Piazza Fontana ieri e oggi: il filo rosso della nostra storia. La lotta continua!

Quarantasei anni fa le bombe fatte esplodere a Milano e a Roma sono state il feroce messaggio che i dominanti ci hanno mandato. Volevano dirci che non avrebbero più accettato la travolgente crescita del movimento che nel biennio rosso (68-69) reclamava la liberazione dallo sfruttamento e dall’alienazione del sistema. Allo spavento provocato dall’insorgenza operaia e proletaria, la classe dominante rispondeva con le bombe sui treni, nelle banche e nelle piazze. Dalle bombe del 12 dicembre ha preso origine e si è definita quella strategia, nota come “strategia della tensione”, che aveva come finalità quella di impaurire e di far arretrare l’emergente soggetto collettivo che aveva occupato il centro della scena sociale e politica.

Oggi se rivediamo la foto dell’interno della Banca Nazionale dell’Agricoltura, sventrata dall’ordigno collocato da mani fasciste, il nostro pensiero va alle bombe che stanno cadendo sulle popolazioni prese di mira dalle guerre neocoloniali e dal terrorismo del fondamentalismo islamista.

Ieri le bombe venivano fatte scoppiare perché nulla cambiasse.

Oggi lo stato di eccezione permanente viene agitato per occultare le ragioni della crisi e la crisi stessa che è nata nel cuore del capitalismo globale.

Ieri il nemico pubblico era l’operaio in lotta additato come il responsabile della crisi di produttività dell’economia italiana, era il “cinese” contro cui si scatenava la “caccia alle streghe”.

Oggi il pericolo da cui difendersi è il proletariato migrante (la nuova classe pericolosa), il profugo che fugge dalle devastazioni delle guerre neocoloniali in Medio Oriente.

Ieri le lotte di massa nelle fabbriche, nelle scuole e nelle università, negli spazi urbani hanno sbarrato il passo allo sviluppo della strategia della tensione, al processo di fascistizzazione se non di vero e proprio colpo di stato.

Oggi, il 12 dicembre, scendiamo in piazza non per un’operazione nostalgica e memorialistica. Vogliamo ricordare con enorme affetto i nostri compagni assassinati, il compagno Pino Pinelli ucciso nella sede della Questura di Milano. Vogliamo gridare “guerra alla guerra!”. Vogliamo dimostrare che non ci siamo arresi, che siamo sempre dalla stessa parte.

Siamo noi che dobbiamo tessere il filo rosso che collega il presente alle lotte del passato.