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giovedì, 21 Novembre 2024

«Il comunismo per noi non è uno stato di cose che debba essere instaurato, un ideale al quale la realtà dovrà conformarsi. Chiamiamo comunismo il movimento reale che abolisce lo stato di cose presente. Le condizioni di questo movimento risultano dal presupposto ora esistente»

[K. Marx]

Marco Rossi, Le Ombre di Fiume, tra nazionalismo e sovversione, 1919–1924

Mar­co Ros­si, Le Ombre di Fiu­me, tra nazio­na­li­smo e sov­ver­sio­ne, 1919–1924

Mila­no, Zero in Con­dot­ta, 2023, pp. 382, € 20.00

L’Impresa fiu­ma­na gode ormai d’una con­si­sten­te biblio­gra­fia di stu­di sto­ri­ci in sen­so revi­sio­ni­sta, da inten­der­si nel signi­fi­ca­to puro dell’aggettivazione. Una biblio­gra­fia tut­to som­ma­to recen­te, se si con­si­de­ra l’epoca descrit­ta, in cui si è effet­tua­to un lavo­ro di affran­ca­men­to dall’immagine fat­ta pro­pria dal­la pro­pa­gan­da fasci­sta, che ha inglo­ba­to quell’esperienza, tra­man­dan­do­la come pro­dro­mo del Ven­ten­nio. Man­ca­va all’appello l’autore for­se più tito­la­to a scri­ver­ne, colui che nel­la con­tem­po­ra­nei­tà ha get­ta­to sul tavo­lo del­la ricer­ca sto­rio­gra­fi­ca e del dibat­ti­to poli­ti­co – cul­tu­ra­le, ine­vi­ta­bil­men­te ad essa col­le­ga­to, il nes­so tra com­bat­ten­ti­smo di guer­ra e sov­ver­si­vi­smo, sen­za il cui appro­fon­di­men­to i fat­ti di Fiu­me reste­reb­be­ro incom­pren­si­bi­li. Si trat­ta infat­ti dell’autore di Ardi­ti, non gen­dar­mi!, la mono­gra­fia con cui, nel 1997, si affron­ta­va, sostan­zial­men­te per la pri­ma vol­ta a livel­lo nazio­na­le, la gene­si degli Ardi­ti del popo­lo. Il resto sareb­be venu­to dopo.

Mar­co Ros­si, pog­gian­do su una mole di docu­men­ta­zio­ne a dir poco impo­nen­te, rispon­de di fat­to a tut­ti gli inter­ro­ga­ti­vi che soli­ta­men­te si pon­go­no attor­no a Fiu­me, il più gran­de epi­so­dio di sedi­zio­ne mili­ta­re dell’Italia postu­ni­ta­ria, con­fu­tan­do­ne nomee, sem­pli­fi­ca­zio­ni, esa­ge­ra­zio­ni o let­tu­re ad ogni modo fuor­vian­ti.

Il volu­me si pre­sen­ta con un con­si­sten­te appa­ra­to cri­ti­co in cui le note a mar­gi­ne spes­so non si limi­ta­no alla cita­zio­ne del­la fon­te ma ripor­ta­no ele­men­ti di asso­lu­to inte­res­se, qua­si a com­por­re un secon­do volu­me nel volu­me. Tut­ta­via, la bre­vi­tà dei capi­to­li ed i rit­mi di scrit­tu­ra soste­nu­ti fan­no sì che non risul­ti intac­ca­to il poten­zia­le divul­ga­ti­vo dell’opera. Note­vo­le, inol­tre, la sug­ge­sti­va appen­di­ce foto­gra­fi­ca e la tra­scri­zio­ne per inte­ro di docu­men­ti, altro­ve di soli­to cita­ti par­zial­men­te.

Le con­si­de­ra­zio­ni che si trag­go­no dal­la let­tu­ra, sono innu­me­re­vo­li ma, come sem­pre nel­la sto­rio­gra­fia, non esi­sto­no veri e pro­pri pun­ti fer­mi, né tan­to­me­no irre­mo­vi­bi­li con­clu­sio­ni.

L’Autore fa appa­ri­re in modo niti­do come i fat­ti di Fiu­me deb­ba­no neces­sa­ria­men­te esse­re inqua­dra­ti in quel sen­ti­men­to di matri­ce risor­gi­men­ta­le che ave­va ani­ma­to il gari­bal­di­ni­smo del Seco­lo pre­ce­den­te, quel volon­ta­ri­smo che ave­va spin­to i gio­va­ni ad arruo­lar­si per com­bat­te­re in ter­re lon­ta­ne in nome del­la liber­tà dei popo­li oppres­si  e che ave­va visto il suo api­ce pro­prio nell’interventismo demo­cra­ti­co e rivo­lu­zio­na­rio nel­la Gran­de guer­ra. Lo stes­so spi­ri­to che ave­va mos­so i cosid­det­ti pre­cur­so­ri, gio­va­ni anar­chi­ci, repub­bli­ca­ni e socia­li­sti, ad accor­re­re in Ser­bia ed in Fran­cia pri­ma dell’ingresso in guer­ra dell’Italia, a com­bat­te­re con­tro gli impe­ri cen­tra­li, muni­ti — e que­sto, in luce di quan­to sareb­be acca­du­to di lì a poco, non può suo­na­re che para­dos­sa­le – di pro­po­si­ti anti­mi­li­ta­ri­sti, dal desi­de­rio che non vi fos­se­ro più guer­re. Il mede­si­mo spi­ri­to che ha, infi­ne, carat­te­riz­za­to i legio­na­ri dei Repar­ti d’assalto tra l’11 ed il 12 set­tem­bre 1919 nel segui­re, o nel gui­da­re, Gabrie­le D’Annunzio da Ron­chi alla vol­ta dell’occupazione del­la Cit­tà quar­ne­ri­na.

Ma lo spi­ri­to non è, appun­to, immu­ta­bi­le. Le vicen­de del­la Pri­ma guer­ra mon­dia­le ave­va­no rap­pre­sen­ta­to uno sno­do, rispet­to alle moti­va­zio­ni patriot­ti­che di stam­po risor­gi­men­ta­le: da tem­po, da decen­ni ormai, si anda­va facen­do lar­go con sem­pre mag­gio­re vee­men­za la que­stio­ne dell’espansione impe­ria­li­sti­ca, del­la con­qui­sta del­lo spa­zio vita­le, anche per l’Italia. La fra­tel­lan­za dei popo­li sta­va ceden­do il pas­so all’aggressività, ora con l’aggiunta del­la pau­ra per l’estensione del­la Rivo­lu­zio­ne bol­sce­vi­ca. Ele­men­ti che avreb­be­ro fat­to la for­tu­na dell’ascesa fasci­sta a dan­no dei sen­ti­men­ti riguar­dan­ti l’interventismo demo­cra­ti­co e rivo­lu­zio­na­rio.

È in que­sto sno­do che si con­su­ma l’avventura fiu­ma­na, e il suo Coman­dan­te, D’Annunzio, ne è la per­fet­ta incar­na­zio­ne. Con un pas­sa­to poli­ti­co a dir poco ondi­va­go e, pur tut­ta­via, con una sua auto­re­vo­lez­za gua­da­gna­ta sul cam­po di bat­ta­glia, il Vate par­te per Fiu­me nel segno del nazio­na­li­smo, non sprov­vi­sto di un corol­la­rio di fra­si orri­pi­lan­ti con­tro le popo­la­zio­ni sla­ve. Un raz­zi­smo nazio­na­li­sta che, tut­ta­via, per il muta­to qua­dro poli­ti­co nazio­na­le ed inter­na­zio­na­le, soprat­tut­to il con­so­li­da­men­to del­la Rus­sia sovie­ti­ca e il Bien­nio ros­so, per le incer­tez­ze fasci­ste nei con­fron­ti dell’esperienza e per altro anco­ra cede il pas­so ad una visio­ne più ampia, inter­na­zio­na­le e di giu­sti­zia socia­le, che a Fiu­me fini­sce per mani­fe­star­si espli­ci­ta­men­te, seb­be­ne in un qua­dro più astrat­to che fat­ti­vo.

Biso­gna qui innan­zi­tut­to com­pren­de­re che a Fiu­me non vi fu mai un pote­re poli­ti­co asso­lu­to. Si assi­stet­te nei fat­ti ad una diar­chia tra il Coman­do legio­na­rio fiu­ma­no, capeg­gia­to da D’Annunzio, ed il Con­si­glio nazio­na­le fiu­ma­no, com­po­sto dal nota­bi­la­to già austro – unga­ri­co con com­pi­ti di poli­zia, di orien­ta­men­to con­ser­va­to­re – rea­zio­na­rio e par­ti­co­lar­men­te acca­ni­to con­tro un movi­men­to ope­ra­io pos­sen­te, in un’importante cit­tà por­tua­le ed indu­stria­le come Fiu­me. Tut­to ciò che avvie­ne a Fiu­me, si con­su­ma all’interno di que­sta cor­ni­ce.

A tal pro­po­si­to, si ten­de, in gene­re, a sud­di­vi­de­re il perio­do fiu­ma­no in due fasi, con lo spar­tiac­que del dicem­bre 1919, quan­do D’Annunzio sosti­tui­sce a Capo di gabi­net­to il nazio­na­li­sta Gio­van­ni Giu­ria­ti con il sin­da­ca­li­sta rivo­lu­zio­na­rio Alce­ste De Ambris. Dal volu­me emer­ge che, in real­tà, il con­flit­to tra le diver­se visio­ni è costan­te per tut­ta l’impresa, con il pre­va­le­re tal­vol­ta dell’una, tal­vol­ta dell’altra. D’Annunzio, in alcu­ne cir­co­stan­ze, ten­ta un ruo­lo di media­zio­ne.

Pren­den­do in esa­me i docu­men­ti, non si può igno­ra­re la costi­tu­zio­ne redat­ta dal­la Reg­gen­za del Car­na­ro, pas­sa­ta alla sto­ria con il nome di, appun­to, Car­ta del Car­na­ro. Com’è noto, la redi­ge De Ambris e la rive­de nel­la for­ma D’Annunzio per con­fe­rir­le un valo­re più liri­co – let­te­ra­rio. In que­sto det­ta­to fini­sce un po’ tut­to il retro­ter­ra poli­ti­co e sen­ti­men­ta­le dell’Impresa: vagheg­gia­men­ti che riman­da­no all’Antica Roma, ai Comu­ni medie­va­li e alle cor­po­ra­zio­ni, assie­me ad istan­ze di tipo mas­so­ni­co con ele­men­ti di socia­li­smo pre – mar­xi­sta. Una car­ta che, però, rima­ne tale, a lun­go rife­ri­men­to idea­le per chi ave­va con­di­vi­so ed appog­gia­to l’Impresa. A livel­lo socia­le a Fiu­me non si risol­ve la que­stio­ne del pro­le­ta­ria­to: la clas­se ope­ra­ia, nono­stan­te tut­ti gli slan­ci, resta in un ruo­lo subal­ter­no. È qui ben descrit­ta la com­po­si­ta real­tà del­le came­re del lavo­ro, nei loro vari orien­ta­men­ti e nei loro orga­ni di stam­pa. Gli espo­nen­ti del­le for­ze pro­le­ta­rie si tro­va­no spes­so in sta­to di fer­mo, quan­do non per­cos­si. Anche qui D’Annunzio inter­vie­ne a fini di pro­te­zio­ne e decli­na ogni respon­sa­bi­li­tà, incol­pan­do il Con­si­glio di arbi­trio.

In ter­mi­ni di poli­ti­ca este­ra, Fiu­me entra in con­tra­sto con l’imperialismo inte­ral­lea­to. C’è il reci­pro­co rico­no­sci­men­to diplo­ma­ti­co con la Rus­sia dei soviet e si pro­di­ga per la nasci­ta nel suo ter­ri­to­rio del­la Lega dei popo­li oppres­si, con l’afflusso di com­bat­ten­ti del­lo Sinn féin irlan­de­se e di esu­li dall’esperienza sovie­ti­ca dì Unghe­ria. Secon­do quan­to dichia­ra­to dal Vate nel­la cele­bre inter­vi­sta a “l’organo di Mala­te­sta”, cioè “Uma­ni­tà nova”: “È mia inten­zio­ne di fare di que­sta cit­tà un’isola spi­ri­tua­le dal­la qua­le pos­sa irra­dia­re un’azione, emi­nen­te­men­te comu­ni­sta, ver­so tut­te le nazio­ni oppres­se”. Un’irradiazione che finì per com­pren­de­re i, come si scri­ve­va ai tem­pi, “negri d’America”. Un impe­gno che, per quan­to disat­te­so, non avreb­be potu­to non lascia­re trac­ce.

L’esperienza fiu­ma­na ha ovvia­men­te riscon­tri in Ita­lia, anche nel sen­so sopra descrit­to. Spic­ca, a tal pro­po­si­to, il “com­plot­to anar­co-futu­ri­sta” di Mila­no su cui l’Autore si sof­fer­ma.

Non sono qui trat­ta­ti, se non mar­gi­nal­men­te, gli ele­men­ti, per così dire, lus­su­rio­si di Fiu­me, su cui esi­ste una vasta let­te­ra­tu­ra. Si nota, tut­ta­via, che gli ele­men­ti este­ti­ca­men­te più eccen­tri­ci avreb­be­ro ade­ri­to con entu­sia­smo al fasci­smo, di cui sareb­be­ro sta­ti soler­ti squa­dri­sti.

Com’è noto, l’Impresa di Fiu­me si chiu­de nel Nata­le di san­gue del 1920, con i can­no­neg­gia­men­ti del­la Regia mari­na mili­ta­re. La Cit­tà si avvia così alla nor­ma­liz­za­zio­ne che sareb­be avve­nu­ta sot­to il fasci­smo. Si docu­men­ta qui come tut­te le for­ma­zio­ni pro­le­ta­rie ave­va­no o nell’immediato o in tem­pi stret­ta­men­te suc­ces­si­vi, sim­pa­tiz­za­to diret­ta­men­te con Fiu­me o valu­ta­to­ne comun­que il poten­zia­le rivo­lu­zio­na­rio, alme­no ai fini di desta­bi­liz­za­zio­ne. Oltre al Par­ti­to repub­bli­ca­no, che fu a fian­co dell’Impresa fino al suo epi­lo­go, si fa qui rife­ri­men­to alla stam­pa perio­di­ca rivo­lu­zio­na­ria, “Uma­ni­tà nova”, in pri­mis, poi “L’Ordine nuo­vo” e la stes­sa testa­ta di Ama­deo Bor­di­ga, “Il Soviet”. Ma, per le ragio­ni di cui sopra, la sal­da­tu­ra di Fiu­me con le istan­ze rivo­lu­zio­na­rie alla fine non avven­ne. La dispo­ni­bi­li­tà del­lo stes­so Erri­co Mala­te­sta non por­tò agli esi­ti spe­ra­ti, anche per­ché i futu­ri­sti di stam­po nazio­na­li­sta non inten­de­va­no cer­to l’anarchismo nel­la sua acce­zio­ne poli­ti­ca di, per così dire, acra­zia ma come rifiu­to del­le cate­go­rie par­ti­ti­che, in anti­ci­po su quel­lo che sareb­be poi sta­to chia­ma­to qua­lun­qui­smo.

Chiu­sa l’Impresa, i legio­na­ri fiu­ma­ni pro­ce­do­no in ordi­ne spar­so. D’Annunzio, di fat­to, si riti­ra a vita pri­va­ta, igno­ran­do gli appel­li che, da più par­ti del mon­do com­bat­ten­ti­sti­co, gli pro­ve­ni­va­no per­ché si oppo­nes­se espli­ci­ta­men­te al fasci­smo. I “fiu­ma­ro­li” spo­sa­no quin­di e fan­no pro­pri i vari ele­men­ti che si sono mani­fe­sta­ti nel­la Cit­tà di vita. Tra costo­ro vi sareb­be­ro sta­ti, infat­ti, fie­ri asser­to­ri del fasci­smo, così come tena­ci ed irri­du­ci­bi­li suoi oppo­si­to­ri. E non è cer­to fuor­vian­te affer­ma­re che l’Antifascismo, poi det­to, mili­tan­te tro­vi le sue ori­gi­ni pro­prio a Fiu­me. Già, per­ché men­tre le isti­tu­zio­ni ope­ra­ie si sareb­be­ro dimo­stra­te del tut­to impre­pa­ra­te dinan­zi all’offensiva del­lo squa­dri­smo fasci­sta, fu tra il legio­na­ri­smo e, più in gene­ra­le, tra i com­bat­ten­ti, che si fece lar­go l’idea di affron­tar­lo scen­den­do sul suo stes­so ter­re­no. Va aggiun­to che il fasci­smo avreb­be fat­to mol­ta fati­ca ad assog­get­ta­re, in gene­ra­le, il mon­do com­bat­ten­ti­sti­co, cosa avve­nu­ta di fat­to a Regi­me inol­tra­to, a segui­to del­le Leg­gi ecce­zio­na­li, quan­do le orga­niz­za­zio­ni sin­da­ca­li e poli­ti­che del movi­men­to ope­ra­io non era­no ormai che un ricor­do.

L’Autore si sof­fer­ma qui, ovvia­men­te, sul segui­to del fiu­ma­ne­si­mo, ana­liz­zan­do, in par­ti­co­la­re, tre orga­niz­za­zio­ni: la Fede­ra­zio­ne legio­na­ri fiu­ma­ni, l’Unione spi­ri­tua­le dan­nun­zia­na e Ita­lia Libe­ra. Tut­te di orien­ta­men­to anti­fa­sci­sta, tut­te abban­do­na­te al loro desti­no da quel­lo che pure repu­ta­va­no il loro capo mora­le, tut­te impe­gna­te in seno al com­bat­ten­ti­smo a cospi­ra­re con­tro il nascen­te Regi­me e a scon­trar­si per le stra­de con gli squa­dri­sti fasci­sti.  C’è, va da sé, il rife­ri­men­to agli Ardi­ti del popo­lo, dei qua­li la matri­ce fiu­ma­na è inne­ga­bi­le.

Inte­res­san­ti anche i pas­sag­gi su Giu­sti­zia e liber­tà ed il Par­ti­to d’azione, real­tà che nel­la ter­mi­no­lo­gia e nel­la sim­bo­lo­gia avreb­be­ro allu­so for­te­men­te al por­ta­to fiu­ma­no, seb­be­ne il fat­to sem­bra sia nega­to, o for­se più sem­pli­ce­men­te igno­ra­to, dagli stu­dio­si dell’azionismo.

Le ulti­me bat­tu­te sono dedi­ca­te pro­prio ai desti­ni indi­vi­dua­li di quei legio­na­ri, o comun­que soste­ni­to­ri di Fiu­me, che, in un modo o nell’altro, in un tem­po o nell’altro, si sareb­be­ro oppo­sti al fasci­smo e, infi­ne, al nazi­fa­sci­smo. Tra la dis­si­den­za, il car­ce­re, il con­fi­no, l’esilio, il volon­ta­ri­smo anti­fa­sci­sta in Spa­gna e la Resi­sten­za, sino ai cam­pi di ster­mi­nio e le Ardea­ti­ne stes­se, dove vide­ro il pro­prio Mar­ti­rio Aldo Elui­si, Umber­to Luse­na e Mario Magri.

Alla luce di ciò, ed in con­clu­sio­ne, se ci si chie­de qua­li sia­no i legit­ti­mi ere­di di Fiu­me, biso­gna innan­zi­tut­to affer­ma­re che quell’esperienza ven­ne in esse­re in un momen­to di pas­sag­gio tra l’Italia che non c’era più, quel­la postu­ni­ta­ria ante­guer­ra, e quel­la che sareb­be venu­ta dopo. Espe­rien­za che si con­su­mò nel­lo stes­so perio­do in cui ebbe­ro signi­fi­ca­ti­va­men­te a veri­fi­car­si altri due epi­so­di, non a caso trat­ta­ti dal­lo stes­so Ros­si, da solo o a quat­tro mani, qua­li l’assalto alla Reda­zio­ne mila­ne­se de “L’Avanti!”, del 15 apri­le 1919, e la Rivol­ta dei ber­sa­glie­ri di Anco­na dell’anno suc­ces­si­vo.

Di Fiu­me, del­la sua ere­di­tà, si può quin­di affer­ma­re che il fasci­smo, pur aven­do­ne mono­po­liz­za­to la memo­ria, fu nei fat­ti osti­le e, in ulti­ma ana­li­si, per­se­cu­to­re. Quei legio­na­ri che, inve­ce, sen­ten­do­si in con­ti­nui­tà con lo spi­ri­to di Fiu­me e, in gene­ra­le, del­la Trin­cea han­no abbrac­cia­to espli­ci­ta­men­te l’Antifascismo sino all’estremo sacri­fi­cio, dimo­stra­no che c’è sta­to un dan­nun­zia­ne­si­mo aldi­là e al di sopra di D’Annunzio stes­so.

Sil­vio Anto­ni­ni

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