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I dati sono oscillanti, ma stando a quelli relativi al terzo trimestre dell’anno il Pil è calato come anche gli occupati che diminuiscono dello 0,2%.

Tra luglio e Settembre 2018 abbiamo una perdita di posti di lavoro pari a 52mila unità stando ai dati Istat ( https://www.istat.it/it/archivio/224910).

Quello che colpisce è la diminuzione dei posti stabili, il tempo indeterminato perde quasi 100 mila dipendenti con  una flessione dello 0,7%. La crisi occupazionale è evidente e le cause sono da ricercare nel modello di sviluppo delle aziende italiane costantemente impegnate nella contrazione del costo del lavoro ma poco restie a innovare, formare e scommettere sulla occupazione preferendo delocalizzare o ricorrere a contratti precari.

Continua anche la inesorabile crisi del lavoro autonomo, in tre mesi oltre 28 mila posti di lavoro in meno. Ironia della sorte, nonostante il decreto estivo sono proprio i lavoratori a termine a crescere, aumentano di 74 mila unità superano la cifra record di 3,1 milioni. Ancora in crescita i cosiddetti inattivi (+0,4 punti, al 34,5%).

Ma questi dati, lo ripetiamo, sono collegati al calo dell’attività economica come dimostra anche la perdita del Pil dopo oltre un anno di pur lieve incremento.

I fiumi di inchiostro spesi contro il decreto dignità sono serviti a guadagnare, con la prossima manovra di Bilancio, sgravi contributivi e aiuti alle imprese. Peccato che questa ennesima pagina di politica aziendalista non sia di aiuto alla ripresa della produzione e dei posti di lavoro con un tasso di inoccupati ancora elevato, segno di una crisi che investe direttamente le politiche di impresa e la loro forsennata ricerca di ridurre solo le tasse e il costo del lavoro.

Federico Giusti – Pisa