Fino a pochi giorni fa alla guida dell’Istituto geografico militare sedeva il generale Vannacci poi rimosso e trasferito ad altro incarico dal ministro della Difesa che ha parlato di avvio di un provvedimento disciplinare rivendicando al contempo il dovere etico e morale di non procedere con giudizi sommari.
La storia ha riempito i giornali agostani, certa stampa di destra ha trasformato il generale in una sorta di vittima del politically correct, di quella egemonia culturale perbenista che albergherebbe a sinistra contaminando il pensiero collettivo, grazie a docenti ed intellettuali. Roberto Vannacci ha comandato i soldati in Afghanistan e in Iraq e alla guida dell’Istituto geografico militare a Firenze ha avviato intense collaborazioni con le scuole di ogni ordine e grado.
Non sono solo deprecabili le opinioni di Vannacci ma il fatto che la abbia scritte in un libro e fino allo scandalo potesse tenere lezioni nelle scuole.
Per il generale gli omosessuali ? “Normali non lo siete, fatevene una ragione” fino a una idea di società da ascrivere nel classico pensiero della destra che dipinge minoranze prevaricatrici con “ discutibili regole di inclusione e tolleranza ”. Non poteva mancare una diretta accusa a chi non vuole lavorare e si vivrebbe sulle spalle della comunità, un pensiero costruito ad arte per giustificare la cancellazione del reddito di cittadinanza
La domanda senza risposta è un’altra ossia quanto siano diffuse e condivise le idee del generale nel mondo delle Forze armate, non basta oggi stigmatizzare quelle che vengono definite anche da esponenti del Governo come “farneticazioni” senza fare i conti con la realtà.
Se queste sono le idee del Generale non c’è da meravigliarsi che in Somalia 30 anni fa militari italiani siano stati accusati e condannati per torture ai prigionieri, la idea che gli africani siano inferiori agli europei è stato il brodo di cultura che ha alimentato il colonialismo giustificando stermini e stragi e occultando anche l’utilizzo dei gas contro la inerme popolazione civile. E quelle pagine di storiche hanno impiegato decenni per emergere ma nell’arco di pochi anni fa sono state progressivamente espulse dai circuiti scolastici, dai libri di testo proprio per non trasformarle in dibattito pubblico, in strumenti di conoscenza e di denuncia tanto del colonialismo quanto della guerra.
Passato e presente sono da sempre collegati e stereotipi, razzismi hanno dominato l’immaginario collettivo finendo con il diventare la cultura della presunta superiorità dei dominanti sui dominati. A tale scopo la falsa idea del mite italiano di cui parla anche E Gobetti nel suo ultimo libro, un atto di accusa al colonialismo italiano e alla partecipazione attiva di civili e militari a innumerevoli stragi di innocenti.
Ecco perché le parole del Generale non possono essere liquidate come semplici opinioni, non si tratta di libertà di parola, e a tal riguardo suonano sinistre le parole di taluni giornalisti che invocano la Costituzione italiana, e quanti oggi minimizzano il senso di quei concetti o li relegano a semplice opinione sono in realtà gli eredi di chi negava fino agli anni settanta la natura razzista e criminale del colonialismo italiano e oggi giustifica la guerra in Ucraina dimenticandosi dei battaglioni nazisti che operano indisturbati a difesa della libertà dei popoli.