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mercoledì, 20 Novembre 2024

«Il comunismo per noi non è uno stato di cose che debba essere instaurato, un ideale al quale la realtà dovrà conformarsi. Chiamiamo comunismo il movimento reale che abolisce lo stato di cose presente. Le condizioni di questo movimento risultano dal presupposto ora esistente»

[K. Marx]

Un flop il docufilm “Lotta Continua”: la solita narrazione

Una sala non pie­na, un pub­bli­co fred­do, poche doman­de al regi­sta Tony Sac­cuc­ci (tem­pi con­tin­gen­ta­ti). L’anteprima del docu­film Lot­ta Con­ti­nua al Tori­no Film Festi­val non ha avu­to l’accoglienza spe­ra­ta dal­la pro­du­zio­ne. E nem­me­no meri­ta­ta a det­ta di chi era pre­sen­te.

Noi l’abbiamo visio­na­to nel­la sua ver­sio­ne lun­ga, quat­tro epi­so­di su Rai Play, per aver­ne un’idea pre­ci­sa ma la delu­sio­ne è sta­ta ine­vi­ta­bi­le. Abbia­mo visto una sequen­za dei soli­ti per­so­nag­gi: ex lea­der, un paio di fem­mi­ni­ste, un outsi­der impre­sen­ta­bi­le come Mughi­ni scel­to “per dare una visua­le ester­na” ma in real­tà pre­sen­za qua­si pro­vo­ca­to­ria nel­la sua abi­tua­le tea­tra­li­tà edo­ni­sta e nel ruo­lo di Pub­bli­co Mini­ste­ro.

Abbia­mo visto una ver­sio­ne del­la sto­ria di Lc ripro­po­sta per l’ennesima vol­ta da alcu­ni di colo­ro che l’hanno por­ta­ta alla dis­so­lu­zio­ne, per inte­res­se per­so­na­le, per bra­ma di pro­ta­go­ni­smo, per pau­ra del futu­ro (1). La tesi di que­sti per­so­nag­gi, riba­di­ta qui e già negli anni da innu­me­re­vo­li dichia­ra­zio­ni e inter­vi­ste, è che la fine di Lc fu cau­sa­ta dall’irrompere del­la que­stio­ne fem­mi­ni­le e dei nuo­vi “movi­men­ti gio­va­ni­li” che il Par­ti­to Lc non sep­pe gesti­re e che quin­di “lo scio­gli­men­to” fu un caso di euta­na­sia natu­ra­le. Uno dei tan­ti argo­men­ti pre­te­stuo­si addot­ti dall’ex grup­po diri­gen­te e dai loro ami­ci per giu­sti­fi­ca­re la fuga dal­le respon­sa­bi­li­tà per gli erro­ri poli­ti­ci com­mes­si (il voto al Pci alle ammi­ni­stra­ti­ve del 1975, le ele­zio­ni nel car­tel­lo di Demo­cra­zia pro­le­ta­ria nel 1976) e per il ten­ta­ti­vo fal­li­to di vin­ce­re il Con­gres­so di Rimi­ni e tra­sfor­ma­re Lc in un par­ti­ti­no isti­tu­zio­na­le con cui pun­ta­re alla pro­pria rea­liz­za­zio­ne per­so­na­le e pro­fes­sio­na­le.

Il docu­film acco­glie que­sta nar­ra­zio­ne in cui sono assen­ti ingiu­sti­fi­ca­te le ragio­ni e le opi­nio­ni del­le miglia­ia di mili­tan­ti che era­no il cor­po e l’anima di quell’ultimo par­ti­to rivo­lu­zio­na­rio del XX° seco­lo, e in cui è anche assen­te, o per lo meno vaga­men­te accen­na­to, il con­cet­to di auto­no­mia del­le lot­te di fab­bri­ca e socia­li su cui Lc è nata e si è svi­lup­pa­ta e che gui­dò le gran­di lot­te del decen­nio 1968–1978 ( l’ evi­den­za, nel­la scel­ta degli spez­zo­ni fil­ma­ti, è data agli stri­scio­ni sin­da­ca­li).

Uni­che varian­ti dal coro, la digni­to­sa testi­mo­nian­za di Erri De Luca pale­se­men­te dis­so­nan­te che, tra le altre cose, ricor­da l’efferata ucci­sio­ne di Pie­tro Bru­no da par­te del­la poli­zia (set­tem­bre 1975) e, ricor­dan­do il gio­va­ne mili­tan­te del Ser­vi­zio d’Ordine roma­no, si com­muo­ve e si pren­de la sua respon­sa­bi­li­tà (“L’ho man­da­to io…”); il rac­con­to dell’ex ope­ra­io Fiat Andrea Papa­leo che in poche fra­si descri­ve l’inferno del­le con­di­zio­ni di lavo­ro alla Ver­ni­cia­tu­ra del­la Mira­fio­ri; il bre­ve accen­no di Cesa­re More­no alla men­sa pro­le­ta­ria e all’asilo popo­la­re di Napo­li.

In com­pen­so, ampio spa­zio è dedi­ca­to alla mor­te di Cala­bre­si e all’adempimento di rito del­le auto­fu­sti­ga­zio­ni postu­me sul­la cam­pa­gna di accu­sa del com­mis­sa­rio, cele­bra­to qui come un mar­ti­re, non come uno dei tan­ti cadu­ti sul ter­re­no del­le duris­si­me lot­te socia­li di que­gli anni. Non pote­va man­ca­re la denun­cia di Lc come “regno del­la vio­len­za”, del­la “fero­cia dei mili­tan­ti” (Mughi­ni), e del­la “dege­ne­ra­zio­ne mili­ta­ri­sta” di Lc (Ler­ner) sem­pre uti­le richia­mo ad una del­le “veri­tà” sban­die­ra­te nel tem­po dagli ex lea­der per rici­clar­si come “bra­vi ragaz­zi”.

Riscon­tria­mo un velo­ce excur­sus sul­la stra­ge di Piaz­za Fon­ta­na che evi­ta accu­ra­ta­men­te di cita­re le respon­sa­bi­li­tà del­la Dc e del pre­si­den­te Sara­gat (2) nell’ordire il com­plot­to stra­gi­sta e nel met­ter­lo in atto tra­mi­te l’Ufficio Affa­ri Riser­va­ti del Mini­ste­ro dell’Interno, il Sid e la mano­va­lan­za fasci­sta. Sull’argomento, il vec­chio Ler­ner, sor­pren­den­te­men­te dimen­ti­co dei risul­ta­ti del­le nume­ro­se con­tro­in­chie­ste suc­ce­du­te­si nel tem­po (3), sdo­ga­na la Dc e le com­pli­ci­tà dell’intero appa­ra­to poli­ti­co rie­su­man­do la como­da for­mu­la dei “ser­vi­zi devia­ti”. Segue un altret­tan­to velo­ce accen­no alla “cadu­ta” di Giu­sep­pe Pinel­li dal­la fine­stra dell’ufficio di Cala­bre­si con un Mughi­ni sca­te­na­to che aval­la la ver­sio­ne giu­di­zia­ria del “malo­re atti­vo” di Pinel­li e quel­la del­la que­stu­ra sul­la dina­mi­ca dei fat­ti (“rac­con­to ultra­cre­di­bi­le”).

Per rima­ne­re alle “chic­che” non pos­sia­mo non anno­ta­re quel­la mol­to signi­fi­ca­ti­va del­la Fran­zi­net­ti, che fu espo­nen­te estre­ma del­le fem­mi­ni­ste: “Il tem­po dei maschi era fini­to…” dice, a con­fer­ma che le divi­sio­ni crea­te in Lc dal­la que­stio­ne fem­mi­ni­le era­no lega­te a una posi­zio­ne che, adot­tan­do lo scon­tro di gene­re, nega­va un’analisi di clas­se degli inte­res­si del­le don­ne e si pone­va come per­fet­ta­men­te orga­ni­ca alla voglia di fuga del grup­po diri­gen­te.

In con­clu­sio­ne, il docu­film è un pro­dot­to crea­to e gesti­to da un regi­sta di nuo­va gene­ra­zio­ne che ha con­fes­sa­to al Tg3 la sua com­ple­ta estra­nei­tà di par­ten­za all’oggetto affron­ta­to; è un pro­dot­to super­fi­cia­le basa­to sul filo con­dut­to­re di un libro del 1998 (4) e appal­ta­to pro­ba­bil­men­te per faci­li­tà e con­ve­nien­za ai per­so­nag­gi più noti di quel­la che vie­ne defi­ni­ta da tem­po “la lob­by di Lot­ta Con­ti­nua”, defi­ni­zio­ne che, per boc­ca di Gad Ler­ner, essi rifiu­ta­no argo­men­tan­do che la soli­da­rie­tà agli arre­sti di Sofri e la seguen­te mobi­li­ta­zio­ne di intel­let­tua­li, poli­ti­ci e pro­fes­sio­ni­sti furo­no “gesti di ami­ci­zia” disin­te­res­sa­ta. Cer­to fu anche quel­la ma come spie­ga­re inve­ce il silen­zio pro­fon­do del­le miglia­ia di mili­tan­ti con­se­gna­ti all’amarezza, all’oblio sto­ri­co, all’isolamento socia­le, alla dro­ga o alla scel­ta avven­tu­ro­sa del­la lot­ta arma­ta? (F.S. 16.12.2022)

(1) Per un’ampia ana­li­si del­la sto­ria e del­la dis­so­lu­zio­ne di Lc, v. F. Sal­mo­ni. I Sen­za Nome. Il Ser­vi­zio d’Ordine e la que­stio­ne del­la for­za in Lot­ta Con­ti­nua, Deri­veAp­pro­di 2022.

(2) v. in par­ti­co­la­re D. Con­ti, L’Italia di piaz­za Fon­ta­na, Einau­di, 2019

(3) Ibi­dem + D. Con­ti, La spia intoc­ca­bi­le, Einau­di 2021 e G. Fuga‑E. Mal­ti­ni Pinel­li. La fine­stra è anco­ra aper­ta, Coli­brì 2016

(4) A. Caz­zul­lo, I ragaz­zi che vole­va­no fare la rivo­lu­zio­ne, Mon­da­do­ri 1998

Fabri­zio Sal­mo­ni

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