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«Il comunismo per noi non è uno stato di cose che debba essere instaurato, un ideale al quale la realtà dovrà conformarsi. Chiamiamo comunismo il movimento reale che abolisce lo stato di cose presente. Le condizioni di questo movimento risultano dal presupposto ora esistente»

(K. Marx)

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Da Cosenza a Genova andata e ritorno. L’inchiesta sul Sud Ribelle. di Francesco Cirillo

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Per capire il perché si sia deciso da parte dello Stato l’attacco al movimento meridionale del Sud Ribelle bisogna conoscere cosa è successo immediatamente prima gli arresti del 15 novembre del 2002. Il territorio meridionale per la prima volta dopo decenni di silenzio è attraversato da una serie di lotte dure ed autonome. Dai disoccupati di Napoli, agli operai di piccole fabbriche in chiusura, all’occupazione di strade e ferrovie, è un fiorire di lotte, dove il controllo tradizionale dei partiti e delle istituzioni è completamente sfuggito loro di mano. La prova del fuoco sarà il Global Forum di Napoli a maggio del 2001. Il movimento riesce a portare in piazza, per la prima volta cinquantamila persone provenienti da tutti i territori meridionali. Comitati contro le discariche e gli inceneritori, comitati di base sindacali, comitati di lotta di fabbriche, studenti, immigrati, per la prima volta sono insieme a Napoli per protestare contro la vergogna rappresentata dai capi di stato riuniti e barricati in piazza Plebiscito, nel Palazzo Reale che fu dei Borboni. È una grossa prova di forza autonoma che non poteva essere lasciata sola a se stessa, in quanto metteva in discussione i partiti tradizionali, le istituzioni, il Governo allora fatto dal centrosinistra. Ecco perché una manifestazione assolutamente pacifica verrà attaccata da tutti i lati in piazza Municipio, trasformata in una moderna Little Big Horn, dai reparti speciali di polizia, carabinieri e finanza. È una mattanza. Centinaia di compagni e compagne verranno massacrati dai manganelli di Stato e dai lacrimogeni e trasportati in caserme dove verranno picchiati e torturati. È la prova su Genova. Il Ministro degli Interni, ulivista è il Ministro Bianco che durante gli scontri se ne starà seduto comodamente in un ristorante napoletano mentre la polizia si sbizzarrisce fra i vicoli di Napoli alla ricerca di sovversivi. Ma il movimento non si ferma.

L’esperienza di Napoli impone livelli di coordinamento organizzativo e soprattutto impone una piattaforma sulle istanze che provengono dal sud. Nasce così il Sud Ribelle. Per la prima volta a Cosenza si riuniranno gruppi, comitati, sindacati di base, associazioni, centri sociali, per decidere di andare insieme al G8 di Genova e portare insieme quelle che sono le realtà e le specificità del sud. In preparazione del contro G8 di Genova il “Sud ribelle” mette in atto una serie di iniziative che porranno al centro dell’attenzione dell’opinione pubblica le problematiche del sud. Problematiche ancora esistenti e che dimostrano oggi come allora si sia visto giusto. La militarizzazione dei territori, la presenza delle basi Nato, la mafia di stato, la devastazione ambientale del territorio, le scorie nucleari a Policoro, le prime sperimentazioni di OGM su territori da sempre dediti all’agricoltura tradizionale, la disoccupazione ed il degrado sociale. Problematiche che in seguito diventeranno quotidiane, quali quelle la militarizzazione attorno alle discariche.

A giugno 2001 si manifesta a Policoro contro il deposito di scorie nucleari e contro le sperimentazioni ogm sulle melanzane.

A luglio si occupano le agenzie di lavoro a Napoli, Taranto, Cosenza, Palermo. Il movimento cresce e diventa sempre di più presente all’interno delle lotte.

Dalla Calabria partiranno per Genova in 400 occupando treni ed organizzando pullman. A Genova per la prima volta si arriverà uniti ed organizzati. Ed a Genova scatta la seconda repressione dello stato e dei suoi sbirri sul movimento. Al posto di Bianco, questa volta, alla cabina di comando ci sono Scajola e Fini. Genova sarà la prova generale su come si può reprimere nelle piazze un movimento. Il “Sud Ribelle” arriva a Genova con le valige di cartone e sfila il 19 luglio insieme agli immigrati, a simboleggiare i nuovi immigrati. Il 20 luglio il “sud ribelle” si scioglie in tutte le piazze tematiche. Sarà presente a piazza De Novi, così come nelle altre piazze attaccate dalle forze del disordine. Il ritorno da Genova rappresenterà l’avvio di una serie di nuove iniziative sui territori meridionali. La via è stata tracciata, la presenza nelle lotte sarà sempre più significativa e soprattutto organizzata. Lo stato non può più stare fermo di fronte alla crescita evidente del movimento e dà mandato ai Ros di organizzare gli arresti. Trova nella Procura di Cosenza e nei magistrati, Serafini, Fiordalisi e Plastina i servi fedeli per una montatura poliziesca che era stata rifiutata dalle Procure di Napoli e di Genova, dove secondo le accuse sarebbero avvenuti i gravi fatti eversivi.  Cominciano così, partendo da Cosenza, una serie di pedinamenti, intercettazioni, servizi fotografici, sull’attività di cento militanti del sud. La loro vita viene scandagliata fin nei piccoli particolari. Il pedinamento e controllo sarà continuo fino al 15 novembre del 2002 quando scatterà la grossa operazione con centinaia di perquisizioni e l’arresto di 18 militanti appartenenti al Movimento del “Sud ribelle”.

 Il Sud ribelle secondo gli investigatori è un’enorme associazione sovversiva all’interno della quale agisce un gruppo ristretto di sovversivi con intenti terroristici. I 18 attivisti, considerati elementi pericolosissimi, vengono portati in carceri speciali e qui restano per 20 giorni fino a quando il tribunale del riesame di Catanzaro non ne deciderà la scarcerazione. Gli attivisti del sud ribelle verranno accusati di reati pesantissimi che vanno dalla Cospirazione politica mediante associazione al fine di: Turbare l’esercizio delle funzioni del governo italiano durante il G8 a Genova nel luglio 2001; Effettuare propaganda sovversiva; Creare una più vasta associazione composta da migliaia di persone volta a sovvertire violentemente l’ordinamento economico costituito nello Stato. E poi ancora, Associazione per delinquere, Associazione sovversiva, Attentato contro organi costituzionali a Genova, Attentato contro organi costituzionali a Napoli, Porto di oggetti atti ad offendere, Resistenza a pubblici ufficiali, Turbativa violenta del possesso di cose immobili, Propaganda sovversiva.  Tutto finirà in una enorme bolla di sapone e tutti i militanti verranno prosciolti nei tre gradi di giudizio e risarciti per i giorni di carcere fatti.

 

 Queste le tappe dell’inchiesta e del processo al sud ribelle. 

- 15 Novembre 2002: 18 attivisti del movimento meridionale sono tratti in arresto per vari reati associativi (associazione sovversiva, cospirazione politica, attentato agli organi costituzionali dello stato).
- 23 Novembre 2002: Cinquantamila persone scendono in piazza a Cosenza per chiedere la liberazione immediata di tutte e tutti gli arrestati.
- Dicembre 2002: Il Tribunale della libertà di Catanzaro produce una sentenza che, oltre a rimettere in libertà tutti gli arrestati, demolisce dalle fondamenta l’impianto accusatorio del provvedimento. "Esprimere il dissenso non è reato" è il messaggio cardine delle motivazioni di quella sentenza.
- Maggio 2003: Nonostante la richiesta dello stesso procuratore generale di rigettare il ricorso presentato dal Pm titolare dell’indagine, la Cassazione annulla la sentenza del Tdl di Catanzaro per esclusivi vizi di forma, mentre i contenuti della sentenza contestata non sono minimamente messi in discussione.
- Luglio 2003: Il Pm Fiordalisi presenta una “memoria” in cui ribadisce la volontà di arrestare nuovamente tutti e 20 gli indagati, ed estende all’intero movimento le accuse già formulate contro il Sud Ribelle. Fiordalisi chiede di depositare decine di migliaia di pagine contenenti "nuove" prove: si tratta essenzialmente di altre intercettazioni telefoniche riciclate (e molte di queste palesemente manomesse dalla digos di Cosenza) da altre procure che le avevano dichiarate inutili e insignificanti, ma per Fiordalisi sono una conferma: le contestazioni al G8 di Genova erano un attacco al governo Berlusconi. Secondo lui, gli indagati volevano "turbare l’esecuzione delle funzioni del governo italiano, sovvertire violentemente l’ordinamento economico costituito dello Stato, sovvertire la globalizzazione economica”.
- Novembre 2003: Nuova sentenza del tribunale della libertà di Catanzaro. A carico di cinque su diciotto già scarcerati, rimangono i gravi indizi di colpevolezza. A tre di loro viene addirittura imposto l’obbligo di firma (Caruso, Cirillo, Santagata) che terranno per un anno e 2 mesi e verrà tolto dal giudice del processo della corte d’assise; per tutti gli altri cade ogni contestazione.
- Aprile 2004: Richiesta di rinvio a giudizio per tredici degli indagati, due dei quali completamente estranei fino a quel momento a tutta la vicenda giudiziaria (Luca Casarini e Alfonso De Vito). Le posizioni di altri 41 indagati vengono archiviate. Solo per 11 dei 18 arrestati nel novembre 2002, è stata presentata richiesta di rinvio a giudizio; cinque di quelli che finirono nelle carceri speciali vedono cadere ogni contestazione a proprio carico. Fiordalisi aggiunge il reato di “associazione a delinquere”. Quindi, non solo sovversivi e cospiratori, ma anche delinquenti.
- Maggio 2004: Prima udienza preliminare. I legali si oppongono alla costituzione di parte civile presentata dalla Presidenza del Consiglio e dai Ministeri dell’Interno e della Difesa, che è stata però accolta. Il governo chiede cinque milioni di euro di risarcimento per i danni non patrimoniali, cioè d’immagine, subiti in occasione dei vertici di Napoli e di Genova. Ma il Gup respinge questa e tutte le altre eccezioni della difesa, e prim’ancora fissa il calendario del dibattimento, stralciando la perizia sulle intercettazioni (che sono il cuore del “teorema Fiordalisi”). Gli imputati, dinanzi a questo atteggiamento del Gup, che mostra già di aver deciso l’esito dell’udienza, chiedono la ricusazione del magistrato.
- Giugno 2004: La Corte di Appello rigetta la ricusazione del Gup fatta dagli imputati e ristabilisce il collegio. Gli imputati che hanno firmato la richiesta di ricusazione vengono anche multati di 1500 euro ciascuno.
- Giugno 2004: La Corte di cassazione rigetta il ricorso presentato da Caruso e Santagata contro l’obbligo di firma che li costringe ormai da nove mesi a firmare in caserma. Oltre al rigetto, i due imputati sono condannati ad una multa di 500 euro ciascuno.
- Luglio 2004: A Roma nasce l’Osservatorio parlamentare sul diritto al dissenso: seguirà il processo di Cosenza. I firmatari sono 12 deputati e due senatori. Il Gup rinvia a giudizio 13 indagati. Le pene previste per i reati contestati, vanno da 12 a 15 anni di carcere.
- Agosto 2004: La Cassazione respinge i ricorsi sulla presunta incompetenza territoriale del tribunale di Cosenza. La Procura presenta una “integrazione d’indagine”. I mezzi di informazione locali annunciano che tra i testi d’accusa il Pm Fiordalisi ha inserito il capo della polizia De Gennaro.
- 2 Dicembre 2004: Inizio del processo

Il processo al Sud Ribelle si è aperto in una regione devastata dalla mafia, dalla disoccupazione e da un degrado ambientale senza precedenti. Il processo vede coinvolti 13 imputati accusati di reati gravissimi che vanno dall’associazione sovversiva, all’associazione per delinquere, all’attentato contro gli organi costituzionali fino alla sovversione violenta dell’ordinamento economico dello stato. Come sarebbe riuscita una “banda di malfattori” composta sì e no di una cinquantina di persone a far crollare l’ordinamento economico dello Stato Italiano non è stato mai spiegato dall’abile Pm Fiordalisi titolare ed inventore dell’inchiesta. Fatto sta che il gruppo ha dovuto rispondere di tutto questo e dimostrare la sua estraneità ai fatti che gli venivano addebitati pena il carcere ed il pagamento di 5 milioni di euro allo Stato. In una Calabria devastata dalla mafia e dalla corruzione a tutti i livelli tutto questo dovrebbe far pensare. E si dovrebbe anche riflettere sul perché la ‘ndrangheta, la principale organizzazione terroristica “interna” allo Stato riesce a prosperare ed a vincere controllando interi territori della Calabria. Si è sempre lamentata sia da parte dei magistrati delle varie procure calabresi, che da avvocati ed istituzioni varie, della carenza del personale esistente nelle nostre Procure, oltre all’assurda assenza anche di penne, carta, e fotocopiatrici, che la dice lunga sullo stato dei nostri tribunali. Ma non si dice mai come questi magistrati vengono impiegati dai vari procuratori capo, perché si sceglie di investire su un’inchiesta piuttosto che su un altra. Fiordalisi venne premiato nel ritorno al Tribunale di Paola nonostante “l’incompatibilità ambientale” con un perito che lavorava, e lavora tutt’oggi, all’interno dello stesso tribunale (storia scritta nel libro “Come nasce una mafia” di L. Michele Perri – Periferia editore), l’altro Gip Nadia Plastina come ha scritto il Presidente del Tribunale di Cosenza, premiata per “meriti” e trasferita a Roma  presso il Ministero di Grazia e Giustizia. Per il processo al Sud ribelle vennero spesi ad occhio e croce oltre un miliardo di vecchie lire. Soldi spesi per le infinite intercettazioni telefoniche ed ambientali sulle quali si basa l’intero processo. Soldi spesi per piazzare gli impianti nelle nostre case, nelle nostre auto, nelle sale dove si sono svolte pubbliche riunioni. Abbiamo letto, fra i 50 mila fogli di carte processuali, le fatture presentate da questi esperti e sono botte di centinaia di milioni di lire per microspie, impianti satellitari, per trasferimenti da Roma di “esperti serraturieri” che hanno fatto copie delle nostre chiavi di casa per entrarvi nottetempo e montarvi le microspie, per l’acquisto di computer, fax ed attrezzature varie. Che spesso non hanno funzionato!  Come quelle messe in casa mia per ben due volte, e dove per meglio attivarle fecero installare dalla Telecom un palo di cemento alto venti metri proprio di fronte alla mia abitazione per creare un ponte che attivasse le microspie. A tutto questo poi bisogna aggiungere tutti i pedinamenti fatti dalle abitazioni di ognuno dei cinquanta indagati prima e dei tredici imputati poi. Pedinamenti che avvenivano fino a Taranto da Cosenza, fino a Napoli da Diamante. Non un solo pedinamento è finito in una località segreta. Non una sola riunione è avvenuta in una abitazione diversa da quella detta per telefono. Tutti i pedinamenti finivano in sale di Rifondazione Comunista, di qualche Comune che concedeva la sala consiliare, di qualche circolo o sindacato come quello della CGIL di Lametia terme. Spesso gli stessi pedinatori vi entravano e facevano finta di essere pubblico. Avvenne a Lametia nella sede di Rifondazione Comunista, avvenne a Lametia nella sede del Circolo Josè della Rua, avvenne al Gramna a Cosenza. Insomma, tutto pubblico e tutto alla luce del sole, tranne che per Fiordalisi e la Plastina. Ma mentre avveniva tutto questo cosa succedeva in Calabria? Ecco la riflessione che occorre fare. Solo a Cosenza una ventina di omicidi. Uno degli ultimi avvenne proprio sotto casa di un magistrato, di giorno, in una grande piazza. Ma non solo omicidi sono avvenuti. Almeno un centinaio di attentati sono stati fatti contro sindaci, amministratori, sedi municipali. E almeno un migliaio quelli contro commercianti, aziende, semplici cittadini, che non pagano le tangenti, o che non rispettano le rate dell’usura. Ma non basta. I processi e le indagini sulla ‘ndrangheta dei rifiuti sono fermi o incastrati per burocrazie varie. Ne cito uno dei più importanti. Quello sui rifiuti tossici dell’Enichem di Crotone. Parliamo di ben 35 mila tonnellate di rifiuti tossici seppelliti nella piana di Sibari e mai scoperti, o scoperti in parte ed ancora a distanza di dieci anni ancora da bonificare. Intanto il processo ai responsabili non è stato celebrato e la maggior parte dei funzionari e dei politici che hanno partecipato alla grande truffa sono ancora in giro riciclati in partiti politici o negli uffici della stessa Regione Calabria. Ed ancora. Non si è mai indagato sulle navi di rifiuti tossici. Dopo 14, anni arrivò alla Procura di Paola il fascicolo riguardante la Jolly Rosso, una nave spiaggiata con tutto il suo carico tossico a qualche chilometro dal Tribunale di Paola e guarda caso l’inchiesta venne archiviata proprio dal solerte (per il nostro caso) Pm Fiordalisi. Il fascicolo dell’inchiesta poi finì a Reggio Calabria dove venne tenuto per ben 14 anni. Intanto i veleni seppelliti nella costa tirrenica hanno continuato a generare tumori e malattie varie. Ne parlai in varie inchieste fin dal 1999 su un settimanale calabrese, Mezzoeuro e su altri quotidiani e il mio blog. Fra una riunione sovversiva ed un “attacco terroristico” faccio il giornalista e mi occupo di ambiente. Ma ho potuto scoprire in seguito al mio arresto, che mentre io scrivevo dei mali della Calabria  in almeno un migliaio di articoli pubblicati dal “Domani”, da “Mezzoeuro” e dalle “Calabrie”, la magistratura indagava su di me. Che mentre mettevo in evidenza le discariche abusive sparse nel nostro territorio, i villaggi abusivi della mafia del riciclaggio del danaro sporco a San Nicola Arcella e a Praia, mentre censivo le 35 dighe inutili e mai terminate che hanno succhiato migliaia di miliardi al nostro Stato , che mentre lottavo con gli ambientalisti contro la portomania del Tirreno che vuole finanziamenti per centinaia di miliardi per costruire una decina di porti inutili e dannosi, ebbene qualcuno si preparava al mio arresto, perché io cospiravo e delinquevo contro lo Stato. Ho parlato di me, ma lo stesso è avvenuto in altri campi con gli altri miei coimputati. Si è indagato su Caruso e De Vito che si occupavano a Napoli dei disoccupati e dei precari; il curriculum di lotte di Caruso, poi divenuto parlamentare per Rifondazione Comunista , e di De Vito è lunghissimo così come quello di Michele Santagata che si occupava di migranti e di come accoglierli a Cosenza, di Campennì professore ricercatore dell’Università di Cosenza , di Dionesalvi giornalista e militante da sempre,  di Annetta Curcio che si occupava di giovani emarginati di Cosenza , di Oliva Vittoria e Antonio Rollo impegnati sui detenuti e di prigionieri politici, di Giuseppe Fonzino e Salvatore Stasi pugliesi impegnati da sempre nel difficile sociale di quella regione.
Il processo iniziato quel 2 dicembre del 2002 dopo 52 udienze terminò il 24 aprile del 2008. Tutti assolti perché i fatti non esistevano proprio. In parole povere si erano inventati tutto per reprimere un movimento e mettere sotto processo militanti che agivano alla luce del sole così come avevamo sempre sostenuto. Ma il nuovo colpo all’inchiesta Fiordalisi arrivò il 20 luglio del 2010. Il giorno dell’assassinio di Carlo Giuliani a Genova nel 2001, il giorno che secondo la teoria fantasiosa del PM Fiordalisi iniziarono le tattiche guerrigliere del Sud Ribelle. Ebbene quel giorno anche la Corte d’Appello di Catanzaro assolse da ogni accusa tutti gli imputati. La Cassazione nel 2011 confermerà definitivamente la sentenza di primo e secondo grado.

 Ma l'ultima parola è stata già detta dal movimento stesso e dalle popolazioni meridionali che sin dall'inizio non hanno creduto al teorema Fiordalisi ed a tutte le invenzioni del Ros.

FRANCESCO CIRILLO

 

 

G8 a Genova, luglio 2001 di Francesco Giordano
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