congresso si trova a dover gestire una situazione scottante contro tutto l’establishment democratico e repubblicano. La popolarità di cui gode potrebbe aiutare ad avanzare le istanze degli abitanti in lotta, garantendo visibilità e protezione dall’inevitabile repressione poliziesca.

Nel Queens infatti spira già vento di rivolta. La rete di attivisti cittadina, composta da centri sociali, dagli IWW, da gruppi anarchici e associazioni di base ha dichiarato guerra al progetto, entrando in stato di mobilitazione permanente. Difficile bloccare il progetto, ma la speranza è quella di arginare la gentrificazione con picchetti e azioni di disturbo. 

La lotta contro un modello di sviluppo urbano a esclusivo beneficio delle élite, con l’allontanamento degli abitanti working class ormai spinti ai margini della città, unisce componenti movimentiste tra loro diverse, in una lotta che attraversa il South Bronx e il Queens, Brooklyn e Harlem.

Ancora una volta lo scontro si esprime sul terreno metropolitano, con la città come piano principale di ricomposizione di classe. La lezione di Lefebvre è quanto mai attuale, mentre le pratiche di resistenza e contrattacco si articoleranno nei prossimi mesi attorno alle particolarità urbane e produttive del Queens. Non è che l’inizio, come hanno scritto gli attivisti sui propri profili in risposta all’annuncio di Amazon

Da New York,

Lorenzo
Redazione pisana Lotta Continua

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