Franco Ferrari, Indagine su Picelli, Fatti, documenti, testimonianze

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Fran­co Fer­ra­ri, Inda­gi­ne su Picel­li, Fat­ti, docu­men­ti, testi­mo­nian­ze

 Lec­ce, You­can­print, 2023, pp. 236, € 20.00

 Il ricer­ca­to­re e sag­gi­sta par­men­se Fran­co Fer­ra­ri pre­sen­ta qui un lavo­ro che può per cer­ti ver­si rap­pre­sen­ta­re un com­ple­ta­men­to de La Mia divi­sa, a cura di Wil­liam Gam­bet­ta (Bfs, 2021). È, cioè, una rico­stru­zio­ne, con cri­te­ri sto­rio­gra­fi­ci, del­la bio­gra­fia e del pen­sie­ro di Gui­do Picel­li che, nono­stan­te le cele­bra­zio­ni e le incen­sa­tu­re del­la figu­ra, o for­se pro­prio in vir­tù di que­ste, era­no rima­sti sostan­zial­men­te ine­di­ti sino a tem­pi tut­to som­ma­to recen­ti.

A moti­va­re il tito­lo, e a for­ni­re le ragio­ni che ogni pub­bli­ca­zio­ne ha con sé, la pole­mi­ca, plu­ri­de­cen­na­le, sul­le cir­co­stan­ze del­la mor­te di Picel­li, avve­nu­ta nel fuo­co del­la Guer­ra civi­le e socia­le spa­gno­la, tra il 4 ed il 5 gen­na­io 1937 sul­la col­li­na di El Mato­ral, nel com­ples­so del­le bat­ta­glie per il con­trol­lo dell’area di Madrid. Una pole­mi­ca stri­scian­te che si è pro­trat­ta sino ai gior­ni nostri, rin­ver­di­ta in anni più recen­ti dal­la pro­du­zio­ne di Gian­car­lo Boc­chi, con il docu­men­ta­rio, ad ogni modo di buo­na fat­tu­ra, Il Ribel­le (2011), cui han­no fat­to segui­to car­ta­cei in alle­ga­to e di appro­fon­di­men­to. La tesi, ormai nota, che Boc­chi vei­co­la, cui allu­de e che lascia inten­de­re, è quel­la per cui l’Uomo del­le Bar­ri­ca­te del ’22 sia sta­to ucci­so dal fuo­co, per così dire, ami­co, in un’esecuzione mira­ta ad abbat­te­re un per­so­nag­gio sco­mo­do all’Urss e al Komin­tern.

Con­si­de­ran­do gli 86 anni che sono pas­sa­ti ora dal fat­to, e vista anche la scom­par­sa degli asset­ti poli­ti­ci chia­ma­ti in cau­sa, per cui il fami­ge­ra­to uso pub­bli­co del­la sto­ria non si pre­sen­ta ogget­ti­va­men­te di par­ti­co­la­re urgen­za, su qua­li ele­men­ti si basa que­sta tesi? Uno è lam­pan­te quan­to noto: le dram­ma­ti­che divi­sio­ni in seno al fron­te anti­fran­chi­sta, che però ebbe­ro a mani­fe­star­si vio­len­te­men­te dopo i fat­ti del mag­gio 1937 a Bar­cel­lo­na e, a dispet­to del film di Ken Loach, Ter­ra e liber­tà (1995), non al fron­te ma nel­le retro­vie, con, benin­te­so, la per­se­cu­zio­ne, l’arresto e l’eliminazione fisi­ca di mili­tan­ti pre­via accu­sa d’intelligenza con il nemi­co.

Un secon­do ele­men­to è dato dal­la con­trad­dit­to­rie­tà di alcu­ne testi­mo­nian­ze sul momen­to pre­ci­so e cir­co­stan­zia­to del­la mor­te e, segna­ta­men­te, sul col­po che l’ha deter­mi­na­ta. Un col­po al cuo­re che alcu­ni voglio­no dinan­zi, altri die­tro: ipo­te­si que­sta che ovvia­men­te potreb­be riman­da­re ad un’esecuzione.

Infi­ne, c’è la per­so­na­li­tà di Picel­li, impul­si­va, san­gui­gna, con i river­be­ri anar­chi­cheg­gian­ti del­la sua cit­tà, insof­fe­ren­te ver­so i tat­ti­ci­smi ed  i tem­po­reg­gia­men­ti poli­ti­ci e per­ciò incon­trol­la­bi­le o comun­que sco­mo­da, in un momen­to in cui non si anda­va tan­to per il sot­ti­le.

A tal pro­po­si­to, si fa leva sul­le cir­co­stan­ze del­la par­ten­za dall’Urss e dell’arrivo in Spa­gna. Nel suo sog­gior­no sovie­ti­co, sapen­do del­la pos­si­bi­li­tà di tor­na­re a fare il com­bat­ten­te e di met­te­re a frut­to le sue cono­scen­ze in veste di istrut­to­re mili­ta­re, Picel­li era cer­to impa­zien­te nel resta­re lì ad immer­ge­re le sfe­re di metal­lo nell’olio bol­len­te nel­la, pur rino­ma­ta, fab­bri­ca di cusci­net­ti a sfe­ra Kaga­no­vic. Un’impazienza che, una vol­ta sul suo­lo spa­gno­lo, lo avreb­be por­ta­to in con­tat­to con gli ambien­ti social – rivo­lu­zio­na­ri, mas­si­ma­li­sti e comu­ni­sti dis­si­den­ti con Mosca, di indo­le for­se più pro­pen­sa all’azione. Occor­re qui cita­re il Poum, Par­ti­do obre­ro de uni­fi­ca­ción mar­xi­sta, uno dei par­ti­ti comu­ni­sti in dis­sen­so con la Ter­za inter­na­zio­na­le, sen­za per­ciò poi ade­ri­re alla Quar­ta, e su cui si sareb­be mag­gior­men­te sca­te­na­ta la repres­sio­ne del­la Secon­da Repub­bli­ca dopo i fat­ti di mag­gio. Un par­ti­to che però, nono­stan­te lo sfrut­ta­men­to stru­men­ta­le del­le divi­sio­ni inte­sti­ne all’Antifascismo da par­te nazi­fa­sci­sta, nono­stan­te il fat­to che alcu­ni suoi espo­nen­ti e diri­gen­ti, ad ogni modo espul­si, come Juliàn Gor­kin, si sareb­be­ro suc­ces­si­va­men­te fat­ti con­fi­den­ti Cia, non risul­ta abbia avu­to con­ni­ven­ze o con­tat­ti con i fran­chi­sti. Per quan­to riguar­da l’italiano, si riman­da qui neces­sa­ria­men­te alla rac­col­ta di inter­vi­ste di Isa­bel­la Lorus­so Spa­gna ’36, Voci da Poum (Ibi­skos, 2010).

Nel­la con­fu­ta­zio­ne del tut­to, il Fer­ra­ri sem­bra atte­ner­si al prin­ci­pio di Fer­di­nand Las­sal­le per cui la veri­tà è rivo­lu­zio­na­ria e che quin­di, indi­pen­den­te­men­te da con­tin­gen­ze e con­ve­nien­ze, lo sfor­zo auten­ti­co con­si­sta nel distin­gue­re il vero dal fal­so e non l’opportuno dall’inopportuno. Per far ciò biso­gna rispon­de­re con la docu­men­ta­zio­ne, qui pre­sen­ta­ta in modo, potrem­mo dire, più che esau­sti­vo, inte­gral­men­te nel­la secon­da par­te del volu­me, appun­to dedi­ca­ta ai docu­men­ti affron­ta­ti nel­la pri­ma, con alcu­ne intro­du­zio­ni in cor­si­vo dell’autore.

Oltre a, chia­ra­men­te, sag­gi mono­gra­fi­ci sul tema, vi sono arti­co­li dai perio­di­ci dell’epoca, di necro­lo­gio, enco­mio e, in un caso, ovvia­men­te fasci­sta, di dileg­gio, usci­ti nei gior­ni imme­dia­ta­men­te suc­ces­si­vi al deces­so e negli anni e decen­ni dopo, in gene­re in occa­sio­ne degli anni­ver­sa­ri di mor­te. Le car­te d’archivio, in lar­ga par­te ine­di­te, aggiun­go­no infi­ne mol­to sull’argomento.

Nei con­tri­bu­ti in ricor­do è curio­so leg­ge­re come gli Ardi­ti del popo­lo, sem­pre cita­ti nel­le bio­gra­fie picel­lia­ne, sia­no però, anche a distan­za di diver­si decen­ni, defi­ni­ti in modo vago, addi­rit­tu­ra scrit­ti tra vir­go­let­te, con infor­ma­zio­ni scar­ne e soven­te ine­sat­te, a dimo­stra­zio­ne del­la disco­no­scen­za che se ne è avu­ta sino a, in ter­mi­ni sto­ri­ci, pochis­si­mo tem­po fa.

Sil­vio Anto­ni­ni

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