censura

Stiamo parlando di accuse per il reato di diffamazione che quasi mai si concludono con una condanna per i giornalisti. Eppure la querela ai loro danni è lo strumento utilizzato per impedire approfondimenti di cronaca, inchieste e soprattutto indagini giornalistiche su innumerevoli questioni.

Con la minaccia della querela si possono zittire voci di dissenso, scomode testate, oppure con la minaccia di risarcimenti stratosferici impedire a qualche giornalista coraggioso o a qualche piccola testata online di poter uscire liberamente.

Il potere economico e quello politico in Italia sono i veri poteri forti. Chi fa controinformazione, oppure giornalisti al di fuori dei grandi circuiti mediatici sono le vittime sacrificali delle inchieste, delle indagini che portano a conoscenza della popolazione innumerevoli vicende che i grandi mass media trascurano oppure occultano.

Eppure una testata come la nostra è costantemente a rischio di essere investita da una domanda risarcitoria o di una qualche querela costruita ad arte. Decine di giornalisti, con stipendi part-time e spesso precari, sono stati costretti a pagare di tasca loro cause per diverse migliaia di euro. In Italia serve sicuramente una maggiore tutela nei confronti dei cosiddetti poteri deboli e oggi chi fa giornalismo di controinformazione è debole per antonomasia.

Ma in particolare il fatto che si ricorra tragicamente alla querela per chiedere risarcimenti e mettere in ginocchio il dissenso è il segno dei tempi, è il segno che lo strumento della querela nelle mani della giustizia va completamente modificato. La querela non può servire perde zittire e intimidire le voci di dissenso.