Quando muoiono le insurrezioni, Italia 1922, Germania 1933, Spagna 1936–39

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a cura di Calu­sca city lights e del Col­let­ti­vo Ade­spo­ta

Mila­no, Coli­brì, 2024, pp. 399, € 25.00

“Fasci­smo, anti­fa­sci­smo e rivo­lu­zio­ne, ieri e oggi”, reci­ta per com­ple­tez­za il sot­to – sot­to­ti­to­lo di quel­lo che è, si spe­ci­fi­ca nel­le note di edi­zio­ne, uno svi­lup­po dei temi trat­ta­ti in un ciclo di incon­tri su Bien­nio ros­so ed avven­to del Fasci­smo svol­to­si a Saron­no nell’aprile 2022 ed inti­to­la­to Cent’anni appe­na, 1922 – 2022. Un sag­gio, nei risul­ta­ti, in bili­co tra sto­ria poli­ti­ca e let­te­ra­tu­ra, arric­chi­to dal­le illu­stra­zio­ni di Gian­dan­te X.

Non si può, di per sé, scri­ve­re di lavo­ro sto­rio­gra­fi­co, poi­ché ciò neces­si­te­reb­be la con­sul­ta­zio­ne del­le fon­ti d’archivio, qui assen­ti, per lo meno in modo diret­to, ed il rela­ti­vo con­fron­to con il mate­ria­le di altra pro­ve­nien­za. È, nei fat­ti, una ras­se­gna di con­tri­bu­ti redat­ti in lar­ghis­si­ma par­te negli anni pre­si in con­si­de­ra­zio­ne o in quel­li imme­dia­ta­men­te suc­ces­si­vi su perio­di­ci facen­ti capo alla Sini­stra comu­ni­sta, nel­le sue diver­se rami­fi­ca­zio­ni e deno­mi­na­zio­ni: fra­zio­ne rivo­lu­zio­na­ria, inter­na­zio­na­li­sta, etc., con qual­che pez­zo di pro­ve­nien­za anar­chi­ca. È l’Appen­di­ce sto­ri­co – docu­men­ta­ria che, di fat­to, occu­pa i 3/4 del libro.

L’oggi cui si accen­na sopra, in con­cre­to, non c’è, giac­ché l’ultimo inter­ven­to di ana­li­si ripre­so risa­le al 1995 e, al net­to di qual­che intui­zio­ne azzec­ca­ta, una trat­ta­zio­ne di trent’anni fa non può che con­si­de­rar­si ine­so­ra­bil­men­te data­ta, per il natu­ra­le ince­de­re dei fat­ti, in meri­to al pre­sen­te, e per gli svi­lup­pi del­la ricer­ca sto­ri­ca, se si stu­dia il pas­sa­to. Infat­ti, mol­ti ele­men­ti ora cen­tra­li per le tema­ti­che qui affron­ta­te sono del tut­to assen­ti, poi­ché entra­ti nel­la spe­cu­la­zio­ne sto­rio­gra­fi­ca suc­ces­si­va­men­te.

Venia­mo dun­que al moven­te poli­ti­co del­la pub­bli­ca­zio­ne, cioè agli impul­si che han­no invi­ta­to auto­ri e cura­to­ri ad edi­tar­la. Il sot­to­ti­to­lo, con una para­fra­si cer­to rischio­sa, soprat­tut­to oggi, avreb­be potu­to esse­re La Gran­de truf­fa dell’Antifascismo. Bat­ti e ribat­ti, gira che ti rigi­ra, con­dan­na­ti cer­to nazi­smo e fasci­smo, è lì che si va a para­re. Infat­ti, ad aper­tu­ra del con­tri­bu­to La Con­tro­ri­vo­lu­zio­ne “anti­fa­sci­sta”, data­to 1975, la cita­zio­ne — sin­te­si del pen­sie­ro di Ama­deo Bor­di­ga: “L’antifascismo è il peg­gior pro­dot­to del fasci­smo”. Ecco­lo lì! Ma è già nell’introduzione di Gil­les Dau­vé che si scri­ve, a pro­po­si­to del 25 luglio 1943, un pas­sag­gio assai signi­fi­ca­ti­vo: “Il 25 luglio, mes­so in mino­ran­za al Gran Con­si­glio del Fasci­smo (con 19 voti con­tro 17), Mus­so­li­ni si dimet­te. Rara­men­te si è visto un dit­ta­to­re inchi­nar­si al pari del Duce alla rego­la del­la mag­gio­ran­za”. Si dedu­ce tra le righe che il Regi­me fasci­sta non aves­se nul­la di diver­so da un siste­ma libe­ral­de­mo­cra­ti­co qual­sia­si. Ne con­se­gue per­ciò che non vi fos­se­ro ragio­ni spe­ci­fi­che nell’opporvisi con mag­gio­re tena­cia rispet­to a quan­to si deb­ba con­tro un qual­si­vo­glia regi­me demo­cra­ti­co. Die­tro al rigo­re dot­tri­na­rio, alla coe­ren­za con le astra­zio­ni ideo­lo­gi­che non con­fron­ta­te con la real­tà effet­tua­le, pas­sa­to e pre­sen­te rischia­no così di appa­ri­re come la not­te in cui tut­ti i gat­ti sono bigi. Tan­to vale non far nul­la. Costan­te, difat­ti, l’equiparazione nazi­fa­sci­smo – comu­ni­smo, que­sto chia­ma­to o sta­li­ni­smo o con la nota for­mu­la ossi­mo­ri­ca di capi­ta­li­smo di sta­to. Due siste­mi del tut­to spe­cu­la­ri ed inter­scam­bia­bi­li. E la con­dan­na non par­te da Sta­lin – trop­po faci­le — ma dal bol­sce­vi­smo stes­so: la dege­ne­ra­zio­ne era già tut­ta in Lenin e Tro­tskij.

Dopo­di­ché, nes­su­no si sal­va: nel­la Guer­ra civi­le e socia­le spa­gno­la tut­ti han­no imbro­glia­to, com­pre­si gli anar­chi­ci (che, indub­bia­men­te, lì cad­de­ro in bel­le con­trad­di­zio­ni) e Il Poum, che pure del­le invo­lu­zio­ni auto­ri­ta­rie del­la II Repub­bli­ca fu la prin­ci­pa­le vit­ti­ma. E che dire, in fine, del­la Resi­sten­za? Un vero e pro­prio equi­vo­co del tut­to fun­zio­na­le al capi­ta­le e all’imperialismo. In vero qui la Lot­ta par­ti­gia­na del 1943–45 non gode d’una trat­ta­zio­ne spe­ci­fi­ca, for­se, chis­sà, desti­na­ta ad un lavo­ro suc­ces­si­vo ma i riman­di che qua e là se ne fan­no basta­no ed avan­za­no a con­fer­ma­re la posi­zio­ne espres­sa nel volu­me. E a pro­po­si­to di equi­vo­ci, sem­pre nel con­tri­bu­to di cui sopra, il Cln è defi­ni­to repub­bli­ca­no (p. 340), con­fu­so evi­den­te­men­te con un fron­te popo­la­re, men­tre vi era­no, noto­ria­men­te a pie­no tito­lo, le com­po­nen­ti monar­chi­che. Non una paro­la per quel­le for­ma­zio­ni che con­dus­se­ro i moti resi­sten­zia­li fuo­ri dal Cln, in un’ottica anti­di­na­sti­ca e rivo­lu­zio­na­ria. Un’omissione for­se det­ta­ta dal fat­to che gli inter­na­zio­na­li­sti avreb­be­ro accu­sa­to d’ingenuità quel­le for­ze che, pur ideo­lo­gi­ca­men­te assi­mi­la­bi­li a loro, ave­va­no, per così dire, disper­so ener­gie poten­zial­men­te rivo­lu­zio­na­rie nel­la bat­ta­glia par­ti­gia­na.

Figu­rar­si ora un futu­ro volu­me dedi­ca­to ai movi­men­ti di libe­ra­zio­ne nazio­na­le dal Secon­do dopo­guer­ra in poi!

Chi si sal­va in tut­to ciò? Il pro­le­ta­ria­to. Una sor­ta di con­vi­ta­to di pie­tra, una cate­go­ria dell’anima, un mito (e nul­la ali­men­ta la mito­lo­gia meglio del­la distan­za), un gigan­te buo­no immu­ta­bi­le nel tem­po e nel­lo spa­zio, omo­ge­neo nel suo insie­me, che non ha altre neces­si­tà se non quel­la di fare la rivo­lu­zio­ne all’istante ma che vie­ne pun­tual­men­te bug­ge­ra­to da tut­ti. Il resto, pare non ave­re sen­so.

Si intui­sce bene che con que­ste astrat­te sche­ma­tiz­za­zio­ni, del tut­to intel­let­tua­li­sti­che, sia dif­fi­ci­le appli­car­si nel­la real­tà. Per fare un esem­pio che ripor­ta dram­ma­ti­ca­men­te all’attualità: se si è con­vin­ti che non esi­sta­no popo­li, cul­tu­re e nazio­ni, non si può sven­to­la­re la ban­die­ra pale­sti­ne­se.

Va comun­que affer­ma­to che le orga­niz­za­zio­ni facen­ti sto­ri­ca­men­te capo alla Sini­stra comu­ni­sta, sen­za entra­re ora nel­le spe­ci­fi­che enti­tà, non sono del tut­to una­ni­mi in ter­mi­ni sia tat­ti­ci sia stra­te­gi­ci, anzi sono a tal pro­po­si­to spes­so in con­flit­to tra loro. E che si trat­ta comun­que d’un filo­ne di pen­sie­ro impor­tan­te nel­la sini­stra rivo­lu­zio­na­ria, uno tra i più influen­ti nel fare da retro­ter­ra per le ela­bo­ra­zio­ni poli­ti­che esplo­se con il Ses­san­tot­to, seb­be­ne sur­clas­sa­te qua­si imme­dia­ta­men­te dal­le sug­ge­stio­ni maoi­ste.

Quan­do muo­io­no le insur­re­zio­ni è a tal pro­po­si­to un vali­do stru­men­to in ter­mi­ni di infor­ma­zio­ne, con un appa­ra­to cri­ti­co e del­le sche­de dida­sca­li­che mol­to uti­li alla com­pren­sio­ne del testo.

Di note­vo­le inte­res­se, all’apertura dell’appendice docu­men­ta­ria, la tra­scri­zio­ne inte­gra­le dell’intervista a Bor­di­ga, che egli stes­so ave­va det­ta­to alla moglie, per la tra­smis­sio­ne Rai Nasci­ta di una dit­ta­tu­ra, nel 1970, pub­bli­ca­ta poi nel 1973 (per­ché non tut­to era anda­to in onda), con la testi­mo­nian­za a riguar­do di Edek Osser.

Spic­ca poi la que­stio­ne tede­sca: gli ulti­mi fran­gen­ti pri­ma del­la pre­sa del pote­re del nazi­smo non dispon­go­no di una biblio­gra­fia ster­mi­na­ta per cui ogni cro­na­ca è indi­spen­sa­bi­le. È a riguar­do ripro­po­sto un repor­ta­ge per il perio­di­co pari­gi­no “Mas­ses” dal tito­lo La Tra­ge­dia del pro­le­ta­ria­to tede­sco, a fir­ma di Rusti­co. Un reso­con­to dal­la Ber­li­no del 1932 dai rit­mi soste­nu­ti e dall’alto teno­re nar­ra­ti­vo, per un’efficace descri­zio­ne del­la vita di quar­tie­re e del con­flit­to di stra­da, con la men­zio­ne del­le mili­zie facen­ti capo all’Spd, cioè L’Eiserne front e il Rei­ch­sban­ner, e al Kpd, cioè la Roter fron­t­käm­p­fer­bund.

A chiu­de­re la rac­col­ta un rac­con­to, pre­su­mi­bil­men­te imma­gi­na­rio, di Jan, por­tua­le ambur­ghe­se clas­se 1901, che pren­de par­te alla rivo­lu­zio­ne tede­sca del 1918 e a tut­ti gli scon­vol­gi­men­ti suc­ces­si­vi, con le rivo­lu­zio­ni man­ca­te e l’adesione al Kapd, il Par­ti­to comu­ni­sta ope­ra­io di Ger­ma­nia, nato nell’aprile 1920 con una scis­sio­ne dal Kpd. Que­sto Jan pare tra­sfe­rir­si in Ita­lia, rac­con­ta del G20 di Ambur­go del 2017, cita Zom­bie di tut­to il mon­do di Gian­fran­co Man­fre­di e chiu­de can­tic­chian­do L’Internazionale di Fran­co For­ti­ni.

Sil­vio Anto­ni­ni

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