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«Il comunismo per noi non è uno stato di cose che debba essere instaurato, un ideale al quale la realtà dovrà conformarsi. Chiamiamo comunismo il movimento reale che abolisce lo stato di cose presente. Le condizioni di questo movimento risultano dal presupposto ora esistente»

(K. Marx)

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"Se la polizia tocca uno studente; blocchiamo i porti"

"Se la polizia tocca uno studente; blocchiamo i porti"

Dopo il caso di Danon del liceo Bergson, a Parigi, preso a pugni da tre poliziotti che gli hanno spaccato il naso, e la vicenda di Ryan, il quindicenne fermato per 24 ore con l’accusa di aver tentato di bruciare un cassonetto davanti al liceo Voltaire, che ora rischia fino a 10 anni di prigione e 75mila euro di penale per danneggiamento di beni materiali suscettibile di causare danni a terzi, al liceo Blanqui, a Saint-Ouen, i militari pattugliano l’ingresso dell’edificio, formalmente per ottemperare al piano Vigipirate antiterrorismo.

Manuela lavoratrice portuale di Le Havre, in Normandia, lancia una proposta concreta: “Da noi la CGT ha votato una mozione semplice: se la polizia tocca uno studente, blocchiamo il porto, e finora la minaccia ha funzionato”. Applausi.

Queste poche frasi spiegano e testimoniano la potenzialità della lotta che si è sviluppata in Francia a partire da marzo contro il Jobs act francese.

Fin da subito si è compreso, memori dei vari Occupy Wall Street, che non sarebbe stato possibile combattere la “Loi Travail” senza riuscire ad allargare la contestazione, quindi ampliare gli obiettivi della lotta: revoca dello stato di emergenza, revoca della nuova legge contro la prostituzione, condanna degli accampamenti dei rifugiati, ed il rilascio mmediato dei manifestanti fermati, oltre che decidere azioni concrete a sostegno delle lotte dei lavoratori.

La protesta contro il Jobs act di Valls e Hollande in poco tempo si allarga in tutto il paese, partita da studenti e precari coinvolge ferrorivieri e portuali.

Inizia così un braccio di ferro: la polizia sgombera la sera, ed il giorno dopo riprendono le occupazioni.

Dal primo sciopero, 9 marzo 2016, pare che sia stato la classica goccia che ha fatto trabccare il vaso, ed infatti “ni chair à patron, ni chair à matraque” (non siamo carne da macello per le imprese né per i manganelli) è diventato il ritornello della protesta.

Nelle assemblee c’è chi suggerisce di votare per la rivoluzione, delle 32 ore, dei sussidi di disoccupazioni, chi vuole contratti a tempo indeterminato, chi “lavorare tutti/lavore meno”, persino chi di lavoro salarito non ne vuole sentir parlare perché andrebbe abolito.

La lettera indirizzata ai ferrovieri della Gare d’Austerlitz dagli studenti di Paris 1 e dell’Ecole Normale Supérieure comincia così: “Cari lavoratori e lavoratrici, […] il 31 marzo eravamo più di un milione in piazza a manifestare e a esprimere in massa e con entusiasmo la nostra collera e il rifiuto categorico di questa progetto antisociale. La pioggia e i manganelli non sono riusciti ad abbatterci”. Se il calendario di mobilitazione previsto dalle direzioni sindacali rischia di “dividere il movimento proprio nel momento in cui è fondamentale restare uniti”, gli studenti prendono l’iniziativa da soli e invitano i ferrovieri a Tolbiac, a partecipare sabato mattina a un’assemblea interprofessionale di quartiere con i postini, gli insegnanti, il personale dell’ospedale della Pitié-Salpêtrière e altri lavoratori mobilitati. Se “la convergenza delle lotte non è un mito, né il disco rotto di militanti ottusi, ma la sola carta vincente di questo movimento”, allora bisogna darsi da fare.

Francesco GIORDANO    ...

Ancora una volta gli studenti si assumono il compito di contrastare le direzioni dei sindacati e non perdono tempo: in duecento un pomeriggio hanno fatto incursione alla stazione di Saint-Lazare per dare manforte ai lavoratori con la proposta di “far deragliare insieme il governo”. L’obiettivo di questo e altri interventi a fianco di un settore tradizionalmente combattivo, e ora in lotta contro l’attuale riforma dello statuto dell’impresa ferroviaria oltre che contro la Loi Travail, è il tentativo di rinnovare le relazioni pericolose tra studenti e ferrovieri e far scoccare la scintilla sui binari per accendere la fiamma dello sciopero generale, come accaduto a maggio del 1968 e a novembre del 1995.

 

Karim, Marie, Luis sono le persone che raccontano dello sfruttamento di oggi, che somiglia straordinariamente a quello di ieri.

Finora, nonostante gli incidenti di percorso, gli studenti hanno dimostrato di avere tutto quello che serve per continuare la protesta: i piedi per terra, difendere la piazza, e sfuggire alla reèpressione poliziesca, e poi la testa sulle spalle, per non cadere nelle provocazioni di chi vuole la divisione mediatica tra buoni e cattivi e che questa si insinui a frantumare il movimento.

 

Post Scriptum: qualche migliaio di poliziotti il 7 aprile scorso ha risposto all’appello del sindacato Unité-police SGP-FO per chiedere una riqualificazione professionale e remunerativa, all’altezza degli sforzi supplementari imposti dallo stato di emergenza.

Questa forse è la cartina di tornasole più palese di uno stato di repressione, che è riuscito ad affaticare non solo chi lo subisce ma perfino chi lo infligge?

Francesco Giordano...con la Palestina nel cuore!

 

Solidarietà con lo sciopero generale in Francia de...
Bologna, marzo 1977
 

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Martedì, 16 Aprile 2024

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