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«Il comunismo per noi non è uno stato di cose che debba essere instaurato, un ideale al quale la realtà dovrà conformarsi. Chiamiamo comunismo il movimento reale che abolisce lo stato di cose presente. Le condizioni di questo movimento risultano dal presupposto ora esistente»

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C'è ancora spazio per la cultura antiautoritaria?

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In ambito cattolico la educazione antiautoritaria è bollata come non educazione perché l'autonomia dell'essere umano non può manifestarsi senza Rivelazione e al di fuori del rapporto con Dio (creatore).
Senza entrare in una discussione che porterebbe lontano, senza ridurre il concetto stesso di Natura a creazione di Dio, sarebbe opportuno chiederci cosa resti della vecchia cultura anti autoritaria che ha rappresentato una stagione di conquiste, dalla chiusura dei Manicomi alla Legge Basaglia, dalla richiesta di liberalizzazione delle droghe leggere alla lotta contro le narcomafie, da culture antipatriarcali a nuovi modelli pedagogici.
Decenni, non senza contraddizioni, nei quali la società italiana ha subito profondi cambiamenti culturali, economici, sociali determinando nuovi rapporti di forza. Ma quella stagione di conquiste è ormai morta e sepolta e da lustri è iniziata una controrivoluzione del pensiero che rischia di portarci dritti dritti nel nuovo oscurantismo.
Non siamo in presenza solo di propaganda politica, ben altro avviene sotto i nostri occhi: dal ritorno della famiglia tradizionale ai bonus concepiti solo in funzione dei ruoli intrinsechi alla famiglia tradizionale, il rifiuto del diverso, la campagna per la revisione della Legge Basaglia, i decreti sicurezza con la loro nozione di degrado che farebbe impallidire perfino il giurista più moderato, le normative anti migranti, la costruzione di una società sempre più militarizzata, basata sui rapporti gerarchici, sulla disuguaglianza e sul rispetto di formalità atte ad occultare la sostanza dei problemi sociali.
Fin qui niente di nuovo, anzi riflessioni fin troppo banali e generiche, poco utili a capire la sconfitta di quella che un tempo definivamo egemonia di sinistra ma spesso confusa con il potere editoriale ed accademico di certi intellettuali che per lunghi anni hanno beneficiato della stagione di lotte sociali e culturali che ha attraversato il nostro paese per almeno un trentennio. Un giudizio severo, critico ma reale va speso per il ruolo degli intellettuali nei successivi 40 anni ingloriosi, non ci sembra di vedere dentro gli atenei dei gruppi critici che mettano insieme docenti e studenti, se ciò avviene è legato a fatti eccezionali come la presenza di Mimmo Lucano in Sapienza, non accade di norma per costruire quel laboratorio di critica e di azione rispetto all'esistente di cui invece avremmo bisogno.
Per essere ancora più espliciti non abbiamo bisogno di miti e pensatori ma soprattutto di altro: condivisione, discussione in gruppi, socialità, comunicazione e progettazione che scaturiscono solo da percorsi concreti e collettivi e non dalla preminenza di ruoli individuali. Paradossalmente la destra con la famiglia tradizionale si fa promotrice di una idea arcaica scissa dalla realtà odierna ma dentro narrazioni e percorsi identitari che a sinistra non esistono più. Perfino la narrazione sulla Resistenza è diventata retorica, la Costituzione decontestualizzata e riportata come libro sacro quando invece nacque dal conflitto e dal confronto tra tre grandi culture: liberal socialista, cattolica e marxista.
In questi giorni a Pisa c'è stata una feroce polemica sulla street parade antiproibizionista che alla fine è stata trasformata, con ordinanze del Questore e del Prefetto, in presidio. Diversi democratici si sono spesi pubblicamente per autorizzare il corteo assicurando la libertà di movimento e di sfilare per la città, ma nulla hanno potuto rispetto al Comitato cittadino per l'ordine e la sicurezza e soprattutto davanti alle forti pressioni di esponenti del Governo.
Sempre in questi giorni è (ormai) abitudine delle forze dell'ordine entrare dentro abitazioni senza mandato per sequestrare striscioni di critica al ministro Salvini, una docente a Palermo sospesa dopo essere stata segnalata per un video realizzato ad alcuni suoi alunni che equiparavano le Leggi razziali del Fascismo con il Pacchetto di sicurezza. Eppure su web leggiamo ben altre mostruosità senza che agli stessi zelanti funzionari e dirigenti ministeriali venga in mente di circoscrivere la cloaca della rete (e in ogni caso saremmo contrari) per colpire i rigurgiti razzisti e xenofobi.
Sopprimere e sradicare il diritto di critica è la premessa di una azione antidemocratica e autoritaria, allo stesso tempo le culture anti autoritarie arrancano e si chiudono a riccio contemplando ambiti ristretti dove agire indisturbati ma senza influenzare il pensiero e le azioni dei nostri contemporanei. Sicuramente la nozione omnicomprensiva di antiautoritarismo è forse una mostruosità ma possibile che non si voglia provare a mettere insieme una lettura critica di quanto avviene oggi nel mondo del lavoro, nella società, nel mondo della scuola?
Quando un Governo attacca la Legge Basaglia, il diritto alla libera circolazione, invoca una legge proibizionista sul modello americano, preferisce i cani antidroga nelle scuole a istituti aperti mattina e pomeriggio per rafforzare l'offerta formativa e i percorsi educativi, sospende le insegnanti "ree" di criticare il Ministro Salvini, parla del fascismo e del colonialismo in termini nostalgici o ripropone la famiglia tradizionale superata dalla storia, a qualcuno non viene in mente che una nuova cultura antiautoritaria potrebbe essere il terreno unificante di tante opposizioni? E per cultura non intendiamo solo chiacchere ma idee e percorsi materiali, scelte politiche, sindacali e sociali coerenti all'insegna non della autoconservazione.

Federico Giusti – Lotta Continua Pisa (da: Controlacrisi)

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