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venerdì, 20 Settembre 2024

«Il comunismo per noi non è uno stato di cose che debba essere instaurato, un ideale al quale la realtà dovrà conformarsi. Chiamiamo comunismo il movimento reale che abolisce lo stato di cose presente. Le condizioni di questo movimento risultano dal presupposto ora esistente»

[K. Marx]

Una posizione di classe sul salario minimo

Il sala­rio mini­mo intro­du­ce dispa­ri­tà come asse­ri­to da Con­fin­du­stria?

Su un pun­to sem­bre­reb­be­ro tut­ti con­cor­di ossia sul­la neces­si­tà, e la urgen­za, di con­tra­sta­re lavo­ro pove­ro e pre­ca­rie­tà dive­nu­ti sem­pre meno soste­ni­bi­li social­men­te, ma anche e soprat­tut­to osta­co­lo al fun­zio­na­men­to dei rap­por­ti di pro­du­zio­ne capi­ta­li­sti­ci.

 I bas­si sala­ri sono tut­ta­via una neces­si­tà per inte­re aree del capi­ta­li­smo e anche nei pae­si avan­za­ti, pro­va ne sia l’af­fi­da­men­to di ser­vi­zi ad appal­ti e subap­pal­ti con paghe ora­rie da fame.

Una dif­fu­sa pre­ca­rie­tà alla lun­ga non per­met­te ai dato­ri di inve­sti­re in for­ma­zio­ne e pro­gram­ma­zio­ne ammes­so, ma non con­ces­so, che voglio­no far­lo e pro­va ne sia il fat­to che per nuo­ve assun­zio­ni e per­cor­si for­ma­ti­vi arri­va­no bonus sta­ta­li alle impre­se oltre ai tan­ti sgra­vi sui qua­li si basa la pros­si­ma Mano­vra di Bilan­cio.

Nel­la Ita­lia del dopo guer­ra è pre­val­so qua­si sem­pre il prin­ci­pio del­la liber­tà eco­no­mi­ca e del­la auto­no­mia di impre­sa sul­le ragio­ni del lavo­ro, anche il prin­ci­pio del­la giu­sta retri­bu­zio­ne pre­vi­sto dagli arti­co­li 36 e 39 del­la Car­ta sono rima­sti let­te­ra mor­ta den­tro una archi­tet­tu­ra giu­ri­di­ca inca­pa­ce anche di affer­ma­re la appli­ca­zio­ne di con­trat­ti nazio­na­li affe­ren­ti alle atti­vi­tà svol­te.

La liber­tà di impre­sa e la mode­ra­zio­ne sala­ria­le ere­di­ta­ta dal Fasci­smo sal­vo for­se negli anni di mag­gior impul­so neo­key­ne­sia­no, le pri­va­tiz­za­zio­ni e il rispar­mio di spe­sa, i tet­ti di Maa­stri­cht han­no san­ci­to nei fat­ti la scon­fit­ta del­la for­za lavo­ro in un perio­do sto­ri­co nel qua­le i dirit­ti sono sta­ti cal­pe­sta­ti e nega­ti nel nome del­la ripre­sa eco­no­mi­ca e del­la lot­ta al debi­to.

Il ruo­lo dei sin­da­ca­ti rap­pre­sen­ta­ti­vi è sta­to deter­mi­nan­te per affer­ma­re una archi­tet­tu­ra giu­ri­di­ca a uso e con­su­mo del­le par­ti padro­na­li, pro­va ne sia che all’in­do­ma­ni del pur imper­fet­to Sta­tu­to dei Lavo­ra­to­ri ini­zia la lun­ga fase di arre­tra­men­to che ha por­ta­to alla svol­ta del­l’Eur e da lì alla can­cel­la­zio­ne di ogni auto­ma­ti­smo che legas­se i sala­ri e le pen­sio­ni al rea­le costo del­la vita.

Era impen­sa­bi­le che all’in­do­ma­ni del­la guer­ra si sce­glies­se la stra­da del sala­rio mini­mo lega­le dive­nu­ta inve­ce una neces­si­tà dopo la sta­gio­ne del­le gran­di pri­va­tiz­za­zio­ni che han­no ali­men­ta­to pre­ca­rie­tà e mise­ria sala­ria­le.

Chi oggi riven­di­ca la Car­ta Costi­tu­zio­na­le dovreb­be spie­ga­re la ragio­ne per la qua­le nono­stan­te gli arti­co­li 36 e 39 si sia affer­ma­ta la mode­ra­zio­ne, anzi la mise­ria, sala­ria­le e con­trat­tua­le e inter­ro­gar­si al con­tem­po sul ruo­lo stes­so del­le orga­niz­za­zio­ni sin­da­ca­li alle qua­li spet­ta­va il com­pi­to di fis­sa­re, o alme­no di riven­di­ca­re, una retri­bu­zio­ne pro­por­zio­na­ta e suf­fi­cien­te nei diver­si­fi­ca­ti set­to­ri pro­dut­ti­vi.

La pro­li­fe­ra­zio­ne dei con­trat­ti nazio­na­li, qua­si 1000 quel­li depo­si­ta­ti al Cnel, dovreb­be inve­ce deter­mi­na­re una diver­sa let­tu­ra a par­ti­re dal ruo­lo col­la­bo­ra­ti­vo dei sin­da­ca­ti fir­ma­ta­ri e da qui pren­de­re atto che ipo­te­si di cam­bia­men­to degli stes­si sono smen­ti­ti dal­la lun­ga e con­so­li­da­ta pras­si con­so­cia­ti­va.

Negli anni dei Gover­ni di cen­tro sini­stra furo­no pro­prio i sin­da­ca­ti a nega­re ogni discus­sio­ne sul sala­rio mini­mo pen­san­do che all’in­ter­no dei con­trat­ti nazio­na­li avreb­be­ro pre­vi­sto livel­li retri­bu­ti­vi digni­to­si sal­vo poi esse­re smen­ti­ti, alla pro­va dei fat­ti, dai con­te­nu­ti degli stes­si e dagli accor­di sul­la rap­pre­sen­tan­za del 2009 e del 2014, dal codi­ce Ipca a deter­mi­na­re rin­no­vi con­trat­tua­li al ribas­so.

Le par­ti dato­ria­li sono da sem­pre osti­li all’applicazione di una nor­ma che impon­ga un mini­mo sala­ria­le gene­ra­liz­za­to, non a caso tor­na­no di moda le gab­bie sala­ria­li in nome del­le dif­fe­ren­ze tra il costo del­la vita tra nord e sud o del­la neces­si­tà di pre­ser­va­re alcu­ni set­to­ri pro­dut­ti­vi da prov­ve­di­men­ti che innal­zan­do il costo del lavo­ro san­ci­reb­be­ro la loro usci­ta dal mer­ca­to.

Sem­pre le par­ti dato­ria­li sosten­go­no che non si tie­ne con­to del secon­do livel­lo di con­trat­ta­zio­ne nel­la quan­ti­fi­ca­zio­ne dei sala­ri, eppu­re sono sta­ti pro­prio gli accor­di azien­da­li in dero­ga ai CCNL a san­ci­re l’ul­te­rio­re aumen­to del­lo sfrut­ta­men­to scam­bian­do sala­rio con bene­fit.

Non è di aiu­to la Diret­ti­va — Ue — 2022/2041 del 2022 anzi alla fine si aggiun­go­no ulte­rio­ri argo­men­ta­zio­ni alle posi­zio­ni dato­ria­li che vor­reb­be­ro inclu­de­re il sala­rio dif­fe­ri­to nel cal­co­lo glo­ba­le del­le retri­bu­zio­ni per lascia­re cam­po libe­ro alle impre­se nel­la con­trat­ta­zio­ne con le par­ti socia­li.

Se costrui­sco una impal­ca­tu­ra che favo­ri­sce il siste­ma del­le dero­ghe ai con­trat­ti nazio­na­li il secon­do livel­lo di con­trat­ta­zio­ne diven­ta un’ar­ma padro­na­le effi­ca­ce per impor­re aumen­ti del­la pro­dut­ti­vi­tà e rit­mi inso­ste­ni­bi­li sen­za per altro ero­ga­re sala­rio aggiun­ti­vo.

Quan­ti invo­ca­no la non inva­den­za del­lo Sta­to nel­le dina­mi­che con­trat­tua­li han­no otte­nu­to pri­ma un varie­ga­to siste­ma di aiu­ti alle impre­se e la cer­tez­za che ogni ulte­rio­re inve­sti­men­to del­le par­ti dato­ria­li sia soste­nu­to eco­no­mi­ca­men­te con sol­di pub­bli­ci, la mano­vra sul taglio al cuneo fisca­le è la dimo­stra­zio­ne elo­quen­te di que­ste poli­ti­che con il mini­stro Gior­get­ti che non esclu­de il ricor­so alle pri­va­tiz­za­zio­ni per fare cas­sa.

Sia­mo davan­ti a una stra­te­gia com­ples­si­va fina­liz­za­ta a sca­ri­ca­re sul­le cas­se pub­bli­che il par­zia­le e con­te­nu­to recu­pe­ro del pote­re di acqui­sto per­du­to, e a mero disca­pi­to del wel­fa­re, sia­mo in pre­sen­za di una poli­ti­ca gover­na­ti­va all’in­se­gna del­la mode­ra­zio­ne sala­ria­le e con dispa­ri­tà di trat­ta­men­to, fisca­le e non, a secon­da del­le cate­go­rie di appar­te­nen­za e pro­va ne sia la tas­sa piat­ta per gli auto­no­mi.

Pen­sa­re allo­ra suf­fi­cien­te il richia­mo alla Car­ta Costi­tu­zio­na­le o ai con­trat­ti nazio­na­li vigen­ti per resti­tui­re digni­tà ai nostri sala­ri è solo una argo­men­ta­zio­ne ideo­lo­gi­ca subal­ter­na al capi­ta­le o, meglio, ci si erge a dife­sa di prin­ci­pi con­di­vi­si per spo­sa­re alla fine poli­ti­che dia­me­tral­men­te oppo­ste.

Ecco la ragio­ne per la qua­le esi­ste in Ita­lia un auten­ti­co con­vi­ta­to di pie­tra tra padro­ni, sin­da­ca­ti e gover­ni all’in­se­gna dei tagli alla sani­tà pub­bli­ca, del­la mode­ra­zio­ne sala­ria­le e del­la disu­gua­glian­za su base regio­na­le den­tro una archi­tet­tu­ra nor­ma­ti­va tra­sfor­ma­ta­si in un’autentica gab­bia del con­flit­to del lavo­ro con­tro il capi­ta­le.

 A cura del­la reda­zio­ne pisa­na di Lot­ta Con­ti­nua

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