fioramonti

Il Ministro Fioramonti è stato di parola e dopo avere subito la manovra di Bilancio con ben poche risorse destinate alla ricerca e all'istruzione ha preferito rassegnare le dimissioni.
Lo stato in cui versano scuole e università è da tempo comatoso, da tempo sosteniamo che sarebbe opportuno riservare meno attenzione alla crescita del Pil e maggiore cura ai livelli di occupazione abbattendo le disuguaglianze crescenti. Dal 2008 ad oggi il rapporto tra salari e redditi da lavoro è crollato e con esso anche il rallentamento della crescita, la classe media è stata schiacciata verso il basso e in questa classe media si trovano anche gli insegnanti.
Ironia della sorte si sono creati posti di lavoro ma in molti settori, scuola inclusa, si lavora senza soldi, un concetto non da prendere alla lettera ma che utilizziamo come metafora della riduzione del potere di acquisto e anche del ruolo sociale dell'insegnante nella società italiana.
Nell'inversione di tendenza delle politiche intraprese da 25 anni ad oggi c'era proprio l’istruzione, la ricerca e la formazione, istruzione universitaria, scolastica e quella legata anche alle professioni. In Italia si ricercano specializzazioni spesso difficili da trovare in una fascia di età mai soggetta a percorsi di riqualificazione e formazione, risultato anche della distruzione operata dalla Legge Del Rio per le province, un tempo artefici di percorsi formativi e di orientamento lavorativo.
Il Ministro Fioramonti si è dimesso al contrario dei suoi collaboratori, dei sottosegretari che restano invece al loro posto.
Al di là delle polemiche interne al Movimento 5 Stelle, da cui proviene l'ormai ex Ministro, resta il fatto che Fioramonti aveva già dovuto digerire vari bocconi amari, dagli Invalsi alla alternanza scuola lavoro giudicati, a novembre scorso, indispensabili  requisiti per  accedere all'esame di maturità, fino alla contrazione dei fondi destinati ai rinnovi contrattuali della scuola (i soldi stanziati per 3,2 milioni di dipendenti pubblici sono ancora pochi e lontani dal restituire dignità a salari tenuti fermi per 9 anni e al cospetto dell'Europa tra i più bassi in assoluto).
Altro aspetto dirimente è quello della regionalizzazione della scuola dentro l'ennesima, e forse definitiva riforma che stravolgerà la Costituzione e l'universalità del sistema scolastico.
Si scrive regionalizzazione ma si legge privatizzazione della Scuola statale a discapito del carattere universale della scuola, dell'unità culturale del nostro paese in palese violazione per altro di quell'articolo 5 della Costituzione che parla di Repubblica una e indivisibile. L'autonomia scolastica determinerà la crisi finale di scuola e sanità nelle regioni del Sud Italia, l'esatto contrario di quello di cui avrebbe invece bisogno il nostro paese.
L'autonomia differenziata è il vero problema della scuola che si andrà ad aggiungere a strutture sempre più vecchie e fatiscenti, ai bassi salari degli insegnanti, ai ricercatori in fuga verso i paesi del Nord Europa, ai fondi insufficienti a supportare ricerca e formazione professionale.
Le dimissioni del Ministro forse serviranno a focalizzare l'attenzione ai problemi reali anche se a leggere le dichiarazioni rilasciate da vari esponenti politici tutto sarà buttato in caciara dimenticando i problemi reali ossia l'assenza di fondi per scuola e università e di coraggio per porre fine a riforme e leggi che negli ultimi anni hanno solo aggravato i problemi di scuola ed università

Da Sindacato Generale di Base – Pisa