Graziano Giusti, Antifascismo e lotta di classe nella Resistenza

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Mila­no, Ten­den­za inter­na­zio­na­li­sta rivo­lu­zio­na­ria, Asso­cia­zio­ne Egua­glian­za e soli­da­rie­tà, 2024, pp. 216, € 10.00

L’interesse per l’argomento in ogget­to a que­sto volu­me ha avu­to nell’Italia repub­bli­ca­na for­tu­ne alter­ne, in base al muta­re del­le con­di­zio­ni poli­ti­che e cul­tu­ra­li del Pae­se. Non in sé il con­cet­to gene­ri­co di Resi­sten­za tra­di­ta, che potreb­be con­tem­pla­re anche la sola rimo­stran­za per cui non sia­no sta­ti rea­liz­za­ti a pie­no i prin­cì­pi del­la Costi­tu­zio­ne oppu­re che non sia sta­ta com­piu­ta l’epurazione negli orga­ni­smi del­lo Sta­to etc. No, qui si scri­ve di quel­le for­ze che, in un modo o nell’altro, con diver­se pecu­lia­ri­tà e diver­se rica­du­te sul­le scel­te con­cre­te, duran­te la Lot­ta par­ti­gia­na si pose­ro il pro­ble­ma dell’immediata tra­sfor­ma­zio­ne socia­le, poli­ti­ca ed isti­tu­zio­na­le dell’Italia, da non rin­via­re ad un tem­po inde­fi­ni­to a segui­to del­la fine del­la Secon­da guer­ra mon­dia­le, come inve­ce soste­ne­va­no il Pci e, con mol­ti più tra­va­gli a livel­lo diri­gen­zia­le, il Psiup. Un ampio spet­tro di for­ma­zio­ni poli­ti­che, in pre­va­len­za cer­to di orien­ta­men­to comu­ni­sta ma che com­pren­de anche istan­ze socia­li­ste, anar­chi­che, fino a quel­le repub­bli­ca­ne – azio­ni­ste. Tut­te ani­ma­te comun­que dal desi­de­rio di risol­ve­re al momen­to la que­stio­ne socia­le, sem­pre riman­da­ta dall’Unità nazio­na­le, con una solu­zio­ne clas­si­sta e che per­ciò ope­ra­ro­no o diret­ta­men­te fuo­ri dal Cln oppu­re mani­fe­stan­do insof­fe­ren­za al suo inter­no. Un affla­to dif­fu­so usci­to però scon­fit­to dal­la ride­fi­ni­zio­ne degli asset­ti, inter­na­zio­na­li e nazio­na­li, del Secon­do dopo­guer­ra e dall’avvio del­la con­trap­po­si­zio­ne dei bloc­chi, dinan­zi ai qua­li, del resto, mol­te cul­tu­re poli­ti­che scor­se­ro l’inizio del pro­prio tra­mon­to. Un affla­to che, rima­sto nel sot­to­suo­lo del­le ela­bo­ra­zio­ni teo­ri­co – poli­ti­che, sareb­be rie­mer­so con l’avanzare del­la Nuo­va sini­stra, non sen­za un bel cari­co di equi­vo­ci e frain­ten­di­men­ti: si pen­si sol­tan­to alle Bri­ga­te ros­se che, ini­zial­men­te, vole­va­no chia­mar­si Bri­ga­te Gari­bal­di in omag­gio al par­ti­gia­na­to Pci, evi­den­te­men­te inte­so come strut­tu­ral­men­te rivo­lu­zio­na­rio. Scar­ta­ro­no l’ipotesi solo per­ché il riman­do all’Eroe dei due mon­di avreb­be sapu­to trop­po di popu­li­smo pic­co­lo bor­ghe­se. A segui­to del riflus­so, la cosa sareb­be rima­sta lì, con una trat­ta­zio­ne spo­ra­di­ca ed occa­sio­na­le, tut­ta­via soprav­vi­ven­do sino ai gior­ni nostri.

I gior­ni nostri, appun­to. La mono­gra­fia esce, e lo si scri­ve, nel pie­no del Gover­no Melo­ni, dove cioè la Pre­si­den­za del con­si­glio dei mini­stri è rico­per­ta, per la pri­ma vol­ta nel­la sto­ria, da un’esponente diret­ta­men­te pro­ve­nien­te dall’Msi, anche se per ragio­ni ana­gra­fi­che più dal­la sua gio­va­ni­le, il Fron­te del­la gio­ven­tù, soli­ta­men­te più a destra del par­ti­to neo­fa­sci­sta stes­so. L’Antifascismo, qui gene­ri­ca­men­te inte­so, ha recu­pe­ra­to quin­di una sua cen­tra­li­tà nel dibat­ti­to poli­ti­co, rispet­to anche solo a qual­che anno, ormai decen­nio, addie­tro, quan­do real­men­te veni­va­no fat­ti i dan­ni, tut­ti imman­ca­bil­men­te bipar­ti­san, in ter­mi­ni di memo­ria isti­tu­zio­na­liz­za­ta. Un’epoca il cui cul­mi­ne è sicu­ra­men­te rap­pre­sen­ta­to dal­la Leg­ge sul Gior­no del ricor­do (2004), anche se il pro­ces­so si è tutt’altro che esau­ri­to.

Ad ora si guar­da­no per­ciò le vir­go­le nei post sui social, si ana­liz­za se quel salu­to sia roma­no o meno, sen­za un mini­mo di trat­ta­zio­ne strut­tu­ra­le seria sul­la socie­tà. Diven­ta così dif­fi­ci­le por­re la que­stio­ne sto­ri­ca sul­la com­po­si­zio­ne ete­ro­ge­nea del­la Resi­sten­za che va inte­sa come fat­to uni­ta­rio nazio­na­le di tut­te le ten­den­ze par­ti­ti­che nel­la comu­ne lot­ta con­tro l’invasore stra­nie­ro ed il col­la­bo­ra­to­re (ele­men­to, benin­te­so, del tut­to pre­sen­te nei moti par­ti­gia­ni). Get­ta­re sul tavo­lo le vicis­si­tu­di­ni qui resti­tui­te potreb­be gene­ra­re un peri­co­lo­so cor­to­cir­cui­to. Meglio lasciar sta­re: alla fine l’uso del­la sto­ria deve resta­re poli­ti­co, sul­le esi­gen­ze del pre­sen­te. Dif­fi­ci­le che i temi qui affron­ta­ti tro­vi­no infat­ti agio nel­le isti­tu­zio­ni, nel­le fon­da­zio­ni e negli isti­tu­ti cul­tu­ra­li, e gli sto­ri­ci che ne sono espres­sio­ne, se san­no, per­lo­più si auto­cen­su­ra­no. Eppu­re si trat­ta di ele­men­ti sto­rio­gra­fi­ca­men­te inne­ga­bi­li.

Ad edi­ta­re que­sto volu­me è la Ten­den­za inter­na­zio­na­li­sta rivo­lu­zio­na­ria, che ha già un cata­lo­go di tut­to rispet­to per la sto­ria del movi­men­to ope­ra­io. L’Autore, Gra­zia­no Giu­sti, ini­zia la disa­mi­na par­ten­do ovvia­men­te dal 1943, dall’inizio del­le agi­ta­zio­ni ope­ra­ie con­tro la guer­ra, quan­do, qua e là, a mac­chia di leo­par­do, si fan­no lar­go quel­le real­tà comu­ni­ste che ora anda­va­no assu­men­do l’aggettivazione di, appun­to, inter­na­zio­na­li­ste, nel rifiu­to del­la col­la­bo­ra­zio­ne di clas­se e di quel­le che si sareb­be­ro defi­ni­te vie nazio­na­li al socia­li­smo, e ne segue l’iter sino alla fine degli even­ti bel­li­ci e l’inizio del­la Rico­stru­zio­ne. Gran­de impor­tan­za è a tal pro­po­si­to data al Movi­men­to comu­ni­sta d’Italia – Ban­die­ra ros­sa, seb­be­ne non ascri­vi­bi­le a pie­no a quell’internazionalismo.

Il lavo­ro è più di teno­re, per così dire, poli­to­lo­gi­co che sto­rio­gra­fi­co: non ci sono infat­ti fon­ti d’archivio e le risor­se sono di tipo biblio­gra­fi­co, di cui alcu­ne on line. Que­sto può rap­pre­sen­ta­re un limi­te in ter­mi­ni di avan­za­men­to degli stu­di e del­le ricer­che, poi­ché, anche se in modo non dolo­so, si pos­so­no ripro­dur­re impre­ci­sio­ni ed ine­sat­tez­ze, più o meno impor­tan­ti, dal­le pro­du­zio­ni pre­gres­se. E in que­sto testo difat­ti se ne riscon­tra­no, seb­be­ne non a livel­li diri­men­ti per l’economia del discor­so.

Si pren­da ad esem­pio il caso del Lazio. In rela­zio­ne pro­prio a Ban­die­ra ros­sa, a p. 108 si scri­ve: “La Ban­da del Cimi­no, nota per i suoi col­pi di mano, è orga­niz­za­ta dai comu­ni­sti Man­lio Gel­so­mi­ni e Maria­no Burat­ti” (la fon­te spe­ci­fi­ca dell’informazione non è cita­ta). La ban­da, che, a segui­to del Mar­ti­rio di Maria­no Burat­ti, ne avreb­be assun­to il nome, non ave­va lega­mi strut­tu­ra­li con Ban­die­ra ros­sa, per quan­to non si pos­sa­no esclu­de­re con­tat­ti. Burat­ti era del Par­ti­to d’azione; né lui né Gel­so­mi­ni, del Rag­grup­pa­men­to mon­te Sorat­te, Mar­ti­re del­le Ardea­ti­ne, era­no comu­ni­sti.

Riguar­do, inve­ce, a Cele­sti­no Avi­co e al grup­po Arma­ta ros­sa roma­na, si riflet­to­no, in più par­ti, alcu­ni equi­vo­ci. Arma­ta ros­sa, di cui Avi­co era a capo, non era il brac­cio mili­ta­re di Ban­die­ra ros­sa, in quan­to face­va rife­ri­men­to al Pci. Solo dopo la Libe­ra­zio­ne di Roma, nel ten­ta­ti­vo di pro­se­gui­re la Lot­ta resi­sten­zia­le in sen­so rivo­lu­zio­na­rio, essa si sgan­ciò dal­le diret­ti­ve Pci e costi­tuì, assie­me prin­ci­pal­men­te a Ban­die­ra ros­sa, il Coman­do mili­ta­re uni­fi­ca­to Arma­ta ros­sa, di bre­vis­si­ma quan­to tra­va­glia­ta dura­ta, indi­can­do in fine la con­fluen­za nel Pci stes­so, di cui Avi­co sareb­be diven­ta­to diri­gen­te loca­le. A tal pro­po­si­to, potreb­be veni­re in soc­cor­so il sag­gio di Mar­co Tra­scia­ni, usci­to quan­do que­sto lavo­ro era pre­su­mi­bil­men­te anco­ra in ste­su­ra, Una resi­sten­za popo­la­re (Odra­dek, 2024), dove gli orga­ni­gram­mi di Ban­die­ra ros­sa sono esa­mi­na­ti attra­ver­so il fon­do archi­vi­sti­co Ricom­part.

C’è poi, sem­pre a pro­po­si­to di lavo­ri usci­ti subi­to dopo di que­sto, da segna­la­re la resti­tu­zio­ne del­la figu­ra di Car­lo Andreo­ni, già in pri­ma bat­tu­ta, a p. 58, defi­ni­to “avven­tu­rie­ro”, con la ripro­po­si­zio­ne a segui­re di altre infor­ma­zio­ni erra­te sul­la per­so­na, come la con­fu­sio­ne del con­tro­ver­so foglio atten­di­sta cir­co­la­to duran­te l’occupazione nazi­fa­sci­sta di Roma, “Spar­ta­co”, con l’Unione Spar­ta­co, fon­da­ta inve­ce da Andreo­ni nel dicem­bre 1944. Urge qui la let­tu­ra del­la monu­men­ta­le bio­gra­fia di recen­te usci­ta, ad ope­ra di Fabri­zio R. Ama­ti, Anti­to­ta­li­ta­rio (Mime­sis, 2024), anche per trat­ta­re appro­fon­di­ta­men­te i momen­ti di inquie­tu­di­ne e di insu­bor­di­na­zio­ne del par­ti­gia­na­to avu­ti­si dopo la Libe­ra­zio­ne e qui affron­ta­ti in appen­di­ce, come il caso del Movi­men­to di resi­sten­za par­ti­gia­na, che vide a capo pro­prio Andreo­ni.

In linea gene­ra­le va comun­que con­tem­pla­to che, indi­pen­den­te­men­te dall’approccio sog­get­ti­vo, lo stu­dio del­le real­tà poli­ti­che e mili­ta­ri atti­ve nel­la Resi­sten­za si pre­sen­ta come una matas­sa assai più com­pli­ca­ta da sbro­glia­re di quan­to si pen­si. Un insie­me di nomi e sigle cui non è raro sia dif­fi­ci­le veni­re a capo e com­pren­de­re a pie­no il por­ta­to. Anche qui, il pas­sa­to non è linea­re, al con­tra­rio di come si sia spes­so natu­ral­men­te por­ta­ti a cre­de­re. Si aggiun­ga che nel perio­do in ogget­to ci fu, nono­stan­te tut­ti gli impe­di­men­ti, anche il ten­ta­ti­vo di coin­vol­ge­re nel pro­get­to del­la Repub­bli­ca socia­le ita­lia­na que­gli ele­men­ti, soprat­tut­to repub­bli­ca­ni e socia­li­sti, in gene­ra­le cri­ti­ci con l’Urss e gli Allea­ti. L’invito fu, per ovvie ragio­ni, qua­si total­men­te decli­na­to ma non tut­ti i con­tat­ti anda­ro­no a vuo­to per i repub­bli­chi­ni.

Uscen­do poi dall’ambito del­le infor­ma­zio­ni sto­ri­che per adden­trar­si in quel­lo del dibat­ti­to, c’è un pas­sag­gio a paven­ta­re come le posi­zio­ni intran­si­gen­ti e rivo­lu­zio­na­rie pos­sa­no, cer­to incon­sa­pe­vol­men­te, cor­re­re il rischio d’incappare in sti­le­mi cari inve­ce alla rea­zio­ne. Il rife­ri­men­to spe­ci­fi­co è a Tito, per cui “il con­nu­bio tra nazio­na­li­smo e clas­si­smo, soste­nu­to da quest’ultimo, non ter­rà alla pro­va dei fat­ti, facen­do ben pre­sto emer­ge­re la pri­ma com­po­nen­te” (p. 135). Ora, si può dis­ser­ta­re sull’aderenza o meno di Tito al clas­si­smo e alla dot­tri­na ma l’Esercito popo­la­re di libe­ra­zio­ne jugo­sla­vo (Eplj), cui era a capo, era un eser­ci­to mul­tiet­ni­co, com­po­sto da tut­te le nazio­na­li­tà pre­sen­ti sul suo­lo bal­ca­ni­co, com­pre­sa quel­la ita­lia­na, uni­te nel­la comu­ne lot­ta con­tro il nazi­fa­sci­smo, che inve­ce pun­ta­va sull’odio etni­co. Sal­vo non si inten­da per nazio­na­li­smo l’opposizione al Comin­form di Sta­lin, che effet­ti­va­men­te avreb­be mos­so accu­se, pure alquan­to pesan­ti, di que­sto tipo, si dovreb­be par­la­re sem­mai di “jugo­sla­vi­smo”.

Scrit­ti que­sti rilie­vi, l’opera man­tie­ne una sua vali­di­tà strut­tu­ra­le. L’Autore si muo­ve indub­bia­men­te con one­stà, sen­za mai sci­vo­la­re sul ter­re­no del­la pro­vo­ca­zio­ne: cir­co­stan­za che in sag­gi di que­sto teno­re non è neces­sa­ria­men­te scon­ta­ta (ci sareb­be qual­co­sa da opi­na­re a riguar­do per alcu­ni pas­sag­gi in appen­di­ce ma va qui con­si­de­ra­to il testo). Alla Resi­sten­za, com­ples­si­va­men­te inte­sa, è dato il dovu­to rico­no­sci­men­to: com­bat­te­re con­tro i nazi­sti ed i loro col­la­bo­ra­to­ri, sen­za aspet­ta­re rivo­lu­zio­ni astrat­te, era giu­sto e neces­sa­rio. E per quan­to la posi­zio­ne dell’Autore sia ovvia­men­te chia­ra, non vi sono mani­fe­sta­zio­ni di fazio­si­tà di sor­ta: alla fine, in effet­ti, più che asser­ti­vi­tà si coglie pro­ble­ma­tiz­za­zio­ne.

Posta in ter­mi­ni bana­li, la doman­da è: si pote­va fare la rivo­lu­zio­ne? Una rivo­lu­zio­ne da inten­der­si in sen­so mar­xi­sta e leni­ni­sta, di pre­sa del pote­re poli­ti­co e mili­ta­re e ribal­ta­men­to dei rap­por­ti di pro­du­zio­ne. La let­te­ra­tu­ra a riguar­do è ster­mi­na­ta e, non dispo­nen­do del­la cosid­det­ta pro­va con­tro­fat­tua­le, dal pun­to di vista stret­ta­men­te sto­rio­gra­fi­co si può solo con­sta­ta­re che quel­la rivo­lu­zio­ne da noi non ci sia sta­ta, né i comu­ni­sti han­no in qual­che modo con­qui­sta­to la lea­der­ship dei fron­ti par­ti­gia­ni, come in, appun­to, Jugo­sla­via ed Alba­nia o, dal Dopo­guer­ra, dei movi­men­ti di libe­ra­zio­ne nazio­na­le dal colo­nia­li­smo, a par­ti­re dal­la Cina.

Giu­sti, com­pien­do un’analisi di clas­se sia del­la Lot­ta par­ti­gia­na sia dell’internamento dei mili­ta­ri ita­lia­ni e del­la reni­ten­za alla leva, nota come in lar­ga pre­va­len­za l’attività resi­sten­zia­le nel suo insie­me fos­se por­ta­ta avan­ti da pro­le­ta­ri, che, even­tual­men­te, avreb­be­ro potu­to fare da base socia­le per uno scon­vol­gi­men­to in sen­so rivo­lu­zio­na­rio. D’altro can­to, però, si evi­den­zia­no tut­ti i limi­ti di un’ipotesi che si potes­se ogget­ti­va­men­te muo­ve­re in que­sta dire­zio­ne. E non si pote­va cer­to fare leva sugli inter­na­zio­na­li­sti, a vario tito­lo pre­sen­ti sul ter­ri­to­rio ma in modo diso­mo­ge­neo, e, al net­to del­le loro for­ze effet­ti­ve, sen­za una dire­zio­ne uni­ta­ria a livel­lo nazio­na­le e aggan­ci di qual­si­vo­glia tipo a livel­lo inter­na­zio­na­le.

Resta una sto­ria, qui rico­strui­ta in modo pano­ra­mi­co, di un’umanità gene­ro­sa, su cui sono spes­so gra­va­te calun­nie ed accu­se ingiu­ste, e ad oggi infon­da­te, segna­ta anche da tra­gi­ci epi­lo­ghi, come nel caso degli inter­na­zio­na­li­sti Mario Acqua­vi­va e Fau­sto Atti, che ha inte­so in quei fran­gen­ti dare nel disin­te­res­se quel­la spin­ta di cui a vol­te ha biso­gno la sto­ria.

Sil­vio Anto­ni­ni

 

 

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Redazione di Lotta Continua
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