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«Il comunismo per noi non è uno stato di cose che debba essere instaurato, un ideale al quale la realtà dovrà conformarsi. Chiamiamo comunismo il movimento reale che abolisce lo stato di cose presente. Le condizioni di questo movimento risultano dal presupposto ora esistente»

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Pandemia e cambiamenti nel lavoro: intervista a Federico Giusti delegato Rsu di Sgb e degli autoconvocati

smart

Si va parlando da tempo della centralità dello smart working, cosa ne pensi?

Nei paesi del Nord Europa è già presente da anni, in Italia esiste una legge del 2017 per lo piu' inapplicata, numerosi Enti locali hanno redatto i loro regolamenti di Ente confondendo lo smart con il telelavoro. Quest'ultimo ha prevede postazione fissa e rigidità orarie al contrario dello smart.

Il Decreto anticrisi ha trasformato lo smart nella modalità ordinaria per i dipendenti pubblici ma non per il lavoro privato, almeno per colletti bianchi e impiegati che potrebbero svolgere da casa le prestazioni richieste. Ora il Ministero vuole accelerare sulla flessibilità dell'orario per evitare gli assembramenti negli uffici ma al contempo la Circolare 3 della Funzione Pubblica spinge per far ritornare nei luoghi di lavoro lavoratori\trici appartenenti a uffici che operano per conto delle imprese. Non avremo affollamento degli uffici solo perché gli Enti locali e la Pubblica amministrazione sono impreparati a gestire la riorganizzazione degli spazi per la quale servono comunque fondi.

Di sicuro, almeno per la Pubblica amministrazione, si riorganizzerà la modalità in base alle esigenze della cosiddetta Fase 2, è comunque ipotizzabile la apertura degli sportelli pubblici per rispondere a cittadini e imprese e qui i delegati alla sicurezza e gli Rsu non dovranno limitarsi all’applicazione di protocolli generici che all'atto pratico non assicurano una reale tutela della salute di cittadini e forza lavoro, dovremo tutti\e essere vigili e inflessibili.

Può un Ente pubblico operare con tanti dipendenti in smart?

Si, ma solo se investiamo nell'ammodernamento della PA, nella digitalizzazione reale di tanti processi, se investimenti come quelli necessari per la formazione, le assunzioni, l'ammodernamento tecnologico saranno finanziati dallo Stato ed esclusi dai tetti di spesa ancora imperanti negli Enti locali. Abbiamo la forza lavoro più anziana d'Europa, il tempo delle scelte è arrivato e non c''e da perdere tempo.

Avete quindi una visione positiva dello smart?

No, perché la flessibilità oraria, giornaliera e settimanale, solo in teoria è un vantaggio per la forza lavoro. La modalità smart è stata pensata dal capitale per lavorare senza rigidità, su progetti ed obiettivi e non con orari prestabiliti. Con lo smart vengono anche meno le distinzioni tra i livelli e gli ordinamenti professionali, si può lavorare di più e senza un euro di aumento.

Lo smart può presto trasformarsi nel nuovo cottimo, nel cottimo 4.0 per capirci, poi che sia stato utile per combattere la pandemia è un altro discorso.

Si parla poi di doppi turni nelle scuole e nei luoghi di lavoro

Avranno, con la motivazione di dovere evitare il sovraffollamento degli uffici pubblici, la scusa per imporre doppi turni e una presenza nei luoghi di lavoro e a casa decisamente più produttiva. È solo questione di tempo per riorganizzare le modalità di lavoro, alla fine a guadagnarci saranno le Pubbliche amministrazioni e lontano dai luoghi di lavoro sarà più difficile costruire conflitto sindacale.
Secondo noi non è da escludere anche la revisione dei contratti collettivi ed individuali, ad esempio i lavoratori part time hanno una rigidità oraria che potrebbe venire meno, sempre con la motivazione di evitare il contagio. E attenzione; i vari decreti non prevedono il confronto e la contrattazione sindacale, i contratti di settore poi hanno con il tempo ridotto le materie di contrattazione. 

Cosa succederà nei prossimi mesi?

In teoria la emergenza finirebbe il 31 luglio 2020, con il decreto di maggio dovrebbe essere prorogata al 31 dicembre 2020 costringendo la PA a prendere atto della decisione assunta per riorganizzare servizi e personale. Una considerazione va comunque fatta: lo stato di eccezione rappresenta la sospensione del diritto sindacale e non solo quello. Giuristi e sindacati non hanno ancora percepito la gravità della situazione. I sindacati, così arrendevoli nelle settimane di marzo quando andavano chiusi tutti i luoghi della produzione, potrebbero accomodarsi alla tavola imbandita da Confindustria, Anci e Aran e trovare l'ennesimo accordicchio al ribasso.

Forse a qualcuno è sfuggita la notizia della probabile svendita di tanti immobili pubblici per reperire i fondi necessari agli ammortizzatori sociali, non si vanno a prendere i soldi dove sono con una Legge Patrimoniale, si dismette invece il patrimonio pubblico. E il bonus per la mobilità sostenibile prevede più soldi di quelli destinati all'emergenza abitativa e finirà nelle tasche dei redditi medio alti che una bici elettrica potrebbero pagarla di tasca propria e senza sovvenzioni statali.

Da questa situazione non se ne esce con nuove privatizzazioni ma con la re-internalizzazione dei servizi e del personale oggi impegnato, con la fine del subappalto, al contrario vediamo una uscita da destra che porterà misure repressive, la contrazione degli spazi di democrazia nei luoghi di lavoro (arrivano decine di procedimenti disciplinari a carico degli infermieri che hanno denunciato la carenza o l'assenza dei dispositivi di protezione individuale), svendite del patrimonio pubblico e modalità smart nella organizzazione del lavoro che potrebbero tramutarsi, a pandemia finita. nel cottimo 4.0

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