Milei, il Che Guevara al contrario.

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La pre­sen­za in Ita­lia del pre­si­den­te argen­ti­no Javier Milei alla festa di Fra­tel­li d’Italia, dove ha rac­col­to un con­sen­so entu­sia­sta da par­te dei par­te­ci­pan­ti, ha for­se con­sen­ti­to di por­re un ulte­rio­re tas­sel­lo nel­la com­pren­sio­ne del­le diver­se figu­re poli­ti­che che gover­na­no la lun­ga “con­tro­ri­vo­lu­zio­ne” capi­ta­li­sta. For­se non è sem­pli­ce e nem­me­no uti­le inse­ri­re que­sto per­so­nag­gio in una cate­go­ria poli­ti­ca: estre­mi­sta di destra, espres­sio­ne di un dar­wi­ni­smo puro, ultra­li­be­ri­sta? Lui si defi­ni­sce “anar­co-capi­ta­li­sta”. È un ossi­mo­ro non c’è ovvia­men­te nul­la di “anar­chi­co”, poli­ti­ca­men­te par­lan­do, nel suo pro­get­to poli­ti­co. Nel­la cam­pa­gna elet­to­ra­le del 2023 si pre­sen­ta­va con una moto­se­ga come sim­bo­lo del­la volon­tà di abbat­te­re atti­vi­tà e com­pe­ten­ze del­lo Sta­to, infat­ti lui sostie­ne di “odia­re lo sta­to” e di esse­re per la mas­si­ma dere­go­la­men­ta­zio­ne (la fami­ge­ra­ta dere­gu­la­tion). In real­tà il pro­get­to non è nuo­vo, si basa sull’idea di “sca­te­na­re gli istin­ti sel­vag­gi del Capi­ta­le”, di lascia­re il mas­si­mo di liber­tà alla “mano invi­si­bi­le del mer­ca­to” con la con­vin­zio­ne, pret­ta­men­te ideo­lo­gi­ca e mai veri­fi­ca­ta, che in que­sto modo spon­ta­nea­men­te si con­dur­reb­be l’economia a risul­ta­ti otti­ma­li per tut­ti. In que­sto pri­mo anno di gover­no in real­tà ha raf­for­za­to enor­me­men­te lo Sta­to di poli­zia, otte­nen­do anche risul­ta­ti macroe­co­no­mi­ci mol­to apprez­za­ti dai gran­di media main­stream. Nei com­men­ti di que­sti gior­ni, anche in quel­li cri­ti­ci, si tace, for­se inten­zio­nal­men­te, for­se per sem­pli­ce igno­ran­za, il fat­to che il neo­li­be­ri­smo nasce come espe­ri­men­to eco­no­mi­co-socia­le pri­ma nel Cile di Pino­chet, poi nel­la dit­ta­tu­ra argen­ti­na di Vide­la (ammi­ra­ta da Milei). I cosid­det­ti “Chi­ca­go boys” con­su­len­ti del dit­ta­to­re Pino­chet indi­riz­za­ro­no le poli­ti­che eco­no­mi­che ver­so la com­ple­ta libe­ra­liz­za­zio­ne eco­no­mi­ca. Il pre­mio Nobel Amar­tya Sen, ha soste­nu­to che le poli­ti­che di que­sti stu­den­ti, che si era­no for­ma­ti all’Università di Chi­ca­go, era­no inten­zio­nal­men­te inte­se a ser­vi­re gli inte­res­si del­le socie­tà sta­tu­ni­ten­si a spe­se del­le popo­la­zio­ni lati­noa­me­ri­ca­ne.
Con la tra­du­zio­ne di que­sto arti­co­lo, che trac­cia un sin­te­ti­co bilan­cio del pri­mo anno del gover­no Milei, ini­zia­mo a for­ni­re alcu­ni con­tri­bu­ti sul­la situa­zio­ne poli­ti­ca odier­na in Ame­ri­ca.

 

Javier Milei e la sua guer­ra con­tro “quel­li di sot­to”

Di Darío Aran­da | 16/12/2024

Disprez­zo per chi sta in bas­so e osse­quio­si­tà nel ser­vi­re chi sta in alto: que­sto il rias­sun­to del­l’an­no di pre­si­den­za di Javier Milei. La radi­ce del pro­ble­ma è a chi rispon­de, per chi gover­na. Con la com­pli­ci­tà di ampi set­to­ri poli­ti­ci e giu­di­zia­ri, ha attac­ca­to le popo­la­zio­ni indi­ge­ne. Cer­ca di appro­fon­di­re un model­lo eco­no­mi­co e socia­le che garan­ti­sca la dipen­den­za, la pover­tà e la vio­la­zio­ne dei dirit­ti. Più estrat­ti­vi­smo e meno demo­cra­zia.

Quan­do la real­tà vie­ne alte­ra­ta in modo estre­mo, diven­ta neces­sa­rio cer­ca­re altre cate­go­rie di ana­li­si con cui pen­sa­re, quin­di agi­re e tra­sfor­ma­re la real­tà. Con il tas­so di pover­tà al 50%, con un milio­ne di bam­bi­ni sen­za cena ogni sera,  con la rimo­zio­ne del­le medi­ci­ne ai pen­sio­na­ti e una poli­ti­ca che, con com­pli­ci­tà giu­di­zia­ria, deva­sta i ter­ri­to­ri, non basta dire che si trat­ta solo di un model­lo eco­no­mi­co. Un’al­tra cate­go­ria pos­si­bi­le per pen­sa­re alla real­tà è che: “ci han­no dichia­ra­to guer­ra”, come han­no spie­ga­to in nume­ro­se occa­sio­ni gli zapa­ti­sti, rife­ren­do­si alle poli­ti­che eco­no­mi­che, socia­li e repres­si­ve che subi­sco­no.

Il 10 dicem­bre, in occa­sio­ne del­la Gior­na­ta inter­na­zio­na­le dei dirit­ti uma­ni, e anni­ver­sa­rio del ritor­no alla demo­cra­zia in Argen­ti­na—, il pre­si­den­te Javier Milei ha deci­so, per decre­to, di por­re fine alla leg­ge nazio­na­le 26.160 che pro­teg­ge­va i dirit­ti dei popo­li indi­ge­ni. Un altro esem­pio del disprez­zo per colo­ro che stan­no in bas­so e la sua coe­ren­za nel ser­vi­re colo­ro che stan­no in alto. Ma Milei non è il pro­ble­ma più gran­de, ma a chi rispon­de e per chi gover­na.

A Chu­but, il lon­ko (capo mapu­che) Mau­ro Mil­lán ana­liz­za l’ul­ti­mo assal­to di Milei e rias­su­me: “La nostra lot­ta è per l’e­si­sten­za dei popo­li”. Nel­la stes­sa Pata­go­nia, negli ulti­mi anni sono avve­nu­ti tre omi­ci­di nel­la lot­ta per i ter­ri­to­ri: Rafael NahuelSan­tia­go Mal­do­na­do e Elías Garay Cañi­col. I pri­mi due duran­te il man­da­to di Patri­cia Bull­rich a capo del Mini­ste­ro del­la Sicu­rez­za di Mau­ri­cio Macri. La stes­sa posi­zio­ne con cui è sta­ta pre­mia­ta da Milei.

Da anni a Cata­mar­ca e San Juan si denun­cia la “dit­ta­tu­ra mine­ra­ria”, dove le assem­blee denun­cia­no con chia­ri esem­pi come le mul­ti­na­zio­na­li estrat­ti­ve gesti­sca­no a pia­ci­men­to gover­na­to­ri, legi­sla­to­ri e magi­stra­tu­ra.

A colo­ro che vivo­no in cit­tà e colo­ro che non esco­no dal­la real­po­li­tik (cioè con più prag­ma­ti­smo che coe­ren­za ideo­lo­gi­ca) sem­bra esa­ge­ra­to par­la­re di “dit­ta­tu­re mine­ra­rie” e di “guer­re” per la vita. For­se qual­che gior­no ad Andal­ga­lá, Sali­nas Gran­des (epi­cen­tro del dispu­ta sul litio), Las Lomi­tas (For­mo­sa), Ari­stó­bu­lo del Val­le (Misio­nes) o Las Laji­tas (Sal­ta) fareb­be loro cam­bia­re idea. Sono posti dove il pote­re eco­no­mi­co fa quel­lo che vuo­le, con com­pli­ci­tà tota­le del pote­re poli­ti­co e giu­di­zia­rio.

“Duran­te il colo­nia­li­smo c’e­ra una distri­bu­zio­ne del­le regio­ni e del­la ric­chez­za. Il capi­ta­li­smo di oggi sta ricon­fi­gu­ran­do anco­ra una vol­ta la map­pa del­l’A­me­ri­ca, c’è una nuo­va distri­bu­zio­ne per inte­res­si eco­no­mi­ci, le mul­ti­na­zio­na­li legi­fe­ra­no per i nostri legi­sla­to­ri, che ser­vo­no atti­va­men­te gli inte­res­si di que­ste azien­de”, ha rias­sun­to accu­ra­ta­men­te Mar­cos Pastra­na, non­no di Dia­gui­ta di Tafí del Val­le (Tucu­mán).

L’at­tac­co ai bam­bi­ni, ai non­ni, alle per­so­ne con disa­bi­li­tà, ai lavo­ra­to­ri del­l’e­co­no­mia socia­le e alle don­ne – per cita­re solo cin­que set­to­ri – è dram­ma­ti­co.

Come negli anni del­la dit­ta­tu­ra, gli allar­mi arri­va­no dal­l’e­ste­ro. Il 4 dicem­bre, la Com­mis­sio­ne Inte­ra­me­ri­ca­na per i Dirit­ti Uma­ni (IACHR) ha espres­so la sua pre­oc­cu­pa­zio­ne per “le deci­sio­ni ammi­ni­stra­ti­ve del­l’Ar­gen­ti­na che potreb­be­ro influen­za­re la pro­te­zio­ne dei dirit­ti dei popo­li indi­ge­ni alle ter­re, ai ter­ri­to­ri e alle risor­se natu­ra­li e il loro eser­ci­zio del dirit­to all’au­to­de­ter­mi­na­zio­ne”. Ha esor­ta­to lo Sta­to a “rispet­ta­re i suoi dove­ri inter­na­zio­na­li in ter­mi­ni di dirit­ti” dei popo­li indi­ge­ni, in par­ti­co­la­re quel­li rela­ti­vi alla ter­ra. E spe­ci­fi­ca che il con­te­sto del­l’Ar­gen­ti­na è quel­lo di “bat­tu­te d’ar­re­sto nel rico­no­sci­men­to dei ter­ri­to­ri indi­ge­ni e sfrat­ti for­za­ti di comu­ni­tà in pro­vin­ce come Jujuy, Río e Chu­but”.

Il Movi­men­to Nazio­na­le Con­ta­di­no Sia­mo Ter­ra (MNCI-ST) ha rias­sun­to: “Un anno di attac­chi all’a­gri­col­tu­ra fami­lia­re, con­ta­di­na e indi­ge­na. Cibo più costo­so e più fame”. E han­no sot­to­li­nea­to:

    • Cri­si ali­men­ta­re sen­za pre­ce­den­ti nel­la nostra sto­ria recen­te.
    • 140% di aumen­to dei prez­zi dei pro­dot­ti ali­men­ta­ri.
    • Il 12% del­la popo­la­zio­ne sof­fre la fame.
    • Il 25% del­la popo­la­zio­ne sof­fre di insi­cu­rez­za ali­men­ta­re.
    • Il con­su­mo inter­no di car­ne bovi­na è il più bas­so degli ulti­mi 28 anni (11% in meno rispet­to al 2023).

Anche il gior­na­li­smo non dipen­den­te, che decen­ni fa fun­ge­va da con­trap­pe­so, non se la pas­sa bene. “Cen­su­ra, vio­len­za, pre­ca­rie­tà e poli­ti­che di silen­zia­men­to: la liber­tà di espres­sio­ne ha subi­to un attac­co siste­ma­ti­co duran­te il pri­mo anno di gover­no di Milei”, ha denun­cia­to l’U­nio­ne del­la Stam­pa di Bue­nos Aires (Sipre­ba). E, cosa nota, se è così che si vive nel­la cit­tà di Bue­nos Aires, le pro­vin­ce sono mol­to peg­gio.

Com­pli­ci, respon­sa­bi­li e ver­ti­ci

Javier Milei assun­se il pote­re con soli 37 depu­ta­ti (su 257 seg­gi) e set­te sena­to­ri (su 72). Tut­ta­via, otten­ne mag­gio­ran­ze par­la­men­ta­ri insie­me al PRO, all’U­CR e a set­to­ri del pero­ni­smo. Così come l’ac­qui­sto di voti con la “Leg­ge Banel­co” nel 2000, i recen­ti casi del sena­to­re Edgar­do Kuei­der e di Cri­stian Riton­do (capo del ban­co PRO) sono solo esem­pi di espo­nen­ti del­la casta. Sono set­to­ri poli­ti­ci che par­la­no di “popo­lo” o “popo­lo”, ma non viag­gia­no in tre­no, non ven­go­no cura­ti negli ospe­da­li pub­bli­ci e i loro figli non fre­quen­ta­no le scuo­le pub­bli­che. Tan­to meno met­to­no pie­de in un quar­tie­re ope­ra­io (tran­ne che duran­te le ele­zio­ni).

Nel­la cit­tà di Bue­nos Aires, la più ric­ca del Pae­se, è diven­ta­to “nor­ma­le” vede­re per­so­ne in cer­ca di cibo nel­la spaz­za­tu­ra – cor­pi som­mer­si in con­te­ni­to­ri maleo­do­ran­ti – inte­re fami­glie che vivo­no nel­le piaz­ze e sot­to le auto­stra­de, ban­co­mat del­le ban­che come rifu­gio per i sen­za­tet­to. “Dan­ni col­la­te­ra­li”, come li chia­ma­no nel­le guer­re, per com­pia­ce­re gli spe­cu­la­to­ri inter­na­zio­na­li e il FMI.

“La vera divi­sio­ne che deve esse­re fat­ta è tra colo­ro che sono con la lot­ta del popo­lo e colo­ro che sono con la resa (…) Un lea­der sin­da­ca­le deve vive­re nel­le stes­se con­di­zio­ni dei lavo­ra­to­ri che rap­pre­sen­ta”, ha det­to lo sto­ri­co lea­der sin­da­ca­le Agu­stín Tosco.

L’at­tua­le CGT, sino­ni­mo di buro­cra­zia sin­da­ca­le, non ha let­to Tosco e tan­to meno ha segui­to il suo esem­pio. È com­pli­ce del­la sof­fe­ren­za dei lavo­ra­to­ri.

Il ter­zo ramo del­lo Sta­to, la magi­stra­tu­ra, è il più retro­gra­do e con­ser­va­to­re dei tre. Casi come quel­lo di Lago Escon­di­do (dove giu­di­ci e uomi­ni d’af­fa­ri si reca­ro­no nel ranch del magna­te Joe Lewis in Pata­go­nia) mostra­no la col­lu­sio­ne tra i fun­zio­na­ri giu­di­zia­ri e il pote­re eco­no­mi­co. Innu­me­re­vo­li casi, come il giu­di­ce Pablo Ori­t­ja a San Juan, il pro­cu­ra­to­re Mar­tín Camps di Cata­mar­ca o la Cor­te Supe­rio­re di Jujuy (scel­ta dal­l’al­lo­ra gover­na­to­re Gerar­do Mora­les).

Il pia­no di Milei è chia­ro. “Il Regi­me di Incen­ti­va­zio­ne per i Gran­di Inve­sti­men­ti (RIGI)” e l’ag­gres­sio­ne con­tro le popo­la­zio­ni indi­ge­ne han­no lo stes­so obiet­ti­vo: impa­dro­nir­si dei ter­ri­to­ri per con­se­gnar­li alle impre­se mine­ra­rie, petro­li­fe­re, fore­sta­li e agroa­li­men­ta­ri. Otte­ne­re “inve­sti­men­ti” estrat­ti­vi dal­le encla­ve, recu­pe­ra­re dol­la­ri faci­li per paga­re il debi­to este­ro e, allo stes­so tem­po, cau­sa­re con­se­guen­ze nega­ti­ve ambien­ta­li, sani­ta­rie e socia­li. E anche, ad aggra­va­re la dipen­den­za e la pover­tà, il posto asse­gna­to ai pae­si che for­ni­sco­no mate­rie pri­me.

Se la guer­ra è con­tro colo­ro che stan­no in bas­so, gli allea­ti e i bene­fi­cia­ri sono quel­li in alto. Da Elon Musk a fon­di di inve­sti­men­to come Blac­kRock e Van­guard, tra cui le mul­ti­na­zio­na­li Bayer-Mon­san­to, Syn­gen­ta, Bar­rick Gold, Rio Tin­to, Livent e Glen­co­re, tra le altre. A livel­lo loca­le, Eduar­do Elsz­tainMar­cos Gal­pe­rín, Hugo Sig­man e Sil­via Gold, Ale­jan­dro Bul­ghe­ro­ni (Pan Ame­ri­can Ener­gy), Luis Pérez Com­panc (Moli­nos Río de la Pla­ta, Moli­nos Agro e la com­pa­gnia ener­ge­ti­ca Pecom), Pao­lo Roc­ca (Techint), Mar­ce­lo Mind­lin (Pam­pa Ener­gía), Eduar­do Eur­ne­kian, Eduar­do Costan­ti­ni, Jor­ge Bri­to, Enri­que Eske­na­zi, Car­los Bla­quier Arrie­ta e fra­tel­li (Gru­po Lede­sma) e Miguel Galuc­cio (com­pa­gnia petro­li­fe­ra Vista) festeg­gia­no.

L’e­strat­ti­vi­smo non è un model­lo nuo­vo. Tut­ta l’in­ge­gne­ria lega­le moder­na è sta­ta san­zio­na­ta nel decen­nio di Menem. È attua­to nei ter­ri­to­ri duran­te tut­ti i gover­ni suc­ces­si­vi, a mag­gior ragio­ne in quel­li sedi­cen­ti “nazio­na­li e popo­la­ri”.
Tem­pi di guer­ra con­tro chi difen­de la ter­ra. Nel­la pri­ma trin­cea ci sono le comu­ni­tà indi­ge­ne, popo­li mil­le­na­ri che – nono­stan­te seco­li di repres­sio­ne – san­no cosa signi­fi­ca resi­ste­re e costrui­re un futu­ro.

Fon­te: https://agenciatierraviva.com.ar/javier-milei-y-su-guerra-contra-los-de-abajo/

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Redazione di Lotta Continua
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