La guerra civile in Francia. Un tentativo di bilancio di Emilio Quadrelli.

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La rivo­lu­zio­ne è un’ideologia che ha tro­va­to del­le baio­net­te. (N. Bona­par­te)

I fuo­chi del­la rivol­ta si sono, alme­no momen­ta­nea­men­te, sopi­ti. Con que­sto arti­co­lo cer­chia­mo di com­pren­de­re che cosa i sei gior­ni di rivol­ta han­no deter­mi­na­to e qua­li sce­na­ri si van­no deli­nean­do. L’articolo si com­po­ne di tre inter­vi­ste rila­scia­te da atto­ri socia­li, già ascol­ta­ti in pre­ce­den­za, che in vir­tù del­la loro mili­tan­za poli­ti­ca pos­so­no van­ta­re un qual­che lega­me con il “popo­lo dei quar­tie­ri”. La nostra inte­ra­zio­ne con le inter­vi­ste è sta­ta mini­ma ripro­met­ten­do­ci, in un suc­ces­si­vo arti­co­lo, di ten­ta­re una let­tu­ra poli­ti­ca di quan­to anda­to in sce­na. Una let­tu­ra che, sen­za una base empi­ri­ca, diven­ta puro eser­ci­zio reto­ri­co. “Solo chi fa inchie­sta, ha dirit­to di paro­la” e a par­ti­re da Mao, ma si potreb­be aggiun­ge­re tran­quil­la­men­te da tut­ta la sto­ria del­lo “ope­rai­smo”, abbia­mo cer­ca­to in tut­ti i nostri arti­co­li di man­te­ne­re que­sta “linea di con­dot­ta”.
Dia­mo per­tan­to, sen­za fron­zo­li di trop­po, la paro­la a M. R., ope­ra­io pre­ca­rio dell’edilizia atti­vo nel Col­lec­tif Cho­meurs Pre­ca­ries.

Che per­ce­zio­ne c’è nei “quar­tie­ri” a Mar­si­glia dopo la rivol­ta?
Allo­ra, in linea di mas­si­ma, c’è un sen­so di sod­di­sfa­zio­ne abba­stan­za gene­ra­liz­za­ta. Que­sto è ampia­men­te com­pren­si­bi­le per­ché, alme­no per sei gior­ni, i “quar­tie­ri” sono sta­ti in gra­do di river­sa­re, e con gli inte­res­si, ciò che abi­tual­men­te subi­sco­no. Que­sto è un fat­to che puoi facil­men­te con­sta­ta­re attra­ver­san­do una qua­lun­que zona ghet­to. La poli­zia, alme­no per il momen­to, sta tenen­do un pro­fi­lo bas­so il che raf­for­za l’orgoglio del­la ban­lieue anche se que­sta cal­ma, più che esse­re la rati­fi­ca di un muta­men­to dei rap­por­ti di for­za, appa­re come la clas­si­ca cal­ma che pre­ce­de la tem­pe­sta. Que­sto è il timo­re che cogli se esci dal­le fasce gio­va­ni­li. Men­tre i petit sono deci­sa­men­te esal­ta­ti per­ché riten­go­no di aver vin­to, gli altri, che sono pas­sa­ti più vol­te per l’inferno pen­sa­no che le rica­du­te repres­si­ve potreb­be­ro esse­re mol­to pesan­ti.

Ma que­sto signi­fi­ca che nei “quar­tie­ri” vi è una rot­tu­ra inter­na?
No, que­sto no dicia­mo che, piut­to­sto, men­tre i più gio­va­ni foca­liz­za­no lo sguar­do sull’immediato, gli altri cer­ca­no anche di pen­sa­re a cosa acca­drà a bre­ve. Que­sta non è una cosa sba­glia­ta ma che riman­da, per quan­to maga­ri non espli­ci­ta­ta in manie­ra chia­ra, a una visio­ne e con­sa­pe­vo­lez­za poli­ti­ca che ha più di una ragio­ne di esse­re. In qual­che modo mol­ti nei “quar­tie­ri” si chie­do­no: “Ades­so cosa fac­cia­mo, ades­so cosa suc­ce­de?” Cre­do che la sin­te­si esat­ta di quan­to è acca­du­to pos­sa sin­te­tiz­zar­si così: una vit­to­ria mili­ta­re a fron­te di una sostan­zia­le debo­lez­za poli­ti­ca. Il che non è pro­prio una novi­tà, a fron­te di una capa­ci­tà mili­ta­re e volon­tà di com­bat­ti­men­to che non tro­vi da nes­su­na altra par­te, ti ritro­vi sem­pre den­tro una dif­fi­col­tà a tra­sfor­ma­re in for­za per­ma­nen­te, come eser­ci­zio di con­tro pote­re effet­ti­vo, tut­to ciò che è sta­to mes­so in cam­po nel­la bat­ta­glia di stra­da.

Que­sto vuol dire che la rivol­ta, alme­no sul pia­no orga­niz­za­ti­vo, ha lascia­to tut­to come pri­ma?
Non è faci­le dare una rispo­sta a que­sta doman­da. Non lo è per­ché l’internità poli­ti­ca, anche la nostra per cari­tà, a tut­to quel­lo che è suc­ces­so è sta­ta vera­men­te mini­ma per cui quel­lo che pos­sia­mo dire con one­stà è solo il frut­to di alcu­ne rela­zio­ni e con­ta­mi­na­zio­ni peri­fe­ri­che con que­sti mon­di. Sul­la base di que­ste pos­sia­mo dire che le gang dei petit ne esco­no note­vol­men­te rin­for­za­te e agguer­ri­te. Non biso­gna dimen­ti­ca­re la quan­ti­tà di armi che sono sta­te sot­trat­te nel cor­so del­le sei gior­na­te il che signi­fi­ca che, di fat­to, c’è un livel­lo di arma­men­to ope­ra­io e pro­le­ta­rio non pro­prio irri­so­rio ma è anche vero che, al momen­to, nes­su­no è in gra­do di dire come ver­ran­no uti­liz­za­te que­ste armi. Dicia­mo che l’ipotesi più pro­ba­bi­le è che si sci­vo­li den­tro, uso un ter­mi­ne che non ha biso­gno di mol­te spie­ga­zio­ni, un mili­ta­ri­smo tan­to eroi­co quan­to sui­ci­da. Que­sto, ovvia­men­te, non è scon­ta­to, ma se su tut­to ciò non si inne­sta una pro­spet­ti­va di lot­ta di lun­ga dura­ta il rischio c’è anche per­ché i petit, di loro, han­no una men­ta­li­tà più affi­ne all’insurrezione, inte­sa come spal­la­ta, che a una lot­ta che com­pren­de tat­ti­ca, stra­te­gia e disci­pli­na. Per mol­ti ver­si pos­sia­mo dire che vi è una situa­zio­ne che non si è anco­ra cri­stal­liz­za­ta e quin­di un vero bilan­cio è vera­men­te dif­fi­ci­le far­lo. In tut­to ciò non biso­gna sot­to­va­lu­ta­re il modo in cui, nel suo insie­me, la socie­tà legit­ti­ma ha rea­gi­to e sta rea­gen­do. For­se è dai tem­pi dell’Algeria, alme­no a memo­ria d’uomo, che non si vede­va­no livel­li repres­si­vi mili­ta­ri così alti e il richia­mo all’Algeria ha a che fare anche con un altro aspet­to, in cam­po sta scen­den­do, anche sul pia­no mili­ta­re, un inte­ro fron­te di clas­se. L’apparire del­le “ron­de fasci­ste” va con­si­de­ra­to e osser­va­to non come qual­co­sa che riman­da al pas­sa­to per­ché que­sti non sono i fasci­sti di ieri, che cer­ca­no di ave­re un po’ di noto­rie­tà nel pre­sen­te, ma un fron­te di clas­se nazio­na­li­sta che rap­pre­sen­ta ampi stra­ti di socie­tà fran­ce­se.

Quin­di, se quan­to affer­mi è vero, è sta­to giu­sto dire, come abbia­mo fat­to, che sia­mo di fron­te all’incipit del­la guer­ra civi­le?
Pen­so pro­prio di sì ma que­sto non deve stu­pi­re. L’epoca attua­le è con­tras­se­gna­ta da cri­si, guer­re den­tro uno sce­na­rio che vede un obiet­ti­vo tra­mon­to dell’occidente, que­sto riaf­fio­ra­re del nazio­na­li­smo ha ben poco di nostal­gi­co, que­sto nazio­na­li­smo è un frut­to moder­no e con­tem­po­ra­neo che alli­nea un fron­te di clas­se anche varie­ga­to. Con­tro la rivol­ta non vi è solo la gran­de bor­ghe­sia ma tut­te le clas­si inter­me­die e pez­zi di clas­se ope­ra­ia. La soli­da­rie­tà mostra­ta nei con­fron­ti del poli­ziot­to omi­ci­da non deve esse­re pre­sa sot­to­gam­ba per­ché mostra come intor­no alla poli­zia e a ciò che rap­pre­sen­ta, si coa­gu­la­no diver­se for­ze socia­li. Qua non si trat­ta di gri­da­re al fasci­smo e nep­pu­re Le Pen, per esse­re chia­ri, pen­sa di restau­ra­re Vichy, ma di coglie­re la mes­sa in atto di una guer­ra civi­le su basi nazio­na­li­ste intor­no alla qua­le si coa­gu­la­no diver­si pez­zi di socie­tà. Que­sto mec­ca­ni­smo è in atto e, come sem­pre, a un cer­to pun­to le cose comin­cia­no a mar­cia­re da sole. Que­sto fa capi­re anche la cau­te­la che c’è tra la gen­te dei “quar­tie­ri”. Però que­sto indi­ca anche un’altra cosa, la pos­si­bi­li­tà che que­sta situa­zio­ne offre alle for­ze rivo­lu­zio­na­rie ma, e lo ripe­to sino alla noia, biso­gna usci­re dall’estetica del con­flit­to e dal­la logi­ca del­la spal­la­ta. In Fran­cia, oggi, va spe­ri­men­ta­ta una for­ma orga­niz­za­ti­va, su più pia­ni, che sia in gra­do di instau­ra­re un dua­li­smo poli­ti­co a tut­ti gli effet­ti. Chia­ra­men­te que­sta scom­mes­sa è tut­to tran­ne che faci­le e scon­ta­ta. Quel­lo che sta andan­do in sce­na in Fran­cia, nono­stan­te le indub­bie par­ti­co­la­ri­tà che ovvia­men­te vi sono e ven­go­no da lon­ta­no, ha a che fare con un model­lo poli­ti­co e socia­le che appar­tie­ne al mon­do capi­ta­li­sta con­tem­po­ra­neo e, pro­prio per que­sto, cre­do che sia un erro­re, come spes­so acca­de, ridur­re il tut­to al “caso fran­ce­se”. Io cre­do che in quan­to sta acca­den­do dob­bia­mo leg­ge­re una ten­den­za in atto del coman­do capi­ta­li­sta e non il frut­to di ciò che vie­ne comu­ne­men­te defi­ni­ta “frat­tu­ra colo­nia­le”. Se guar­dia­mo bene la Fran­cia, in real­tà, è il labo­ra­to­rio euro­peo del model­lo ame­ri­ca­no e quin­di del pun­to più avan­za­to del­lo svi­lup­po capi­ta­li­sta.

Que­sto mi sem­bra vera­men­te il cuo­re del­la que­stio­ne e mi spie­go. Tut­ti han­no osser­va­to come il livel­lo di scon­tro di que­sti sei gior­ni sia sta­to di un tale por­ta­to da far impal­li­di­re per­si­no le rivol­te del 2005 e del 2006 le qua­li non era­no sta­te cer­ta­men­te una baga­tel­la. Que­sto sem­bra esse­re vero sia per come si sono mos­si i “quar­tie­ri”, sia per la rispo­sta mili­ta­re mes­sa in atto dal­lo sta­to. Nel 2005 e 2006 lo sta­to si è mos­so ponen­do in atto, accan­to alla repres­sio­ne mili­ta­re e poli­zie­sca, un ten­ta­ti­vo di poli­ti­che socia­li fina­liz­za­te a gesti­re, non solo in ter­mi­ni di guer­ra e con­flit­to, la que­stio­ne ban­lieue. Al pro­po­si­to basta ricor­da­re la quan­ti­tà di inter­ven­ti di poli­to­lo­gi, socio­lo­gi e intel­let­tua­li che si era­no river­sa­ti sul popo­lo dei quar­tie­ri e, insie­me a que­sti, anche il pro­li­fe­ra­re di orga­ni­smi socia­li in ban­lieue. Oggi, inve­ce, sem­bra che l’unico lin­guag­gio che lo sta­to è dispo­sto a par­la­re è quel­lo del­la guer­ra. Allo­ra, se tut­to que­sto è vero, que­sta rivol­ta più che in con­ti­nui­tà con il pas­sa­to sem­bra incar­na­re una rot­tu­ra del pre­sen­te. Le cose pos­so­no esse­re viste in que­sto modo?
Comin­cia­mo con il dire che sicu­ra­men­te lo scon­tro posto in atto da entram­be le par­ti è sicu­ra­men­te incom­men­su­ra­bi­le a quan­to visto nel 2005 e nel 2006 ed è sicu­ra­men­te giu­sto rile­va­re come, que­sta vol­ta, la rispo­sta sta­tua­le sia sta­ta uni­ca­men­te mili­ta­re. Sono pas­sa­ti diciot­to anni e in que­sto perio­do sono cam­bia­te parec­chie cose. La cri­si del 2008, che in qual­che modo è anco­ra lì, la guer­ra come linea stra­te­gi­ca del coman­do capi­ta­li­sta a livel­lo inter­na­zio­na­le, la neces­si­tà, quin­di, di paci­fi­ca­re le retro­vie, la guer­ra pre­ven­ti­va a quel­la com­po­si­zio­ne di clas­se che incar­na, in tut­to e per tut­to, la non pos­si­bi­li­tà di un pat­to socia­le con il coman­do. Que­sto non ha più nul­la di fran­ce­se, secon­do noi sba­glia­no quel­li che leg­go­no quan­to sta acca­den­do come un con­ti­nuum del colo­nia­li­smo fran­ce­se. Cer­to, que­sto c’è, ma quel­lo che deve esse­re col­to è come que­sta par­ti­co­la­ri­tà fran­ce­se oggi si inse­ri­sce den­tro un model­lo che carat­te­riz­za un po’ tut­te le metro­po­li impe­ria­li­ste occi­den­ta­li che si stan­no sem­pre più pla­sman­do sul model­lo ame­ri­ca­no. Para­dig­ma­ti­co il modo in cui Macron ha attac­ca­to le don­ne di ban­lieue. Di que­sto ne par­le­rai dopo con M. B.

Ciò che, in qual­che modo, pre­fi­gu­ri è uno scon­tro a tut­to ton­do tra que­sto nuo­vo sog­get­to pro­le­ta­rio e ciò che si sta coa­gu­lan­do intor­no alla poli­zia. Abbia­mo let­to tut­ti il comu­ni­ca­to dei sin­da­ca­ti di poli­zia così come abbia­mo dovu­to con­sta­ta­re come la soli­da­rie­tà, che poi in real­tà è il dichia­rar­si favo­re­vo­le con l’esecuzione di Nan­ter­re, nei con­fron­ti del poli­ziot­to omi­ci­da abbia tro­va­to con­sen­si non pro­prio irri­le­van­ti, infi­ne, ma cer­ta­men­te non per ulti­mo, quan­to le cosid­det­te ron­de fasci­ste riscuo­ta­no un note­vo­le con­sen­so. Tut­to que­sto, per la socie­tà fran­ce­se, cosa signi­fi­ca? Cosa dob­bia­mo aspet­tar­ci?
Io cre­do che dob­bia­mo aspet­tar­ci una real­tà socia­le pla­sma­ta sul model­lo del­la socie­tà ame­ri­ca­na dove guer­ra di clas­se e guer­ra di raz­za si inter­se­ca­no in con­ti­nua­zio­ne anche se è mol­to uti­le pre­ci­sa­re che, quan­do si par­la di raz­za, biso­gna pre­ci­sa­re che si è neri per­ché si è pove­ri. Al fian­co del­la poli­zia e del­lo sta­to non vi sono solo i bian­chi, per que­sto ho più vol­te det­to che qua non sia­mo den­tro a alcun rema­ke fasci­sta, ma anche tut­ta quel­la popo­la­zio­ne, soprat­tut­to ara­ba che nel tem­po ha acqui­si­to un cer­to sta­tus socia­le, che odia il nuo­vo pro­le­ta­ria­to. Impo­sta­re la lot­ta sull’antirazzismo signi­fi­ca non vede­re che cosa con­cre­ta­men­te è diven­ta­ta que­sta socie­tà. Il fal­li­men­to a cui sono anda­te incon­tro tut­te le asso­cia­zio­ni di que­sto tipo pre­sen­ti nei quar­tie­ri ne sono una buo­na esem­pli­fi­ca­zio­ne.

Scu­sa se ti inter­rom­po. Que­ste asso­cia­zio­ni che ruo­lo han­no avu­to nel cor­so del­la rivol­ta?
Ne sono sta­te tra­vol­te e non pote­va esse­re altri­men­ti. Sono diven­ta­te, e non da oggi, una strut­tu­ra super­flua e que­sto indi­ca anche il muta­men­to di pas­so che c’è sta­to den­tro la socie­tà fran­ce­se. Ora pro­vo a spie­gar­ti. Tut­te que­ste orga­niz­za­zio­ni, nate anche con buo­ni pro­po­si­ti, face­va­no, diret­ta­men­te o meno, par­te di quel “pac­chet­to socia­le” fina­liz­za­to a gesti­re i quar­tie­ri non solo in manie­ra mili­ta­re. Ben pre­sto, però, que­ste real­tà, la cui esi­sten­za dipen­de dai finan­zia­men­ti pub­bli­ci cosa che non biso­gna dimen­ti­ca­re, si sono tro­va­te di fron­te a un bivio: o cer­ca­re di assol­ve­re sino in fon­do il loro ruo­lo di addo­me­sti­ca­to­ri di una situa­zio­ne socia­le la qua­le, gior­no dopo gior­no, diven­ta­va sem­pre più esplo­si­va oppu­re far­si cari­co di que­sta. Far­si cari­co di que­sta, però, signi­fi­ca­va affron­ta­re di pet­to alcu­ni nodi che chia­ra­men­te entra­va­no diret­ta­men­te in rot­ta di col­li­sio­ne con le poli­ti­che sta­ta­li e cit­ta­di­ne nei con­fron­ti dei quar­tie­ri. Chi ha pro­va­to a far­lo si è ritro­va­to con i fon­di taglia­ti e con la qua­si impos­si­bi­li­tà di svol­ge­re una qual­che atti­vi­tà. Chi, per capir­si, si è del tut­to inte­gra­to con la “linea del­lo sta­to” è sta­to forag­gia­to ma, in con­tem­po­ra­nea, ha ini­zia­to a esse­re odia­to den­tro i quar­tie­ri per­ché con­si­de­ra­to, e con ampia ragio­ne, come l’altra fac­cia del­la poli­zia. Duran­te la rivol­ta que­ste asso­cia­zio­ni sono sta­te attac­ca­te e distrut­te. Le poche asso­cia­zio­ni non alli­nea­te sono sem­pli­ce­men­te sta­te sca­val­ca­te dagli even­ti. La rivol­ta ha fat­to tabu­la rasa un po’ di tut­to di per sé, il fat­to che vi sia­no solo mace­rie non è un male, biso­gna vede­re che cosa si sarà in gra­do di rico­strui­re.

Que­sta tabu­la rasa ha com­por­ta­to anche l’azzeramento del­le strut­tu­re isla­mi­che?
Le uni­che cose che sono rima­ste in pie­di del­le real­tà isla­mi­che sono sta­te le moschee, per il resto i petit non han­no fat­to scon­ti a nes­su­no. Non sono sta­te rispar­mia­te le macel­le­rie isla­mi­che, le tabac­che­rie gesti­te da ara­bi o i nego­zi. Quel­li che par­la­no di isla­miz­za­zio­ne dei quar­tie­ri dico­no solo caz­za­te. Per quel­lo che ci è dato sape­re mol­ti Imam han­no cer­ca­to di fare da paci­fi­ca­to­ri ma nes­su­no è sta­to ad ascol­tar­li. Quel­la che si chia­ma, in giro c’è anche, è un discor­so che appar­tie­ne pre­va­len­te­men­te alla vec­chia destra, la rea­zio­ne in atto è con­tro il pro­le­ta­ria­to non è di destra e bor­ghe­se, que­sto è ciò che va com­pre­so.

Gra­zie per aver­ci for­ni­to una let­tu­ra ben poco con­ven­zio­na­le di ciò che sta acca­den­do ora, però, tor­nia­mo a cosa suc­ce­de ades­so nei “quar­tie­ri”. Vi è una pos­si­bi­li­tà di inte­ra­zio­ne con que­sto set­to­re pro­le­ta­rio oppu­re tut­to ciò che ha un qual­che sapo­re di poli­ti­co, dai petit, vie­ne rifiu­ta­to a prio­ri?
No, un rifiu­to a prio­ri non c’è, par­lo alme­no per quan­to riguar­da noi, però è anche vero che esi­ste una dif­fi­col­tà enor­me di comu­ni­ca­zio­ne e di let­tu­ra del­la cor­ni­ce dicia­mo cul­tu­ra­le e esi­sten­zia­le dei petit. Sicu­ra­men­te rile­via­mo che gran par­te di tut­to il nostro arma­men­ta­rio poli­ti­co e teo­ri­co con que­sti ha ben poco a che fare e che, quin­di, occor­re un gros­so sfor­zo da par­te di chi si ritie­ne avan­guar­dia di rica­li­bra­re la teo­ria comu­ni­sta a par­ti­re da ciò che il movi­men­to rea­le espri­me. Su que­sto, però, occor­re esse­re chia­ri per non fini­re in ciò che, di fat­to, è l’intellettualismo del movi­men­to. Qua non si trat­ta di sfor­na­re ana­li­si socio­lo­gi­che o di fare del­le inter­pre­ta­zio­ni più o meno fan­ta­sio­se su ciò che acca­de, si trat­ta di sta­re den­tro a ciò che il movi­men­to rea­le espri­me. In altre paro­le, si trat­ta di anda­re sem­pre a scuo­la dal­le mas­se e tene­re sem­pre ben a men­te che le mas­se del pre­sen­te non pos­so­no mai esse­re ugua­li e nep­pu­re simi­li alle mas­se di ieri. Le mas­se, come noi tut­ti del resto, sia­mo il frut­to di una real­tà in peren­ne tra­sfor­ma­zio­ne. Il mar­xi­smo è un meto­do non una veri­tà asso­lu­ta e rive­la­ta. Noi nei quar­tie­ri un po’ ci sia­mo, del­le cose le stia­mo facen­do e sap­pia­mo che dovrem­mo con­ti­nua­re, con pazien­za, a per­cor­re­re que­sta stra­da. Solo l’internità alla clas­se può dare dei frut­ti, poi si vedrà.

Nel cor­so dell’intervista si è accen­na­to alle don­ne di ban­lieue e come pro­prio con­tro di loro si sia river­sa­to l’odio del­le isti­tu­zio­ni in quan­to con­si­de­ra­te diret­te respon­sa­bi­li dei com­por­ta­men­ti dei petit. Su que­sto aspet­to ripor­tia­mo un sin­te­ti­co ma mol­to signi­fi­ca­ti­vo pun­to di vista di M.B., una gio­va­ne don­na di ban­lieue, pugi­le ago­ni­sta e atti­va all’interno del Col­lec­tif boxe Mas­si­lia

Macron ha chia­ra­men­te tira­to in bal­lo le fami­glie e le don­ne di ban­lieue ree di non saper edu­ca­re i figli. Di fron­te a ciò il movi­men­to fem­mi­ni­sta ha pre­so posi­zio­ne?
Dicia­mo che su que­sto si è vera­men­te toc­ca­to il fon­do. Un attac­co di que­sto tipo non si era mai visto, qua sia­mo vera­men­te alla mes­sa al ban­do di inte­ri pez­zi di socie­tà. In que­sto pas­sag­gio si con­su­ma, sul pia­no for­ma­le, la stes­sa idea dell’esistenza del­la Répu­bli­que. Que­sto attac­co ci rac­con­ta di quan­to sem­pre più la ban­lieue sia sta­ta del tut­to assi­mi­la­ta al model­lo dei ghet­ti ame­ri­ca­ni. In que­sti sono le don­ne a vive­re la con­di­zio­ne di mag­gio­re oppres­sio­ne e sfrut­ta­men­to oltre a esse­re, qua­si sem­pre, sole a gesti­re i figli. Su que­sto andreb­be­ro det­te e scrit­te una marea di cose, ma non è que­sto il momen­to. Ciò che va evi­den­zia­to è come di fron­te a que­sto attac­co spe­ci­fi­co e mira­to alle don­ne di ban­lieue il movi­men­to fem­mi­ni­sta non abbia aper­to boc­ca, A noi que­sto non stu­pi­sce per­ché da tem­po ripe­tia­mo che il movi­men­to fem­mi­ni­sta è tut­to inter­no allo sta­to e da que­sto è forag­gia­to. Il movi­men­to fem­mi­ni­sta è un movi­men­to bor­ghe­se e non pos­sia­mo aspet­tar­ci cer­to da que­sto la nasci­ta di strut­tu­re di auto­di­fe­sa del­le don­ne di ban­lieue. Ma le don­ne di ban­lieue non sono l’anello debo­le dei quar­tie­ri, sem­mai il con­tra­rio. Non è uto­pia pen­sa­re che pro­prio da loro pos­sa­no pren­de­re for­me di orga­niz­za­zio­ne poli­ti­ca par­ti­co­lar­men­te avan­za­te. I pre­sup­po­sti, non solo ogget­ti­vi, ma sog­get­ti­vi vi sono tut­ti e chi ha un qual­che rap­por­to rea­le con que­sti mon­di lo può facil­men­te con­sta­ta­re.

Chiu­sa que­sta pri­ma par­te abbia­mo pro­va­to attra­ver­so le paro­le di J. B., mili­tan­te del Col­lec­tif Cho­meurs Pre­ca­ries e redat­tri­ce del­la rivi­sta Revue Super­no­va, a dare uno sguar­do sull’insieme di ciò che si sta muo­ven­do in Fran­cia dove, pri­ma dell’esplosione dei “quar­tie­ri”, si era assi­sti­to a due gros­si movi­men­ti di mas­sa, i gilet gial­li e il movi­men­to con­tro la rifor­ma del­le pen­sio­ni, per com­pren­de­re se e come que­sti movi­men­ti han­no, in qual­che modo inte­ra­gi­to con il “popo­lo dei quar­tie­ri”. Infi­ne, abbia­mo pro­va­to a capi­re in che modo le varie for­ze poli­ti­che han­no inte­ra­gi­to con i petit foca­liz­zan­do lo sguar­do anche sui som­mo­vi­men­ti che la rivol­ta ha pro­dot­to nel fron­te bor­ghe­se.

C’è sta­ta una qual­che inte­ra­zio­ne tra que­sta rivol­ta e i seg­men­ti socia­li che ave­va­no dato vita al movi­men­to dei “gilet gial­li”
Come ben sai io ven­go pro­prio da quel­la espe­rien­za e ti ho spie­ga­to anche i moti­vi per i qua­li, a un cer­to pun­to, l’ho abban­do­na­ta. D’altra par­te, quel movi­men­to si è dis­sol­to e oggi di esso non vi è alcu­na trac­cia. Solo alcu­ne del­le per­so­ne con le qua­li ero in più in stret­ta rela­zio­ne all’epoca dei gilet ha guar­da­to con una qual­che sim­pa­tia alla rivol­ta i più, però, mi sono sem­bra­ti con­tra­ri.

Eppu­re i gilet ave­va­no mostra­to una non secon­da­ria radi­ca­li­tà e non sem­bra­va­no par­ti­co­lar­men­te afflit­ti dal lega­li­ta­ri­smo. Sicu­ra­men­te non con i toni del­la rivol­ta attua­le però, nel cor­so dei loro saba­ti, si era assi­sti­to a livel­li di scon­tro di note­vo­le spes­so­re. Come mai, allo­ra, que­sta distan­za?
Mah, il pro­ble­ma è essen­zial­men­te una que­stio­ne di clas­se. Il movi­men­to dei gilet era prin­ci­pal­men­te un movi­men­to di set­to­ri socia­li in via di pro­le­ta­riz­za­zio­ne, di lavo­ra­to­ri auto­no­mi in gra­ve dif­fi­col­tà e, cosa da non dimen­ti­ca­re, svi­lup­pa­to­si in gran par­te in quel­le aree che ven­go­no defi­ni­te come “la Fran­cia pro­fon­da”, ovve­ro mol­to poco cit­ta­di­na. Era un movi­men­to che espri­me­va un gros­so males­se­re socia­le che ave­va mani­fe­sta­to anche alcu­ne pun­te di radi­ca­liz­za­zio­ne, ma non era riu­sci­to a dar­si una chia­ra con­no­ta­zio­ne di clas­se tan­to che non è mai riu­sci­to a met­te­re in pie­di uno scio­pe­ro. Quel movi­men­to, alla fine, è anda­to per con­to suo sen­za riu­sci­re a col­le­gar­si con altre real­tà ma se ci pen­si que­sta è la sto­ria di tut­ti i movi­men­ti che nell’ultimo perio­do si sono espres­si.

Que­sto mi por­ta ine­vi­ta­bil­men­te a chie­der­ti se c’è sta­ta una qual­che inte­ra­zio­ne tra il “popo­lo del­la rivol­ta” e la com­po­si­zio­ne di clas­se sce­sa in piaz­za con­tro la rifor­ma del­le pen­sio­ni?
Direi pro­prio di no e la cosa non deve cer­to stu­pi­re. Si trat­ta di due ambi­ti com­ple­ta­men­te diver­si che riman­da­no a posta­zio­ni e visio­ni del mon­do ben dif­fi­cil­men­te com­pa­ti­bi­li. Non esa­ge­ro se dico che una par­te di quel­li che sono sce­si in piaz­za per la rifor­ma del­le pen­sio­ni nei con­fron­ti del­la rivol­ta si sia posi­zio­na­ta sul­la stes­sa lun­ghez­za d’onda del­la poli­zia- Pen­sa­re che l’aristocrazia ope­ra­ia pos­sa inse­rir­si in mas­sa den­tro una pro­spet­ti­va rivo­lu­zio­na­ria è pura fol­lia, l’aristocrazia è par­te del­lo sta­to e que­sto non da oggi. Sto­ri­ca­men­te l’aristocrazia ope­ra­ia, nei momen­ti di cri­si, si è sem­pre schie­ra­ta, e anche in manie­ra atti­va, con la bor­ghe­sia. Ciò che mi rie­sce vera­men­te dif­fi­ci­le capi­re è come in tan­ti abbia­no potu­to pren­de­re un simi­le abba­glio. Come ti ho det­to ogni movi­men­to è anda­to per con­to suo, ma le cose sareb­be­ro potu­te anda­re in altro modo? Io non cre­do. Sia­mo di fron­te a una tra­sfor­ma­zio­ne com­ples­si­va del­le con­di­zio­ni di clas­se e ogni fra­zio­ne di clas­se com­bat­te a par­ti­re dal suo pun­to di vista. La bor­ghe­sia in via di pro­le­ta­riz­za­zio­ne non vuo­le diven­ta­re pro­le­ta­ria, l’aristocrazia ope­ra­ia vuo­le rima­ne­re tale e il nuo­vo pro­le­ta­ria­to com­bat­te eroi­ca­men­te con­tro tut­to e tut­ti ma non ha un pro­gram­ma. Ma le cose van­no avan­ti e la pic­co­la bor­ghe­sia sarà pro­le­ta­riz­za­ta e la ari­sto­cra­zia ope­ra­ia spaz­za­ta via e, a quel pun­to, se il pro­le­ta­ria­to sarà sta­to in gra­do di ela­bo­ra­re un pro­gram­ma, mol­te cose potreb­be­ro cam­bia­re. In tut­to que­sto mi sem­bra impor­tan­te dire che for­se il prin­ci­pa­le pro­ble­ma che ci tro­via­mo a affron­ta­re è l’assenza di una idea–forza. Che cosa signi­fi­ca comu­ni­smo? Cosa signi­fi­ca rivo­lu­zio­ne? Cosa vuol dire dit­ta­tu­ra ope­ra­ia? In un pas­sa­to ormai remo­to a que­ste doman­de vi era­no del­le rispo­ste, oggi pale­se­men­te no. Que­sta mi sem­bra esse­re la vera stret­to­ia che dob­bia­mo affron­ta­re. Dicia­mo che è chia­ro con­tro cosa lot­ta­re, mol­to meno per che cosa. A me sem­bra mol­to signi­fi­ca­ti­vo che, come abbia­mo visto qua a Mar­si­glia, le mer­ci sia­no sta­te il prin­ci­pa­le obiet­ti­vo del­la rivol­ta. Al momen­to la mer­ce è, chia­mia­mo­lo, il pro­gram­ma di que­sto pro­le­ta­ria­to il che non è né un bene, né un male ma un fat­to. Da que­sto oriz­zon­te, da que­sto imma­gi­na­rio occor­re par­ti­re.

Quin­di, è una doman­da che ho già fat­to ma vor­rei tor­nar­ci sopra, tut­ti i discor­si sul­la isla­miz­za­zio­ne e via dicen­do non han­no alcun sen­so?
Asso­lu­ta­men­te. I petit era­no inte­res­sa­ti a por­ta­re via tut­to, oltre che a scon­trar­si con la poli­zia, era­no quel­le mer­ci che a loro sono nega­te a man­dar­li all’attacco. Era­no tut­ti que­gli ogget­ti che pote­va­no solo guar­da­re da lon­ta­no a smuo­ve­re il loro imma­gi­na­rio, le mer­ci era­no e sono la loro idea–forza. Da lì, può pia­ce­re o meno, devi par­ti­re. In que­sto, però, devi leg­ge­re il rifiu­to del­la pover­tà, il rifiu­to di con­dur­re una vita fat­ta di con­ti­nue rinun­ce, di assen­za di risor­se, insom­ma il rifiu­to all’essere ope­rai e pro­le­ta­ri. Qua, ed è qual­co­sa di com­ple­ta­men­te diver­so da quel pas­sa­to che ha carat­te­riz­za­to per lo più il movi­men­to comu­ni­sta, vi è tut­to tran­ne che l’orgoglio di esse­re ope­rai e pro­le­ta­ri, sem­mai ciò che si odia è pro­prio que­sta con­di­zio­ne. Pren­der­si le mer­ci è sicu­ra­men­te una cosa illu­so­ria, ma appa­re il modo più sem­pli­ce e imme­dia­to per eman­ci­par­si dal­la pro­pria con­di­zio­ne. Come puoi capi­re in tut­to que­sto l’Islam non c’entra nien­te. Sem­mai, ma que­sto è un altro discor­so, in cer­ti casi l’Islam può esse­re assun­to in manie­ra sim­bo­li­ca in quan­to anti­fran­ce­se il che, come puoi capi­re, è ben diver­so da una ade­sio­ne a que­sto. Le real­tà isla­mi­che pre­sen­ti nei quar­tie­ri han­no pro­va­to a svol­ge­re un ruo­lo di paci­fi­ca­zio­ne nel cor­so del­la rivol­ta, ma non sono sta­ti mini­ma­men­te ascol­ta­te.

A que­sto pun­to vor­rei chie­der­ti che rap­por­to c’è sta­to, se è avve­nu­to, tra la fra­zio­ne pro­le­ta­ria del­la rivol­ta e le varie ani­me del “movi­men­to”?
Intan­to dicia­mo che non c’è sta­to. Tut­ti han­no pre­so una posi­zio­ne che anda­va dall’entusiasmo pro­prio del­le aree auto­no­me, anar­chi­che e maoi­ste, a quel­lo di appog­gio sì ma con dei distin­guo del­le varie ani­me tro­tsky­ste sino alla con­dan­na pro­pria degli ere­di del PCF e dell’associazionismo socia­le e paci­fi­sta. In linea di mas­si­ma, però, non si è anda­ti oltre a un atteg­gia­men­to da tifo­si. Que­sto il vero pro­ble­ma del­la situa­zio­ne. Non mi sto a ripe­te­re sul­la nostra, pur mode­sta, pre­sen­za den­tro alcu­ni ambi­ti di que­sta com­po­si­zio­ne di clas­se, ne abbia­mo già ripe­tu­ta­men­te par­la­to ed è inu­ti­le tor­nar­ci sopra. Potrei dir­ti, a par­ti­re da ciò, che noi sia­mo sta­ti den­tro alla rivol­ta, ma direi una fal­si­tà. Il lavo­ro che abbia­mo fat­to e stia­mo facen­do sta dan­do anche dei frut­ti ma ciò non toglie che, anche noi, sia­mo mol­to distan­ti da tut­to ciò che è suc­ces­so. Ora, come sem­pre acca­de in que­ste situa­zio­ni, si con­su­me­ran­no fiu­mi di inchio­stro, ognu­no dirà la sua, ognu­no si sen­ti­rà di esse­re il vero inter­pre­te del­la rivol­ta e tut­to que­sto, ovvia­men­te, sino alla pros­si­ma vol­ta. Nel frat­tem­po i quar­tie­ri con­ti­nue­ran­no a sta­re lì e il movi­men­to a sta­re qua. Da que­sta situa­zio­ne se ne esce solo in un modo: alzan­do il culo e andan­do a rela­zio­nar­si con la clas­se. Tut­to il resto sono paro­le che lascia­no il tem­po che tro­va­no. Potrei met­ter­mi qua a fare le pul­ci a que­sto e quel­lo ma non cre­do che sia que­sto il modo per affron­ta­re la situa­zio­ne. Ha sen­so met­ter­si a pole­miz­za­re che so con gli anar­chi­ci piut­to­sto che con i maoi­sti? Que­sto ipo­te­ti­co dibat­ti­to spo­sta for­se di una sola vir­go­la la real­tà den­tro i quar­tie­ri e la sua com­po­si­zio­ne di clas­se? Se le doman­de che mi fac­cio sono que­ste allo­ra il mio agi­re non può che assu­me­re tut­ta un’altra dimen­sio­ne. Devo par­ti­re dal­la clas­se e non dal movi­men­to. La discus­sio­ne sul movi­men­to e le sue pre­se di posi­zio­ni mi sem­bra solo una per­di­ta di tem­po. Inve­ce, que­sto sem­bra esse­re l’ultimo dei pro­ble­mi. I vari siti sono già inon­da­ti di arti­co­li, sag­gi, ana­li­si e chi più ne ha più ne met­ta ma di come rela­zio­nar­si a que­sta com­po­si­zio­ne di clas­se pro­prio non si par­la. C’è la gara a chi fa l’analisi più raf­fi­na­ta, anche se non si capi­sce sul­la base di che cosa, e tut­to il resto vie­ne mes­so tra paren­te­si. Avrai nota­to come noi e le real­tà simi­li a noi con le qua­li stia­mo cer­can­do di costrui­re, a par­ti­re dal movi­men­to dei pre­ca­ri e dei disoc­cu­pa­ti, un rap­por­to orga­niz­za­to con que­sto pro­le­ta­ria­to sia­mo sta­ti i più cau­ti, quel­li che han­no scrit­to di meno e que­sto per­ché, a dif­fe­ren­za di altri, abbia­mo cer­ca­to di capi­re di più.

Vor­rei chiu­de­re chie­den­do­ti qual è sta­to il com­por­ta­men­to di La Fran­ce Insou­mi­se di fron­te alla lot­ta dei ban­lieue­sards?
Qual­cu­no ha sen­ti­to la sua voce? A par­te la bat­tu­ta no, La Fran­ce Insou­mi­se è com­ple­ta­men­te scom­par­sa, di lei non si è avu­to alcu­na trac­cia. Ma la vera doman­da da por­si è: “Che cosa avreb­be potu­to fare?” La Fran­ce Insou­mi­se è un car­tel­lo elet­to­ra­le e basta. Un car­tel­lo elet­to­ra­le, in un pae­se dove la mag­gio­ran­za non vota, che pen­sa di esse­re anco­ra negli anni ’60 dove le poli­ti­che rifor­mi­ste ave­va­no un note­vo­le spa­zio e la ricer­ca di un pat­to socia­le tra le clas­si era anche nel­le cor­de del­la bor­ghe­sia. In una situa­zio­ne in cui tut­to ten­de a decli­nar­si den­tro un con­flit­to politico–militare cosa può fare, che ruo­lo può ave­re una for­za come La Fran­ce Insou­mi­se? Pale­se­men­te nes­su­no. Poi, anche volen­do, sul­la base di cosa avreb­be potu­to agi­re? Non ha strut­tu­re ter­ri­to­ria­li, non ha strut­tu­re di lot­ta, non ha Comi­ta­ti di quar­tie­re, La Fran­ce Insou­mi­se è una for­za poli­ti­ca vir­tua­le al pari di tut­te le altre. Il suo distac­co dal pae­se rea­le non è poi così diver­so da quel­lo di Macron. Il par­la­men­to è un cor­po vuo­to e que­sto vale per tut­te le for­ze poli­ti­che. Al pro­po­si­to mi sem­bra indi­ca­ti­vo il fat­to che la con­trof­fen­si­va bor­ghe­se non sia par­ti­ta da qual­che for­za poli­ti­ca, ma che a det­ta­re la linea del­la guer­ra civi­le sia sta­ta la poli­zia. La stes­sa Le Pen si è acco­da­ta alla poli­zia, il che vuol dire ben qual­co­sa. Le clas­si si stan­no orga­niz­zan­do, sicu­ra­men­te que­sto è vero per il fron­te bor­ghe­se, attor­no a cor­pi e strut­tu­re non ricon­du­ci­bi­li ai par­ti­ti poli­ti­ci, i qua­li non han­no alcun lega­me, se non quel­lo pura­men­te elet­to­ra­li­sti­co, con la socie­tà. Que­sto è un mon­do che, in qual­che modo, ave­va decre­ta­to la fine del­la socie­tà di mas­sa dove, per socie­tà di mas­sa, si inten­de la par­te­ci­pa­zio­ne atti­va e orga­niz­za­ta del­le clas­si socia­li alla vita pub­bli­ca. Una con­vin­zio­ne che attra­ver­sa tut­ti gli schie­ra­men­ti poli­ti­ci i qua­li, non per caso, non han­no alcu­na arti­co­la­zio­ne di mas­sa. Chia­ra­men­te que­sta è una illu­sio­ne per­ché le mas­se, tut­te le mas­se, fini­sco­no sem­pre con l’entrare in gio­co. Quan­do que­sto suc­ce­de i par­ti­ti poli­ti­ci riman­go­no spiaz­za­ti. Qua non si trat­ta nep­pu­re più di tira­re a mez­zo il “cre­ti­ni­smo par­la­men­ta­re”, non si trat­ta di que­sto, qua si trat­ta di pren­de­re atto come le mas­se per affer­ma­re il loro pro­ta­go­ni­smo non pos­sa­no fare altro che, nel caso del­la clas­se ope­ra­ia e del pro­le­ta­ria­to, costrui­re i suoi orga­ni­smi ex novo, men­tre la bor­ghe­sia fa leva su alcu­ne strut­tu­re, come la poli­zia, le qua­li ini­zia­no a assol­ve­re un com­pi­to poli­ti­co. La Fran­ce Insou­mi­se ha dimo­stra­to di non esse­re altro che un feti­do cada­ve­re, fuo­ri dal tem­po e dal­la sto­ria.

Ma con tut­ta quell’area socia­le che è sta­ta l’anima del suc­ces­so elet­to­ra­le de La Fran­ce Insou­mi­se è pos­si­bi­le costrui­re del­le rela­zio­ni in fun­zio­ne del­la costru­zio­ne di orga­ni­smi di mas­sa?

Se con­si­de­ria­mo l’ossatura poli­ti­ca de La Fran­ce Insou­mi­se direi pro­prio di no. Poli­ti­ca­men­te que­sti sono il retag­gio di tut­te le cose peg­gio­ri del­la vec­chia sini­stra fran­ce­se, il PCF e din­tor­ni. Con loro non è pos­si­bi­le nep­pu­re par­la­re, figu­ria­mo­ci ipo­tiz­za­re dei per­cor­si orga­niz­za­ti­vi comu­ni. Se il discor­so si spo­sta su quel­li che han­no vota­to il movi­men­to allo­ra le cose pos­so­no anche cam­bia­re ma è qual­co­sa che devi anda­re a veri­fi­ca­re nel­la pra­ti­ca, den­tro a del­le pro­po­ste e ini­zia­ti­ve con­cre­te, non si può rispon­de­re in astrat­to. Tie­ni pre­sen­te che la gran mas­sa degli elet­to­ri de La Fran­ce Insou­mi­se è ricon­du­ci­bi­le a quel set­to­re di clas­se che ha dato vita al movi­men­to con­tro la rifor­ma del­le pen­sio­ni. Sui limi­ti e le con­trad­di­zio­ni di quel movi­men­to mi sem­bra che abbia­mo già discus­so a suf­fi­cien­za. Rispet­to a que­sti ci potran­no esse­re, per un ver­so, mini­mi spo­sta­men­ti sog­get­ti­vi, dei qua­li tra l’altro abbia­mo già par­la­to, dall’altro, e si trat­ta del­la cosa più impor­tan­te, degli spo­sta­men­ti ogget­ti­vi ovve­ro quan­ta di quel­la com­po­si­zio­ne di clas­se si ritro­ve­rà sem­pre più alle con­di­zio­ni del sog­get­to ope­ra­io e pro­le­ta­rio che ha dato vita alla rivol­ta. Lo smem­bra­men­to del­la ari­sto­cra­zia ope­ra­ia è uno dei pro­get­ti del gover­no Macron ed è un pro­get­to che ver­rà rea­liz­za­to, a par­ti­re da que­sto si potran­no fare altri ragio­na­men­ti che però avran­no una base mate­ria­le e non ideo­lo­gi­ca. La Fran­ce Insou­mi­se e tut­to il suo ceto poli­ti­co in tut­to que­sto non pos­so­no ave­re alcun ruo­lo.

Emi­lio Qua­drel­li — 13 Luglio 2023 

Da:  https://www.carmillaonline.com/2023/07/13/cronache-marsigliesi-8-la-guerra-civile-in-francia-un-tentativo-di-bilancio/

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