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mercoledì, 20 Novembre 2024

«Il comunismo per noi non è uno stato di cose che debba essere instaurato, un ideale al quale la realtà dovrà conformarsi. Chiamiamo comunismo il movimento reale che abolisce lo stato di cose presente. Le condizioni di questo movimento risultano dal presupposto ora esistente»

[K. Marx]

La guerra civile in Francia. Un tentativo di bilancio di Emilio Quadrelli.

La rivo­lu­zio­ne è un’ideologia che ha tro­va­to del­le baio­net­te. (N. Bona­par­te)

I fuo­chi del­la rivol­ta si sono, alme­no momen­ta­nea­men­te, sopi­ti. Con que­sto arti­co­lo cer­chia­mo di com­pren­de­re che cosa i sei gior­ni di rivol­ta han­no deter­mi­na­to e qua­li sce­na­ri si van­no deli­nean­do. L’articolo si com­po­ne di tre inter­vi­ste rila­scia­te da atto­ri socia­li, già ascol­ta­ti in pre­ce­den­za, che in vir­tù del­la loro mili­tan­za poli­ti­ca pos­so­no van­ta­re un qual­che lega­me con il “popo­lo dei quar­tie­ri”. La nostra inte­ra­zio­ne con le inter­vi­ste è sta­ta mini­ma ripro­met­ten­do­ci, in un suc­ces­si­vo arti­co­lo, di ten­ta­re una let­tu­ra poli­ti­ca di quan­to anda­to in sce­na. Una let­tu­ra che, sen­za una base empi­ri­ca, diven­ta puro eser­ci­zio reto­ri­co. “Solo chi fa inchie­sta, ha dirit­to di paro­la” e a par­ti­re da Mao, ma si potreb­be aggiun­ge­re tran­quil­la­men­te da tut­ta la sto­ria del­lo “ope­rai­smo”, abbia­mo cer­ca­to in tut­ti i nostri arti­co­li di man­te­ne­re que­sta “linea di con­dot­ta”.
Dia­mo per­tan­to, sen­za fron­zo­li di trop­po, la paro­la a M. R., ope­ra­io pre­ca­rio dell’edilizia atti­vo nel Col­lec­tif Cho­meurs Pre­ca­ries.

Che per­ce­zio­ne c’è nei “quar­tie­ri” a Mar­si­glia dopo la rivol­ta?
Allo­ra, in linea di mas­si­ma, c’è un sen­so di sod­di­sfa­zio­ne abba­stan­za gene­ra­liz­za­ta. Que­sto è ampia­men­te com­pren­si­bi­le per­ché, alme­no per sei gior­ni, i “quar­tie­ri” sono sta­ti in gra­do di river­sa­re, e con gli inte­res­si, ciò che abi­tual­men­te subi­sco­no. Que­sto è un fat­to che puoi facil­men­te con­sta­ta­re attra­ver­san­do una qua­lun­que zona ghet­to. La poli­zia, alme­no per il momen­to, sta tenen­do un pro­fi­lo bas­so il che raf­for­za l’orgoglio del­la ban­lieue anche se que­sta cal­ma, più che esse­re la rati­fi­ca di un muta­men­to dei rap­por­ti di for­za, appa­re come la clas­si­ca cal­ma che pre­ce­de la tem­pe­sta. Que­sto è il timo­re che cogli se esci dal­le fasce gio­va­ni­li. Men­tre i petit sono deci­sa­men­te esal­ta­ti per­ché riten­go­no di aver vin­to, gli altri, che sono pas­sa­ti più vol­te per l’inferno pen­sa­no che le rica­du­te repres­si­ve potreb­be­ro esse­re mol­to pesan­ti.

Ma que­sto signi­fi­ca che nei “quar­tie­ri” vi è una rot­tu­ra inter­na?
No, que­sto no dicia­mo che, piut­to­sto, men­tre i più gio­va­ni foca­liz­za­no lo sguar­do sull’immediato, gli altri cer­ca­no anche di pen­sa­re a cosa acca­drà a bre­ve. Que­sta non è una cosa sba­glia­ta ma che riman­da, per quan­to maga­ri non espli­ci­ta­ta in manie­ra chia­ra, a una visio­ne e con­sa­pe­vo­lez­za poli­ti­ca che ha più di una ragio­ne di esse­re. In qual­che modo mol­ti nei “quar­tie­ri” si chie­do­no: “Ades­so cosa fac­cia­mo, ades­so cosa suc­ce­de?” Cre­do che la sin­te­si esat­ta di quan­to è acca­du­to pos­sa sin­te­tiz­zar­si così: una vit­to­ria mili­ta­re a fron­te di una sostan­zia­le debo­lez­za poli­ti­ca. Il che non è pro­prio una novi­tà, a fron­te di una capa­ci­tà mili­ta­re e volon­tà di com­bat­ti­men­to che non tro­vi da nes­su­na altra par­te, ti ritro­vi sem­pre den­tro una dif­fi­col­tà a tra­sfor­ma­re in for­za per­ma­nen­te, come eser­ci­zio di con­tro pote­re effet­ti­vo, tut­to ciò che è sta­to mes­so in cam­po nel­la bat­ta­glia di stra­da.

Que­sto vuol dire che la rivol­ta, alme­no sul pia­no orga­niz­za­ti­vo, ha lascia­to tut­to come pri­ma?
Non è faci­le dare una rispo­sta a que­sta doman­da. Non lo è per­ché l’internità poli­ti­ca, anche la nostra per cari­tà, a tut­to quel­lo che è suc­ces­so è sta­ta vera­men­te mini­ma per cui quel­lo che pos­sia­mo dire con one­stà è solo il frut­to di alcu­ne rela­zio­ni e con­ta­mi­na­zio­ni peri­fe­ri­che con que­sti mon­di. Sul­la base di que­ste pos­sia­mo dire che le gang dei petit ne esco­no note­vol­men­te rin­for­za­te e agguer­ri­te. Non biso­gna dimen­ti­ca­re la quan­ti­tà di armi che sono sta­te sot­trat­te nel cor­so del­le sei gior­na­te il che signi­fi­ca che, di fat­to, c’è un livel­lo di arma­men­to ope­ra­io e pro­le­ta­rio non pro­prio irri­so­rio ma è anche vero che, al momen­to, nes­su­no è in gra­do di dire come ver­ran­no uti­liz­za­te que­ste armi. Dicia­mo che l’ipotesi più pro­ba­bi­le è che si sci­vo­li den­tro, uso un ter­mi­ne che non ha biso­gno di mol­te spie­ga­zio­ni, un mili­ta­ri­smo tan­to eroi­co quan­to sui­ci­da. Que­sto, ovvia­men­te, non è scon­ta­to, ma se su tut­to ciò non si inne­sta una pro­spet­ti­va di lot­ta di lun­ga dura­ta il rischio c’è anche per­ché i petit, di loro, han­no una men­ta­li­tà più affi­ne all’insurrezione, inte­sa come spal­la­ta, che a una lot­ta che com­pren­de tat­ti­ca, stra­te­gia e disci­pli­na. Per mol­ti ver­si pos­sia­mo dire che vi è una situa­zio­ne che non si è anco­ra cri­stal­liz­za­ta e quin­di un vero bilan­cio è vera­men­te dif­fi­ci­le far­lo. In tut­to ciò non biso­gna sot­to­va­lu­ta­re il modo in cui, nel suo insie­me, la socie­tà legit­ti­ma ha rea­gi­to e sta rea­gen­do. For­se è dai tem­pi dell’Algeria, alme­no a memo­ria d’uomo, che non si vede­va­no livel­li repres­si­vi mili­ta­ri così alti e il richia­mo all’Algeria ha a che fare anche con un altro aspet­to, in cam­po sta scen­den­do, anche sul pia­no mili­ta­re, un inte­ro fron­te di clas­se. L’apparire del­le “ron­de fasci­ste” va con­si­de­ra­to e osser­va­to non come qual­co­sa che riman­da al pas­sa­to per­ché que­sti non sono i fasci­sti di ieri, che cer­ca­no di ave­re un po’ di noto­rie­tà nel pre­sen­te, ma un fron­te di clas­se nazio­na­li­sta che rap­pre­sen­ta ampi stra­ti di socie­tà fran­ce­se.

Quin­di, se quan­to affer­mi è vero, è sta­to giu­sto dire, come abbia­mo fat­to, che sia­mo di fron­te all’incipit del­la guer­ra civi­le?
Pen­so pro­prio di sì ma que­sto non deve stu­pi­re. L’epoca attua­le è con­tras­se­gna­ta da cri­si, guer­re den­tro uno sce­na­rio che vede un obiet­ti­vo tra­mon­to dell’occidente, que­sto riaf­fio­ra­re del nazio­na­li­smo ha ben poco di nostal­gi­co, que­sto nazio­na­li­smo è un frut­to moder­no e con­tem­po­ra­neo che alli­nea un fron­te di clas­se anche varie­ga­to. Con­tro la rivol­ta non vi è solo la gran­de bor­ghe­sia ma tut­te le clas­si inter­me­die e pez­zi di clas­se ope­ra­ia. La soli­da­rie­tà mostra­ta nei con­fron­ti del poli­ziot­to omi­ci­da non deve esse­re pre­sa sot­to­gam­ba per­ché mostra come intor­no alla poli­zia e a ciò che rap­pre­sen­ta, si coa­gu­la­no diver­se for­ze socia­li. Qua non si trat­ta di gri­da­re al fasci­smo e nep­pu­re Le Pen, per esse­re chia­ri, pen­sa di restau­ra­re Vichy, ma di coglie­re la mes­sa in atto di una guer­ra civi­le su basi nazio­na­li­ste intor­no alla qua­le si coa­gu­la­no diver­si pez­zi di socie­tà. Que­sto mec­ca­ni­smo è in atto e, come sem­pre, a un cer­to pun­to le cose comin­cia­no a mar­cia­re da sole. Que­sto fa capi­re anche la cau­te­la che c’è tra la gen­te dei “quar­tie­ri”. Però que­sto indi­ca anche un’altra cosa, la pos­si­bi­li­tà che que­sta situa­zio­ne offre alle for­ze rivo­lu­zio­na­rie ma, e lo ripe­to sino alla noia, biso­gna usci­re dall’estetica del con­flit­to e dal­la logi­ca del­la spal­la­ta. In Fran­cia, oggi, va spe­ri­men­ta­ta una for­ma orga­niz­za­ti­va, su più pia­ni, che sia in gra­do di instau­ra­re un dua­li­smo poli­ti­co a tut­ti gli effet­ti. Chia­ra­men­te que­sta scom­mes­sa è tut­to tran­ne che faci­le e scon­ta­ta. Quel­lo che sta andan­do in sce­na in Fran­cia, nono­stan­te le indub­bie par­ti­co­la­ri­tà che ovvia­men­te vi sono e ven­go­no da lon­ta­no, ha a che fare con un model­lo poli­ti­co e socia­le che appar­tie­ne al mon­do capi­ta­li­sta con­tem­po­ra­neo e, pro­prio per que­sto, cre­do che sia un erro­re, come spes­so acca­de, ridur­re il tut­to al “caso fran­ce­se”. Io cre­do che in quan­to sta acca­den­do dob­bia­mo leg­ge­re una ten­den­za in atto del coman­do capi­ta­li­sta e non il frut­to di ciò che vie­ne comu­ne­men­te defi­ni­ta “frat­tu­ra colo­nia­le”. Se guar­dia­mo bene la Fran­cia, in real­tà, è il labo­ra­to­rio euro­peo del model­lo ame­ri­ca­no e quin­di del pun­to più avan­za­to del­lo svi­lup­po capi­ta­li­sta.

Que­sto mi sem­bra vera­men­te il cuo­re del­la que­stio­ne e mi spie­go. Tut­ti han­no osser­va­to come il livel­lo di scon­tro di que­sti sei gior­ni sia sta­to di un tale por­ta­to da far impal­li­di­re per­si­no le rivol­te del 2005 e del 2006 le qua­li non era­no sta­te cer­ta­men­te una baga­tel­la. Que­sto sem­bra esse­re vero sia per come si sono mos­si i “quar­tie­ri”, sia per la rispo­sta mili­ta­re mes­sa in atto dal­lo sta­to. Nel 2005 e 2006 lo sta­to si è mos­so ponen­do in atto, accan­to alla repres­sio­ne mili­ta­re e poli­zie­sca, un ten­ta­ti­vo di poli­ti­che socia­li fina­liz­za­te a gesti­re, non solo in ter­mi­ni di guer­ra e con­flit­to, la que­stio­ne ban­lieue. Al pro­po­si­to basta ricor­da­re la quan­ti­tà di inter­ven­ti di poli­to­lo­gi, socio­lo­gi e intel­let­tua­li che si era­no river­sa­ti sul popo­lo dei quar­tie­ri e, insie­me a que­sti, anche il pro­li­fe­ra­re di orga­ni­smi socia­li in ban­lieue. Oggi, inve­ce, sem­bra che l’unico lin­guag­gio che lo sta­to è dispo­sto a par­la­re è quel­lo del­la guer­ra. Allo­ra, se tut­to que­sto è vero, que­sta rivol­ta più che in con­ti­nui­tà con il pas­sa­to sem­bra incar­na­re una rot­tu­ra del pre­sen­te. Le cose pos­so­no esse­re viste in que­sto modo?
Comin­cia­mo con il dire che sicu­ra­men­te lo scon­tro posto in atto da entram­be le par­ti è sicu­ra­men­te incom­men­su­ra­bi­le a quan­to visto nel 2005 e nel 2006 ed è sicu­ra­men­te giu­sto rile­va­re come, que­sta vol­ta, la rispo­sta sta­tua­le sia sta­ta uni­ca­men­te mili­ta­re. Sono pas­sa­ti diciot­to anni e in que­sto perio­do sono cam­bia­te parec­chie cose. La cri­si del 2008, che in qual­che modo è anco­ra lì, la guer­ra come linea stra­te­gi­ca del coman­do capi­ta­li­sta a livel­lo inter­na­zio­na­le, la neces­si­tà, quin­di, di paci­fi­ca­re le retro­vie, la guer­ra pre­ven­ti­va a quel­la com­po­si­zio­ne di clas­se che incar­na, in tut­to e per tut­to, la non pos­si­bi­li­tà di un pat­to socia­le con il coman­do. Que­sto non ha più nul­la di fran­ce­se, secon­do noi sba­glia­no quel­li che leg­go­no quan­to sta acca­den­do come un con­ti­nuum del colo­nia­li­smo fran­ce­se. Cer­to, que­sto c’è, ma quel­lo che deve esse­re col­to è come que­sta par­ti­co­la­ri­tà fran­ce­se oggi si inse­ri­sce den­tro un model­lo che carat­te­riz­za un po’ tut­te le metro­po­li impe­ria­li­ste occi­den­ta­li che si stan­no sem­pre più pla­sman­do sul model­lo ame­ri­ca­no. Para­dig­ma­ti­co il modo in cui Macron ha attac­ca­to le don­ne di ban­lieue. Di que­sto ne par­le­rai dopo con M. B.

Ciò che, in qual­che modo, pre­fi­gu­ri è uno scon­tro a tut­to ton­do tra que­sto nuo­vo sog­get­to pro­le­ta­rio e ciò che si sta coa­gu­lan­do intor­no alla poli­zia. Abbia­mo let­to tut­ti il comu­ni­ca­to dei sin­da­ca­ti di poli­zia così come abbia­mo dovu­to con­sta­ta­re come la soli­da­rie­tà, che poi in real­tà è il dichia­rar­si favo­re­vo­le con l’esecuzione di Nan­ter­re, nei con­fron­ti del poli­ziot­to omi­ci­da abbia tro­va­to con­sen­si non pro­prio irri­le­van­ti, infi­ne, ma cer­ta­men­te non per ulti­mo, quan­to le cosid­det­te ron­de fasci­ste riscuo­ta­no un note­vo­le con­sen­so. Tut­to que­sto, per la socie­tà fran­ce­se, cosa signi­fi­ca? Cosa dob­bia­mo aspet­tar­ci?
Io cre­do che dob­bia­mo aspet­tar­ci una real­tà socia­le pla­sma­ta sul model­lo del­la socie­tà ame­ri­ca­na dove guer­ra di clas­se e guer­ra di raz­za si inter­se­ca­no in con­ti­nua­zio­ne anche se è mol­to uti­le pre­ci­sa­re che, quan­do si par­la di raz­za, biso­gna pre­ci­sa­re che si è neri per­ché si è pove­ri. Al fian­co del­la poli­zia e del­lo sta­to non vi sono solo i bian­chi, per que­sto ho più vol­te det­to che qua non sia­mo den­tro a alcun rema­ke fasci­sta, ma anche tut­ta quel­la popo­la­zio­ne, soprat­tut­to ara­ba che nel tem­po ha acqui­si­to un cer­to sta­tus socia­le, che odia il nuo­vo pro­le­ta­ria­to. Impo­sta­re la lot­ta sull’antirazzismo signi­fi­ca non vede­re che cosa con­cre­ta­men­te è diven­ta­ta que­sta socie­tà. Il fal­li­men­to a cui sono anda­te incon­tro tut­te le asso­cia­zio­ni di que­sto tipo pre­sen­ti nei quar­tie­ri ne sono una buo­na esem­pli­fi­ca­zio­ne.

Scu­sa se ti inter­rom­po. Que­ste asso­cia­zio­ni che ruo­lo han­no avu­to nel cor­so del­la rivol­ta?
Ne sono sta­te tra­vol­te e non pote­va esse­re altri­men­ti. Sono diven­ta­te, e non da oggi, una strut­tu­ra super­flua e que­sto indi­ca anche il muta­men­to di pas­so che c’è sta­to den­tro la socie­tà fran­ce­se. Ora pro­vo a spie­gar­ti. Tut­te que­ste orga­niz­za­zio­ni, nate anche con buo­ni pro­po­si­ti, face­va­no, diret­ta­men­te o meno, par­te di quel “pac­chet­to socia­le” fina­liz­za­to a gesti­re i quar­tie­ri non solo in manie­ra mili­ta­re. Ben pre­sto, però, que­ste real­tà, la cui esi­sten­za dipen­de dai finan­zia­men­ti pub­bli­ci cosa che non biso­gna dimen­ti­ca­re, si sono tro­va­te di fron­te a un bivio: o cer­ca­re di assol­ve­re sino in fon­do il loro ruo­lo di addo­me­sti­ca­to­ri di una situa­zio­ne socia­le la qua­le, gior­no dopo gior­no, diven­ta­va sem­pre più esplo­si­va oppu­re far­si cari­co di que­sta. Far­si cari­co di que­sta, però, signi­fi­ca­va affron­ta­re di pet­to alcu­ni nodi che chia­ra­men­te entra­va­no diret­ta­men­te in rot­ta di col­li­sio­ne con le poli­ti­che sta­ta­li e cit­ta­di­ne nei con­fron­ti dei quar­tie­ri. Chi ha pro­va­to a far­lo si è ritro­va­to con i fon­di taglia­ti e con la qua­si impos­si­bi­li­tà di svol­ge­re una qual­che atti­vi­tà. Chi, per capir­si, si è del tut­to inte­gra­to con la “linea del­lo sta­to” è sta­to forag­gia­to ma, in con­tem­po­ra­nea, ha ini­zia­to a esse­re odia­to den­tro i quar­tie­ri per­ché con­si­de­ra­to, e con ampia ragio­ne, come l’altra fac­cia del­la poli­zia. Duran­te la rivol­ta que­ste asso­cia­zio­ni sono sta­te attac­ca­te e distrut­te. Le poche asso­cia­zio­ni non alli­nea­te sono sem­pli­ce­men­te sta­te sca­val­ca­te dagli even­ti. La rivol­ta ha fat­to tabu­la rasa un po’ di tut­to di per sé, il fat­to che vi sia­no solo mace­rie non è un male, biso­gna vede­re che cosa si sarà in gra­do di rico­strui­re.

Que­sta tabu­la rasa ha com­por­ta­to anche l’azzeramento del­le strut­tu­re isla­mi­che?
Le uni­che cose che sono rima­ste in pie­di del­le real­tà isla­mi­che sono sta­te le moschee, per il resto i petit non han­no fat­to scon­ti a nes­su­no. Non sono sta­te rispar­mia­te le macel­le­rie isla­mi­che, le tabac­che­rie gesti­te da ara­bi o i nego­zi. Quel­li che par­la­no di isla­miz­za­zio­ne dei quar­tie­ri dico­no solo caz­za­te. Per quel­lo che ci è dato sape­re mol­ti Imam han­no cer­ca­to di fare da paci­fi­ca­to­ri ma nes­su­no è sta­to ad ascol­tar­li. Quel­la che si chia­ma, in giro c’è anche, è un discor­so che appar­tie­ne pre­va­len­te­men­te alla vec­chia destra, la rea­zio­ne in atto è con­tro il pro­le­ta­ria­to non è di destra e bor­ghe­se, que­sto è ciò che va com­pre­so.

Gra­zie per aver­ci for­ni­to una let­tu­ra ben poco con­ven­zio­na­le di ciò che sta acca­den­do ora, però, tor­nia­mo a cosa suc­ce­de ades­so nei “quar­tie­ri”. Vi è una pos­si­bi­li­tà di inte­ra­zio­ne con que­sto set­to­re pro­le­ta­rio oppu­re tut­to ciò che ha un qual­che sapo­re di poli­ti­co, dai petit, vie­ne rifiu­ta­to a prio­ri?
No, un rifiu­to a prio­ri non c’è, par­lo alme­no per quan­to riguar­da noi, però è anche vero che esi­ste una dif­fi­col­tà enor­me di comu­ni­ca­zio­ne e di let­tu­ra del­la cor­ni­ce dicia­mo cul­tu­ra­le e esi­sten­zia­le dei petit. Sicu­ra­men­te rile­via­mo che gran par­te di tut­to il nostro arma­men­ta­rio poli­ti­co e teo­ri­co con que­sti ha ben poco a che fare e che, quin­di, occor­re un gros­so sfor­zo da par­te di chi si ritie­ne avan­guar­dia di rica­li­bra­re la teo­ria comu­ni­sta a par­ti­re da ciò che il movi­men­to rea­le espri­me. Su que­sto, però, occor­re esse­re chia­ri per non fini­re in ciò che, di fat­to, è l’intellettualismo del movi­men­to. Qua non si trat­ta di sfor­na­re ana­li­si socio­lo­gi­che o di fare del­le inter­pre­ta­zio­ni più o meno fan­ta­sio­se su ciò che acca­de, si trat­ta di sta­re den­tro a ciò che il movi­men­to rea­le espri­me. In altre paro­le, si trat­ta di anda­re sem­pre a scuo­la dal­le mas­se e tene­re sem­pre ben a men­te che le mas­se del pre­sen­te non pos­so­no mai esse­re ugua­li e nep­pu­re simi­li alle mas­se di ieri. Le mas­se, come noi tut­ti del resto, sia­mo il frut­to di una real­tà in peren­ne tra­sfor­ma­zio­ne. Il mar­xi­smo è un meto­do non una veri­tà asso­lu­ta e rive­la­ta. Noi nei quar­tie­ri un po’ ci sia­mo, del­le cose le stia­mo facen­do e sap­pia­mo che dovrem­mo con­ti­nua­re, con pazien­za, a per­cor­re­re que­sta stra­da. Solo l’internità alla clas­se può dare dei frut­ti, poi si vedrà.

Nel cor­so dell’intervista si è accen­na­to alle don­ne di ban­lieue e come pro­prio con­tro di loro si sia river­sa­to l’odio del­le isti­tu­zio­ni in quan­to con­si­de­ra­te diret­te respon­sa­bi­li dei com­por­ta­men­ti dei petit. Su que­sto aspet­to ripor­tia­mo un sin­te­ti­co ma mol­to signi­fi­ca­ti­vo pun­to di vista di M.B., una gio­va­ne don­na di ban­lieue, pugi­le ago­ni­sta e atti­va all’interno del Col­lec­tif boxe Mas­si­lia

Macron ha chia­ra­men­te tira­to in bal­lo le fami­glie e le don­ne di ban­lieue ree di non saper edu­ca­re i figli. Di fron­te a ciò il movi­men­to fem­mi­ni­sta ha pre­so posi­zio­ne?
Dicia­mo che su que­sto si è vera­men­te toc­ca­to il fon­do. Un attac­co di que­sto tipo non si era mai visto, qua sia­mo vera­men­te alla mes­sa al ban­do di inte­ri pez­zi di socie­tà. In que­sto pas­sag­gio si con­su­ma, sul pia­no for­ma­le, la stes­sa idea dell’esistenza del­la Répu­bli­que. Que­sto attac­co ci rac­con­ta di quan­to sem­pre più la ban­lieue sia sta­ta del tut­to assi­mi­la­ta al model­lo dei ghet­ti ame­ri­ca­ni. In que­sti sono le don­ne a vive­re la con­di­zio­ne di mag­gio­re oppres­sio­ne e sfrut­ta­men­to oltre a esse­re, qua­si sem­pre, sole a gesti­re i figli. Su que­sto andreb­be­ro det­te e scrit­te una marea di cose, ma non è que­sto il momen­to. Ciò che va evi­den­zia­to è come di fron­te a que­sto attac­co spe­ci­fi­co e mira­to alle don­ne di ban­lieue il movi­men­to fem­mi­ni­sta non abbia aper­to boc­ca, A noi que­sto non stu­pi­sce per­ché da tem­po ripe­tia­mo che il movi­men­to fem­mi­ni­sta è tut­to inter­no allo sta­to e da que­sto è forag­gia­to. Il movi­men­to fem­mi­ni­sta è un movi­men­to bor­ghe­se e non pos­sia­mo aspet­tar­ci cer­to da que­sto la nasci­ta di strut­tu­re di auto­di­fe­sa del­le don­ne di ban­lieue. Ma le don­ne di ban­lieue non sono l’anello debo­le dei quar­tie­ri, sem­mai il con­tra­rio. Non è uto­pia pen­sa­re che pro­prio da loro pos­sa­no pren­de­re for­me di orga­niz­za­zio­ne poli­ti­ca par­ti­co­lar­men­te avan­za­te. I pre­sup­po­sti, non solo ogget­ti­vi, ma sog­get­ti­vi vi sono tut­ti e chi ha un qual­che rap­por­to rea­le con que­sti mon­di lo può facil­men­te con­sta­ta­re.

Chiu­sa que­sta pri­ma par­te abbia­mo pro­va­to attra­ver­so le paro­le di J. B., mili­tan­te del Col­lec­tif Cho­meurs Pre­ca­ries e redat­tri­ce del­la rivi­sta Revue Super­no­va, a dare uno sguar­do sull’insieme di ciò che si sta muo­ven­do in Fran­cia dove, pri­ma dell’esplosione dei “quar­tie­ri”, si era assi­sti­to a due gros­si movi­men­ti di mas­sa, i gilet gial­li e il movi­men­to con­tro la rifor­ma del­le pen­sio­ni, per com­pren­de­re se e come que­sti movi­men­ti han­no, in qual­che modo inte­ra­gi­to con il “popo­lo dei quar­tie­ri”. Infi­ne, abbia­mo pro­va­to a capi­re in che modo le varie for­ze poli­ti­che han­no inte­ra­gi­to con i petit foca­liz­zan­do lo sguar­do anche sui som­mo­vi­men­ti che la rivol­ta ha pro­dot­to nel fron­te bor­ghe­se.

C’è sta­ta una qual­che inte­ra­zio­ne tra que­sta rivol­ta e i seg­men­ti socia­li che ave­va­no dato vita al movi­men­to dei “gilet gial­li”
Come ben sai io ven­go pro­prio da quel­la espe­rien­za e ti ho spie­ga­to anche i moti­vi per i qua­li, a un cer­to pun­to, l’ho abban­do­na­ta. D’altra par­te, quel movi­men­to si è dis­sol­to e oggi di esso non vi è alcu­na trac­cia. Solo alcu­ne del­le per­so­ne con le qua­li ero in più in stret­ta rela­zio­ne all’epoca dei gilet ha guar­da­to con una qual­che sim­pa­tia alla rivol­ta i più, però, mi sono sem­bra­ti con­tra­ri.

Eppu­re i gilet ave­va­no mostra­to una non secon­da­ria radi­ca­li­tà e non sem­bra­va­no par­ti­co­lar­men­te afflit­ti dal lega­li­ta­ri­smo. Sicu­ra­men­te non con i toni del­la rivol­ta attua­le però, nel cor­so dei loro saba­ti, si era assi­sti­to a livel­li di scon­tro di note­vo­le spes­so­re. Come mai, allo­ra, que­sta distan­za?
Mah, il pro­ble­ma è essen­zial­men­te una que­stio­ne di clas­se. Il movi­men­to dei gilet era prin­ci­pal­men­te un movi­men­to di set­to­ri socia­li in via di pro­le­ta­riz­za­zio­ne, di lavo­ra­to­ri auto­no­mi in gra­ve dif­fi­col­tà e, cosa da non dimen­ti­ca­re, svi­lup­pa­to­si in gran par­te in quel­le aree che ven­go­no defi­ni­te come “la Fran­cia pro­fon­da”, ovve­ro mol­to poco cit­ta­di­na. Era un movi­men­to che espri­me­va un gros­so males­se­re socia­le che ave­va mani­fe­sta­to anche alcu­ne pun­te di radi­ca­liz­za­zio­ne, ma non era riu­sci­to a dar­si una chia­ra con­no­ta­zio­ne di clas­se tan­to che non è mai riu­sci­to a met­te­re in pie­di uno scio­pe­ro. Quel movi­men­to, alla fine, è anda­to per con­to suo sen­za riu­sci­re a col­le­gar­si con altre real­tà ma se ci pen­si que­sta è la sto­ria di tut­ti i movi­men­ti che nell’ultimo perio­do si sono espres­si.

Que­sto mi por­ta ine­vi­ta­bil­men­te a chie­der­ti se c’è sta­ta una qual­che inte­ra­zio­ne tra il “popo­lo del­la rivol­ta” e la com­po­si­zio­ne di clas­se sce­sa in piaz­za con­tro la rifor­ma del­le pen­sio­ni?
Direi pro­prio di no e la cosa non deve cer­to stu­pi­re. Si trat­ta di due ambi­ti com­ple­ta­men­te diver­si che riman­da­no a posta­zio­ni e visio­ni del mon­do ben dif­fi­cil­men­te com­pa­ti­bi­li. Non esa­ge­ro se dico che una par­te di quel­li che sono sce­si in piaz­za per la rifor­ma del­le pen­sio­ni nei con­fron­ti del­la rivol­ta si sia posi­zio­na­ta sul­la stes­sa lun­ghez­za d’onda del­la poli­zia- Pen­sa­re che l’aristocrazia ope­ra­ia pos­sa inse­rir­si in mas­sa den­tro una pro­spet­ti­va rivo­lu­zio­na­ria è pura fol­lia, l’aristocrazia è par­te del­lo sta­to e que­sto non da oggi. Sto­ri­ca­men­te l’aristocrazia ope­ra­ia, nei momen­ti di cri­si, si è sem­pre schie­ra­ta, e anche in manie­ra atti­va, con la bor­ghe­sia. Ciò che mi rie­sce vera­men­te dif­fi­ci­le capi­re è come in tan­ti abbia­no potu­to pren­de­re un simi­le abba­glio. Come ti ho det­to ogni movi­men­to è anda­to per con­to suo, ma le cose sareb­be­ro potu­te anda­re in altro modo? Io non cre­do. Sia­mo di fron­te a una tra­sfor­ma­zio­ne com­ples­si­va del­le con­di­zio­ni di clas­se e ogni fra­zio­ne di clas­se com­bat­te a par­ti­re dal suo pun­to di vista. La bor­ghe­sia in via di pro­le­ta­riz­za­zio­ne non vuo­le diven­ta­re pro­le­ta­ria, l’aristocrazia ope­ra­ia vuo­le rima­ne­re tale e il nuo­vo pro­le­ta­ria­to com­bat­te eroi­ca­men­te con­tro tut­to e tut­ti ma non ha un pro­gram­ma. Ma le cose van­no avan­ti e la pic­co­la bor­ghe­sia sarà pro­le­ta­riz­za­ta e la ari­sto­cra­zia ope­ra­ia spaz­za­ta via e, a quel pun­to, se il pro­le­ta­ria­to sarà sta­to in gra­do di ela­bo­ra­re un pro­gram­ma, mol­te cose potreb­be­ro cam­bia­re. In tut­to que­sto mi sem­bra impor­tan­te dire che for­se il prin­ci­pa­le pro­ble­ma che ci tro­via­mo a affron­ta­re è l’assenza di una idea–forza. Che cosa signi­fi­ca comu­ni­smo? Cosa signi­fi­ca rivo­lu­zio­ne? Cosa vuol dire dit­ta­tu­ra ope­ra­ia? In un pas­sa­to ormai remo­to a que­ste doman­de vi era­no del­le rispo­ste, oggi pale­se­men­te no. Que­sta mi sem­bra esse­re la vera stret­to­ia che dob­bia­mo affron­ta­re. Dicia­mo che è chia­ro con­tro cosa lot­ta­re, mol­to meno per che cosa. A me sem­bra mol­to signi­fi­ca­ti­vo che, come abbia­mo visto qua a Mar­si­glia, le mer­ci sia­no sta­te il prin­ci­pa­le obiet­ti­vo del­la rivol­ta. Al momen­to la mer­ce è, chia­mia­mo­lo, il pro­gram­ma di que­sto pro­le­ta­ria­to il che non è né un bene, né un male ma un fat­to. Da que­sto oriz­zon­te, da que­sto imma­gi­na­rio occor­re par­ti­re.

Quin­di, è una doman­da che ho già fat­to ma vor­rei tor­nar­ci sopra, tut­ti i discor­si sul­la isla­miz­za­zio­ne e via dicen­do non han­no alcun sen­so?
Asso­lu­ta­men­te. I petit era­no inte­res­sa­ti a por­ta­re via tut­to, oltre che a scon­trar­si con la poli­zia, era­no quel­le mer­ci che a loro sono nega­te a man­dar­li all’attacco. Era­no tut­ti que­gli ogget­ti che pote­va­no solo guar­da­re da lon­ta­no a smuo­ve­re il loro imma­gi­na­rio, le mer­ci era­no e sono la loro idea–forza. Da lì, può pia­ce­re o meno, devi par­ti­re. In que­sto, però, devi leg­ge­re il rifiu­to del­la pover­tà, il rifiu­to di con­dur­re una vita fat­ta di con­ti­nue rinun­ce, di assen­za di risor­se, insom­ma il rifiu­to all’essere ope­rai e pro­le­ta­ri. Qua, ed è qual­co­sa di com­ple­ta­men­te diver­so da quel pas­sa­to che ha carat­te­riz­za­to per lo più il movi­men­to comu­ni­sta, vi è tut­to tran­ne che l’orgoglio di esse­re ope­rai e pro­le­ta­ri, sem­mai ciò che si odia è pro­prio que­sta con­di­zio­ne. Pren­der­si le mer­ci è sicu­ra­men­te una cosa illu­so­ria, ma appa­re il modo più sem­pli­ce e imme­dia­to per eman­ci­par­si dal­la pro­pria con­di­zio­ne. Come puoi capi­re in tut­to que­sto l’Islam non c’entra nien­te. Sem­mai, ma que­sto è un altro discor­so, in cer­ti casi l’Islam può esse­re assun­to in manie­ra sim­bo­li­ca in quan­to anti­fran­ce­se il che, come puoi capi­re, è ben diver­so da una ade­sio­ne a que­sto. Le real­tà isla­mi­che pre­sen­ti nei quar­tie­ri han­no pro­va­to a svol­ge­re un ruo­lo di paci­fi­ca­zio­ne nel cor­so del­la rivol­ta, ma non sono sta­ti mini­ma­men­te ascol­ta­te.

A que­sto pun­to vor­rei chie­der­ti che rap­por­to c’è sta­to, se è avve­nu­to, tra la fra­zio­ne pro­le­ta­ria del­la rivol­ta e le varie ani­me del “movi­men­to”?
Intan­to dicia­mo che non c’è sta­to. Tut­ti han­no pre­so una posi­zio­ne che anda­va dall’entusiasmo pro­prio del­le aree auto­no­me, anar­chi­che e maoi­ste, a quel­lo di appog­gio sì ma con dei distin­guo del­le varie ani­me tro­tsky­ste sino alla con­dan­na pro­pria degli ere­di del PCF e dell’associazionismo socia­le e paci­fi­sta. In linea di mas­si­ma, però, non si è anda­ti oltre a un atteg­gia­men­to da tifo­si. Que­sto il vero pro­ble­ma del­la situa­zio­ne. Non mi sto a ripe­te­re sul­la nostra, pur mode­sta, pre­sen­za den­tro alcu­ni ambi­ti di que­sta com­po­si­zio­ne di clas­se, ne abbia­mo già ripe­tu­ta­men­te par­la­to ed è inu­ti­le tor­nar­ci sopra. Potrei dir­ti, a par­ti­re da ciò, che noi sia­mo sta­ti den­tro alla rivol­ta, ma direi una fal­si­tà. Il lavo­ro che abbia­mo fat­to e stia­mo facen­do sta dan­do anche dei frut­ti ma ciò non toglie che, anche noi, sia­mo mol­to distan­ti da tut­to ciò che è suc­ces­so. Ora, come sem­pre acca­de in que­ste situa­zio­ni, si con­su­me­ran­no fiu­mi di inchio­stro, ognu­no dirà la sua, ognu­no si sen­ti­rà di esse­re il vero inter­pre­te del­la rivol­ta e tut­to que­sto, ovvia­men­te, sino alla pros­si­ma vol­ta. Nel frat­tem­po i quar­tie­ri con­ti­nue­ran­no a sta­re lì e il movi­men­to a sta­re qua. Da que­sta situa­zio­ne se ne esce solo in un modo: alzan­do il culo e andan­do a rela­zio­nar­si con la clas­se. Tut­to il resto sono paro­le che lascia­no il tem­po che tro­va­no. Potrei met­ter­mi qua a fare le pul­ci a que­sto e quel­lo ma non cre­do che sia que­sto il modo per affron­ta­re la situa­zio­ne. Ha sen­so met­ter­si a pole­miz­za­re che so con gli anar­chi­ci piut­to­sto che con i maoi­sti? Que­sto ipo­te­ti­co dibat­ti­to spo­sta for­se di una sola vir­go­la la real­tà den­tro i quar­tie­ri e la sua com­po­si­zio­ne di clas­se? Se le doman­de che mi fac­cio sono que­ste allo­ra il mio agi­re non può che assu­me­re tut­ta un’altra dimen­sio­ne. Devo par­ti­re dal­la clas­se e non dal movi­men­to. La discus­sio­ne sul movi­men­to e le sue pre­se di posi­zio­ni mi sem­bra solo una per­di­ta di tem­po. Inve­ce, que­sto sem­bra esse­re l’ultimo dei pro­ble­mi. I vari siti sono già inon­da­ti di arti­co­li, sag­gi, ana­li­si e chi più ne ha più ne met­ta ma di come rela­zio­nar­si a que­sta com­po­si­zio­ne di clas­se pro­prio non si par­la. C’è la gara a chi fa l’analisi più raf­fi­na­ta, anche se non si capi­sce sul­la base di che cosa, e tut­to il resto vie­ne mes­so tra paren­te­si. Avrai nota­to come noi e le real­tà simi­li a noi con le qua­li stia­mo cer­can­do di costrui­re, a par­ti­re dal movi­men­to dei pre­ca­ri e dei disoc­cu­pa­ti, un rap­por­to orga­niz­za­to con que­sto pro­le­ta­ria­to sia­mo sta­ti i più cau­ti, quel­li che han­no scrit­to di meno e que­sto per­ché, a dif­fe­ren­za di altri, abbia­mo cer­ca­to di capi­re di più.

Vor­rei chiu­de­re chie­den­do­ti qual è sta­to il com­por­ta­men­to di La Fran­ce Insou­mi­se di fron­te alla lot­ta dei ban­lieue­sards?
Qual­cu­no ha sen­ti­to la sua voce? A par­te la bat­tu­ta no, La Fran­ce Insou­mi­se è com­ple­ta­men­te scom­par­sa, di lei non si è avu­to alcu­na trac­cia. Ma la vera doman­da da por­si è: “Che cosa avreb­be potu­to fare?” La Fran­ce Insou­mi­se è un car­tel­lo elet­to­ra­le e basta. Un car­tel­lo elet­to­ra­le, in un pae­se dove la mag­gio­ran­za non vota, che pen­sa di esse­re anco­ra negli anni ’60 dove le poli­ti­che rifor­mi­ste ave­va­no un note­vo­le spa­zio e la ricer­ca di un pat­to socia­le tra le clas­si era anche nel­le cor­de del­la bor­ghe­sia. In una situa­zio­ne in cui tut­to ten­de a decli­nar­si den­tro un con­flit­to politico–militare cosa può fare, che ruo­lo può ave­re una for­za come La Fran­ce Insou­mi­se? Pale­se­men­te nes­su­no. Poi, anche volen­do, sul­la base di cosa avreb­be potu­to agi­re? Non ha strut­tu­re ter­ri­to­ria­li, non ha strut­tu­re di lot­ta, non ha Comi­ta­ti di quar­tie­re, La Fran­ce Insou­mi­se è una for­za poli­ti­ca vir­tua­le al pari di tut­te le altre. Il suo distac­co dal pae­se rea­le non è poi così diver­so da quel­lo di Macron. Il par­la­men­to è un cor­po vuo­to e que­sto vale per tut­te le for­ze poli­ti­che. Al pro­po­si­to mi sem­bra indi­ca­ti­vo il fat­to che la con­trof­fen­si­va bor­ghe­se non sia par­ti­ta da qual­che for­za poli­ti­ca, ma che a det­ta­re la linea del­la guer­ra civi­le sia sta­ta la poli­zia. La stes­sa Le Pen si è acco­da­ta alla poli­zia, il che vuol dire ben qual­co­sa. Le clas­si si stan­no orga­niz­zan­do, sicu­ra­men­te que­sto è vero per il fron­te bor­ghe­se, attor­no a cor­pi e strut­tu­re non ricon­du­ci­bi­li ai par­ti­ti poli­ti­ci, i qua­li non han­no alcun lega­me, se non quel­lo pura­men­te elet­to­ra­li­sti­co, con la socie­tà. Que­sto è un mon­do che, in qual­che modo, ave­va decre­ta­to la fine del­la socie­tà di mas­sa dove, per socie­tà di mas­sa, si inten­de la par­te­ci­pa­zio­ne atti­va e orga­niz­za­ta del­le clas­si socia­li alla vita pub­bli­ca. Una con­vin­zio­ne che attra­ver­sa tut­ti gli schie­ra­men­ti poli­ti­ci i qua­li, non per caso, non han­no alcu­na arti­co­la­zio­ne di mas­sa. Chia­ra­men­te que­sta è una illu­sio­ne per­ché le mas­se, tut­te le mas­se, fini­sco­no sem­pre con l’entrare in gio­co. Quan­do que­sto suc­ce­de i par­ti­ti poli­ti­ci riman­go­no spiaz­za­ti. Qua non si trat­ta nep­pu­re più di tira­re a mez­zo il “cre­ti­ni­smo par­la­men­ta­re”, non si trat­ta di que­sto, qua si trat­ta di pren­de­re atto come le mas­se per affer­ma­re il loro pro­ta­go­ni­smo non pos­sa­no fare altro che, nel caso del­la clas­se ope­ra­ia e del pro­le­ta­ria­to, costrui­re i suoi orga­ni­smi ex novo, men­tre la bor­ghe­sia fa leva su alcu­ne strut­tu­re, come la poli­zia, le qua­li ini­zia­no a assol­ve­re un com­pi­to poli­ti­co. La Fran­ce Insou­mi­se ha dimo­stra­to di non esse­re altro che un feti­do cada­ve­re, fuo­ri dal tem­po e dal­la sto­ria.

Ma con tut­ta quell’area socia­le che è sta­ta l’anima del suc­ces­so elet­to­ra­le de La Fran­ce Insou­mi­se è pos­si­bi­le costrui­re del­le rela­zio­ni in fun­zio­ne del­la costru­zio­ne di orga­ni­smi di mas­sa?

Se con­si­de­ria­mo l’ossatura poli­ti­ca de La Fran­ce Insou­mi­se direi pro­prio di no. Poli­ti­ca­men­te que­sti sono il retag­gio di tut­te le cose peg­gio­ri del­la vec­chia sini­stra fran­ce­se, il PCF e din­tor­ni. Con loro non è pos­si­bi­le nep­pu­re par­la­re, figu­ria­mo­ci ipo­tiz­za­re dei per­cor­si orga­niz­za­ti­vi comu­ni. Se il discor­so si spo­sta su quel­li che han­no vota­to il movi­men­to allo­ra le cose pos­so­no anche cam­bia­re ma è qual­co­sa che devi anda­re a veri­fi­ca­re nel­la pra­ti­ca, den­tro a del­le pro­po­ste e ini­zia­ti­ve con­cre­te, non si può rispon­de­re in astrat­to. Tie­ni pre­sen­te che la gran mas­sa degli elet­to­ri de La Fran­ce Insou­mi­se è ricon­du­ci­bi­le a quel set­to­re di clas­se che ha dato vita al movi­men­to con­tro la rifor­ma del­le pen­sio­ni. Sui limi­ti e le con­trad­di­zio­ni di quel movi­men­to mi sem­bra che abbia­mo già discus­so a suf­fi­cien­za. Rispet­to a que­sti ci potran­no esse­re, per un ver­so, mini­mi spo­sta­men­ti sog­get­ti­vi, dei qua­li tra l’altro abbia­mo già par­la­to, dall’altro, e si trat­ta del­la cosa più impor­tan­te, degli spo­sta­men­ti ogget­ti­vi ovve­ro quan­ta di quel­la com­po­si­zio­ne di clas­se si ritro­ve­rà sem­pre più alle con­di­zio­ni del sog­get­to ope­ra­io e pro­le­ta­rio che ha dato vita alla rivol­ta. Lo smem­bra­men­to del­la ari­sto­cra­zia ope­ra­ia è uno dei pro­get­ti del gover­no Macron ed è un pro­get­to che ver­rà rea­liz­za­to, a par­ti­re da que­sto si potran­no fare altri ragio­na­men­ti che però avran­no una base mate­ria­le e non ideo­lo­gi­ca. La Fran­ce Insou­mi­se e tut­to il suo ceto poli­ti­co in tut­to que­sto non pos­so­no ave­re alcun ruo­lo.

Emi­lio Qua­drel­li — 13 Luglio 2023 

Da:  https://www.carmillaonline.com/2023/07/13/cronache-marsigliesi-8-la-guerra-civile-in-francia-un-tentativo-di-bilancio/

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