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Come già previsto, Confindustria utilizza le pagine del suo quotidiano per lanciare l'ennesimo ultimatum al Governo ossia la condivisione di come utilizzare i soldi del Recovery che per i padroni significa avere fondi perduti per le loro politiche di impresa, magari per ottimizzare i profitti e socializzare le perdite.

Allo stesso tempo Bonomi condiziona la firma dei nuovi contratti a delle regole che poi sono quelle dettate dalle associazioni datoriali. Citiamo un passo eloquente dell'intervista pubblicata sul numero domenicale de Il sole 24 Ore "preservare la forza e la centralità che l’impresa e la manifattura devono avere nello sviluppo economico del nostro paese"

I padroni non vogliono che lo Stato decida atti di indirizzo che possano stridere con i loro interessi, allo stesso tempo lo Stato è sempre più ostaggio delle associazioni datoriali e vista la debolezza della classe lavoratrici e la arrendevolezza dei sindacati rappresentativi gli scenari dell'immediato futuro potrebbero essere alquanto preoccupanti.

E allo stesso tempo Confindustria chiede al Governo di vigilare sulla diffusione degli scioperi e della conflittualità, rilanciando la centralità della manifattura e della industria. Peccato che per lustri i padroni abbiano pensato solo alla delocalizzazione industriale, abbiano investito ben poco in nuove tecnologie salvaguardando per lo più i margini finanziari (speculativi) privilegiando i giochi azionari a politiche industriali. Riduzione del costo del lavoro, delocalizzazioni, privatizzazioni, investimenti degli utili in quote azionarie sono state la costante degli ultimi decenni accumulando ritardi rispetto ad altri paesi europei.

Quando si parla di pregiudizio ideologico verso le imprese dimentichiamo che per lunghi anni si è pensato solo a precarizzare il lavoro, a cancellare l'art 18, a guadagnare aiuti a fondo perduto, se un pregiudizio esiste è quello contro i lavoratori, il loro potere di acquisto e di contrattazione.

Capovolgere il ragionamento padronale diventa allora la vera priorità. Le amnesie padronali sono evidenti ma è palese lo scontro in atto al loro interno e così Bonomi attacca quella parte confindustriale, e non, che ha pensato solo a massimizzare i profitti senza strategie di impresa, tra le righe della intervista leggiamo anche la critica verso le scelte operate per decenni da tanti imprenditori, scelte che alla fine hanno aumentato non solo la forbice sociale e salariale ma anche decretato la crisi di tante aziende.

Bonomi rivendica investimenti pubblici ma sulle condizioni degli stessi i padroni vogliono la prima e l'ultima parola. Se allora esiste un pregiudizio è quello padronale, di chi pensa di decidere sui soldi pubblici seguendo ricette antiche, quelle che hanno distrutto le tutele collettive della forza lavoro depauperando il potere di acquisto salariale.

Nessuna ammissione di colpa da parte dei padroni, anzi continuano a presentarsi come vittime degli ultimi 25 anni di storia italiana quando con le loro continue pressioni hanno ottenuto di tutto e di più, dall'aumento della produttività all'innalzamento della età pensionistica, dalla fine dell'art 18 a regole sulla rappresentanza sindacale che hanno tagliato fuori i sindacati di base per non parlare poi dei Pacchetti sicurezza con l'inasprimento delle pene ai danni dei lavoratori protagonisti di blocchi ai cancelli delle aziende.

La narrazione tossica della recente storia italiana va quindi capovolta e non solo a parole ma con pratiche conseguenti. Ben venga il conflitto e ben vengano analisi critiche sulla gestione dei soldi europei a partire dalla denuncia sistematica delle condizioni capestro che imporranno alla classe lavoratrice.

Redazione Lotta Continua – Pisa

(Da: https://delegati-lavoratori-indipendenti-pisa.blogspot.com)