Dino Barra, Via Padova, Una periferia milanese sotto il Regime fascista, 1926–1943

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A due anni appe­na dall’uscita di Via Pado­va, Nasci­ta di una peri­fe­ria mila­ne­se, 1900–1926, Dino Bar­ra tor­na sull’argomento per redi­ge­re, sem­pre sot­to le inse­gne edi­to­ria­li Milieu, quel­lo che ne è di fat­to un secon­do volu­me: la trat­ta­zio­ne del­le vicen­de socia­li, poli­ti­che e civi­li dei quar­tie­ri a nor­de­st di Mila­no, tra il con­so­li­da­men­to del Regi­me fasci­sta e la sua fine.

Se lì si affron­ta­va la nasci­ta di quei quar­tie­ri attra­ver­so, prin­ci­pal­men­te, l’immigrazione di pros­si­mi­tà e l’inglobamento dei pic­co­li comu­ni rura­li del cir­con­da­rio, con il loro con­se­guen­te por­ta­to di insu­bor­di­na­zio­ne e sov­ver­si­vi­smo, più o meno coscien­ti, qui si pas­sa alla rela­zio­ne con le poli­ti­che di inter­ven­to del Fasci­smo.

Una rela­zio­ne dif­fi­ci­le e con­trad­dit­to­ria. Il movi­men­to fasci­sta ave­va con­qui­sta­to il Pae­se manu mili­ta­ri, pez­zo per pez­zo, disin­te­gran­do il tes­su­to socia­le, eco­no­mi­co ed ammi­ni­stra­ti­vo crea­to dal movi­men­to ope­ra­io, onde sot­trar­gli agi­bi­li­tà e con­sen­so. Lo ave­va fat­to attra­ver­so una guer­ra di movi­men­to sostan­zial­men­te moti­va­ta dal fat­to che non aves­se con­sen­so pre­gres­so sul ter­ri­to­rio e che potes­se con­ta­re sul sov­ven­zio­na­men­to dei ceti pro­prie­ta­ri e sul­la pas­si­vi­tà, il più del­le vol­te com­pli­ci­tà, degli orga­ni­smi di poli­zia. Ele­men­ti non da poco, volen­do esse­re eufe­mi­sti­ci, ai fini del suc­ces­so dell’impresa.

Con­qui­sta­ti e sot­to­mes­si i ter­ri­to­ri, ora occor­re­va crear­vi appun­to il con­sen­so, in pri­mo luo­go debel­lan­do la memo­ria, ormai decen­na­le, di ciò che era sta­to, di quel­le reti di soli­da­rie­tà e coo­pe­ra­zio­ne intes­su­te dal­la clas­se ope­ra­ia e di tut­te le loro pos­si­bi­li rica­du­te sul­la vita quo­ti­dia­na del­le popo­la­zio­ni.

È, chia­ra­men­te, un pro­ces­so che riguar­da tut­ta l’Italia. Ci sono le ammo­ni­zio­ni, il car­ce­re, il con­fi­no, come misu­re stret­ta­men­te repres­si­ve, ma nes­sun siste­ma poli­ti­co moder­no può reg­ger­si sul­la sola coer­ci­zio­ne. Ser­vo­no prov­ve­di­men­ti atti ad avvan­tag­gia­re la cit­ta­di­nan­za per con­qui­star­la, o comun­que, omo­lo­gar­la ad un dato siste­ma. Sman­tel­la­te le strut­tu­re del movi­men­to ope­ra­io, in par­ti­co­la­re quel­le poli­ti­che, le Case del popo­lo, quel­le sin­da­ca­li, le Came­re del lavo­ro, e le varie enti­tà di tipo mutua­li­sti­co, assi­sten­zia­le e ricrea­ti­vo, occor­re sop­pe­ri­re ad esse crean­do strut­tu­re il più pos­si­bi­le ana­lo­ghe nel­le fun­zio­ni mutan­do, va da sé, le for­me di teno­re poli­ti­co.

Così, anche nel­la peri­fe­ria nor­de­st di Mila­no, si cam­bia­no i nomi del­le vie, per inte­star­li ai cadu­ti fasci­sti, o comun­que per mano dei “ros­si”, par­ti­co­lar­men­te duran­te il Bien­nio nero del 1921–22, si affig­go­no tar­ghe, si eri­go­no monu­men­ti in tal sen­so e si inse­dia­no isti­tu­ti di Regi­me, come l’Opera nazio­na­le dopo­la­vo­ro, l’Opera nazio­na­le mater­ni­tà ed infan­zia e, soprat­tut­to, i Grup­pi rio­na­li fasci­sti, che, con il loro “sin­da­ca­li­smo di quar­tie­re”, rap­pre­sen­ta­no le sedi che più da vici­no ricor­da­no le Case del popo­lo. Que­sto inqua­dra­men­to del­la socie­tà, se si vuo­le, dal bas­so, si sareb­be, for­se, rive­la­to più con­tro­pro­du­cen­te che altro. I ceti subal­ter­ni, diso­rien­ta­ti dal­la scom­par­sa di quel­le che era­no ormai le loro isti­tu­zio­ni di rife­ri­men­to, un po’ per ras­se­gna­zio­ne, un po’ per con­ven­zio­ne e un po’, mol­to in vero, per neces­si­tà, abdi­ca­no al loro pro­ver­bia­le sov­ver­si­vi­smo e si ade­gua­no gros­so­mo­do al nuo­vo ambien­te ma ciò non signi­fi­ca che la loro ani­ma e la loro essen­za pro­fon­da sia­no con­qui­sta­te in via defi­ni­ti­va.

Il fasci­smo mila­ne­se avver­te par­ti­co­lar­men­te il pro­ble­ma. E pro­prio a Mila­no, dove del resto il fasci­smo era nato, c’è a pro­po­si­to una cor­ren­te det­ta del giam­pao­li­smo, dal nome di Mario Giam­pao­li. Que­sti, già acces­so sov­ver­si­vo di ori­gi­ne cor­ri­do­nia­na – deam­bri­sia­na, e quin­di inter­ven­ti­sta rivo­lu­zio­na­ria, era sta­to tra i fon­da­to­ri dei Fasci ita­lia­ni di com­bat­ti­men­to e diri­gen­te del Fascio mila­ne­se, sen­za però voler rinun­cia­re alle istan­ze san­se­pol­cri­ste del­la pri­ma ora che, per il fasci­smo che con­so­li­da­va il pro­prio pote­re, non era­no ormai che un pal­li­do ricor­do. Figu­ra però tutt’altro che spec­chia­ta, Giam­pao­li avreb­be pas­sa­to tut­to il Ven­ten­nio tra emar­gi­na­zio­ne e perio­di­che rein­te­gra­zio­ni, sino a risul­ta­re disper­so nel­la Repub­bli­ca di Salò. Il Giam­pao­li­smo, feno­me­no ascri­vi­bi­le alla Sini­stra fasci­sta, ave­va fat­to pro­prio a Mila­no un ten­ta­ti­vo, per varie ed ovvie ragio­ni ste­ri­le, di affer­ma­re i suoi pro­po­si­ti.

Venia­mo quin­di al ter­ri­to­rio di per­ti­nen­za spe­ci­fi­ca del­la pub­bli­ca­zio­ne. In gene­ra­le Mila­no non subi­sce le inva­si­ve ristrut­tu­ra­zio­ni urba­ni­sti­che, ed archi­tet­to­ni­che, che toc­ca­no, ad esem­pio, la Capi­ta­le. L’intervento in tal sen­so è più limi­ta­to. Le pro­ble­ma­ti­che socia­li ed abi­ta­ti­ve del­la sua peri­fe­ria riman­go­no pres­so­ché inal­te­ra­te e a poco ser­vo­no gli inter­ven­ti assi­sten­zia­li e cari­ta­te­vo­li del Regi­me. La con­ti­nua immi­gra­zio­ne vani­fi­ca le poli­ti­che a favo­re del­la rura­li­tà e con­tro l’inurbamento del Fasci­smo: i quar­tie­ri peri­fe­ri­ci sono sem­pre più affol­la­ti e le loro abi­ta­zio­ni sem­pre fati­scen­ti. Non si arre­sta cer­to il pro­ces­so d’industrializzazione, con la vici­na Sesto San Gio­van­ni e le varie real­tà pro­dut­ti­ve che qui si sta­bi­li­sco­no o si con­so­li­da­no, con quei mar­chi che poi, soprat­tut­to con il boom eco­no­mi­co, sareb­be­ro entra­ti in tut­te le case ita­lia­ne.

Accan­to, però, all’industrializzazione, per­si­ste nel nor­de­st mila­ne­se uno spac­ca­to socia­le ed antro­po­lo­gi­co a carat­te­re paleoin­du­stria­le dato pro­prio dall’immigrazione, soprat­tut­to puglie­se, che si reca a Mila­no in cer­ca di for­tu­na e si sta­bi­li­sce in que­sti quar­tie­ri. Essa non sem­pre rie­sce ad entra­re in fab­bri­ca, anzi, volen­te o nolen­te, ne resta spes­so fuo­ri, si dedi­ca il più del­le vol­te al com­mer­cio ambu­lan­te o, in secon­da istan­za, alla pic­co­la cri­mi­na­li­tà e agli espe­dien­ti. Su que­sta uma­ni­tà si sof­fer­ma par­ti­co­lar­men­te la trat­ta­zio­ne del sag­gio, per­ché, rispet­to alla figu­ra più inqua­dra­ta dell’operaio di fab­bri­ca, con­ser­va mag­gior­men­te i segni dell’insubordinazione e del­la ribel­lio­ne, maga­ri pre – poli­ti­ca.

L’Autore, come per il pre­ce­den­te lavo­ro, si basa prin­ci­pal­men­te sul­la docu­men­ta­zio­ne d’archivio, inte­gra­ta con una biblio­gra­fia sull’argomento, risor­se on line e fon­ti a stam­pa, segna­ta­men­te quel­la loca­le fasci­sta, così come quel­la clan­de­sti­na anti­fa­sci­sta. Non man­ca un cor­po­so quan­to espli­ca­ti­vo appa­ra­to foto­gra­fi­co con imma­gi­ni d’epoca, ritrat­ti e ripro­du­zio­ni di docu­men­ti.

In ambi­to archi­vi­sti­co, tro­via­mo nuo­va­men­te un ampio ricor­so al Casel­la­rio poli­ti­co cen­tra­le: la prin­ci­pa­le risor­sa per cono­sce­re le vicen­de uma­ne ine­ren­ti l’opposizione poli­ti­ca dal perio­do postu­ni­ta­rio. Il capi­to­lo fina­le è infat­ti dedi­ca­to pro­prio ai pro­fi­li dei per­so­nag­gi anti­fa­sci­sti men­zio­na­ti nel testo. Per­so­ne di popo­lo che sot­to il Regi­me fasci­sta avreb­be­ro nel­la qua­si tota­li­tà ade­ri­to al Par­ti­to comu­ni­sta d’Italia, a disca­pi­to del­le pre­ce­den­ti cul­tu­re poli­ti­che di pro­ve­nien­za. Per­so­ne, con tan­to di foto segna­le­ti­ca, che sareb­be­ro incap­pa­te nel­le con­tro­mi­su­re repres­si­ve, alcu­ne rinun­cian­do ai pro­pri prin­cì­pi, altre inve­ce espa­trian­do o strin­gen­do i den­ti fino alla fine. Alcu­ne avreb­be­ro fat­to la Resi­sten­za, lascian­do­ci la vita, anche nei cam­pi di ster­mi­nio, altre sareb­be­ro soprav­vis­su­te veden­do nasce­re la Repub­bli­ca ita­lia­na e, maga­ri, viven­do­la per qual­che decen­nio.

Sil­vio Anto­ni­ni

Dino Bar­ra, Via Pado­va, Una peri­fe­ria mila­ne­se sot­to il Regi­me fasci­sta, 1926–1943, Mila­no, Milieu, 2024, pp. 271, € 16,90.

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Redazione di Lotta Continua
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