Un altro 15 febbraio di Franco Berardi Bifo

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Ven­ti anni fa, il 15 feb­bra­io del 2003, nel­le cit­tà di tut­to il mon­do, da Syd­ney a Lon­dra a Bue­nos Aires sfi­la­ro­no cen­to milio­ni di per­so­ne (chi ha mai potu­to con­tar­le?) per fer­ma­re la guer­ra anglo-ame­ri­ca­na con­tro l’Iraq.

A Roma si vide la più gran­de mani­fe­sta­zio­ne da sem­pre. Il gior­no dopo Tony Blair fece lo spi­ri­to­so. Mi chie­do­no di ascol­ta­re quel­lo che dice il popo­lo, scher­zò quel lugu­bre aguz­zi­no, ma il popo­lo dice tan­te cose diver­se”.

La mag­gio­ran­za del­la popo­la­zio­ne euro­pea era con­tra­ria all’aggressione ame­ri­ca­na con­tro il regi­me di Sad­dam Hus­sein, ma anche quel­la vol­ta i pae­si euro­pei si atten­ne­ro agli ordi­ni del­la Casa Bian­ca. L’orrore del­la guer­ra imper­ver­sò per anni, fin quan­do dall’orrore emer­se lo sta­to isla­mi­co.

La guer­ra ira­che­na get­tò l’intera regio­ne in una con­di­zio­ne di caos inter­mi­na­bi­le. Cin­que­cen­to­mi­la bam­bi­ni ira­che­ni mori­ro­no per effet­to del­le san­zio­ni e dei bom­bar­da­men­ti. L’orrore dila­gò.

Noi che ce ne stia­mo asser­ra­glia­ti nel­la cit­ta­del­la bian­ca l’orrore non dovrem­mo veder­lo, car­tel­lo­ni pub­bli­ci­ta­ri di ogni dimen­sio­ne nascon­do­no lo sfon­do, ma ormai non fun­zio­na più. I car­tel­lo­ni pub­bli­ci­ta­ri casca­no a pez­zi e comin­cia­mo a vede­re l’orizzonte in fiam­me.

Ci sarà acqua nel­la pros­si­ma esta­te nel­la cit­ta­del­la cir­con­da­ta, oppu­re comin­ce­rà a scar­seg­gia­re anche per noi?

Ven­ti anni dopo nes­sun movi­men­to per la pace si è mani­fe­sta­to. Gli euro­pei (tran­ne alcu­ni mani­po­li di esal­ta­ti per lo più demo­cra­ti­ci) non sono affat­to con­ten­ti del­la guer­ra, ma sono depres­si, han­no altro cui pen­sa­re.

Per­ché non c’è sta­to nes­sun movi­men­to di mas­sa con­tro la guer­ra ucrai­na?

La ragio­ne è lapa­lis­sia­na. Il 15 feb­bra­io 2003 fu una lezio­ne fina­le, da quel momen­to sap­pia­mo cos’è la demo­cra­zia libe­ra­le: un ingan­no insul­tan­te.

Per que­sto la mag­gio­ran­za degli euro­pei assi­ste con pau­ra o con indif­fe­ren­za allo spet­ta­co­lo di un comi­co tra­sfor­ma­to in cini­co che tra­sci­na il suo popo­lo ver­so il tra­gi­co per com­pia­ce­re i pro­tet­to­ri ame­ri­ca­ni.

Nes­su­no fia­ta, tran­ne il vec­chio Ber­lu­sco­ni che può dire e fare qual­sia­si cosa tan­to tut­ti cre­do­no che sia rim­bam­bi­to, men­tre per­se­gue il più cini­co (ma anche il più rea­li­sti­co) dei dise­gni.

Per­ché dun­que non c’è nes­sun movi­men­to per la pace?

Per­ché nes­su­no cre­de più che si pos­sa fer­ma­re il deli­rio sui­ci­da del­la clas­se poli­ti­co-mili­ta­re bian­ca (Rus­si, Ame­ri­ca­ni, Euro­pei) in pre­da a furio­sa demen­za seni­le. In effet­ti il deli­rio sui­ci­da non si può fer­ma­re, ma c’è il rischio che nel suo sui­ci­dio la raz­za bian­ca seni­le por­ti a com­pi­men­to la gran­de ter­mi­na­zio­ne di cui si intrav­ve­do­no le linee.

Nel 1965 Lin Biao, capo dell’Armata di libe­ra­zio­ne popo­la­re cine­se, del­fi­no di Mao affet­to (pare) da distur­bi schi­zo­fre­ni­ci, scris­se un arti­co­lo inti­to­la­to Long Life the vic­to­ry of the oppres­sed peo­ple, e morì qual­che anno più tar­di in un inci­den­te aereo miste­rio­so men­tre fug­gi­va ver­so l’Unione Sovie­ti­ca. Ma que­sto non è affar nostro. Fat­to sta che quell’articolo è inte­res­san­te: secon­do Lin Biao l’abbattimento dell’imperialismo occi­den­ta­le sareb­be sta­to ope­ra del­le peri­fe­rie, del­le cam­pa­gne, dei popo­li oppres­si. For­se ricor­da­te che i comu­ni­sti cine­si cam­bia­ro­no lo slo­gan fon­da­ti­vo del­la secon­da inter­na­zio­na­le.

Non più: “Pro­le­ta­ri di tut­ti i pae­si uni­te­vi.”

Ma: “Pro­le­ta­ri e popo­li oppres­si di tut­to il mon­do uni­te­vi”.

Que­sta era la ver­sio­ne maoi­sta dell’internazionalismo.

Poi la sto­ria pro­ce­det­te in dire­zio­ne diver­sa dal­le atte­se del movi­men­to comu­ni­sta. I pro­le­ta­ri indu­stria­li furo­no scon­fit­ti dal libe­ri­smo anglo-ame­ri­ca­no che distrus­se la civil­tà socia­le in tut­ti gli ango­li del mon­do, e pre­pa­rò l’ecatombe ambien­ta­le nel­la qua­le sia­mo immer­si fino al col­lo sen­za spe­ran­za rea­li­sti­ca di venir­ne fuo­ri.

I popo­li oppres­si, i colo­niz­za­ti di ieri, rima­sti pri­vi del­la dire­zio­ne comu­ni­sta ope­ra­ia e del­la pro­spet­ti­va inter­na­zio­na­li­sta, con­ti­nua­ro­no la loro asce­sa eco­no­mi­ca e mili­ta­re, ma il nazio­na­li­smo diven­ne la loro uni­ca ban­die­ra.

E le ban­die­re nazio­na­li­ste sono tan­te, l’una in guer­ra con tut­te le altre.

La sola spe­ran­za di evi­ta­re la guer­ra fina­le si pote­va sin­te­tiz­za­re in due paro­le: inter­na­zio­na­li­smo ope­ra­io. Ora fac­cia­mo espe­rien­za del mon­do che vie­ne dopo la scom­par­sa di quel­le due paro­le.

L’invasione rus­sa del feb­bra­io 2022 tra­sfor­ma una guer­ra a bas­sa inten­si­tà simi­le alle guer­re del­la Yugo­sla­via ’90 in un con­flit­to mon­dia­le del qua­le al momen­to non si intrav­ve­de solu­zio­ne.

Il cri­mi­ne gigan­te­sco cui da un anno sia­mo costret­ti ad assi­ste­re nell’impotenza più com­ple­ta è ope­ra di diver­si atto­ri, e va com­pre­so su diver­se sca­le spa­zio-tem­po­ra­li.

Dal pun­to di vista glo­ba­le que­sta è una guer­ra ame­ri­ca­na con­tro il con­ti­nen­te euro-rus­so. Una guer­ra per la sot­to­mis­sio­ne del­la Ger­ma­nia, e per la distru­zio­ne defi­ni­ti­va del­la Rus­sia: la pri­ma cosa si è com­piu­ta, la secon­da for­se si com­pi­rà o for­se non si com­pi­rà. Que­sta guer­ra comun­que è il com­pi­men­to di trent’anni di inin­ter­rot­ta aggres­sio­ne (eco­no­mi­ca, geo­po­li­ti­ca infi­ne mili­ta­re) degli Sta­ti Uni­ti con­tro la Rus­sia.

Da mol­to tem­po le auto­ri­tà nor­da­me­ri­ca­ne ave­va­no avver­ti­to la Ger­ma­nia che l’entrata in fun­zio­ne del North Stream 2 non era tol­le­ra­bi­le.

“O vi deci­de­te a inter­rom­pe­re quel con­trat­to oppu­re abbia­mo gli stru­men­ti per far­ve­lo fal­li­re.” Ave­va­no dichia­ra­to fon­ti vici­ne all’amministrazione. E nel gen­na­io del 2022 Hil­la­ry Clin­ton ave­va det­to in una tra­smis­sio­ne tele­vi­si­va che pre­sto Putin avreb­be fat­to i con­ti con un nuo­vo Afgha­ni­stan.

Dal pun­to di vista ucrai­no è una guer­ra nazio­na­le di dife­sa dell’indipendenza con­tro l’aggressione puti­nia­na, una resi­sten­za di popo­lo con­tro la bel­va bion­da del Crem­li­no.

Tut­ti in que­sta guer­ra si gio­ca­no l’osso del col­lo, e que­sto è ciò che fa più pau­ra.

Comun­que, qua­le che ne sia l’esito, che Putin roto­li nell’inferno che meri­ta, o che gli Sta­ti Uni­ti ci fac­cia­no l’ennesima figu­ra da pera­cot­ta­ri, due cose sono cer­te: la pri­ma è che l’Unione euro­pea esce impo­ve­ri­ta e si avvia ver­so una lace­ra­zio­ne insa­na­bi­le tra eroi­smo anglo-polac­co e cini­smo ita­lo-unghe­re­se.

La secon­da è un riar­mo gene­ra­liz­za­to che diven­ta dog­ma incon­te­sta­bi­le per i gover­ni di tut­ta la ter­ra, in atte­sa del­la resa dei con­ti con la Cina.

Que­sto riar­mo è la cata­stro­fe fina­le, natu­ral­men­te, per­ché i sol­di per le armi saran­no sot­trat­ti all’esaustissimo cor­po socia­le, e per­ché in nome del­la patria (del­le patrie per esse­re pre­ci­so) le pre­oc­cu­pa­zio­ni per la qua­li­tà dell’aria e del­le acque appa­ri­ran­no come un det­ta­glio per signo­ri­ne schiz­zi­no­se.
Dal sito Comu­ne-info

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