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Imperversano luoghi comuni e mezze verità, narrazioni tossiche che dipingono i paesi a capitalismo avanzato come le nazioni dove sarebbe più facile trovare lavoro (ma ancora più facile è perderlo) . In realtà l’occupazione è quella a basso costo che richiede scarsa scolarizzazione, la parte debole della filiera produttiva occupata dalla forza lavoro spesso migrante, per eccellenza ricattabile e senza diritti (per esempio nei paesi dove i diritti dei migranti e dei richiedenti asilo sono costantemente minacciati).
Ogni giorno, in Italia, leggiamo di professionalità mancanti perché il sistema scolastico e la formazione pubblica e privata non hanno provveduto a sviluppare percorsi di studio e di apprendistato adeguati a rispondere ai fabbisogni del sistema produttivo. Ma anche in questo caso si raccontano solo mezze verità perché da oltre 30 anni esiste uno scaricabarile tra pubblico e privato per decidere il soggetto adibito alla formazione, in fondo una questione di costi perché è più semplice barcamenarsi tra ammortizzatori sociali e prodotti a basso contenuto tecnologico piuttosto che avviare dei percorsi formativi in azienda.
In Usa, chi al lavoro viaggia sui social media è passibile di licenziamento e non parliamo solo di tempo sottratto al lavoro ma di qualunque azione che possa danneggiare l’azienda o piuttosto venga ritenuta tale. Le aziende hanno al loro interno unità preposte al controllo sistematico del personale, whatsapp diventa uno strumento di connessione 24 ore su 24 a costo zero, poi ci sono gli algoritmi e i sistemi informatici per controllare ogni attività tracciabile via internet.
I motivi di licenziamento negli Usa sono variegati, alcuni decisamente banali, basta la protesta di qualche lobby per perdere il posto di lavoro , parliamo di impieghi di bassa lega ma anche di managers, giornalisti, docenti universitari che hanno pagato caro qualche commento non political correct.
Il modello Usa non è democratico, il diritto del lavoratore è in subordine a quello del datore, i codici etici e il rapporto di fiducia giocano sempre a favore del più forte.
In numerose aziende esistono codici etici a uso e consumo della proprietà, al contrario non esistono diritti altrettanto definiti a favore della forza lavoro, tutto è legato a questioni generiche come il divieto di discriminazione legata al sesso, al colore della pelle, alla religione, o alla disabilità.
Ma negli Usa, come in Italia, aumentano i casi di licenziamento per un semplice post sui social network, non importa se affermi una verità, quella verità dimostrata e dimostrabile può essere vista come una pubblicità negativa della tua impresa. Perfino la sfera della privacy e dei comportamenti individuali, nei paesi che avevano fatto della privacy il loro vanto, viene ormai invasa tanto è vero che i comportamenti fuori dal posto di lavoro , se resi pubblici (basta una foto sui social) diventano motivo di licenziamento.
Insomma tutto ciò, a insindacabile giudizio del datore, venga ritenuto offensivo o tale da ledere la immagine aziendale, costituisce motivo di licenziamento, non importa che tu sia un impiegato modello e altamente produttivo sul lavoro, la tua condotta privata viene sempre e comunque presa in considerazione
Sono questi gli inviolabili cosiddetti codici di condotta applicati nelle aziende, vanno a ledere ogni giorno diritti individuali e collettivi, codici che stridono con il diritto ma vengono invece ammessi in nome del diritto di impresa, quel diritto che in casa nostra, a breve, potrebbe costituire una seria minaccia per i lavoratori in caso di cambio di appalto.
Alla luce di quanto scritto, qualcuno continuerà a credere alla storiella degli Usa come la nazione più libera del mondo?
Federico Giusti – Pisa
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