di Silvio Antonini
Di fatto, a vent’anni dalla riedizione di Bandiera rossa nella Resistenza romana (Odradek, 2005), di Silverio Corvisieri, la cui prima edizione data, significativamente, 1968, per la, ugualmente significativa, casa editrice Samonà e Savelli, una nuova monografia torna a trattare le vicende del Movimento comunista d’Italia – Bandiera rossa. E a questo giro, la parola spetta a Marco Trasciani, romano, classe, 1958, specializzato in Filosofia pratica, con interessi relazionati alla memoria storica, già cimentatosi nelle faccende capitoline del periodo resistenziale con il saggio “Lotta senza quartiere”, I Socialisti nella Resistenza a Roma, 1943–1944 (Odradek, 2022).
Quando ci si appresta ad affrontare la storia di Bandiera rossa, bisogna innanzitutto riflettere su un’indicativa circostanza di tipo storiografico: il Movimento comunista d’Italia (Mcd’I), noto perlopiù con il nome del suo organo di stampa, è vissuto tra il 1943 e, grossomodo, il 1949, su per giù parallelamente al Partito d’azione (l’accostamento non è fuorviante). Un arco di tempo certo breve che, però, ha visto Bandiera rossa come prima formazione politica del Lazio nella Lotta partigiana, per attivi, feriti, internati e caduti. Ciononostante, a 75 anni dalla sua scomparsa, per contare gli autori che vi si siano esplicitamente cimentati bastano ed avanzano le dita d’una mano. Un fatto che non può essere attribuito al solo caso.
Come si è visto, la prima monografia sull’Mcd’I risale al 1968, ad una ventina di anni dalla dissoluzione, per una ricerca che giocoforza deve aver preso spunto dal clima politico e culturale della Contestazione. L’autore è il giornalista Silverio Corvisieri, di orientamento trotzkista, vicino alla IV Internazionale, e di lì a breve tra i fondatori e animatori di Avanguardia operaia, infatti l’unico gruppo della Nuova sinistra a manifestare espliciti rifacimenti a Bandiera rossa.
La cosa rimane lì. C’è il riflusso, la fine della Prima repubblica, quando riecco il vissuto di Bandiera rossa tornare alla ribalta, con un certo clamore. L’iniziativa spetta ora ad un ricercatore indipendente ed editore di origini libertarie abitante del Biellese, Roberto Gremmo. È il 1996 quando, con la sua casa editrice, la Elf, Gremmo pubblica due volumi: I Partigiani di Bandiera rossa, il Movimento comunista d’Italia nella Resistenza romana e I Comunisti di Bandiera rossa, L’Opposizione rivoluzionaria del Movimento comunista d’Italia, 1944–1947. Sebbene fosse di maggiore interesse il secondo volume, poiché si inoltra nel periodo della Ricostruzione, descrivendo l’epilogo di Bandiera rossa, mentre Corvisieri si era fermato alla Liberazione di Roma, è il primo volume a destare scandalo. Gremmo difatti, con qualche limite, alcuni errori e citazioni bibliografiche e archivistiche vaghe, ripesca qui a piene mani nella polemica contro il Pci, segnatamente sulla vicenda dell’azione gappista di via Rasella, in estrema sintesi – dice la tesi ripresa, banalizzando – voluta o favorita dal Partito attraverso i Gap proprio per far fuori il temuto Mcd’I, su cui si sarebbe scatenata maggiormente la rappresaglia, contrario ad azioni di quel tipo. Siamo nel pieno delle polemiche attorno al caso Priebke, in cui il revisionismo strumentale, che notoriamente, ancora, vede nel nesso via Rasella – Ardeatine il suo principale perno, naviga ormai a vele spiegate. La stampa di destra non si lascia sfuggire l’occasione di intervistare Gremmo, così come Corvisieri, alla ricerca di informazioni che potessero inchiodare i Gap alle loro responsabilità sulle Ardeatine. L’opera di Gremmo aveva indubbiamente finito per prestare il fianco in tal senso, anche se, va comunque scritto, non si mettevano affatto in discussione le responsabilità nazifasciste della Strage in sé. Ai due volumi avrebbe fatto quindi seguito una sorta di messa al bando. La presentazione del primo, pur con la presenza di Orfeo Mucci, tra i principali esponenti di Bandiera rossa, sarebbe stata rifiutata dallo stesso Museo storico della Liberazione di Roma, in via Tasso. A ciò si aggiungano le singolari scelte politiche di Gremmo, che, scorgendovi l’eco del federalismo libertario, sarebbe addirittura finito nella lega Nord, certo per poi uscirne, alimentando comunque, per forza di cose, i sospetti su possibili finalità di provocazione. Ad ogni modo, Gremmo avrebbe continuato a scrivere libri mantenendo in veste di autore le posizioni e le passioni libertarie di sempre.
Negli anni successivi alla ristampa del volume di Corvisieri, all’Mcd’I sarebbe stata dedicata una sporadica trattazione, con qualche articolo, qualche iniziativa pubblica riguardante singole biografie e delle mostre. A tal proposito va segnalata, negli anni recenti, l’iniziativa Filiberto Sbardella, La Terra è di chi la coltiva, ad opera di Pasquale Cicirelli e Claudio Gatti: una mostra dedicata alla figura dell’artista ed architetto, Combattente partigiano in Bandiera rossa, che vanta ormai una considerevole mole di documentazione, analogica e digitale, anche concernente la storia dell’Mcd’I.
In termini di studi storici, si deve aggiungere la tesi di dottorato di ricerca di David Broder della London school of ecomomics, disponibile in digitale con il titolo di Bandiera rossa, Communists in occupied Rome, 1943–44, ancora non tradotta e pubblicata in italiano.
Ecco perciò, al crepuscolo del 2024, questa nuova monografia, documentata e di scorrevole lettura, intitolata Una resistenza popolare, probabilmente per evitare sovrapposizioni ed omonimie con il lavoro di Corvisieri, che tratta lo stesso argomento e, grossomodo, la stessa area geografica e lo stesso arco cronologico. Dunque, quale altra carne si mette al fuoco? Il nucleo principale della documentazione archivistica menzionata è quello del Ricompart, il fondo depositato all’Archivio centrale dello Stato e dedicato al riconoscimento dei combattenti partigiani. Un supporto che dà modo a Trasciani di inoltrarsi nella storia fattuale della Lotta partigiana, a Roma e nel Lazio, con le relazioni in merito alle persone, ai fatti e alle attività delle bande, e di restituirla. Il libro si sarebbe potuto quindi intitolare anche Bandiera rossa nella Resistenza del Lazio, attraverso il Ricompart, 1943–44, con il rischio però di suonare troppo criptico e di non facile comprensione. Figurano comunque altre carte dell’Archivio centrale, afferenti il Casellario politico centrale e la Direzione generale di polizia, nonché l’Archivio Corvisieri, depositato al Museo storico della Liberazione di Roma, di cui vengono riprodotti alcuni pezzi, inediti. Accanto a questi grandi complessi documentali c’è la bibliografia canonica sulla Resistenza capitolina e, per l’appendice, le foto proprio dalla Mostra su Filiberto Sbardella.
In termini di novità sul piano storiografico, non essendo ora nel vivo delle polemiche che, comunque, se si pensa giusto al nesso via Rasella – Ardeatine, probabilmente esisteranno finché vi sarà memoria d’uomo, l’Autore può affrontare sine ira et studio determinati aspetti del periodo ricostruito. Emergono, o si confermano, dei dati, al netto di quanto scritto sopra, inconfutabili. L’Mcd’I si è dimostrato il partito con maggiori capacità di organizzazione ed attivazione delle masse nelle borgate, laddove il Pci non era riuscito ad inquadrare un vero e proprio seguito, potendo contare sull’eroismo dei propri Gap, giovani intellettuali perlopiù d’estrazione borghese. L’Mcd’I, sebbene in linea di principio coerente con il leninismo, restò un’organizzazione eterogenea che raccoglieva più sensibilità e posizioni politiche, fatta salva certo la pregiudiziale antidinastica. Sono prive di fondamento storiografico tutte le tesi che attribuiscano all’azione gappista di via Rasella altro fine oltre a quello di colpire l’occupante nazifascista. Ciò non toglie che Bandiera rossa intendesse adottare, al momento, un’altra strategia, più finalizzata ad organizzare e lanciare l’insurrezione a Roma che a colpire clamorosamente l’occupante.
Come già scritto, in ambito temporale, anche qui ci si ferma alla Liberazione di Roma. Trasciani potrebbe pensare ad un secondo volume per trattare, come finora ha fatto solo Gremmo, il periodo successivo, con la dissoluzione dell’organizzazione ed i destini dei protagonisti che si dividono. Anche gli esiti di questa storia sono di assoluto interesse.
Marco Trasciani, Una resistenza popolare, Storia di “Bandiera rossa” a Roma
Roma, Odradek, 2024, pp. 234, € 20.00