Eros Francescangeli, «Un mondo meglio di così», La Sinistra rivoluzionaria in Italia, 1943–1978

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Eros Fran­ce­scan­ge­li, «Un mon­do meglio di così», La Sini­stra rivo­lu­zio­na­ria in Ita­lia, 1943–1978

Roma, Viel­la, 2023, pp. 361, € 32.00

La scel­ta del tito­lo di que­sto volu­me è cadu­ta sul refrain del bra­no Stu­pen­do, di Vasco Ros­si. Era l’inverno 1993, nell’Italia di Tan­gen­to­po­li, degli asset­ti incer­ti e del­la, con­se­guen­te, esplo­sio­ne del­le bom­be che avreb­be segna­to con il san­gue la pri­ma­ve­ra – esta­te di quell’anno. L’album è Gli Spa­ri sopra, con­si­de­ra­to un po’ come quel­lo del­la cesu­ra con la Vita spe­ri­co­la­ta, del­la mes­sa del­la testa a posto, inter­pre­tan­do le pau­re, così come gli inter­ro­ga­ti­vi che ci si anda­va­no facen­do in quel perio­do. La trac­cia ha il malin­co­ni­co sapo­re del bilan­cio poli­ti­co – esi­sten­zia­le, con la chia­ra allu­sio­ne alla gene­ra­zio­ne del Ses­san­tot­to – Set­tan­ta­set­te cui il Vasco, per così dire, pri­va­to appar­tie­ne, pur aven­do otte­nu­to la fama, usan­do un eufe­mi­smo, can­tan­do la gene­ra­zio­ne imme­dia­ta­men­te suc­ces­si­va, quel­la cioè del riflus­so nel pri­va­to. E di Vasco Ros­si, che se ne sia appas­sio­na­ti o no, che lo si segua assi­dua­men­te o meno, non rie­sco­no a sfug­gi­re cer­te con­si­de­ra­zio­ni, nel­la loro sem­pli­ci­tà for­ma­le, dall’indubbio effet­to inci­si­vo, capa­ci di rima­ne­re in testa e di ripro­por­si dinan­zi alle innu­me­re­vo­li cir­co­stan­ze del­la vita.

È que­sto il caso. Anche se per coglie­re l’essenza del libro in ogget­to, occor­re leg­ge­re anche il sot­to­ti­to­lo, per­ché non si è pro­pria­men­te dinan­zi ad un trat­ta­to sul­la cosid­det­ta Sta­gio­ne dei movi­men­ti, dove sono anco­ra pre­pon­de­ran­ti le let­tu­re sog­get­ti­ve, auto­bio­gra­fi­che, autoas­so­lu­to­rie, tal­vol­ta iro­ni­che ed autoi­ro­ni­che. Qui si fa del­la sto­rio­gra­fia vera e pro­pria: lad­do­ve c’è soven­te il ricor­so alle fon­ti a stam­pa, abbon­dan­ti per l’argomento in que­stio­ne, si aggiun­go­no quel­le archi­vi­sti­che, nel­la fat­ti­spe­cie degli orga­ni­smi di poli­zia, alle pre­se con i movi­men­ti che, nell’Italia repub­bli­ca­na, han­no pro­pu­gna­to uno sboc­co rivo­lu­zio­na­rio alle bat­ta­glie del quo­ti­dia­no. Maga­ri non sarà il pri­mo caso in cui si veri­fi­ca ciò ma è di sicu­ro una del­le pri­me espres­sio­ni com­ple­te ed esau­sti­ve di tale amplia­men­to del­la docu­men­ta­zio­ne com­pul­sa­ta.

Il pri­mo indi­zio in tal sen­so è l’arco di tem­po pre­so in esa­me. Non si par­te, infat­ti, come si è soli­ti fare in que­sti casi, dal fer­men­to cul­tu­ra­le degli anni Ses­san­ta, carat­te­riz­za­to dal­le rivi­ste di matri­ce socia­li­sta o ete­ro­dos­sa. Si risa­le diret­ta­men­te all’origine, cioè ai fat­ti che fece­ro segui­to al 25 Luglio e all’8 Set­tem­bre 1943, quan­do le for­ze rivo­lu­zio­na­rie si ripre­sen­ta­va­no sul­lo sce­na­rio dopo il Ven­ten­nio. Sia­mo quin­di al perio­do resi­sten­zia­le e, per quei fat­ti stra­ni del­la sto­ria, le pri­me orga­niz­za­zio­ni ad esse­re ana­liz­za­te sono pro­prio quel­le che, in linea di prin­ci­pio, segui­te più o meno dai rispet­ti­vi mili­tan­ti, rifiu­ta­ro­no ideo­lo­gi­ca­men­te la Lot­ta par­ti­gia­na, nel­la con­vin­zio­ne che la Secon­da guer­ra mon­dia­le non fos­se altro che un con­flit­to tra oppo­sti impe­ria­li­smi da cui la clas­se ope­ra­ia doves­se chia­mar­si fuo­ri. Sono le “cri­stal­li­ne veri­tà”, secon­do un’espressione di Fran­co De Feli­ce, del­la sini­stra comu­ni­sta, incar­na­ta indub­bia­men­te dal­la figu­ra di Ama­deo Bor­di­ga, il fon­da­to­re del comu­ni­smo ita­lia­no che, però, sot­to il Regi­me fasci­sta ave­va riget­ta­to l’azione poli­ti­ca, riti­ran­do­si a vita pri­va­ta, cir­co­stan­za non facil­men­te spie­ga­bi­le a chi ave­va al con­tra­rio “scel­to” la per­se­cu­zio­ne, il con­fi­no, il car­ce­re o l’esilio. Infat­ti mol­te com­po­nen­ti ricon­du­ci­bi­li alla sini­stra comu­ni­sta, in modo più cre­di­bi­le o, comun­que, più com­pren­si­bi­le, ave­va­no pre­so par­te ai moti resi­sten­zia­li, pos­si­bil­men­te fuo­ri dal Cln: su tut­te, quel­la del Movi­men­to comu­ni­sta d’Italia – Ban­die­ra ros­sa, pri­ma for­za poli­ti­ca par­ti­gia­na del Lazio per nume­ro di com­bat­ten­ti e di vit­ti­me.

Dopo­di­ché, l’Autore segue, uno ad uno, i filo­ni di pen­sie­ro che si sono dipa­na­ti dal Secon­do dopo­guer­ra in poi; tut­te quel­le cul­tu­re poli­ti­che che non avreb­be­ro, per le più sva­ria­te ragio­ni, tro­va­to spa­zio negli asset­ti poli­ti­ci, inter­na­zio­na­li e nazio­na­li, affer­ma­ti­si con la Guer­ra fred­da. Gran­de atten­zio­ne è chia­ra­men­te riser­va­ta alla fami­glia social – comu­ni­sta. Emer­ge pre­po­ten­te­men­te come quel­la che negli ulti­mi decen­ni è sta­ta chia­ma­ta scis­sio­ne dell’atomo fos­se già in auge in tem­pi remo­ti. Una serie di par­ti­ti­ni e micro for­ma­zio­ni, poco più che cena­co­li, alcu­ni sor­pren­den­te­men­te anco­ra esi­sten­ti ed atti­vi, che nel sot­to­bo­sco si divi­do­no sul­le più sva­ria­te que­stio­ni e con­tro­ver­sie (la pri­ma in ordi­ne di tem­po fu quel­la rela­ti­va allo “sci­sma titi­no”), non tut­te neces­sa­ria­men­te diri­men­ti, per lo meno agli occhi dei non addet­ti ai lavo­ri. Nes­su­na di tali real­tà con il poten­zia­le per met­te­re seria­men­te a repen­ta­glio il domi­nio dei par­ti­ti isti­tu­zio­na­li. Accan­to a que­ste cul­tu­re si va ad affian­ca­re, soprat­tut­to a livel­lo intel­let­tua­le, quel­la facen­te capo alle sen­si­bi­li­tà del­la sini­stra del Par­ti­to d’azione, soprav­vis­su­te all’implosione del mede­si­mo. Da aggiun­ge­re, infi­ne, le posi­zio­ni poli­ti­che pre­e­si­sten­ti al tut­to e che non ave­va­no mai abban­do­na­to gli ane­li­ti rivo­lu­zio­na­ri, come l’anarchismo.

Deter­mi­na­te istan­ze con­ti­nua­no per un ven­ten­nio, o qua­si, a que­stio­na­re quan­do lo sce­na­rio ini­zia ad esse­re per loro meno sfa­vo­re­vo­le del pas­sa­to. Sia­mo negli anni Ses­san­ta, signi­fi­ca­ti­va­men­te a segui­to del boom eco­no­mi­co, quan­do i par­ti­ti tra­di­zio­na­li comin­cia­no man mano a mol­la­re la pre­sa sul­la sociè­tà e, aggiun­gia­mo, ini­zia quel pro­ces­so gene­ra­le di spo­li­ti­ciz­za­zio­ne, a favo­re del con­su­mi­smo indi­vi­dua­le, che, len­ta­men­te, gra­dual­men­te, ha por­ta­to oggi alla mag­gio­ran­za asso­lu­ta di asten­sio­ne alle tor­na­te elet­to­ra­li.

Ci sono, come già scrit­to, le rivi­ste di dibat­ti­to teo­ri­co, ani­ma­te più che altro da figu­re ascri­vi­bi­li alla sini­stra socia­li­sta. E que­sto è sta­to con ogni pro­ba­bi­li­tà il fran­gen­te in cui il lavo­ro intel­let­tua­le ha avu­to le mag­gio­ri rica­du­te sul­la real­tà effet­tua­le per quan­to riguar­da l’Italia repub­bli­ca­na.

La coe­si­sten­za dei bloc­chi ini­zia a pre­sen­ta­re del­le cre­pe. Se il titoi­smo era sta­to facil­men­te fron­teg­gia­bi­le in ter­mi­ni ideo­lo­gi­ci, assur­gen­do a model­lo solo nel­le rela­zio­ni inter­na­zio­na­li, come ispi­ra­zio­ne per i Non alli­nea­ti, la que­stio­ne cine­se, da noi con appen­di­ce alba­ne­se, che, soprat­tut­to con la Rivo­lu­zio­ne cul­tu­ra­le pro­le­ta­ria del 1966, avreb­be assun­to le sem­bian­ze del maoi­smo, pre­sen­ta un poten­zia­le di insi­dia assai più ele­va­to. Nasco­no anche da noi i par­ti­ti mar­xi­sti – leni­ni­sti, desti­na­ti a rilan­cia­re la pro­spet­ti­va rivo­lu­zio­na­ria nel segno del­la rot­tu­ra con il Pci.

Sia­mo ormai al Ses­san­tot­to, a quel “cro­ce­via del­la sto­ria”, citan­do Mario Capan­na, in cui tut­te le cul­tu­re di cui sopra rie­sco­no, in un modo o nell’atro, a rien­tra­re nel quo­ti­dia­no e nel vis­su­to indi­vi­dua­le e pub­bli­co. Si fa così ingres­so nel cuo­re del­la mono­gra­fia, con una rico­stru­zio­ne minu­zio­sa di fat­ti, cose e per­so­ne, dove tut­to è ripor­ta­to, descrit­to, ana­liz­za­to, col­le­ga­to e com­pa­ra­to. Ogni curio­si­tà che si pos­sa nutri­re sugli argo­men­ti affron­ta­ti è sod­di­sfat­ta e tol­ta. For­se l’unico pre­ce­den­te per l’esaustività è da far risa­li­re a Il Ses­san­tot­to, La Sta­gio­ne dei movi­men­ti, a cura del­la reda­zio­ne di Mate­ria­li per una nuo­va sini­stra, pub­bli­ca­to in due volu­mi nel 1988 dal­le Edi­zio­ni asso­cia­te, cui infat­ti si fa qui abbon­dan­te ricor­so.

Un posto di rilie­vo nel­la disa­mi­na spet­ta ovvia­men­te alle gran­di orga­niz­za­zio­ni sca­tu­ri­te dal Ses­san­tot­to: Il Mani­fe­sto (e a segui­re il Pdup), “Ser­vi­re il popo­lo”, Avan­guar­dia ope­ra­ia, Pote­re ope­ra­io e, soprat­tut­to, Lot­ta con­ti­nua, cui spet­ta, in un cer­to sen­so, un posto d’onore, poi­ché, ben­ché ai tem­pi sot­to l’accusa di sog­get­ti­vi­smo, è riu­sci­ta ad anda­re oltre l’ideologismo, con una mili­tan­za di inter­ven­to in tut­ti i set­to­ri del­la socie­tà, attra­ver­so pra­ti­che e meto­di desti­na­ti a dura­re, con­sa­pe­vol­men­te o meno, nel tem­po.

Resta­no fuo­ri dal­la trat­ta­zio­ne diret­ta quel­le for­ma­zio­ni che si sono poste del tut­to nell’ambito dell’illegalità, oltre la linea teo­ri­ca: quel­le, sin­te­tiz­zan­do, che han­no cioè imboc­ca­to la stra­da del­la lot­ta arma­ta. Mar­gi­na­le è anche l’area dell’Autonomia ope­ra­ia, ma non la gene­si che ha por­ta­to alla sua affer­ma­zio­ne. Enti­tà, aldi­là del­le spe­ci­fi­che valu­ta­zio­ni, cer­to inse­ri­bi­li nel­la sini­stra rivo­lu­zio­na­ria ita­lia­na ma la cui rico­stru­zio­ne avreb­be pro­ba­bil­men­te por­ta­to trop­po oltre.

C’è poi una fine a tut­to ciò, come da sot­to­ti­to­lo fis­sa­ta al 1978 ma i cui pre­sup­po­sti risal­go­no a ben pri­ma. Ci si sof­fer­ma a tal pro­po­si­to su dei momen­ti para­dig­ma­ti­ci. Innan­zi­tut­to le Ele­zio­ni poli­ti­che del giu­gno 1976, con la cocen­te delu­sio­ne del car­tel­lo di Demo­cra­zia pro­le­ta­ria, che rag­grup­pa­va pra­ti­ca­men­te tut­ta la Nuo­va sini­stra: lad­do­ve ci si aspet­ta­va attor­no al 10%, arri­vò la cifra da pre­fis­so tele­fo­ni­co inter­na­zio­na­le di cui iro­niz­zò Gian­car­lo Pajet­ta. Una con­ta dei nume­ri rea­li con con­se­guen­ze psi­co­lo­gi­che che non avreb­be­ro potu­to resta­re indif­fe­ren­ti. Poi c’è la fine, esem­pla­re a tal pro­po­si­to, di Lot­ta con­ti­nua come orga­niz­za­zio­ne poli­ti­ca, al suo II ed ulti­mo Con­gres­so nazio­na­le (Rimi­ni, novem­bre 1976), su cui non furo­no inin­fluen­ti le lace­ra­zio­ni per quan­to acca­du­to il 6 dicem­bre dell’anno pri­ma, quan­do, duran­te la mani­fe­sta­zio­ne per il dirit­to all’aborto, il ser­vi­zio d’ordine di Lot­ta con­ti­nua si era scon­tra­to con i grup­pi di fem­mi­ni­ste.

 Eros Fran­ce­scan­ge­li, per fini­re, ha con que­sto lavo­ro indub­bia­men­te for­ni­to una fon­te indi­spen­sa­bi­le per gli stu­di a veni­re sul­la mate­ria. Si trat­ta, del resto, di uno dei con­tem­po­ra­nei­sti più inci­si­vi sul­lo sce­na­rio sto­rio­gra­fi­co ita­lia­no, sem­pre pun­tua­le, sem­pre inte­res­san­te nel­le sue argo­men­ta­zio­ni ed asser­zio­ni. Lo dimo­stra­va già la prin­ci­pa­le ope­ra cui la sua figu­ra è per i più asso­cia­ta, vale a dire Ardi­ti del popo­lo, Argo Secon­da­ri e la pri­ma orga­niz­za­zio­ne anti­fa­sci­sta (2000), la pri­ma mono­gra­fia di respi­ro nazio­na­le espli­ci­ta­men­te sugli ardi­to-popo­la­ri. Il sag­gio, asso­cia­to cer­to ad Ardi­ti, non gen­dar­mi!, di Mar­co Ros­si, usci­to poco pri­ma, inol­tran­do­si nel ter­ri­to­rio pre­ce­den­te­men­te qua­si ine­splo­ra­to del nes­so tra com­bat­ten­ti­smo di guer­ra e sov­ver­si­vi­smo, ha infat­ti dato vita ad uno dei filo­ni più fecon­di del­la ricer­ca sto­ri­ca in Ita­lia, per quan­to riguar­da gli ulti­mi decen­ni.

Sil­vio Anto­ni­ni

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