Marco Rossi, Livorno antimilitarista, Cronache dell’opposizione alla guerra, 1911–1919

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Ghez­za­no, Bfs, 2025, pp. 192, € 19.00.

Mar­co Ros­si, tra i mag­gio­ri stu­dio­si ed auto­ri per la sto­ria liber­ta­ria e di insu­bor­di­na­zio­ne in Ita­lia, ha nel­la sua cifra la disa­mi­na del nes­so com­bat­ten­ti­smo – sov­ver­si­vi­smo, venu­to in esse­re con gli scon­vol­gi­men­ti socia­li e poli­ti­ci del Pri­mo dopo­guer­ra. Sul pia­no nazio­na­le ed anche inter­na­zio­na­le ma sem­pre con un occhio di riguar­do per le vicen­de del­la, per mol­te ragio­ni signi­fi­ca­ti­va, real­tà di Livor­no.

In que­sto caso, l’Autore com­pie una sor­ta di pas­so indie­tro, attra­ver­so l’analisi del prin­ci­pio di quel bre­ve inter­lu­dio tra l’Italia com’era pri­ma e quel­la che sareb­be sta­ta poi, con la Guer­ra euro­pea, in segui­to det­ta Gran­de guer­ra e Pri­ma guer­ra mon­dia­le.

Il tema cen­tra­le del­la mono­gra­fia è come affron­ta il movi­men­to ope­ra­io l’entrata dell’Italia in guer­ra e qua­li sia­no i diver­si com­por­ta­men­ti e misu­re adot­ta­ti duran­te le svol­gi­men­to del con­flit­to.

Non è di per sé una trat­ta­zio­ne teo­ri­ca ed astrat­ta del dibat­ti­to interventismo/ neu­tra­li­smo, pur ine­vi­ta­bil­men­te pre­sen­te, ma una resti­tu­zio­ne del­le sue rica­du­te nel­la vita con­cre­ta di don­ne e di uomi­ni che face­va­no capo alle orga­niz­za­zio­ni di clas­se e che, come la stra­gran­de mag­gio­ran­za del­la popo­la­zio­ne, que­sta guer­ra per­lo­più non la vole­va­no.

C’è, a riguar­do, una par­te intro­dut­ti­va dal valo­re pro­pe­deu­ti­co sul­le guer­re colo­nia­li d’Africa che ave­va­no segna­to il nostro perio­do postu­ni­ta­rio con in nuce le posi­zio­ni e le con­trad­di­zio­ni che avreb­be­ro carat­te­riz­za­to l’ingresso nel­la Gran­de guer­ra: la Disfat­ta di Adua (1896) e la Guer­ra ita­lo – tur­ca di Libia (1911–12).

La ricer­ca pog­gia su una con­si­sten­te biblio­gra­fia, sul­la docu­men­ta­zio­ne d’archivio: gli archi­vi di Sta­to e l’immancabile Casel­la­rio poli­ti­co cen­tra­le, per segui­re le trac­ce del­le per­so­na­li­tà men­zio­na­te, e sul­le fon­ti a stam­pa dell’epoca. A Livor­no, la radi­ca­ta pre­sen­za del­la com­pa­gi­ne sov­ver­si­va, e la rela­ti­va mas­sic­cia dif­fu­sio­ne dei suoi orga­ni di stam­pa, ha fat­to sì che i perio­di­ci del­le for­ze pro­le­ta­rie giun­ges­se­ro a noi in nume­ro sod­di­sfa­cen­te. L’analoga stam­pa loca­le ante­guer­ra del­le altre zone del Pae­se è in lar­ga par­te anda­ta per­sa, prin­ci­pal­men­te nei roghi del­lo squa­dri­smo fasci­sta o, comun­que, per via dell’assalto del tem­po. Per cui, oltre alle car­te d’archivio, biso­gna spes­so far ricor­so alle, comun­que uti­lis­si­me, cro­na­che di par­te avver­sa, inve­ce con­ser­va­te dal Regi­me fasci­sta.

Che cosa si dedu­ce dal­la let­tu­ra di que­sto volu­me? Attra­ver­so la len­te dei tra­scor­si labro­ni­ci, emer­ge in tut­ta evi­den­za come l’interventismo fos­se un’espressione eli­ta­ria, tra­sver­sa­le alle cul­tu­re poli­ti­che: uno di quei feno­me­ni, come soven­te capi­ta, estre­ma­men­te mino­ri­ta­ri di una socie­tà che fini­sco­no per pren­de­re il soprav­ven­to in tem­pi sor­pren­den­te­men­te bre­vi. A Livor­no l’interventismo di piaz­za è espres­sio­ne dei cir­co­li bor­ghe­si. La clas­se ope­ra­ia ne è, per indo­le e tra­di­zio­ne, sostan­zial­men­te estra­nea. I socia­li­sti, che ne sono poli­ti­ca­men­te i prin­ci­pa­li rap­pre­sen­tan­ti, si cul­la­no nell’illusione, tan­to per cam­bia­re, che sia gra­zie a loro se l’Italia si attar­da ad entra­re in guer­ra e, da con­sue­tu­di­ne, resta­no lì, in balìa degli even­ti, aldi­là dell’impegno dei sin­go­li. Inve­ce, negli ambien­ti repub­bli­ca­ni e, in manie­ra mino­re, in quel­li anar­chi­ci si fa lar­go l’ipotesi di par­te­ci­pa­zio­ne all’agone bel­li­co in nome del­la liber­tà dei popo­li oppres­si dagli impe­ri cen­tra­li, nel­la con­vin­zio­ne che il pro­le­ta­ria­to deb­ba comun­que esse­re par­te­ci­pe agli scon­vol­gi­men­ti sto­ri­ci per trar­ne van­tag­gio e, non si sa mai, rica­var­ne pure una rivo­lu­zio­ne socia­le. È lo spi­ri­to dell’interventismo di sini­stra, quel­lo non nazio­na­li­sta, le cui ori­gi­ni si pos­so­no rin­trac­cia­re nel volon­ta­ri­smo gari­bal­di­no e nel Risor­gi­men­to demo­cra­ti­co, quel­lo dei cosid­det­ti pre­cur­so­ri, i gio­va­ni par­ti­ti volon­ta­ri per la Ser­bia e la Fran­cia quan­do Mus­so­li­ni era anco­ra neu­tra­li­sta. Uno spi­ri­to che si sareb­be infran­to sull’immane tra­ge­dia del Fron­te e sull’assenza di sboc­chi rivo­lu­zio­na­ri, alme­no in Ita­lia. Cio­no­no­stan­te, tra gli inter­ven­ti­sti non tut­ti avreb­be­ro abban­do­na­to i pro­po­si­ti rivo­lu­zio­na­ri, anzi. Lo si sareb­be visto di ritor­no dal Fron­te, a Livor­no come altro­ve, quan­do ai Com­bat­ten­ti di guer­ra sareb­be spes­so spet­ta­ta la gui­da del­le bat­ta­glie socia­li e poli­ti­che del­la clas­se lavo­ra­tri­ce, con­ta­di­na ed ope­ra­ia. Lo si sareb­be visto dian­zi alla vio­len­za filo­pa­dro­na­le e quin­di anti­o­pe­ra­ia del movi­men­to fasci­sta, quan­do l’idea d’una effi­ca­ce con­trap­po­si­zio­ne ad esso sul cam­po matu­rò pro­prio in seno al com­bat­ten­ti­smo e all’arditismo. Il fasci­smo ha infat­ti avu­to dif­fi­col­tà a radi­car­si lad­do­ve non era riu­sci­to a mono­po­liz­za­re l’associazionismo com­bat­ten­ti­sti­co e gli espo­nen­ti dell’interventismo. Gli Ardi­ti del popo­lo, d’indubbia matri­ce trin­ce­ri­sta, avreb­be­ro infi­ne tro­va­to ade­sio­ni ed appog­gi anche tra le per­so­na­li­tà e le cul­tu­re già d’espressione neu­tra­li­sta. La lot­ta mili­tan­te con­tro i Fasci avreb­be gio­co­for­za rac­col­to assie­me l’eredità com­ples­sa del cosid­det­to dician­no­vi­smo — e nel 1919 si fer­ma indi­ca­ti­va­men­te la rico­stru­zio­ne fat­ta nel sag­gio -, e del­le bat­ta­glie con­tro la guer­ra del 1917, pre­am­bo­lo di ciò che sareb­be avve­nu­to nel Bien­nio ros­so, una vol­ta cer­to rime­sco­la­te le car­te in tavo­la con il rien­tro dal Fron­te.

La rico­stru­zio­ne com­piu­ta dall’Autore ci tra­smet­te tut­to lo spi­ri­to del tem­po, del­la Livor­no e del cir­con­da­rio nel perio­do in ogget­to, con i luo­ghi, i fat­ti e le per­so­ne. Ele­men­ti che pos­so­no far risco­pri­re il sen­so di appar­te­nen­za ad un comu­ni­tà, ben oltre l’erudizione loca­li­sti­ca.

Sil­vio Anto­ni­ni

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Redazione di Lotta Continua
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