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Lo scorso 4 agosto una esplosione ha devastato il porto di Beirut, la capitale del Libano distrutto interi quartieri con centinaia di vittime e migliaia di sfollati. Sono andati in fumo magazzini e attività commerciali e gran parte delle riserve di grano nazionali, l’economia del paese, già sotto assedio del fondo monetario, in ginocchio.

La esplosione ha distrutto le attività portuali, quattro chilometri quadrati rasi al suolo, una autentica devastazione

L’esplosione è avvolta nel mistero ma la ipotesi di un attentato è tra la più probabile e qualora si fosse trattato di un incidente saranno da appurare le responsabilità di chi ha permesso che ingenti materiali esplosivi fossero accatastati contro ogni logica. Al momento non è dato sapere la causa dell’esplosione ma per ben sei anni migliaia di tonnellate di sostanze esplosive sono state accatastate nella zona del porto, a poca distanza dai centri abitati. Hezbollah ha negato di avere avuto depositi di armi vicino al porto di Beirut. Lo stesso presidente libanese, il cristiano Michel Aoun, si è detto disposto a indagare sulla possibilità che il deposito di nitrato di ammonio possa essere stato colpito da un missile o che sia stato oggetto di un attentato.

Da alcuni anni il Libano è sotto assedio sia da parte del FMI che da Israele, la crisi economica e sociale ha portato il paese alla miseria.

Il Libano è al centro delle mire di paesi che vogliono distruggere l’indipendenza del paese. Un’area nevralgica per passare alla aggressione della Repubblica iraniana e per continuare a tenere chiusi i palestinesi nei ghetti e nei campi profughi.

Gli “aiuti internazionali” offerti in queste ore sono interessati e funzionali allo scopo di annettersi questa area. Aiuti interessati che ben presto potrebbero tradursi in occupazione militare per cancellare anni di resistenza alle politiche sioniste e alla miseria e disoccupazione, al carovita e alla corruzione contro le quali è nata la cosiddetta primavera libanese.