La cumbia della destra colombiana: sulle elezioni in Colombia

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Tut­to come pre­vi­sto in Colom­bia. Con il 97% dei voti scru­ti­na­ti il nuo­vo Pre­si­den­te è Ivan Duque, can­di­da­to del­la destra estre­ma del “Cen­tro demo­cra­ti­co” e soprat­tut­to dell’ex-Presidente Alva­ro Uri­be, il vero burat­ti­na­io di que­ste ele­zio­ni.

Dei cir­ca 36 milio­ni di elet­to­ri chia­ma­ti alle urne, ha vota­to il 52 %.  Ivan Duque vin­ce con il 54 % dei voti (più di 10 milio­ni di suf­fra­gi), con­tro il 42 % di Gusta­vo Petro (più di 8 milio­ni di voti), can­di­da­to del cen­tro-sini­stra, e con 800.000 (4 %) sche­de bian­che che han­no fini­to per favo­ri­re Duque.

Nono­stan­te la ban­ca­rot­ta mora­le del­la eli­te tra­di­zio­na­le, la mag­gio­ran­za degli elet­to­ri ha quin­di appog­gia­to un can­di­da­to di 44 anni, figlio dell’ex gover­na­to­re di Anti­o­quia, un ram­pol­lo dell’elite man­da­to a stu­dia­re nel­le uni­ver­si­tà sta­tu­ni­ten­si, che negli ulti­mi 4 anni è  sta­to sena­to­re, elet­to gra­zie all’appoggio inquie­tan­te di Uri­be.

Al secon­do tur­no, Duque ha avu­to dal­la sua par­te l’arco com­ple­to dei par­ti­ti tra­di­zio­na­li e dell’esta­blish­ment con­ser­va­to­re in bloc­co. Si appro­fon­di­sce così il con­trol­lo dei pote­ri pub­bli­ci da par­te di una for­za rea­zio­na­ria, che già con­trol­la il par­la­men­to e che pesa in manie­ra deter­mi­nan­te all’interno del pote­re giu­di­zia­rio.

Negli anni, l’oligarchia ha con­so­li­da­to un bloc­co di pote­re con una for­te base socia­le nel­le cam­pa­gne (dove i lati­fon­di­sti fan­no il bel­lo e il cat­ti­vo tem­po), ma che con­ta inol­tre su ban­chie­ri, indu­stria­li e gli alti coman­di del­le For­ze Arma­te.

In que­ste ele­zio­ni si scon­tra­va­no due model­li di Pae­se. Il pri­mo, rap­pre­sen­ta­to da Duque, è quel­lo di una oli­gar­chia ran­co­ro­sa e ven­di­ca­ti­va, bi-par­ti­san, non dispo­sta a cede­re un mil­li­me­tro dei suoi pri­vi­le­gi sto­ri­ci e che ha mes­so a dispo­si­zio­ne impres­sio­nan­ti risor­se finan­zia­rie per vin­ce­re. Un’ oli­gar­chia dispo­sta a tut­to pur di con­ti­nua­re nel cam­mi­no neo-libe­ra­le.

Il secon­do, quel­lo di Petro, che aspi­ra­va alla pace con mag­gio­re giu­sti­zia socia­le e che per la pri­ma vol­ta ave­va mes­so insie­me una ine­di­ta coa­li­zio­ne di for­ze, la “Colom­bia huma­na”, appog­gia­ta al secon­do tur­no da un ampio schie­ra­men­to (dai libe­ra­li dis­si­den­ti ai comu­ni­sti).

Il suo pro­gram­ma pre­ve­de­va la dife­sa degli accor­di di pace e del­la pro­po­sta di ricon­ci­lia­zio­ne nazio­na­le, il rispet­to dei dirit­ti uma­ni, la lot­ta con­tro la cor­ru­zio­ne, la tute­la dell’ambiente, la salu­te e l’educazione come dirit­ti uni­ver­sa­li, la tra­sfor­ma­zio­ne del model­lo eco­no­mi­co per ridur­re le dise­gua­glian­ze.  Si trat­ta­va di un’occasione per incri­na­re il ciclo del clien­te­li­smo, del­la cor­ru­zio­ne, del model­lo di accu­mu­la­zio­ne del capi­ta­le con la vio­len­za ed il  sac­cheg­gio.

Ma nono­stan­te la scon­fit­ta, il vero mira­co­lo  è sta­to il risul­ta­to di Petro. Ex-guer­ri­glie­ro del M‑19 (ha scon­ta­to il car­ce­re da cui è usci­to gra­zie all’accordo di pace col gover­no di Vir­gi­lio Bar­co), eco­no­mi­sta, par­la­men­ta­re ed ex-sin­da­co di Bogo­tà, Petro tri­pli­ca il risul­ta­to di Car­los Gavi­ria, lo scom­par­so ex-magi­stra­to che nel 2006 ave­va rap­pre­sen­ta­to il cen­tro sini­stra.  Quel­lo di ieri è un risul­ta­to sto­ri­co per il cen­tro sini­stra e la sini­stra. Non era mai suc­ces­so nel­la sto­ria colom­bia­na che fos­se­ro arri­va­ti così vici­ni al gover­no. Nono­stan­te l’opposizione aggres­si­va di tut­to l’establishment ed una fero­ce cam­pa­gna media­ti­ca che accu­sa­va Petro di esse­re un “ter­ro­ri­sta castro-cha­vi­sta”, leit-motiv di que­ste ele­zio­ni.

Dal pri­mo al secon­do tur­no, Petro è pas­sa­to in tre set­ti­ma­ne da 5 a 8 milio­ni di voti, non solo recu­pe­ran­do una buo­na fet­ta degli elet­to­ri del cen­tri­sta Ser­gio Fajar­do, ma mobi­li­tan­do un elet­to­ra­to gio­va­ni­le che era sta­to apa­ti­co fino a ieri e che si è mos­so con entu­sia­smo. Petro vin­ce a Bogo­tá, e nel­le regio­ni Atlán­ti­co, Nariño, Cau­ca, Cho­có, Vau­pés, Sucre, Putu­mayo e Val­le.

La vit­to­ria di Duque aller­ta i set­to­ri demo­cra­ti­ci e pro­gres­si­sti in Colom­bia, in Ame­ri­ca Lati­na e nel mon­do. L’uri­bi­smo tor­na al coman­do del­la Casa di Nariño e il Pae­se sarà gover­na­to da una for­za oli­gar­chi­ca e filo-Washing­ton, acer­ri­ma avver­sa­ria degli accor­di di pace fir­ma­ti dal gover­no e dal­la guer­ri­glia del­le For­ze Arma­te Rivo­lu­zio­na­rie del­la Colom­bia (FARC-EP).

Ed un pun­to inter­ro­ga­ti­vo si apre sul futu­ro dei col­lo­qui di pace con l’altra for­za guer­ri­glie­ra dell’ Eser­ci­to di Libe­ra­zio­ne Nazio­na­le (ELN) in cor­so a Cuba, dopo che il gover­no dell’Ecuador ave­va deci­so di non ospi­ta­re più il dia­lo­go.

Rie­mer­go­no i fan­ta­smi del pas­sa­to, del­la guer­ra, pro­prio quan­do il  Pae­se avreb­be biso­gno di pace, con giu­sti­zia socia­le e demo­cra­zia, per sana­re le feri­te di un con­flit­to arma­to di oltre 50 anni. Nell’aprile del 2017, secon­do I dati del Regi­stro Úni­co de Víc­ti­mas (RUV) (1) cita­ti dal Pre­si­den­te San­tos, il con­flit­to ave­va pro­vo­ca­to 983.033 omi­ci­di, 165.927 desa­pa­re­ci­dos, 10.237 tor­tu­ra­ti e 34.814 seque­stra­ti.

A distan­za di  poco più di un anno, nono­stan­te la fir­ma degli accor­di di pace, le cifre sono in pre­oc­cu­pan­te aumen­to. Infat­ti la smo­bi­li­ta­zio­ne del­le FARC-EP è sta­ta segui­ta da un incre­men­to degli omi­ci­di di diri­gen­ti socia­li e difen­so­ri dei dirit­ti uma­ni, non che dall’occupazione para­mi­li­ta­re dei ter­ri­to­ri abban­do­na­ti dagli ex-guer­ri­glie­ri, sot­to  gli occhi dell’Esercito. Da non sot­to­va­lu­ta­re anche il feno­me­no di dimen­sio­ni bibli­che degli sfol­la­ti che rag­giun­go­no la cifra di qua­si 7 milio­ni di esse­ri uma­ni (di cui alcu­ni milio­ni in Vene­zue­la) e che pre­mo­no per un ritor­no alle loro ter­re, ruba­te loro dai lati­fon­di­sti, gra­zie al piom­bo del­le squa­drac­ce para­mi­li­ta­ri.

Con la vit­to­ria di Duque, gioi­sco­no i car­tel­li del­la dro­ga e i nar­co-traf­fi­can­ti, a comin­cia­re da Alva­ro Uri­be, a suo tem­po segna­la­to dal­la stes­sa DEA (agen­zia anti­dro­ga sta­tu­ni­ten­se) per ave­re le mani in pasta nel lucro­so affa­re del traf­fi­co di cocai­na. Ed applau­de il para­mi­li­ta­ri­smo, che non ha fat­to miste­ro del pro­prio appog­gio a Duque, il qua­le non ha fia­ta­to in meri­to.  Det­to in altri ter­mi­ni, il nar­co-para­mi­li­ta­ri­smo esce raf­for­za­to con pro­te­zio­ni al mas­si­mo livel­lo, di cui ha già godu­to duran­te il man­da­to di Uri­be.

Duque non avrà vita faci­le per met­te­re sot­to con­trol­lo tota­le il pote­re giu­di­zia­rio, por­re fine alla “giu­sti­zia di tran­si­zio­ne” fir­ma­ta negli Accor­di di Pace e soprat­tut­to evi­ta­re che l’ex-Presidente Uri­be vada in car­ce­re, viste le mol­te­pli­ci denun­ce per cri­mi­ni di lesa uma­ni­tà, tra cui i cosid­det­ti “fal­si posi­ti­vi”, e i suoi vin­co­li pro­va­ti con i nar­cos.

Un pro­ble­ma non più rin­via­bi­le per il nuo­vo gover­no è quel­lo dell’estrattivismo mine­ra­rio ille­ga­le che rap­pre­sen­ta una gra­ve minac­cia per l’ambiente e la salu­te uma­na, dato che la pesan­te con­ta­mi­na­zio­ne riguar­da ben 500 muni­ci­pi con un serio pro­ble­ma di distru­zio­ne ambien­ta­le. Per non par­la­re di quel­lo lega­le, nel­la sua qua­si tota­li­tà in mano a mul­ti­na­zio­na­li stra­nie­re e del qua­le la Colom­bia rice­ve le bri­cio­le.

Oltre che la poli­ti­ca inter­na, anche la poli­ti­ca este­ra sarà un serio ban­co di pro­va per il nuo­vo gover­no. Come si ricor­de­rà, gra­zie al “Nobel per la pace” San­tos, la Colom­bia ha appe­na otte­nu­to lo sta­tus di “part­ner glo­ba­le” (asso­cia­to ester­no) del­la NATO, l’alleanza mili­ta­re nord atlan­ti­ca, che così si esten­de in Ame­ri­ca Lati­na.

Oltre ad una sto­ri­ca pre­sen­za israe­lia­na, nel Pae­se ci sono una deci­na di basi mili­ta­ri sta­tu­ni­ten­si, pron­te ad esse­re usa­te con­tro i gover­ni “ribel­li” del­la regio­ne. Per quan­to riguar­da i Pae­si  vici­ni, i rap­por­ti con il Vene­zue­la boli­va­ria­no non sono mai sta­ti idil­lia­ci e il ritor­no dell’uribismo alla Casa di Nariño non fa pre­sa­gi­re nul­la di buo­no. Tesa è anche la situa­zio­ne con l’Ecuador  alla cui fron­tie­ra nei mesi scor­si ci sono sta­ti epi­so­di di vio­len­za con una matri­ce tut­ta da chia­ri­re, attri­bui­ta uffi­cial­men­te ai “dis­si­den­ti” del­le FARC che non han­no volu­te con­se­gna­re le armi. Ed in cam­pa­gna elet­to­ra­le Duque ha pro­mes­so di fare usci­re la Colom­bia dall’Unasur (Unio­ne del­le Nazio­ni Sud Ame­ri­ca­ne).

La Colom­bia uri­bi­sta rima­ne una spi­na nel fian­co dei pro­ces­si di eman­ci­pa­zio­ne del con­ti­nen­te lati­no-ame­ri­ca­no. E il 1° luglio si vota in Mes­si­co per il nuo­vo Pre­si­den­te.

Nota: la cum­bia è una musi­ca popo­la­re, un can­to e una dan­za colom­bia­na

Mar­co Con­so­lo

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