Tonino Miccichè: la memoria per il presente

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Qua­ran­ta­set­te anni fa, nel quar­tie­re del­la Fal­che­ra, a Nord di Tori­no, nel cor­so del­la più gran­de occu­pa­zio­ne di case del­la Cit­tà, veni­va assas­si­na­to Toni­no Mic­ci­chè da una guar­dia giu­ra­ta iscrit­ta alla Cisnal, il sin­da­ca­to fasci­sta del tem­po.

Ricor­da­re­To­ni­no non è un’operazione “memo­ria­li­sta”. Voglia­mo richia­ma­re la memo­ria di un com­pa­gno che, nel­la sua bre­ve vita, ha sin­te­tiz­za­to un per­cor­so di lot­te pro­le­ta­rie con­dot­te in attac­co fra la fine degli anni Ses­san­ta e la pri­ma metà degli anni Set­tan­ta. Per LOTTA CONTINUA Toni­no per­so­ni­fi­ca uno dei pas­sag­gi più intel­li­gen­ti del­la sua pra­ti­ca poli­ti­ca: l’elaborazione e la mes­sa in atto del pro­gram­ma “Pren­dia­mo­ci la cit­tà”.

Toni­no, giun­ge a Tori­no con il “tre­no del Sole” nel 1966, all’età di 16 anni da Pie­tra­per­zia, in pro­vin­cia di Enna. Assun­to alle Mec­ca­ni­che di Mira­fio­ri diven­ta un espo­nen­te di quel for­mi­da­bi­le con­flit­to che oppo­ne la “nuo­va clas­se ope­ra­ia” del­le fab­bri­che tori­ne­si alla Fiat e al capi­ta­li­smo tori­ne­se.

Agli ini­zi del ’73 i maz­zie­ri fasci­sti si distin­guo­no per le loro “impre­se “ che par­to­no dal covo mis­si­no di Cso Fran­cia 19. Com­pa­gni ven­go­no aggre­di­ti in piaz­za Adria­no, davan­ti al liceo Cavour e alla por­ta 17 di Mira­fio­ri. Il 27 gen­na­io un impo­nen­te cor­teo di stu­den­ti per­cor­re le vie cen­tra­li di Tori­no; nei pres­si di Por­ta Palaz­zo un grup­po di squa­dri­sti cer­ca­no di pro­vo­ca­re la mani­fe­sta­zio­ne basto­nan­do un com­pa­gno ope­ra­io. Ver­so le 20 del­lo stes­so gior­no un grup­po di com­pa­gni, inten­zio­na­to a chie­de­re con­to del com­por­ta­men­to squa­dri­sta, si ritro­va nei pres­si di cor­so Fran­cia 19. Il covo fasci­sta, come sem­pre, è ben pro­tet­to dal­la poli­zia che rea­gi­sce spa­ran­do ad altez­za d’uomo con­tro i com­pa­gni. Ven­go­no feri­ti due com­pa­gni di LOTTA CONTINUA e arre­sta­ti Car­lo e Andrea, nipo­te di Pie­ro Gobet­ti. Altri 25 com­pa­gni di Lot­ta Con­ti­nua saran­no arre­sta­ti nei gior­ni seguen­ti. Toni­no, vie­ne fer­ma­to men­tre sta entran­do in fab­bri­ca; dopo 3 mesi di car­ce­re a Pesca­ra sarà rimes­so in liber­tà per “man­can­za di indi­zi” Intan­to la Fiat ha prov­ve­du­to a licen­ziar­lo.        Toni­no diven­ta respon­sa­bi­le del “set­to­re casa” di Lot­ta Con­ti­nua e par­te­ci­pa atti­va­men­te alla lot­ta per la casa e alle occu­pa­zio­ni cit­ta­di­ne degli anni 74–75, in par­ti­co­la­re all’occupazione del­la Fal­che­ra Nuo­va.      Diri­ge, da mili­tan­te comu­ni­sta, il con­flit­to con il Comu­ne cit­ta­di­no per riven­di­ca­re il dirit­to alla casa e l’assegnazione degli appar­ta­men­ti IACP.

In un’intervista com­par­sa su Lot­ta Con­ti­nua del 15 novem­bre 1974 affer­ma: “ È impor­tan­te che que­sta lot­ta non si fer­mi. Que­sta for­ma di orga­niz­za­zio­ne deve esten­der­si. Se andia­mo a guar­da­re bene, non è un’organizzazione nuo­va, è un’organizzazione già spe­ri­men­ta­ta nel­le fab­bri­che, anche per­ché i com­pa­gni che occu­pa­no sono i com­pa­gni di fab­bri­ca. Ci rial­lac­cia­mo diret­ta­men­te all’organizzazione dei dele­ga­ti di squa­dra. Il dele­ga­to di fab­bri­ca rap­pre­sen­ta gli inte­res­si del­la squa­dra, il dele­ga­to di sca­la è l’espressione dei suoi com­pa­gni di sca­la. Qui man­ca­va il gas, l’acqua, la luce, i com­pa­gni han­no rispo­sto facen­do tut­to: abbia­mo elet­tri­ci­sti, idrau­li­ci, il Comi­ta­to di Lot­ta li ha orga­niz­za­ti. Abbia­mo mes­so in pie­di anche un asi­lo.”

Per noi ricor­da­re Toni­no ha sen­so solo se que­sto si col­le­ga e si fon­de con le pra­ti­che di lot­ta odier­na, in pri­mo luo­go quel­le per il dirit­to alla casa e con­tro gli sfrat­ti, con­flit­ti che a Tori­no sono ripre­si con l’appoggio dei cen­tri socia­li cit­ta­di­ni. Il pro­le­ta­ria­to metro­po­li­ta­no tori­ne­se sta ritor­nan­do riven­di­ca­re e a lot­ta­re per il pro­prio dirit­to natu­ra­le alla casa con­tro la ren­di­ta e la spe­cu­la­zio­ne edi­li­zia.

Toni­no sareb­be sicu­ra­men­te al loro fian­co.

Testi­mo­nian­za di Enzi­no di Calo­ge­ro, ripre­sa da Cor­ra­do San­nuc­ci, Lot­ta Con­ti­nua. Gli uomi­ni dopo, pag 125.

“Era appe­na dopo la ver­ten­za del ’70, gli ester­ni del­la por­ta 18 del­le Mec­ca­ni­che mi par­la­va­no con entu­sia­smo di un cer­to Toni­no, un ragaz­zo mol­to atti­vo nel tur­no oppo­sto al mio. Un nuo­vo mili­tan­te per Lot­ta Con­ti­nua era cer­ta­men­te un even­to impor­tan­te, ma per me ave­va un signi­fi­ca­to par­ti­co­la­re. Ave­vo sapu­to che que­sto mio com­pa­gno era del mio stes­so pae­se, Pie­tra­per­zia, in Sici­lia, pro­vin­cia di Enna. Mi chie­de­vo chi potes­se esse­re que­sto com­pae­sa­no; a Pie­tra­per­zia i gio­va­ni a qual­sia­si ceto socia­le appar­te­nes­se­ro, si cono­sce­va­no tut­ti, alme­no di vista, per­ché s’incontravano a pas­seg­gia­re con il pro­prio grup­po, in piaz­za con il vesti­to buo­no o davan­ti alla chie­sa la dome­ni­ca, per guar­da­re le ragaz­ze chje usci­va­no dal­la mes­sa. Non sape­vo in qua­le grup­po col­lo­car­lo: e poi quel nome, Toni­no, un dimi­nu­ti­vo inso­li­to per il mio pae­se. Teme­vo che fos­se un figlio di emi­gra­ti, caso­mai nato già a Tori­no, sareb­be sta­ta una mez­za delu­sio­ne. Ero ansio­so di incon­trar­lo. Un gior­no men­tre gio­ca­vo a cal­cet­to al bar di cor­so San Mau­ri­zio, sen­tii alle mie spal­le la voce di un sici­lia­no alle­gro e sfot­ten­te che dice­va: “salu­tam­mo la cum­pa­gnia”. Era lui. Lo cono­sce­vo da sem­pre e da sem­pre si cono­sce­va­no e si rispet­ta­va­no le nostre fami­glie. Da pic­co­lo ave­vo gio­ca­to con lui per­ché abi­ta­va nel quar­tie­re di mia non­na e di mo zio e allo­ra lo chia­ma­vo Nino. L’amicizia naque in un istan­te. Ci fece diven­ta­re fra­tel­li di una fra­tel­lan­za inim­ma­gi­na­bi­le, come quel­la di inter­na­ti in un cam­po di con­cen­tra­men­to. Non ho mai cono­sciu­to un mili­tan­te più stu­pi­to e diver­ti­to di lui prer le tra­sfor­ma­zio­ni che la lot­ta col­let­ti­va ope­ra­va sui sin­go­li indi­vi­dui in fab­bri­ca e fuo­ri. Era una per­so­na feli­ce di esse­re un ribel­le, un ribel­le irri­du­ci­bi­le, ma con­sa­pe­vo­le che le giu­ste ragio­ni del­la rivol­ta non doves­se­ro mai indie­treg­gia­re di fron­te agli osta­co­li, di qua­lun­que natu­ra fos­se­ro. Mi impres­sio­na­va ogni vol­ta la sua auda­cia. Davan­ti alla poor­ta 18 lo vidi apo­stro­fa­re una pat­tu­glia del­la poli­zia che sosta­va lì davan­ti: “che ci fate voi qui, que­sto non è il vostroi posto; non lo sape­te che qui lot­tan­do anche per voi?”

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