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«Il comunismo per noi non è uno stato di cose che debba essere instaurato, un ideale al quale la realtà dovrà conformarsi. Chiamiamo comunismo il movimento reale che abolisce lo stato di cose presente. Le condizioni di questo movimento risultano dal presupposto ora esistente»

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Le misure a disposizione dei padroni

100

Quanti di noi hanno stabilito una connessione tra quota 100, anticipo pensionistico, esuberi e ricambi generazionali? Pochi, la tendenza diffusa e maggioritaria è quella di guardare solo ai singoli aspetti senza cogliere i nessi che legano i vari provvedimenti in atto.
Le letture possono essere molteplici ma quale sarà invece la logica che unisce le varie politiche?

Intanto una premessa: aziende private ed enti pubblici sono alle prese con la necessità del ricambio generazionale che poi si traduce anche nel pensionamento di forza lavoro a un costo decisamente maggiore di quella che verrà assunta nei prossimi anni. La staffetta generazionale non è la prima preoccupazione, piuttosto esistono motivazioni elettorali (la quota 100 per dire che la Fornero è stata eliminata quando è invece in vigore), economiche (assumere con livelli più bassi), gestionali (imporre filosofie e comportamenti proni alle istanze dei datori di lavoro) .
Questi processi vengono portati avanti talvolta senza il coinvolgimento dei sindacati complici (nel pubblico)  ma in altri casi vedono proprio i sindacati protagonisti con accordi che rendono volontario quel pensionamento che poi tanto volontario non è.

Prendiamo ad esempio l'Ape volontaria o aziendale che offre al lavoratore con più di 63 anni la possibilità di ottenere un prestito necessario per arrivare alla maturazione della pensione di vecchiaia, prestito che poi sarà restituito con trattenute dall'assegno previdenziale. Ci sono casi nei quali il datore di lavoro è disposto a farsi carico di un contributo per favorire l'uscita dalla produzione, quindi il lavoratore o avrà un piccolo incentivo o il padrone pagherà all'Inps parte della cifra necessaria per il pensionamento anticipato. In un caso o nell'altro, il pensionamento anticipato conviene poco al lavoratore, anche se pensa di trarvi un vantaggio, a guadagnarci è invece il datore di lavoro. 

Non dimentichiamo poi anche le normative sul pensionamento anticipato previste dal decreto-legge 4/2019, parliamo della “opzione donna” e della quota 100.  In questi casi la scelta non è del datore di lavoro ma solo del lavoratore che volontariamente sceglierà questi strumenti per anticipare l'età pensionabile. 

Poi c'è la rendita integrativa temporanea anticipata (Rita), con una rendita (fino a 5 anni) pagata dai contributi versati dal lavoratore per la pensione complementare, in questo caso la seconda gamba previdenziale non servirà ad accrescere l'importo della futura pensione ma a coprire le spese per l'anticipata uscita dal mondo del lavoro. Altra beffa allora perché in questo caso è proprio il lavoratore a pagarsi l'anticipo previdenziale, in altri casi a pagare sarà la previdenza

È singolare che il nostro paese sia incapace di creare nuova occupazione e allo stesso tempo salari dignitosi se è vero che la paga oraria è tra le più basse d'Europa, eppure si favorisce un esodo di massa coprendolo con la retorica del ricambio generazionale. 

A chi giova allora l'anticipo dell'età pensionabile? Ovviamente se si anticipano i tempi rispetto alla Fornero è positivo ma perché tanta insistenza nel cacciare via dal lavoro tante migliaia di uomini e donne?
Cosa si cela dunque dietro al ricambio generazionale?

Federico Giusti – Redazione Lotta Continua Pisa (delegati-lavoratori-indipendenti-pisa.blogspot.com)

 

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