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venerdì, 20 Settembre 2024

«Il comunismo per noi non è uno stato di cose che debba essere instaurato, un ideale al quale la realtà dovrà conformarsi. Chiamiamo comunismo il movimento reale che abolisce lo stato di cose presente. Le condizioni di questo movimento risultano dal presupposto ora esistente»

[K. Marx]

Franco Ferrari, Indagine su Picelli, Fatti, documenti, testimonianze

Fran­co Fer­ra­ri, Inda­gi­ne su Picel­li, Fat­ti, docu­men­ti, testi­mo­nian­ze

 Lec­ce, You­can­print, 2023, pp. 236, € 20.00

 Il ricer­ca­to­re e sag­gi­sta par­men­se Fran­co Fer­ra­ri pre­sen­ta qui un lavo­ro che può per cer­ti ver­si rap­pre­sen­ta­re un com­ple­ta­men­to de La Mia divi­sa, a cura di Wil­liam Gam­bet­ta (Bfs, 2021). È, cioè, una rico­stru­zio­ne, con cri­te­ri sto­rio­gra­fi­ci, del­la bio­gra­fia e del pen­sie­ro di Gui­do Picel­li che, nono­stan­te le cele­bra­zio­ni e le incen­sa­tu­re del­la figu­ra, o for­se pro­prio in vir­tù di que­ste, era­no rima­sti sostan­zial­men­te ine­di­ti sino a tem­pi tut­to som­ma­to recen­ti.

A moti­va­re il tito­lo, e a for­ni­re le ragio­ni che ogni pub­bli­ca­zio­ne ha con sé, la pole­mi­ca, plu­ri­de­cen­na­le, sul­le cir­co­stan­ze del­la mor­te di Picel­li, avve­nu­ta nel fuo­co del­la Guer­ra civi­le e socia­le spa­gno­la, tra il 4 ed il 5 gen­na­io 1937 sul­la col­li­na di El Mato­ral, nel com­ples­so del­le bat­ta­glie per il con­trol­lo dell’area di Madrid. Una pole­mi­ca stri­scian­te che si è pro­trat­ta sino ai gior­ni nostri, rin­ver­di­ta in anni più recen­ti dal­la pro­du­zio­ne di Gian­car­lo Boc­chi, con il docu­men­ta­rio, ad ogni modo di buo­na fat­tu­ra, Il Ribel­le (2011), cui han­no fat­to segui­to car­ta­cei in alle­ga­to e di appro­fon­di­men­to. La tesi, ormai nota, che Boc­chi vei­co­la, cui allu­de e che lascia inten­de­re, è quel­la per cui l’Uomo del­le Bar­ri­ca­te del ’22 sia sta­to ucci­so dal fuo­co, per così dire, ami­co, in un’esecuzione mira­ta ad abbat­te­re un per­so­nag­gio sco­mo­do all’Urss e al Komin­tern.

Con­si­de­ran­do gli 86 anni che sono pas­sa­ti ora dal fat­to, e vista anche la scom­par­sa degli asset­ti poli­ti­ci chia­ma­ti in cau­sa, per cui il fami­ge­ra­to uso pub­bli­co del­la sto­ria non si pre­sen­ta ogget­ti­va­men­te di par­ti­co­la­re urgen­za, su qua­li ele­men­ti si basa que­sta tesi? Uno è lam­pan­te quan­to noto: le dram­ma­ti­che divi­sio­ni in seno al fron­te anti­fran­chi­sta, che però ebbe­ro a mani­fe­star­si vio­len­te­men­te dopo i fat­ti del mag­gio 1937 a Bar­cel­lo­na e, a dispet­to del film di Ken Loach, Ter­ra e liber­tà (1995), non al fron­te ma nel­le retro­vie, con, benin­te­so, la per­se­cu­zio­ne, l’arresto e l’eliminazione fisi­ca di mili­tan­ti pre­via accu­sa d’intelligenza con il nemi­co.

Un secon­do ele­men­to è dato dal­la con­trad­dit­to­rie­tà di alcu­ne testi­mo­nian­ze sul momen­to pre­ci­so e cir­co­stan­zia­to del­la mor­te e, segna­ta­men­te, sul col­po che l’ha deter­mi­na­ta. Un col­po al cuo­re che alcu­ni voglio­no dinan­zi, altri die­tro: ipo­te­si que­sta che ovvia­men­te potreb­be riman­da­re ad un’esecuzione.

Infi­ne, c’è la per­so­na­li­tà di Picel­li, impul­si­va, san­gui­gna, con i river­be­ri anar­chi­cheg­gian­ti del­la sua cit­tà, insof­fe­ren­te ver­so i tat­ti­ci­smi ed  i tem­po­reg­gia­men­ti poli­ti­ci e per­ciò incon­trol­la­bi­le o comun­que sco­mo­da, in un momen­to in cui non si anda­va tan­to per il sot­ti­le.

A tal pro­po­si­to, si fa leva sul­le cir­co­stan­ze del­la par­ten­za dall’Urss e dell’arrivo in Spa­gna. Nel suo sog­gior­no sovie­ti­co, sapen­do del­la pos­si­bi­li­tà di tor­na­re a fare il com­bat­ten­te e di met­te­re a frut­to le sue cono­scen­ze in veste di istrut­to­re mili­ta­re, Picel­li era cer­to impa­zien­te nel resta­re lì ad immer­ge­re le sfe­re di metal­lo nell’olio bol­len­te nel­la, pur rino­ma­ta, fab­bri­ca di cusci­net­ti a sfe­ra Kaga­no­vic. Un’impazienza che, una vol­ta sul suo­lo spa­gno­lo, lo avreb­be por­ta­to in con­tat­to con gli ambien­ti social – rivo­lu­zio­na­ri, mas­si­ma­li­sti e comu­ni­sti dis­si­den­ti con Mosca, di indo­le for­se più pro­pen­sa all’azione. Occor­re qui cita­re il Poum, Par­ti­do obre­ro de uni­fi­ca­ción mar­xi­sta, uno dei par­ti­ti comu­ni­sti in dis­sen­so con la Ter­za inter­na­zio­na­le, sen­za per­ciò poi ade­ri­re alla Quar­ta, e su cui si sareb­be mag­gior­men­te sca­te­na­ta la repres­sio­ne del­la Secon­da Repub­bli­ca dopo i fat­ti di mag­gio. Un par­ti­to che però, nono­stan­te lo sfrut­ta­men­to stru­men­ta­le del­le divi­sio­ni inte­sti­ne all’Antifascismo da par­te nazi­fa­sci­sta, nono­stan­te il fat­to che alcu­ni suoi espo­nen­ti e diri­gen­ti, ad ogni modo espul­si, come Juliàn Gor­kin, si sareb­be­ro suc­ces­si­va­men­te fat­ti con­fi­den­ti Cia, non risul­ta abbia avu­to con­ni­ven­ze o con­tat­ti con i fran­chi­sti. Per quan­to riguar­da l’italiano, si riman­da qui neces­sa­ria­men­te alla rac­col­ta di inter­vi­ste di Isa­bel­la Lorus­so Spa­gna ’36, Voci da Poum (Ibi­skos, 2010).

Nel­la con­fu­ta­zio­ne del tut­to, il Fer­ra­ri sem­bra atte­ner­si al prin­ci­pio di Fer­di­nand Las­sal­le per cui la veri­tà è rivo­lu­zio­na­ria e che quin­di, indi­pen­den­te­men­te da con­tin­gen­ze e con­ve­nien­ze, lo sfor­zo auten­ti­co con­si­sta nel distin­gue­re il vero dal fal­so e non l’opportuno dall’inopportuno. Per far ciò biso­gna rispon­de­re con la docu­men­ta­zio­ne, qui pre­sen­ta­ta in modo, potrem­mo dire, più che esau­sti­vo, inte­gral­men­te nel­la secon­da par­te del volu­me, appun­to dedi­ca­ta ai docu­men­ti affron­ta­ti nel­la pri­ma, con alcu­ne intro­du­zio­ni in cor­si­vo dell’autore.

Oltre a, chia­ra­men­te, sag­gi mono­gra­fi­ci sul tema, vi sono arti­co­li dai perio­di­ci dell’epoca, di necro­lo­gio, enco­mio e, in un caso, ovvia­men­te fasci­sta, di dileg­gio, usci­ti nei gior­ni imme­dia­ta­men­te suc­ces­si­vi al deces­so e negli anni e decen­ni dopo, in gene­re in occa­sio­ne degli anni­ver­sa­ri di mor­te. Le car­te d’archivio, in lar­ga par­te ine­di­te, aggiun­go­no infi­ne mol­to sull’argomento.

Nei con­tri­bu­ti in ricor­do è curio­so leg­ge­re come gli Ardi­ti del popo­lo, sem­pre cita­ti nel­le bio­gra­fie picel­lia­ne, sia­no però, anche a distan­za di diver­si decen­ni, defi­ni­ti in modo vago, addi­rit­tu­ra scrit­ti tra vir­go­let­te, con infor­ma­zio­ni scar­ne e soven­te ine­sat­te, a dimo­stra­zio­ne del­la disco­no­scen­za che se ne è avu­ta sino a, in ter­mi­ni sto­ri­ci, pochis­si­mo tem­po fa.

Sil­vio Anto­ni­ni

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