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giovedì, 21 Novembre 2024

«Il comunismo per noi non è uno stato di cose che debba essere instaurato, un ideale al quale la realtà dovrà conformarsi. Chiamiamo comunismo il movimento reale che abolisce lo stato di cose presente. Le condizioni di questo movimento risultano dal presupposto ora esistente»

[K. Marx]

La cumbia della destra colombiana: sulle elezioni in Colombia

Tut­to come pre­vi­sto in Colom­bia. Con il 97% dei voti scru­ti­na­ti il nuo­vo Pre­si­den­te è Ivan Duque, can­di­da­to del­la destra estre­ma del “Cen­tro demo­cra­ti­co” e soprat­tut­to dell’ex-Presidente Alva­ro Uri­be, il vero burat­ti­na­io di que­ste ele­zio­ni.

Dei cir­ca 36 milio­ni di elet­to­ri chia­ma­ti alle urne, ha vota­to il 52 %.  Ivan Duque vin­ce con il 54 % dei voti (più di 10 milio­ni di suf­fra­gi), con­tro il 42 % di Gusta­vo Petro (più di 8 milio­ni di voti), can­di­da­to del cen­tro-sini­stra, e con 800.000 (4 %) sche­de bian­che che han­no fini­to per favo­ri­re Duque.

Nono­stan­te la ban­ca­rot­ta mora­le del­la eli­te tra­di­zio­na­le, la mag­gio­ran­za degli elet­to­ri ha quin­di appog­gia­to un can­di­da­to di 44 anni, figlio dell’ex gover­na­to­re di Anti­o­quia, un ram­pol­lo dell’elite man­da­to a stu­dia­re nel­le uni­ver­si­tà sta­tu­ni­ten­si, che negli ulti­mi 4 anni è  sta­to sena­to­re, elet­to gra­zie all’appoggio inquie­tan­te di Uri­be.

Al secon­do tur­no, Duque ha avu­to dal­la sua par­te l’arco com­ple­to dei par­ti­ti tra­di­zio­na­li e dell’esta­blish­ment con­ser­va­to­re in bloc­co. Si appro­fon­di­sce così il con­trol­lo dei pote­ri pub­bli­ci da par­te di una for­za rea­zio­na­ria, che già con­trol­la il par­la­men­to e che pesa in manie­ra deter­mi­nan­te all’interno del pote­re giu­di­zia­rio.

Negli anni, l’oligarchia ha con­so­li­da­to un bloc­co di pote­re con una for­te base socia­le nel­le cam­pa­gne (dove i lati­fon­di­sti fan­no il bel­lo e il cat­ti­vo tem­po), ma che con­ta inol­tre su ban­chie­ri, indu­stria­li e gli alti coman­di del­le For­ze Arma­te.

In que­ste ele­zio­ni si scon­tra­va­no due model­li di Pae­se. Il pri­mo, rap­pre­sen­ta­to da Duque, è quel­lo di una oli­gar­chia ran­co­ro­sa e ven­di­ca­ti­va, bi-par­ti­san, non dispo­sta a cede­re un mil­li­me­tro dei suoi pri­vi­le­gi sto­ri­ci e che ha mes­so a dispo­si­zio­ne impres­sio­nan­ti risor­se finan­zia­rie per vin­ce­re. Un’ oli­gar­chia dispo­sta a tut­to pur di con­ti­nua­re nel cam­mi­no neo-libe­ra­le.

Il secon­do, quel­lo di Petro, che aspi­ra­va alla pace con mag­gio­re giu­sti­zia socia­le e che per la pri­ma vol­ta ave­va mes­so insie­me una ine­di­ta coa­li­zio­ne di for­ze, la “Colom­bia huma­na”, appog­gia­ta al secon­do tur­no da un ampio schie­ra­men­to (dai libe­ra­li dis­si­den­ti ai comu­ni­sti).

Il suo pro­gram­ma pre­ve­de­va la dife­sa degli accor­di di pace e del­la pro­po­sta di ricon­ci­lia­zio­ne nazio­na­le, il rispet­to dei dirit­ti uma­ni, la lot­ta con­tro la cor­ru­zio­ne, la tute­la dell’ambiente, la salu­te e l’educazione come dirit­ti uni­ver­sa­li, la tra­sfor­ma­zio­ne del model­lo eco­no­mi­co per ridur­re le dise­gua­glian­ze.  Si trat­ta­va di un’occasione per incri­na­re il ciclo del clien­te­li­smo, del­la cor­ru­zio­ne, del model­lo di accu­mu­la­zio­ne del capi­ta­le con la vio­len­za ed il  sac­cheg­gio.

Ma nono­stan­te la scon­fit­ta, il vero mira­co­lo  è sta­to il risul­ta­to di Petro. Ex-guer­ri­glie­ro del M‑19 (ha scon­ta­to il car­ce­re da cui è usci­to gra­zie all’accordo di pace col gover­no di Vir­gi­lio Bar­co), eco­no­mi­sta, par­la­men­ta­re ed ex-sin­da­co di Bogo­tà, Petro tri­pli­ca il risul­ta­to di Car­los Gavi­ria, lo scom­par­so ex-magi­stra­to che nel 2006 ave­va rap­pre­sen­ta­to il cen­tro sini­stra.  Quel­lo di ieri è un risul­ta­to sto­ri­co per il cen­tro sini­stra e la sini­stra. Non era mai suc­ces­so nel­la sto­ria colom­bia­na che fos­se­ro arri­va­ti così vici­ni al gover­no. Nono­stan­te l’opposizione aggres­si­va di tut­to l’establishment ed una fero­ce cam­pa­gna media­ti­ca che accu­sa­va Petro di esse­re un “ter­ro­ri­sta castro-cha­vi­sta”, leit-motiv di que­ste ele­zio­ni.

Dal pri­mo al secon­do tur­no, Petro è pas­sa­to in tre set­ti­ma­ne da 5 a 8 milio­ni di voti, non solo recu­pe­ran­do una buo­na fet­ta degli elet­to­ri del cen­tri­sta Ser­gio Fajar­do, ma mobi­li­tan­do un elet­to­ra­to gio­va­ni­le che era sta­to apa­ti­co fino a ieri e che si è mos­so con entu­sia­smo. Petro vin­ce a Bogo­tá, e nel­le regio­ni Atlán­ti­co, Nariño, Cau­ca, Cho­có, Vau­pés, Sucre, Putu­mayo e Val­le.

La vit­to­ria di Duque aller­ta i set­to­ri demo­cra­ti­ci e pro­gres­si­sti in Colom­bia, in Ame­ri­ca Lati­na e nel mon­do. L’uri­bi­smo tor­na al coman­do del­la Casa di Nariño e il Pae­se sarà gover­na­to da una for­za oli­gar­chi­ca e filo-Washing­ton, acer­ri­ma avver­sa­ria degli accor­di di pace fir­ma­ti dal gover­no e dal­la guer­ri­glia del­le For­ze Arma­te Rivo­lu­zio­na­rie del­la Colom­bia (FARC-EP).

Ed un pun­to inter­ro­ga­ti­vo si apre sul futu­ro dei col­lo­qui di pace con l’altra for­za guer­ri­glie­ra dell’ Eser­ci­to di Libe­ra­zio­ne Nazio­na­le (ELN) in cor­so a Cuba, dopo che il gover­no dell’Ecuador ave­va deci­so di non ospi­ta­re più il dia­lo­go.

Rie­mer­go­no i fan­ta­smi del pas­sa­to, del­la guer­ra, pro­prio quan­do il  Pae­se avreb­be biso­gno di pace, con giu­sti­zia socia­le e demo­cra­zia, per sana­re le feri­te di un con­flit­to arma­to di oltre 50 anni. Nell’aprile del 2017, secon­do I dati del Regi­stro Úni­co de Víc­ti­mas (RUV) (1) cita­ti dal Pre­si­den­te San­tos, il con­flit­to ave­va pro­vo­ca­to 983.033 omi­ci­di, 165.927 desa­pa­re­ci­dos, 10.237 tor­tu­ra­ti e 34.814 seque­stra­ti.

A distan­za di  poco più di un anno, nono­stan­te la fir­ma degli accor­di di pace, le cifre sono in pre­oc­cu­pan­te aumen­to. Infat­ti la smo­bi­li­ta­zio­ne del­le FARC-EP è sta­ta segui­ta da un incre­men­to degli omi­ci­di di diri­gen­ti socia­li e difen­so­ri dei dirit­ti uma­ni, non che dall’occupazione para­mi­li­ta­re dei ter­ri­to­ri abban­do­na­ti dagli ex-guer­ri­glie­ri, sot­to  gli occhi dell’Esercito. Da non sot­to­va­lu­ta­re anche il feno­me­no di dimen­sio­ni bibli­che degli sfol­la­ti che rag­giun­go­no la cifra di qua­si 7 milio­ni di esse­ri uma­ni (di cui alcu­ni milio­ni in Vene­zue­la) e che pre­mo­no per un ritor­no alle loro ter­re, ruba­te loro dai lati­fon­di­sti, gra­zie al piom­bo del­le squa­drac­ce para­mi­li­ta­ri.

Con la vit­to­ria di Duque, gioi­sco­no i car­tel­li del­la dro­ga e i nar­co-traf­fi­can­ti, a comin­cia­re da Alva­ro Uri­be, a suo tem­po segna­la­to dal­la stes­sa DEA (agen­zia anti­dro­ga sta­tu­ni­ten­se) per ave­re le mani in pasta nel lucro­so affa­re del traf­fi­co di cocai­na. Ed applau­de il para­mi­li­ta­ri­smo, che non ha fat­to miste­ro del pro­prio appog­gio a Duque, il qua­le non ha fia­ta­to in meri­to.  Det­to in altri ter­mi­ni, il nar­co-para­mi­li­ta­ri­smo esce raf­for­za­to con pro­te­zio­ni al mas­si­mo livel­lo, di cui ha già godu­to duran­te il man­da­to di Uri­be.

Duque non avrà vita faci­le per met­te­re sot­to con­trol­lo tota­le il pote­re giu­di­zia­rio, por­re fine alla “giu­sti­zia di tran­si­zio­ne” fir­ma­ta negli Accor­di di Pace e soprat­tut­to evi­ta­re che l’ex-Presidente Uri­be vada in car­ce­re, viste le mol­te­pli­ci denun­ce per cri­mi­ni di lesa uma­ni­tà, tra cui i cosid­det­ti “fal­si posi­ti­vi”, e i suoi vin­co­li pro­va­ti con i nar­cos.

Un pro­ble­ma non più rin­via­bi­le per il nuo­vo gover­no è quel­lo dell’estrattivismo mine­ra­rio ille­ga­le che rap­pre­sen­ta una gra­ve minac­cia per l’ambiente e la salu­te uma­na, dato che la pesan­te con­ta­mi­na­zio­ne riguar­da ben 500 muni­ci­pi con un serio pro­ble­ma di distru­zio­ne ambien­ta­le. Per non par­la­re di quel­lo lega­le, nel­la sua qua­si tota­li­tà in mano a mul­ti­na­zio­na­li stra­nie­re e del qua­le la Colom­bia rice­ve le bri­cio­le.

Oltre che la poli­ti­ca inter­na, anche la poli­ti­ca este­ra sarà un serio ban­co di pro­va per il nuo­vo gover­no. Come si ricor­de­rà, gra­zie al “Nobel per la pace” San­tos, la Colom­bia ha appe­na otte­nu­to lo sta­tus di “part­ner glo­ba­le” (asso­cia­to ester­no) del­la NATO, l’alleanza mili­ta­re nord atlan­ti­ca, che così si esten­de in Ame­ri­ca Lati­na.

Oltre ad una sto­ri­ca pre­sen­za israe­lia­na, nel Pae­se ci sono una deci­na di basi mili­ta­ri sta­tu­ni­ten­si, pron­te ad esse­re usa­te con­tro i gover­ni “ribel­li” del­la regio­ne. Per quan­to riguar­da i Pae­si  vici­ni, i rap­por­ti con il Vene­zue­la boli­va­ria­no non sono mai sta­ti idil­lia­ci e il ritor­no dell’uribismo alla Casa di Nariño non fa pre­sa­gi­re nul­la di buo­no. Tesa è anche la situa­zio­ne con l’Ecuador  alla cui fron­tie­ra nei mesi scor­si ci sono sta­ti epi­so­di di vio­len­za con una matri­ce tut­ta da chia­ri­re, attri­bui­ta uffi­cial­men­te ai “dis­si­den­ti” del­le FARC che non han­no volu­te con­se­gna­re le armi. Ed in cam­pa­gna elet­to­ra­le Duque ha pro­mes­so di fare usci­re la Colom­bia dall’Unasur (Unio­ne del­le Nazio­ni Sud Ame­ri­ca­ne).

La Colom­bia uri­bi­sta rima­ne una spi­na nel fian­co dei pro­ces­si di eman­ci­pa­zio­ne del con­ti­nen­te lati­no-ame­ri­ca­no. E il 1° luglio si vota in Mes­si­co per il nuo­vo Pre­si­den­te.

Nota: la cum­bia è una musi­ca popo­la­re, un can­to e una dan­za colom­bia­na

Mar­co Con­so­lo

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