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sabato, 23 Novembre 2024

«Il comunismo per noi non è uno stato di cose che debba essere instaurato, un ideale al quale la realtà dovrà conformarsi. Chiamiamo comunismo il movimento reale che abolisce lo stato di cose presente. Le condizioni di questo movimento risultano dal presupposto ora esistente»

[K. Marx]

Bianca revisited

Recen­te­men­te diver­si even­ti pub­bli­ci e arti­co­li appar­si su «La Stam­pa» han­no volu­to trat­teg­gia­re un’immagine di Bian­ca rivi­si­ta­ta secon­do pun­ti di vista ten­den­ti a limi­tar­ne la com­ples­si­tà poli­ti­ca e per­so­na­le e cir­co­scri­ver­la entro con­fi­ni mol­to isti­tu­zio­na­li. Ne risul­ta­va insom­ma un’immagine “ammor­bi­di­ta” del­le sue idee per far­le rien­tra­re in una con­ven­zio­na­li­tà gra­di­ta alla comu­ni­tà intel­let­tua­le. Sen­to a que­sto pun­to e a die­ci anni dal­la sua mor­te di dover inter­ve­ni­re per rap­pez­za­re la sua memo­ria e difen­der­la dal­le stru­men­ta­liz­za­zio­ni.

In un’occasione ho ten­ta­to di rispon­de­re a uno degli arti­co­li pub­bli­ca­ti da La Stam­pa ma, non ina­spet­ta­ta­men­te, “non sono riu­sci­ti” a pub­bli­ca­re la mia let­te­ra. Curio­so come il tem­po lavo­ri anche sul­le miglio­ri teste di ex espo­nen­ti di una sini­stra, extra­par­la­men­ta­re e non, che un tem­po non avreb­be­ro avu­to ospi­ta­li­tà sul gior­na­le cit­ta­di­no men­tre oggi ne sono abi­tua­li ospi­ti fir­ma­ti. Cer­to Bian­ca non ha godu­to di atten­zio­ne, sia da viva che da mor­ta, da par­te del gior­na­le del­la ex Fiat e vor­rà pur dire qual­co­sa. Ma a lei anda­va bene così. Le basta­va esse­re sti­ma­ta e ama­ta dal cam­po oppo­sto, esse­re fer­ma­ta per stra­da da sco­no­sciu­ti che la rin­gra­zia­va­no per aver­li assi­sti­ti in tri­bu­na­le, per aver­li fat­ti ri-assu­me­re dopo un licen­zia­men­to, per ave­re ricor­da­to un loro fami­glia­re par­ti­gia­no. Il pro­ces­so con­tro la Fiat per le sche­da­tu­re dei lavo­ra­to­ri e per la cor­ru­zio­ne di alti gra­di del­la que­stu­ra, dei cara­bi­nie­ri e dei ser­vi­zi evi­den­te­men­te non è sta­to anco­ra dimen­ti­ca­to in via Luga­ro.

Per veni­re alla stret­ta attua­li­tà, già le cele­bra­zio­ni del Cen­te­na­rio del­la sua nasci­ta, con­dot­te più nell’interesse poli­ti­co per­so­na­le di pochi, anzi di una, e da un Comi­ta­to che, mal­gra­do le dimis­sio­ni del­la fami­glia per dis­sen­so sui meto­di e la con­du­zio­ne del­le cele­bra­zio­ni in modo non con­so­no alla sua iden­ti­tà, ha sem­pre aval­la­to qual­sia­si ini­zia­ti­va in modo sbri­ga­ti­vo e acri­ti­co, espri­men­do­ne nell’insieme un’immagine limi­ta­ta e impre­ci­sa. Quel­la di una don­na i cui con­vin­ci­men­ti risul­ta­va­no appiat­ti­ti sul bana­le con­cet­to di “demo­cra­zia” a tut­to cam­po, in cui gli scon­tri socia­li del secon­do dopo­guer­ra e la par­te che Bian­ca ha in essi avu­to da avvo­ca­to, il suo pen­sie­ro poli­ti­co veni­va appe­na accen­na­to. Allo stes­so tem­po veni­va­no inve­ce oltre­mo­do valo­riz­za­ti i bre­vi momen­ti isti­tu­zio­na­li da Bian­ca par­te­ci­pa­ti, non sem­pre con entu­sia­smo né con par­ti­co­la­ri illu­sio­ni, comun­que sem­pre da indi­pen­den­te.

Due arti­co­li più recen­te­men­te han­no rac­con­ta­to Bian­ca secon­do i cri­te­ri adot­ta­ti dal­la comu­ni­tà intel­let­tua­le e dall’establishment cit­ta­di­no.

L’ultimo, quel­lo di Pie­tro Poli­to, par­te maluc­cio defi­nen­do­la già dal tito­lo “mite ribel­le”. Chi l’ha vera­men­te cono­sciu­ta, sa bene che di “mite” ave­va poco, sia in tri­bu­na­le che nell’impegno socia­le. Era del­la scuo­la di Ada Gobet­ti: idee chia­re, soli­di prin­ci­pi, intran­si­gen­za mora­le, cari­sma ma memo­ra­bi­li ire fune­ste quan­do si indi­gna­va. Ne san­no qual­co­sa illu­stri pre­si­den­ti di tri­bu­na­le, testi­mo­ni reti­cen­ti, agen­ti e cara­bi­nie­ri pro­pen­si ai sopru­si. Dal­la vita di impe­gno di Bian­ca Poli­to trae un “inse­gna­men­to fon­da­men­ta­le”: ”la liber­tà di sce­glie­re e di imma­gi­na­re altri mon­di pos­si­bi­li”, un non det­to che diven­ta bana­li­tà asso­lu­ta. Come lo è l’affermazione pru­den­te che Bian­ca inten­de­va la demo­cra­zia come “par­te­ci­pa­zio­ne dal bas­so”. Per non dire, orro­re! cosa sot­tin­ten­de quel “dal bas­so”…

Poli­to espri­me le sue ansie elet­to­ra­li chie­den­do­si reto­ri­ca­men­te:” Cosa pen­se­reb­be di una demo­cra­zia in cui la metà degli aven­ti dirit­to non par­te­ci­pa alle ele­zio­ni per il par­la­men­to euro­peo?”. Non lo so, ovvia­men­te, ma so che all’ultimo even­to elet­to­ra­le che le si pre­sen­tò ci fu un fit­to pres­sing tele­fo­ni­co da par­te di noti espo­nen­ti del Pd cit­ta­di­no a cui lei rispo­se “No gra­zie, que­sta vol­ta non me la sen­to”. Sape­va valu­ta­re il con­te­sto e le nuo­ve real­tà. Sape­va del­la Val Susa e del ruo­lo del Pd nel repri­me­re le pro­te­ste.

Cer­to per Bian­ca la “demo­cra­zia” era pre­zio­sa per­ché fati­co­sa­men­te con­qui­sta­ta con la guer­ra par­ti­gia­na, per­ché ha gene­ra­to una Costi­tu­zio­ne che garan­ti­sce i dirit­ti fon­da­men­ta­li per i sin­go­li e per le mino­ran­ze. Que­sto le pia­ce­va, i dirit­ti, e vi si dedi­ca­va, rispet­ta­va le leg­gi del­lo Sta­to e le isti­tu­zio­ni ma era ben con­sa­pe­vo­le di quan­to era sta­to tol­to alla demo­cra­zia spe­ra­ta con la man­ca­ta epu­ra­zio­ne dei fasci­sti e il loro rici­clo nell’Italia del­la restau­ra­zio­ne anti-ope­ra­ia. Quel­la situa­zio­ne la man­ten­ne nel Pci fino al 1956 e bene scri­ve Mar­co Sca­vi­no in un edi­to­ria­le del Cen­tro Stu­di P. Gobet­ti del 24 giu­gno 2020: “la scel­ta di non ade­ri­re più a for­ma­zio­ni orga­niz­za­te riflet­te­va un mar­ca­to scet­ti­ci­smo nei con­fron­ti dei tra­di­zio­na­li cano­ni politici…peraltro la sua atti­vi­tà con­ti­nuò comun­que a svol­ger­si in una fit­ta tra­ma di rela­zio­ni con par­ti­ti, sin­da­ca­ti, movi­men­ti e asso­cia­zio­ni del­la sini­stra, con­di­vi­den­do­ne la pro­spet­ti­va di una tra­sfor­ma­zio­ne radi­ca­le in sen­so socia­li­sta dei rap­por­ti eco­no­mi­ci, socia­li e isti­tu­zio­na­li domi­nan­ti”.

Pao­lo Bor­gna inve­ce nel suo arti­co­lo su «La Stam­pa» del 16-12-2023 dal tito­lo “Da anti­fa­sci­sta difen­do anche i dirit­ti del Fuan” (oh già!), rife­ren­do­si alla pro­te­sta degli stu­den­ti uni­ver­si­ta­ri con­tro la pre­sen­za dei neo­fa­sci­sti di qual­che gior­no pri­ma, con­tie­ne un’affermazione riguar­dan­te Bian­ca che richie­de chia­ri­men­to. Bor­gna infat­ti scri­ve di un pre­sun­to “rim­pro­ve­ro” di Bian­ca all’antifascismo mili­tan­te del­la gene­ra­zio­ne dei Set­tan­ta come un mito “fal­sa­men­te con­ser­va­to”, due paro­le a suo dire, estra­po­la­te dal­la sua auto­bio­gra­fia (che in real­tà è una bio­gra­fia). E’ un “rim­pro­ve­ro” che da lei non ho mai sen­ti­to for­mu­la­re e non pos­so­no comun­que esse­re due paro­le total­men­te fuo­ri con­te­sto a distor­ce­re il pen­sie­ro e l’atteggiamento per­so­na­le di Bian­ca in tema di anti­fa­sci­smo. E for­se Bor­gna non sa o non ricor­da che insie­me a Gui­do Quaz­za, Gian­giu­lio Ambro­si­ni, Nor­ber­to Bob­bio, Gasto­ne Cot­ti­no, Det­to Dal­ma­stro, Ales­san­dro Galan­te Gar­ro­ne, Car­lo Mus­sa Ival­di, Pri­mo Levi, Leo­nar­do Mos­so, Giu­sep­pe Rebur­do e Nuto Revel­li, lan­ciò l’appello per il “Msi fuo­ri­leg­ge” nell’anno del­la stra­ge di Bre­scia, dell’Italicus e del ten­ta­to gol­pe di Edgar­do Sogno e del­la sua cric­ca sabau­da. Un appel­lo che con­so­li­da­va una pra­ti­ca già in esse­re nel­le piaz­ze e ne amplia­va la legit­ti­mi­tà a tut­ti gli anti­fa­sci­sti.

Bian­ca non era cer­ta­men­te “favo­re­vo­le” alla vio­len­za in gene­ra­le per­ché ne ave­va vista abba­stan­za duran­te la guer­ra par­ti­gia­na ma era per­fet­ta­men­te con­sa­pe­vo­le del ruo­lo che i fasci­sti, par­la­men­ta­ri e extra, ave­va­no nel più ampio scon­tro socia­le del decen­nio 1967–1977. Le stra­gi, gli omi­ci­di nel­le piaz­ze, gli attac­chi ai pic­chet­ti ope­rai e alle scuo­le sono fat­ti sto­ri­ci inne­ga­bi­li che mol­ti han­no deci­so di dimen­ti­ca­re. Ed era pie­na­men­te con­sa­pe­vo­le del­la dolo­ro­sa ine­lut­ta­bi­li­tà del­la vio­len­za in una fase sto­ri­ca che vede­va un duris­si­mo scon­tro tra le clas­si. Non per altro ha per tut­ta la car­rie­ra dife­so in tri­bu­na­le gli arre­sta­ti ai pic­chet­ti ope­rai, e i pro­ta­go­ni­sti di quel­la sta­gio­ne di lot­te socia­li, e da quel­li è anco­ra ama­ta e ricor­da­ta. Si ren­de­va con­to che quel con­flit­to socia­le com­por­ta­va anche la neces­si­tà di adot­ta­re for­me di auto­di­fe­sa (anche il Pci ave­va il suo Ser­vi­zio d’Ordine) da par­te di chi il fasci­smo lo con­tra­sta­va in nome del­la Costi­tu­zio­ne, e pro­ba­bil­men­te ricor­da­va le paro­le di San­dro Per­ti­ni a Geno­va quel 30 giu­gno 1960: “Io nego la vali­di­tà dell’obiezione secon­do cui il neo­fa­sci­smo avreb­be dirit­to di svol­ge­re il suo con­gres­so. Infat­ti ogni atto, ogni mani­fe­sta­zio­ne, ogni ini­zia­ti­va di quel movi­men­to è una chia­ra esal­ta­zio­ne del fasci­smo e poi­ché il fasci­smo è con­si­de­ra­to rea­to dal­la Costi­tu­zio­ne, l’attività dei mis­si­ni si tra­du­ce in una con­ti­nua e per­se­gui­bi­le apo­lo­gia di rea­to”. Pro­ba­bil­men­te se ne ricor­da­va per­ché in quei gior­ni lei stes­sa, dopo aver­mi affi­da­to alla zia, scen­de­va in piaz­za Sol­fe­ri­no insie­me a sua mam­ma qua­si set­tan­ten­ne per par­te­ci­pa­re alla stes­sa pro­te­sta di Geno­va e del resto d’Italia (e pren­der­si cari­che e lacri­mo­ge­ni). Altri tem­pi? Faci­le argo­men­ta­zio­ne. Il fasci­smo è sem­pre lo stes­so, dice­va, e se avan­za è col­pa di chi lo favo­ri­sce, non di chi lo con­tra­sta. Una lezio­ne in una fra­se.

Soli­da sui dirit­ti fon­da­men­ta­li e dei più debo­li, sape­va distin­gue­re secon­do i suoi cri­te­ri ciò che le pia­ce­va o no anche sui temi più recen­ti. Per esem­pio, rispet­to alla que­stio­ne fem­mi­ni­le rite­ne­va poco oppor­tu­no lo scon­tro di gene­re e soste­ne­va che “l’emancipazione fem­mi­ni­le doves­se anda­re di pari pas­so con l’emancipazione del­la clas­se ope­ra­ia”. Per­ché era anche soli­da­men­te mar­xi­sta. E quin­di sem­pre le con­di­zio­ni eco­no­mi­che e “le con­di­zio­ni gene­ra­li che crea­no le dipen­den­ze” dove­va­no esse­re il pun­to di par­ten­za del­la cri­ti­ca alla con­di­zio­ne fem­mi­ni­le.

Ecco, que­sto ed altro era Bian­ca pri­ma che la malat­tia le offu­scas­se la men­te e riu­scis­se solo più a par­la­re di “demo­cra­zia” e di “ami­ci­zia”. E pri­ma che qual­cu­no si per­met­tes­se di tra­sfor­mar­la in bana­le ico­na del con­for­mi­smo domi­nan­te.

(Fabri­zio Sal­mo­ni 4–7‑2024)

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