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giovedì, 21 Novembre 2024

«Il comunismo per noi non è uno stato di cose che debba essere instaurato, un ideale al quale la realtà dovrà conformarsi. Chiamiamo comunismo il movimento reale che abolisce lo stato di cose presente. Le condizioni di questo movimento risultano dal presupposto ora esistente»

[K. Marx]

Un nuovo patto concertativo all’orizzonte?

Il pre­si­den­te di Con­fin­du­stria Bono­mi dal­le pagi­ne del Sole 24 Ore lan­cia un mes­sag­gio distin­ti­vo alla Cgil asse­ren­do «Con i sin­da­ca­ti lavo­ria­mo insie­me per aggan­cia­re le tran­si­zio­ni, l’anno pros­si­mo ban­co di pro­va per i rin­no­vi dei con­trat­ti».

Non sap­pia­mo anco­ra se tale invi­to sarà rac­col­to ma stan­do alla espe­rien­za matu­ra­ta in que­sti anni sia­mo cer­ti che le par­ti dato­ria­li non tar­de­ran­no ad incon­trar­si per cer­ca­re una inte­sa da ripor­ta­re anche ai tavo­li del Gover­no.

Il 2024 sarà un anno impor­tan­te per il rin­no­vo di nume­ro­si con­trat­ti già sca­du­ti nel set­to­re pri­va­to (ma anche per i 3,2 milio­ni di dipen­den­ti del­la PA). L’o­biet­ti­vo padro­na­le è la revi­sio­ne dei con­trat­ti nazio­na­li in esse­re per dare impul­so alla con­trat­ta­zio­ne di secon­do livel­lo, non si limi­te­ran­no insom­ma a discu­te­re del­la par­te eco­no­mi­ca tan­to da riven­di­ca­re la neces­si­tà di “un con­trat­to di lavo­ro moder­no, inclu­si­vo e soste­ni­bi­le”. E la moder­ni­tà invo­ca­ta fa rima con la pro­dut­ti­vi­tà in base alla qua­le deter­mi­na­re le pros­si­me dina­mi­che sala­ria­li e con­trat­tua­li.

Nel lin­guag­gio padro­na­le sap­pia­mo cosa signi­fi­chi un con­trat­to moder­no e soste­ni­bi­le, ossia un con­trat­to che pre­ve­da aumen­ti al di sot­to del pote­re di acqui­sto e con ampio ricor­so alla fles­si­bi­li­tà attra­ver­so siste­ma­ti­che dero­ghe rin­via­te alla con­trat­ta­zio­ne di secon­do livel­lo in mate­ria di ora­ri, pro­dut­ti­vi­tà, rit­mi e tem­pi di lavo­ro. E la tas­sa­zio­ne al 5% dei pre­mi di secon­do livel­lo impron­ta­ti alla pro­dut­ti­vi­tà, sti­pu­la­ti con i sin­da­ca­ti rap­pre­sen­ta­ti­vi, è sta­ta una solu­zio­ne con­di­vi­sa tra par­ti socia­li e dato­ria­li e bene­vol­men­te accol­ta dagli ulti­mi Gover­ni a pre­scin­de­re dal loro colo­re poli­ti­co.

Suo­na sin­go­la­re, tut­ta­via, che Con­fin­du­stria par­li di un pat­to di equi­tà socia­le da fare noi e il sin­da­ca­to, sia­mo davan­ti alla rie­di­zio­ne di una inte­sa con­cer­ta­ti­va che raf­for­zi il mono­po­lio del­la con­trat­ta­zio­ne eli­mi­nan­do sul nasce­re ogni oppor­tu­ni­tà dei sin­da­ca­ti di base e con­flit­tua­li di con­qui­sta­re accor­di di set­to­re e di sito avan­za­ti rispet­to ai CCNL sigla­ti dai sin­da­ca­ti cosid­det­ti rap­pre­sen­ta­ti­vi.

È alquan­to sin­go­la­re che si par­li di lot­ta alle fin­te coo­pe­ra­ti­ve quan­do il siste­ma degli appal­ti e dei subap­pal­ti si sor­reg­ge in mol­ti casi sul­l’ap­pli­ca­zio­ne di con­trat­ti al ribas­so con sot­to inqua­dra­men­ti e sostan­zia­le ridu­zio­ne del pote­re di acqui­sto del­la for­za lavo­ro.

Han­no in men­te la ridu­zio­ne dei con­trat­ti nel set­to­re pri­va­to non per por­re fine a quel­li pira­ta ma per eli­mi­na­re situa­zio­ni di miglior favo­re e per que­sto chie­do­no alla Cgil un pat­to “per il bene del pae­se” che ci ripor­ta indie­tro a 40 anni e pas­sa or sono con la poli­ti­ca dei sacri­fi­ci, un lin­guag­gio per altro tipi­co del model­lo con­cer­ta­ti­vo che poi è la base ideo­lo­gi­ca e cul­tu­ra­le sul­la qua­le costrui­re da una par­te i mono­po­li del­la con­trat­ta­zio­ne e dall’altra la pie­na agi­bi­li­tà di sin­da­ca­ti com­pli­ci che potran­no raf­for­za­re pre­vi­den­za e sani­tà inte­gra­ti­ve come solu­zio­ne men­tre si andrà ridu­cen­do il wel­fa­re uni­ver­sa­le con tagli alle pen­sio­ni pub­bli­che, alla scuo­la e alla edu­ca­zio­ne.

Bono­mi giu­di­ca la mano­vra di Bilan­cio come una misu­ra ragio­ne­vo­le per­ché ha con­fer­ma­to gli inter­ven­ti sul cuneo fisca­le a soste­gno del­le fami­glie a bas­so red­di­to. Ma al con­tem­po ne evi­den­zia un limi­te, una Mano­vra che non agi­sce sul ver­san­te dell’offerta e quin­di chie­de di indi­riz­za­re sem­pre più risor­se agli sgra­vi fisca­li e all’im­pre­se sapen­do che a paga­re i loro inve­sti­men­ti sarà la fisca­li­tà gene­ra­le con tagli al wel­fa­re.

Sti­mo­la­re gli inve­sti­men­ti signi­fi­ca anda­re ver­so un siste­ma di rela­zio­ni sin­da­ca­li costrui­to sul­l’in­cre­men­to del­la pro­dut­ti­vi­tà per poi erger­si a pala­di­ni del­l’e­qui­tà distri­bu­ti­va in un pae­se che negli ulti­mi 40 anni ha visto dimi­nui­re i sala­ri, crol­la­re il pote­re di acqui­sto e di con­trat­ta­zio­ne aumen­tan­do le disu­gua­glian­ze eco­no­mi­che e socia­li.

Le dichia­ra­zio­ni con­fin­du­stria­li evi­ta­no comun­que di affron­ta­re il nodo salien­te ossia la cri­si del siste­ma ita­lia­no, la sua scar­sa pro­dut­ti­vi­tà e il ral­len­ta­men­to dell’economia ini­zia­to qua­si 30 anni or sono. E le respon­sa­bi­li­tà padro­na­li nel­la cri­si del model­lo ita­li­co sono volu­ta­men­te taciu­te, gli scar­si inve­sti­men­ti nel­la ricer­ca e nei pro­ces­si pro­dut­ti­vi dovu­ti anche al pro­gres­si­vo ridur­si dei mar­gi­ni di pro­fit­to men­tre si pro­ce­de­va tra delo­ca­liz­za­zio­ni pro­dut­ti­ve, pri­va­tiz­za­zio­ni, ridu­zio­ni del costo del lavo­ro e aiu­ti sta­ta­li.

La nar­ra­zio­ne padro­na­le si avva­le di quel­li che ormai sono luo­ghi comu­ni aval­la­ti anche dal­la subal­ter­ni­tà sin­da­ca­le alle solu­zio­ni pro­spet­ta­te dal nemi­co di clas­se: la ecces­si­va tas­sa­zio­ne, l’elevato costo del lavo­ro (smen­ti­ta dal crol­lo dei sala­ri e del loro pote­re di acqui­sto), l’invadenza sin­da­ca­le (ma il pote­re di con­trat­ta­zio­ne è anda­to via via dimi­nuen­do e innu­me­re­vo­li mate­rie, nel pub­bli­co soprat­tut­to ma anche nel set­to­re pri­va­to, oggi non sono più ogget­to di trat­ta­ti­va), il limi­ta­to acces­so al cre­di­to per le pic­co­le e medie impre­se (non una paro­la vie­ne spe­sa sul­la tra­sfor­ma­zio­ne del siste­ma ban­ca­rio).

La pro­dut­ti­vi­tà del lavo­ro in Ita­lia cala negli ulti­mi 27 anni men­tre aumen­ta nei pae­si a capi­ta­li­smo avan­za­to e nazio­ni come la Ger­ma­nia nell’ultimo quar­to di seco­lo han­no ini­zia­to a cor­re­re, alme­no fino a quest’anno, a una velo­ci­tà per noi irrag­giun­gi­bi­le. E dopo la cri­si del 2007\8 i ritar­di ita­li­ci si sono accen­tua­ti rispet­to al Sud Est asia­ti­co e anche alle nazio­ni euro­pee, una cre­sci­ta assai con­te­nu­ta, la deba­cle sala­ria­le e le cre­scen­ti spin­te a con­trar­re il debi­to facen­do cas­sa sul­le futu­re pen­sio­ni o non inve­sten­do nel­la Pub­bli­ca ammi­ni­stra­zio­ne con evi­den­ti dif­fi­col­tà pale­sa­te negli ulti­mi mesi con gli obiet­ti­vi del PNRR.

Potrem­mo dilun­gar­ci sul­le cau­se del­la per­di­ta di pro­dut­ti­vi­tà dell’Italia con dati sta­ti­sti­ci e ana­li­ti­ci, sia suf­fi­cien­te inve­ce foca­liz­za­re l’attenzione su alcu­ni aspet­ti ossia:

    • La dimi­nu­zio­ne del­le ore lavo­ra­te a disca­pi­to del valo­re aggiun­to ossia del­le atti­vi­tà di impre­sa. Mol­te azien­de non sono risul­ta­te pro­dut­ti­ve al cospet­to dei com­pe­ti­tor euro­pei, i mana­ge­ment han­no ope­ra­to scel­te discu­ti­bi­li e le pro­spet­ti­ve futu­re in mol­ti set­to­ri non risul­ta­no cer­to rosee. Pesa quin­di la cri­si del set­to­re mani­fat­tu­rie­ro e indu­stria­le in gene­ra­le che ha mostra­to innu­me­re­vo­li cri­ti­ci­tà in mol­ti set­to­ri un tem­po trai­nan­ti.
    • Il dila­ga­re dei con­trat­ti part time che riguar­da­no soprat­tut­to la popo­la­zio­ne fem­mi­ni­le.
    • Il diva­rio tra Nord e Sud.
    • I ritar­di accu­mu­la­ti nel set­to­re dei ser­vi­zi, diri­men­te per la eco­no­mia capi­ta­li­sta in sin­to­nia con la soli­di­tà di quel­lo indu­stria­le, nei qua­li si è pun­ta­to qua­si sem­pre alla ridu­zio­ne del costo del lavo­ro attra­ver­so pro­ces­si di delo­ca­liz­za­zio­ne e nel varie­ga­to siste­ma degli appal­ti e dei subap­pal­ti ove quel­lo che con­ta sono i bas­si sala­ri e con­di­zio­ni lavo­ra­ti­ve di mero sfrut­ta­men­to. Per alcu­ni eco­no­mi­sti il futu­ro dei pae­si a capi­ta­li­smo avan­za­to dipen­de dal­lo svi­lup­po del set­to­re dei ser­vi­zi che in Ita­lia, come in altri pae­si euro­pei, è sta­to assai mino­re di quan­to acca­du­to negli Usa e nei pae­si del Sud Est asia­ti­co dove, tut­ta­via, le mul­ti­na­zio­na­li occi­den­ta­li han­no per altro delo­ca­liz­za­to innu­me­re­vo­li pro­du­zio­ni.
    • Il man­ca­to svi­lup­po di nuo­ve tec­no­lo­gie pro­dut­ti­ve e anche il depo­ten­zia­men­to del­la ricer­ca pub­bli­ca insie­me alla scar­sa capa­ci­tà di ricol­lo­ca­re la pro­du­zio­ne in set­to­ri emer­gen­ti (il ricor­so agli ammor­tiz­za­to­ri socia­li è sta­to il pre­va­len­te inter­ven­to pub­bli­co in eco­no­mia sen­za atti di indi­riz­zo e con­trol­lo).
    • La scar­sa pro­pen­sio­ne del capi­ta­li­smo ita­lia­no, soprat­tut­to nel­le pic­co­le e medie impre­se ecce­zion fat­ta per qual­che distret­to indu­stria­le, ai pro­ces­si inno­va­ti­vi e di for­ma­zio­ne spe­ran­do che i costi venis­se­ro inte­ra­men­te finan­zia­ti dal­lo Sta­to (e que­sta richie­sta è oggi nuo­va­men­te avan­za­ta dai set­to­ri indu­stria­le che invo­ca­no una mano­vra finan­zia­ria in pri­ma­ve­ra rivol­ta alla cre­sci­ta).
    • La scar­sa pro­dut­ti­vi­tà del siste­ma ita­lia­no ha pro­dot­to la con­tra­zio­ne dei sala­ri che negli ulti­mi 30 anni risul­ta­no, al cospet­to dei pae­si Ue, in cadu­ta libe­ra a con­fer­ma che le poli­ti­che con­cer­ta­ti­ve non han­no pro­dot­to alcun risul­ta­to apprez­za­bi­le per la for­za lavo­ro.
    • La cri­si ita­lia­na coin­ci­de con l’avvento dei para­me­tri di Maa­stri­cht e l’ingresso nell’euro, un argo­men­to che andreb­be comun­que affron­ta­to con ben altre con­si­de­ra­zio­ni e stu­di ana­li­ti­ci ma sif­fat­ta affer­ma­zio­ne è desu­mi­bi­le comun­que dai dati sta­ti­sti­ci.

Qua­li sono allo­ra le ricet­te padro­na­li? Lo capia­mo leg­gen­do una ana­li­si del Cen­tro Stu­di di Con­fin­du­stria:

    • soste­ne­re la com­pe­ti­ti­vi­tà del­le impre­se su due fron­ti;
    • sup­por­tan­do gli inve­sti­men­ti pri­va­ti, neces­sa­ri per affron­ta­re le sfi­de del­la twin tran­si­tion, digi­ta­le e green (Indu­stria 5.0), e la strut­tu­ra finan­zia­ria del­le impre­se fiac­ca­te dal­la stret­ta mone­ta­ria;
    • sal­va­guar­da­re i set­to­ri indu­stria­li a mag­gio­re inten­si­tà ener­ge­ti­ca, più col­pi­ti dai rin­ca­ri e acce­le­rar­ne sul­la tran­si­zio­ne;
    • sup­por­ta­re il pote­re di acqui­sto del­le fami­glie a bas­so red­di­to;
    • taglio del cuneo con­tri­bu­ti­vo.

E per chiu­de­re non pos­sia­mo che ana­liz­za­re un altro tema rile­van­te ossia l’orario di lavo­ro. Nel nuo­vo CCNL dei ban­ca­ri vie­ne appli­ca­ta la ridu­zio­ne dell’orario di lavo­ro pas­san­do dal­le attua­li 37,5 ore a 37, a par­ti­re da luglio 2024. E se que­sta ridu­zio­ne sarà a pari­tà di sala­rio, come sem­bra, avrà del­le mer­ci di scam­bio inac­cet­ta­bi­li come la fles­si­bi­li­tà ora­ria, la inten­si­fi­ca­zio­ne del­la pro­dut­ti­vi­tà per favo­ri­re un siste­ma inte­gra­to con la Ue al fine di acce­de­re a fon­di comu­ni­ta­ri. Nel caso del nuo­vo Ccnl ban­ca­ri si par­la di un siste­ma inno­va­ti­vo con la ridi­stri­bu­zio­ne del­la pro­dut­ti­vi­tà attra­ver­so for­me di par­te­ci­pa­zio­ne del­le lavo­ra­tri­ci e dei lavo­ra­to­ri alla gestio­ne del­le impre­se.

Det­to in altri ter­mi­ni sia­mo dinan­zi a un sin­da­ca­to in per­fet­ta armo­nia e sin­to­nia con la par­te dato­ria­le, atten­to agli uti­li di impre­sa e all’accrescimento del­la pro­dut­ti­vi­tà che poi sarà il para­me­tro con cui andran­no a misu­ra­re gli incre­men­ti sala­ria­li nel­la pros­si­ma sta­gio­ne con­trat­tua­le.

 

Fede­ri­co Giu­sti

 

Scen­de l’in­fla­zio­ne, ma tas­si alti e meno cre­di­to. Ser­vi­zi e indu­stria debo­li anche nel 4° tri­me­stre (confindustria.it)

L’economia ita­lia­na tor­na alla bas­sa cre­sci­ta? — autun­no 2023 (confindustria.it)

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