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mercoledì, 20 Agosto 2025

«Il comunismo per noi non è uno stato di cose che debba essere instaurato, un ideale al quale la realtà dovrà conformarsi. Chiamiamo comunismo il movimento reale che abolisce lo stato di cose presente. Le condizioni di questo movimento risultano dal presupposto ora esistente»

[K. Marx]

Quando muoiono le insurrezioni, Italia 1922, Germania 1933, Spagna 1936–39

a cura di Calu­sca city lights e del Col­let­ti­vo Ade­spo­ta

Mila­no, Coli­brì, 2024, pp. 399, € 25.00

“Fasci­smo, anti­fa­sci­smo e rivo­lu­zio­ne, ieri e oggi”, reci­ta per com­ple­tez­za il sot­to – sot­to­ti­to­lo di quel­lo che è, si spe­ci­fi­ca nel­le note di edi­zio­ne, uno svi­lup­po dei temi trat­ta­ti in un ciclo di incon­tri su Bien­nio ros­so ed avven­to del Fasci­smo svol­to­si a Saron­no nell’aprile 2022 ed inti­to­la­to Cent’anni appe­na, 1922 – 2022. Un sag­gio, nei risul­ta­ti, in bili­co tra sto­ria poli­ti­ca e let­te­ra­tu­ra, arric­chi­to dal­le illu­stra­zio­ni di Gian­dan­te X.

Non si può, di per sé, scri­ve­re di lavo­ro sto­rio­gra­fi­co, poi­ché ciò neces­si­te­reb­be la con­sul­ta­zio­ne del­le fon­ti d’archivio, qui assen­ti, per lo meno in modo diret­to, ed il rela­ti­vo con­fron­to con il mate­ria­le di altra pro­ve­nien­za. È, nei fat­ti, una ras­se­gna di con­tri­bu­ti redat­ti in lar­ghis­si­ma par­te negli anni pre­si in con­si­de­ra­zio­ne o in quel­li imme­dia­ta­men­te suc­ces­si­vi su perio­di­ci facen­ti capo alla Sini­stra comu­ni­sta, nel­le sue diver­se rami­fi­ca­zio­ni e deno­mi­na­zio­ni: fra­zio­ne rivo­lu­zio­na­ria, inter­na­zio­na­li­sta, etc., con qual­che pez­zo di pro­ve­nien­za anar­chi­ca. È l’Appen­di­ce sto­ri­co – docu­men­ta­ria che, di fat­to, occu­pa i 3/4 del libro.

L’oggi cui si accen­na sopra, in con­cre­to, non c’è, giac­ché l’ultimo inter­ven­to di ana­li­si ripre­so risa­le al 1995 e, al net­to di qual­che intui­zio­ne azzec­ca­ta, una trat­ta­zio­ne di trent’anni fa non può che con­si­de­rar­si ine­so­ra­bil­men­te data­ta, per il natu­ra­le ince­de­re dei fat­ti, in meri­to al pre­sen­te, e per gli svi­lup­pi del­la ricer­ca sto­ri­ca, se si stu­dia il pas­sa­to. Infat­ti, mol­ti ele­men­ti ora cen­tra­li per le tema­ti­che qui affron­ta­te sono del tut­to assen­ti, poi­ché entra­ti nel­la spe­cu­la­zio­ne sto­rio­gra­fi­ca suc­ces­si­va­men­te.

Venia­mo dun­que al moven­te poli­ti­co del­la pub­bli­ca­zio­ne, cioè agli impul­si che han­no invi­ta­to auto­ri e cura­to­ri ad edi­tar­la. Il sot­to­ti­to­lo, con una para­fra­si cer­to rischio­sa, soprat­tut­to oggi, avreb­be potu­to esse­re La Gran­de truf­fa dell’Antifascismo. Bat­ti e ribat­ti, gira che ti rigi­ra, con­dan­na­ti cer­to nazi­smo e fasci­smo, è lì che si va a para­re. Infat­ti, ad aper­tu­ra del con­tri­bu­to La Con­tro­ri­vo­lu­zio­ne “anti­fa­sci­sta”, data­to 1975, la cita­zio­ne — sin­te­si del pen­sie­ro di Ama­deo Bor­di­ga: “L’antifascismo è il peg­gior pro­dot­to del fasci­smo”. Ecco­lo lì! Ma è già nell’introduzione di Gil­les Dau­vé che si scri­ve, a pro­po­si­to del 25 luglio 1943, un pas­sag­gio assai signi­fi­ca­ti­vo: “Il 25 luglio, mes­so in mino­ran­za al Gran Con­si­glio del Fasci­smo (con 19 voti con­tro 17), Mus­so­li­ni si dimet­te. Rara­men­te si è visto un dit­ta­to­re inchi­nar­si al pari del Duce alla rego­la del­la mag­gio­ran­za”. Si dedu­ce tra le righe che il Regi­me fasci­sta non aves­se nul­la di diver­so da un siste­ma libe­ral­de­mo­cra­ti­co qual­sia­si. Ne con­se­gue per­ciò che non vi fos­se­ro ragio­ni spe­ci­fi­che nell’opporvisi con mag­gio­re tena­cia rispet­to a quan­to si deb­ba con­tro un qual­si­vo­glia regi­me demo­cra­ti­co. Die­tro al rigo­re dot­tri­na­rio, alla coe­ren­za con le astra­zio­ni ideo­lo­gi­che non con­fron­ta­te con la real­tà effet­tua­le, pas­sa­to e pre­sen­te rischia­no così di appa­ri­re come la not­te in cui tut­ti i gat­ti sono bigi. Tan­to vale non far nul­la. Costan­te, difat­ti, l’equiparazione nazi­fa­sci­smo – comu­ni­smo, que­sto chia­ma­to o sta­li­ni­smo o con la nota for­mu­la ossi­mo­ri­ca di capi­ta­li­smo di sta­to. Due siste­mi del tut­to spe­cu­la­ri ed inter­scam­bia­bi­li. E la con­dan­na non par­te da Sta­lin – trop­po faci­le — ma dal bol­sce­vi­smo stes­so: la dege­ne­ra­zio­ne era già tut­ta in Lenin e Tro­tskij.

Dopo­di­ché, nes­su­no si sal­va: nel­la Guer­ra civi­le e socia­le spa­gno­la tut­ti han­no imbro­glia­to, com­pre­si gli anar­chi­ci (che, indub­bia­men­te, lì cad­de­ro in bel­le con­trad­di­zio­ni) e Il Poum, che pure del­le invo­lu­zio­ni auto­ri­ta­rie del­la II Repub­bli­ca fu la prin­ci­pa­le vit­ti­ma. E che dire, in fine, del­la Resi­sten­za? Un vero e pro­prio equi­vo­co del tut­to fun­zio­na­le al capi­ta­le e all’imperialismo. In vero qui la Lot­ta par­ti­gia­na del 1943–45 non gode d’una trat­ta­zio­ne spe­ci­fi­ca, for­se, chis­sà, desti­na­ta ad un lavo­ro suc­ces­si­vo ma i riman­di che qua e là se ne fan­no basta­no ed avan­za­no a con­fer­ma­re la posi­zio­ne espres­sa nel volu­me. E a pro­po­si­to di equi­vo­ci, sem­pre nel con­tri­bu­to di cui sopra, il Cln è defi­ni­to repub­bli­ca­no (p. 340), con­fu­so evi­den­te­men­te con un fron­te popo­la­re, men­tre vi era­no, noto­ria­men­te a pie­no tito­lo, le com­po­nen­ti monar­chi­che. Non una paro­la per quel­le for­ma­zio­ni che con­dus­se­ro i moti resi­sten­zia­li fuo­ri dal Cln, in un’ottica anti­di­na­sti­ca e rivo­lu­zio­na­ria. Un’omissione for­se det­ta­ta dal fat­to che gli inter­na­zio­na­li­sti avreb­be­ro accu­sa­to d’ingenuità quel­le for­ze che, pur ideo­lo­gi­ca­men­te assi­mi­la­bi­li a loro, ave­va­no, per così dire, disper­so ener­gie poten­zial­men­te rivo­lu­zio­na­rie nel­la bat­ta­glia par­ti­gia­na.

Figu­rar­si ora un futu­ro volu­me dedi­ca­to ai movi­men­ti di libe­ra­zio­ne nazio­na­le dal Secon­do dopo­guer­ra in poi!

Chi si sal­va in tut­to ciò? Il pro­le­ta­ria­to. Una sor­ta di con­vi­ta­to di pie­tra, una cate­go­ria dell’anima, un mito (e nul­la ali­men­ta la mito­lo­gia meglio del­la distan­za), un gigan­te buo­no immu­ta­bi­le nel tem­po e nel­lo spa­zio, omo­ge­neo nel suo insie­me, che non ha altre neces­si­tà se non quel­la di fare la rivo­lu­zio­ne all’istante ma che vie­ne pun­tual­men­te bug­ge­ra­to da tut­ti. Il resto, pare non ave­re sen­so.

Si intui­sce bene che con que­ste astrat­te sche­ma­tiz­za­zio­ni, del tut­to intel­let­tua­li­sti­che, sia dif­fi­ci­le appli­car­si nel­la real­tà. Per fare un esem­pio che ripor­ta dram­ma­ti­ca­men­te all’attualità: se si è con­vin­ti che non esi­sta­no popo­li, cul­tu­re e nazio­ni, non si può sven­to­la­re la ban­die­ra pale­sti­ne­se.

Va comun­que affer­ma­to che le orga­niz­za­zio­ni facen­ti sto­ri­ca­men­te capo alla Sini­stra comu­ni­sta, sen­za entra­re ora nel­le spe­ci­fi­che enti­tà, non sono del tut­to una­ni­mi in ter­mi­ni sia tat­ti­ci sia stra­te­gi­ci, anzi sono a tal pro­po­si­to spes­so in con­flit­to tra loro. E che si trat­ta comun­que d’un filo­ne di pen­sie­ro impor­tan­te nel­la sini­stra rivo­lu­zio­na­ria, uno tra i più influen­ti nel fare da retro­ter­ra per le ela­bo­ra­zio­ni poli­ti­che esplo­se con il Ses­san­tot­to, seb­be­ne sur­clas­sa­te qua­si imme­dia­ta­men­te dal­le sug­ge­stio­ni maoi­ste.

Quan­do muo­io­no le insur­re­zio­ni è a tal pro­po­si­to un vali­do stru­men­to in ter­mi­ni di infor­ma­zio­ne, con un appa­ra­to cri­ti­co e del­le sche­de dida­sca­li­che mol­to uti­li alla com­pren­sio­ne del testo.

Di note­vo­le inte­res­se, all’apertura dell’appendice docu­men­ta­ria, la tra­scri­zio­ne inte­gra­le dell’intervista a Bor­di­ga, che egli stes­so ave­va det­ta­to alla moglie, per la tra­smis­sio­ne Rai Nasci­ta di una dit­ta­tu­ra, nel 1970, pub­bli­ca­ta poi nel 1973 (per­ché non tut­to era anda­to in onda), con la testi­mo­nian­za a riguar­do di Edek Osser.

Spic­ca poi la que­stio­ne tede­sca: gli ulti­mi fran­gen­ti pri­ma del­la pre­sa del pote­re del nazi­smo non dispon­go­no di una biblio­gra­fia ster­mi­na­ta per cui ogni cro­na­ca è indi­spen­sa­bi­le. È a riguar­do ripro­po­sto un repor­ta­ge per il perio­di­co pari­gi­no “Mas­ses” dal tito­lo La Tra­ge­dia del pro­le­ta­ria­to tede­sco, a fir­ma di Rusti­co. Un reso­con­to dal­la Ber­li­no del 1932 dai rit­mi soste­nu­ti e dall’alto teno­re nar­ra­ti­vo, per un’efficace descri­zio­ne del­la vita di quar­tie­re e del con­flit­to di stra­da, con la men­zio­ne del­le mili­zie facen­ti capo all’Spd, cioè L’Eiserne front e il Rei­ch­sban­ner, e al Kpd, cioè la Roter fron­t­käm­p­fer­bund.

A chiu­de­re la rac­col­ta un rac­con­to, pre­su­mi­bil­men­te imma­gi­na­rio, di Jan, por­tua­le ambur­ghe­se clas­se 1901, che pren­de par­te alla rivo­lu­zio­ne tede­sca del 1918 e a tut­ti gli scon­vol­gi­men­ti suc­ces­si­vi, con le rivo­lu­zio­ni man­ca­te e l’adesione al Kapd, il Par­ti­to comu­ni­sta ope­ra­io di Ger­ma­nia, nato nell’aprile 1920 con una scis­sio­ne dal Kpd. Que­sto Jan pare tra­sfe­rir­si in Ita­lia, rac­con­ta del G20 di Ambur­go del 2017, cita Zom­bie di tut­to il mon­do di Gian­fran­co Man­fre­di e chiu­de can­tic­chian­do L’Internazionale di Fran­co For­ti­ni.

Sil­vio Anto­ni­ni

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