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L'immoralità a-classista della “questione morale”

La cosiddetta “questione morale” nasce 40 anni fa, dopo il terremoto in Irpina nel 1980. Fu la via di uscita del PCI di Berlinguer dalla politica del Compromesso Storico, dopo la fine dell'alleanza di Governo con la Democrazia Cristiana, per iniziativa della stessa DC. La centralità della questione morale sposta su un altro tema i problemi scottanti del periodo: la crisi del movimento sindacale e le politiche dei sacrifici condivise da Governo e sindacato, la devastazione dello “stato di emergenza” instaurato nella seconda metà degli anni 70, la repressione contro i movimenti degli anni Settanta.

Non è un rapporto di cause ed effetti da analizzare meccanicamente ma anche la “Questione Morale” dei primi anni Ottanta andrebbe inquadrata dentro un quadro esaustivo di crisi delle istituzioni e della loro lottizzazione. Qualcuno riscoprì allora l'intreccio affaristico tra politica e settori malavitosi dimenticando che determinati ambiti di corruzione c'erano sempre stati, con la differenza che, solo pochi anni prima, era osteggiati e contrastati dai comunisti e dai rivoluzionari senza delega alcuna alle istituzioni, nelle piazze e nelle lotte sociali.

La “questione morale” berlingueriana si infranse quasi 20 anni dopo nella stagione di Mani Pulite e con inchieste della Magistratura che affondarono come un coltello nel burro portando alla luce fenomeni corruttivi tanto estesi quanto radicati. Ma in quei 20 anni avvennero altre profonde trasformazioni che utilizzarono il 1989 per liquidare l'esperienza stessa del PCI.

Sono in molti a chiedersi cosa stia accadendo nel Parlamento europeo con esponenti del centro sinistra italiano ed europeo coinvolti direttamente in uno scandalo le cui dimensioni sono destinate ad allargarsi, raggiungendo probabilmente le sponde anche di altri raggruppamenti politici.

Dovremmo domandarci oggi a cosa abbia portato l'americanizzazione della società e un sistema politico costruito tra maggioritario e rappresentatività, ma porsi anche qualche domanda sull'Ue, sul suo Parlamento sarebbe indispensabile. Fiumi di denaro, un Parlamento fuori da ogni controllo degli Stati nazionali, finiscono con l'attirare eserciti di lobbisti guidati da ex parlamentari e uomini di affari.

Un colpo decisivo all'Europa? Probabilmente alla sua autorevolezza sancita anche dai Patti di stabilità, dalle politiche di sacrifici imposte ad alcuni paesi, come alla Grecia, ma il ragionamento andrebbe fatto a 360° gradi senza parzialità alcuna.

Proviamo a sintetizzare il ragionamento in pochi punti

In alcune nazioni stanno provando a riformare la Giustizia, in Italia porre limiti al sistema delle intercettazioni renderebbe la vita più facile a corruttori e corrotti, al contempo dovremmo non affidare agli inquirenti il controllo delle istituzioni o porsi alla loro ombra con comode e tardive critiche. E da antiistituzionali la critica al Governo Meloni non potrà avvenire con i classici schemi di quello che fu il pool di Mani Pulite o per giustificare l'operato super partes di Istituzioni europee gestite da poteri economici e finanziari fuori da ogni controllo popolare.

Piuttosto dovremmo riflettere su un convitato di pietra che accomuna vari schieramenti politici a difesa di interessi "forti". La corruzione resta un fatto endemico, ci sono poi leggi che la possono contrastare o favorire e qui subentra non solo una idea della Giustizia ma anche della società e il rapporto tra Istituzioni e cittadinanza. Esiste un utilizzo intermittente della questione morale, arma di distrazione di massa per nascondere svolte politiche o per ripararsi dietro a una presunta etica atta a salvaguardare istituzioni e interessi economici e politici.

Non si tratta di tutelare il buon nome dell'Europa quando questa Comunità viene gestita con i parametri di Maastricht e le politiche di austerità, quando alla illusione dell'Europa dei popoli è subentrato il potere dei banchieri. Dovremmo invece riflettere sul potere sterminato del sistema delle lobby che, sul modello Usa, assedia parlamentari e commissioni per ottenere extraprofitti e lauti compensi.

I fenomeni corruttivi al Parlamento europeo ci ricordano anche il convitato di pietra dietro alle sanzioni contro la Russia, agli interessi degli Stati del Golfo che hanno molto da guadagnare dalla guerra in corso. E quei Paesi sono sovente alleati Usa o provano ad operare come forze emergenti a livello regionale ma sempre sotto l'alveo della Nato.

E le lobby non sono attive solo a Bruxelles, sarebbe sufficiente studiare gli emendamenti alle Leggi di Bilancio nazionali per comprendere quanto endemica e strutturale sia la politica lobbista e le pressioni di poteri economici e finanziari sull'operato del Parlamento.

I soli a non avere una lobby sono gli operai e le classi subalterne!