pensione-di-vecchiaia-senza-modifiche-anche-in-caso-di-riforma_2017873

Uscito il decreto aspettiamo di  leggerne la versione finale, quella che conta è l'ultima stesura  ma fin da ora sono necessarie alcune riflessioni.

Partiamo dal fatto che sarà possibile andare in pensione a 62 anni di età con almeno 38 di contributi, praticamente 5 anni prima del trattamento di vecchiaia ma con un costo non indifferente ossia la decurtazione  di circa un quarto dell’assegno previdenziale lordo.

Chi allora sperava di avere definitivamente archiviato la Legge Fornero non può cantare vittoria senza dimenticare che la quota 100 varrà solo per i prossimi 3 anni, passati i quali potrà accadere di tutto e di più specie se la Troika batterà cassa.

Anche la quota 100 è un meccanismo truffaldino che premia quanti andranno in pensione a una età anagrafica maggiore, per esempio avere raggiunto quota 100 ma con 64 anni di età significa avere un taglio minore  dell'assegno previdenziale, attorno al 15\6% rispetto a quanto il lavoratore avrebbe percepito andando in pensione con i requisiti della Fornero.

Andare  in pensione a 62 anni vuol dire rinunciare a oltre il 20% della pensione, tanto più alto poi è l'assegno previdenziale tanto maggiore sarà il taglio.

La logica del Governo è molto semplice: chi ritarda l'età della pensione accresce i contributi validi a fini pensionistici ricordando che il Governo attuale, al pari dei precedenti, è fautore del calcolo contributivo (più sfavorevole per i lavoratori) e mantiene quel sistema di calcolo dell'assegno previdenziale che premia proprio la maggiore età e fa pesare di più i contributi versati dopo i 62 anni.

La quota 100 non conviene a molti ma soprattutto ai redditi medio bassi perché  il rischio è di avere un assegno troppo basso mentre restare 4/5 anni in più significa peggiorare la qualità della propria vita ma innalzare l'importo della futura pensione.

Ma la beffa è sempre in agguato, infatti proprio in virtù del sistema contributivo, se vai in pensione a 67 anni rispetto a 62 vedrai il tuo assegno previdenziale crescere sempre più ma nel migliore dei casi arriverai al 70% dell’ultima retribuzione.

Una beffa perché con il sistema retributivo avresti percepito circa il 90% della ultima retribuzione, per questo motivo nessun partito in Parlamento ha mai voluto ripristinare il sistema retributivo ai fini di calcolo della pensione, un sistema giudicato poco conveniente alle casse statali e troppo vantaggioso (ma equo) per i lavoratori che almeno avevano la certezza di una pensione dignitosa.

Al contrario, la sola certezza odierna è quella di una pensione da fame, sarà per questo motivo che dubitare degli effetti benefici della quota 100 è sempre più necessario soprattutto per chi guadagna poco e appartiene alle classi sociali meno abbienti. La quota 100 va chiamata con il suo vero nome: specchietto per le allodole

Federico Giusti – Pisa