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sabato, 5 Ottobre 2024

«Il comunismo per noi non è uno stato di cose che debba essere instaurato, un ideale al quale la realtà dovrà conformarsi. Chiamiamo comunismo il movimento reale che abolisce lo stato di cose presente. Le condizioni di questo movimento risultano dal presupposto ora esistente»

[K. Marx]

Giuseppe Muraca, “Un fare comune. Da “politecnico” a “Diario”

È usci­to da poche set­ti­ma­ne l’ultimo libro di Giu­sep­pe Mura­ca, “Un fare comu­ne. Da “Poli­tec­ni­co a “Dia­rio”. Rivi­ste ita­lia­ne del secon­do Nove­cen­to”. Il Con­vi­vio Edi­to­re, 14 euro.

Giu­sep­pe Mura­ca oggi può esse­re con­si­de­ra­to il mag­gio­re cono­sci­to­re del­le cul­tu­re del­la sini­stra ete­ro­dos­sa, nel­le sue diver­se espres­sio­ni, dei pri­mi decen­ni del secon­do dopo­guer­ra. Lo testi­mo­nia­no le sue nume­ro­se pub­bli­ca­zio­ni pro­dot­te nel tem­po, in par­ti­co­la­re negli ulti­mi anni. La ras­se­gna del­le rivi­ste che van­no da “Poli­tec­ni­co” a “Dia­rio” svi­lup­pa­ta in “Un fare comu­ne” è un ulte­rio­re tas­sel­lo del­la plu­ri­de­cen­na­le ricer­ca con­dot­ta dall’autore.

Una ricer­ca sto­ri­ca dei fer­men­ti poli­ti­ci e cul­tu­ra­li degli anni Ses­san­ta e Set­tan­ta, com­pren­den­do il perio­do del dopo ’56, non può pre­scin­de­re dal­la valu­ta­zio­ne del ruo­lo fon­da­men­ta­le che han­no svol­to le rivi­ste, in que­gli anni di straor­di­na­ria crea­ti­vi­tà e inno­va­zio­ne.

In un pas­so dei Qua­der­ni del car­ce­re, Gram­sci scri­ve­va: “Biso­gna rico­no­sce­re aper­ta­men­te che le rivi­ste di per sé sono ste­ri­li, se non diven­ta­no la for­za motri­ce e for­ma­tri­ce di isti­tu­zio­ni cul­tu­ra­li a tipo asso­cia­ti­vo di mas­sa, cioè non a qua­dri chiu­si”. Le rivi­ste esa­mi­na­te nel sag­gio di Mura­ca han­no offer­to un vali­do con­tri­bu­to alla for­ma­zio­ne e alla pre­pa­ra­zio­ne poli­ti­co-cul­tu­ra­le del­la gene­ra­zio­ne del­la “nuo­va sini­stra”, dei movi­men­ti col­let­ti­vi.

Mura­ca sostie­ne, a ragio­ne, che tut­te le rivi­ste del­la “nuo­va sini­stra” sono sta­te “pro­dot­te e auto­ge­sti­te dai prin­ci­pa­li ani­ma­to­ri”, il che con­sen­te di man­te­ne­re un’autonomia cul­tu­ra­le e poli­ti­ca, diven­tan­do in que­sto modo un rife­ri­men­to del­la mas­si­ma impor­tan­za per un cre­scen­te pub­bli­co di gio­va­ni, spes­so mili­tan­ti poli­ti­ci, che si posi­zio­na­no alla sini­stra dei par­ti­ti del­la sini­stra tra­di­zio­na­le. A que­sto pro­po­si­to l’autore cita Fran­co For­ti­ni, quan­do scri­ve che gli ani­ma­to­ri di quel­le rivi­ste “ebbe­ro coscien­za, anche se non chia­ris­si­ma, che un cer­to tipo di comu­ni­ca­zio­ne non può e non deve neces­sa­ria­men­te pas­sa­re attra­ver­so la con­ven­zio­ne cul­tu­ra­le tra­di­zio­na­le (…). E que­sto pro­prio per moti­va­ta sfi­du­cia nel­le for­me gerar­chi­che del­la comu­ni­ca­zio­ne…”.

Il pri­mo capi­to­lo del testo dedi­ca ampio spa­zio alla vicen­da di “Il Poli­tec­ni­co” e al suo diret­to­re respon­sa­bi­le Elio Vit­to­ri­ni. La pri­ma fase del­la Rivi­sta riflet­te lo sta­to di “ par­ti­co­la­re fer­vo­re poli­ti­co-cul­tu­ra­le det­ta­to dal­la con­vin­zio­ne che si sta­va viven­do in un momen­to ecce­zio­na­le”. Ci tro­via­mo negli anni dell’immediato dopo­guer­ra; il pri­mo nume­ro del­la rivi­sta esce il 29 set­tem­bre del 1945. Dopo 20 anni di dit­ta­tu­ra e cul­tu­ra fasci­sta per Vit­to­ri­ni è giun­to il tem­po di aggior­na­re cri­ti­ca­men­te la cul­tu­ra ita­lia­na, aprir­la ai con­tri­bu­ti che pos­so­no giun­ge­re anche dall’estero. Si trat­ta di spe­ri­men­ta­re un per­cor­so di “cul­tu­ra del­la pras­si”, di vol­ge­re lo sguar­do in dire­zio­ne del­le nuo­ve gene­ra­zio­ni, del­le clas­si subal­ter­ne e dei ceti pro­gres­si­sti. L’ambizione è quel­la di far cre­sce­re una cul­tu­ra che pos­sa con­tri­bui­re a cam­bia­re la socie­tà. Un pun­to que­sto che acco­mu­na le rivi­ste del­la sini­stra cri­ti­ca.

Mura­ca riper­cor­re le vicen­de del­la bre­ve, ma inten­sa, vita de “Il Poli­tec­ni­co” (la rivi­sta chiu­de con il nume­ro 39 nel dicem­bre 1947), con una par­ti­co­la­re atten­zio­ne alla dia­tri­ba con il Par­ti­to Comu­ni­sta, la pole­mi­ca Ali­ca­ta-Togliat­ti con Vit­to­ri­ni accu­sa­to di “astrat­ti­smo”, “intel­let­tua­li­smo”, “avan­guar­di­smo”. Un epi­so­dio con­flit­tua­le, quest’ultimo, giu­di­ca­to dall’autore del testo “uno degli epi­so­di cru­cia­li del­la cul­tu­ra del nostro dopo­guer­ra”. A pro­po­si­to di que­sto con­trad­dit­to­rio, Mura­ca cita inol­tre un illu­mi­nan­te pas­sag­gio di Roma­no Lupe­ri­ni, intel­let­tua­le del­la nuo­va sini­stra e pro­fon­do cono­sci­to­re di sto­ria del­la let­te­ra­tu­ra del Nove­cen­to: “Da una par­te e dall’altra la que­stio­ne del rap­por­to tra poli­ti­ca e cul­tu­ra fu posta in ter­mi­ni non teo­ri­co-poli­ti­ci ma eti­co-cul­tu­ra­li, sen­za fon­dar­la in un’analisi di clas­se e in una ride­fi­ni­zio­ne cri­ti­ca del ruo­lo degli intel­let­tua­li nell’ambito di un pro­ces­so rivo­lu­zio­na­rio”.

Pur nei limi­ti evi­den­zia­ti da Mura­ca, “Il Poli­tec­ni­co” rilan­cia la rifles­sio­ne sul rap­por­to fra intel­let­tua­li e poli­ti­ca, intel­let­tua­li e movi­men­to ope­ra­io, una que­stio­ne di pri­ma­ria impor­tan­za per gli intel­let­tua­li di sini­stra nei decen­ni del dopo­guer­ra.

Per l’autore del sag­gio, si trat­ta di una rivi­sta con un carat­te­re “pro­vo­ca­to­rio, anti­con­for­mi­sta e rivo­lu­zio­na­rio”, ma anche il fat­to di esse­re “un esem­pio for­se uni­co di una visio­ne poli­ti­ca rivo­lu­zio­na­ria che si fon­de per­fet­ta­men­te con l’avanguardismo cul­tu­ra­le e let­te­ra­rio del suo diret­to­re”. Il Poli­tec­ni­co resta in ogni caso “un esem­pio a cui si ispi­re­ran­no le suc­ces­si­ve rivi­ste del mar­xi­smo cri­ti­co: “Discus­sio­ni”, “Ragio­na­men­ti”, “Qua­der­ni Pia­cen­ti­ni”.

Segue la segna­la­zio­ne di un perio­di­co poco cono­sciu­to come è sta­ta la rivi­sta “Discus­sio­ni” su cui han­no scrit­to gio­va­ni inter­ni ai par­ti­ti del­la sini­stra tra­di­zio­na­le, alcu­ni dei qua­li saran­no pro­ta­go­ni­sti del­la intel­li­ghen­zia del­la sini­stra negli anni suc­ces­si­vi, pen­sia­mo a Rena­to Sol­mi, Clau­dio Pavo­ne, Cesa­re Cases, oltre a Fran­co For­ti­ni già inter­no alla rivi­sta di Vit­to­ri­ni.

Non si può dimen­ti­ca­re il con­te­sto poli­ti­co-cul­tu­ra­le in cui si col­lo­ca­no le pri­me rivi­ste trat­ta­te dal sag­gio. Sono gli anni dei “die­ci inver­ni”, secon­do la bril­lan­te defi­ni­zio­ne di For­ti­ni. Anni in cui si anno­ve­ra­no even­ti che smor­za­no gli entu­sia­smi “pro­gres­si­sti” nati in segui­to alla Libe­ra­zio­ne. Volen­do sin­te­tiz­za­re: man­ca­ta rifor­ma e con­ti­nui­tà con il vec­chio Sta­to, sof­fo­can­ti con­di­zio­na­men­ti inter­na­zio­na­li, esclu­sio­ne dei social­co­mu­ni­sti dal gover­no, pesan­te scon­fit­ta del Fron­te Popo­la­re alle ele­zio­ni del 18 apri­le del ’48, repres­sio­ne nel­le piaz­ze e in fab­bri­ca (“gli anni duri alla Fiat”), la scon­fit­ta del­la Fiom alle ele­zio­ni del­la Com­mis­sio­ne Inter­na del­la Fiat nel ’55, muta­men­ti dei rap­por­ti di for­za fra le clas­si.

La rivi­sta “Ragio­na­men­ti” vie­ne fon­da­ta a Mila­no nel 1955. Negli anni Ses­san­ta “con lo svi­lup­po del­la nuo­va sini­stra e del­la con­te­sta­zio­ne ope­ra­ia e stu­den­te­sca, ha acqui­sta­to un valo­re qua­si sim­bo­li­co in quan­to lega­ta a quel par­ti­co­la­re nodo di pro­ble­mi di carat­te­re teo­ri­co, poli­ti­co e cul­tu­ra­le che fu “l’indimenticabile 1956” “. Come nel caso de Il Poli­tec­ni­co, nono­stan­te un invi­to al dia­lo­go, l’apparato teo­ri­co e la linea poli­ti­ca del Par­ti­to Comu­ni­sta dimo­stra­no di non tol­le­ra­re cri­ti­che, spe­cial­men­te se pro­ven­go­no dal­la sua sini­stra. Mura­ca richia­ma la dura cri­ti­ca di Ali­ca­ta agli “scon­fi­na­men­ti e la linea anti­tra­di­zio­na­le e anti­dog­ma­ti­ca dei mar­xi­sti cri­ti­ci”, qua­li sono i redat­to­ri e i col­la­bo­ra­to­ri di “Ragio­na­men­ti”.

Quin­di il 1956 , il XX Con­gres­so del Pcus e i fat­ti di Unghe­ria, un “anno di svol­ta: un’epoca del socia­li­smo si era chiu­sa per sem­pre e se ne sta­va apren­do un’altra”. “L’indimenticabile 1956” apre però anche nuo­ve pro­spet­ti­ve agli intel­let­tua­li del­la sini­stra ete­ro­dos­sa, nuo­vi sti­mo­li che tro­va­no un’accoglienza nel­le rivi­ste. La rigi­di­tà del­la poli­ti­ca cul­tu­ra­le del Par­ti­to Comu­ni­sta spin­ge alcu­ni intel­let­tua­li a rivol­ger­si al Par­ti­to Socia­li­sta al cui inter­no è pre­sen­te una con­si­sten­te ala sini­stra e una mag­gio­re aper­tu­ra.

L’importanza del­le rivi­ste dei “die­ci inver­ni” non sta nel nume­ro del­le copie ven­du­te, dell’ordine più del­le cen­ti­na­ia che del­le miglia­ia, quan­to piut­to­sto dell’essere sta­te stru­men­to di una pri­ma for­ma­zio­ne e di espe­rien­ze di bat­ta­glia cul­tu­ra­le.

Il secon­do capi­to­lo del sag­gio svi­lup­pa ragio­na­men­ti su rivi­ste vol­te al rin­no­va­men­to cul­tu­ra­le e let­te­ra­rio. Si trat­ta di “Offi­ci­na”, “Il Mena­bò”, “Il Ver­ri” e “Quin­di­ci”. Quest’ultima nasce come rivi­sta let­te­ra­ria, per carat­te­riz­zar­si in sen­so sem­pre più poli­ti­co con l’emergere del­la con­te­sta­zio­ne. Nan­ni Bale­stri­ni, che ha diret­to per alcu­ni anni la rivi­sta, diven­te­rà un intel­let­tua­le del­la sini­stra ope­rai­sta, il suo roman­zo-cro­na­ca del­le lot­te del ’69 a Mira­fio­ri, “Voglia­mo tut­to”, com­po­sto sul­la base del­la testi­mo­nian­za di un ope­ra­io, è un rife­ri­men­to clas­si­co di que­gli even­ti.

Il ter­zo capi­to­lo è dedi­ca­to alle rivi­ste del­la nuo­va sini­stra. La loro nasci­ta si col­lo­ca nel­la pri­ma metà degli anni Ses­san­ta. La situa­zio­ne inter­na­zio­na­le ha subi­to muta­men­ti impor­tan­ti: la rot­tu­ra del movi­men­to comu­ni­sta inter­na­zio­na­le con la cri­si fra Cina e Urss fra gli anni Cin­quan­ta e Ses­san­ta, le insor­gen­ze nel Ter­zo Mon­do con la vit­to­ria del­la rivo­lu­zio­ne castri­sta e del­la rivo­lu­zio­ne alge­ri­na. In poli­ti­ca inter­na, dopo la cadu­ta del gover­no Tam­bro­ni, si avvia l’esperimento del cen­tro-sini­stra. Even­ti qua­li le gran­di mani­fe­sta­zio­ni anti­fa­sci­ste con­tro il gover­no Tam­bro­ni, i fat­ti del giu­gno ’60 a Geno­va con il pro­ta­go­ni­smo dei gio­va­ni con le “magliet­te a stri­sce” e ancor più il ritor­no del­le lot­te ope­ra­ie a Mila­no e a Tori­no con gli scio­pe­ri alla Fiat e gli scon­tri del luglio ’62 in piaz­za Sta­tu­to, resti­tui­sco­no l’immagine di una socie­tà non paci­fi­ca­ta.

Nel­la pri­ma metà degli anni Ses­san­ta nasco­no rivi­ste che sono “lo stru­men­to pri­vi­le­gia­to di ricer­ca, d’intervento e di dibat­ti­to teo­ri­co, poli­ti­co e cul­tu­ra­le”. Come affer­ma Mura­ca nel­la pri­ma metà degli anni Ses­san­ta “si veri­fi­cò la fusio­ne tra due gene­ra­zio­ni di intel­let­tua­li del­la nuo­va sini­stra, tra quel­la dei “die­ci inver­ni”… e quel­la dei vari Asor Rosa, Tron­ti, Rie­ser, Bel­loc­chio, Fofi, Mot­tu­ra, Negri, Alqua­ti, Lan­zar­do, Bolo­gna, Lupe­ri­ni e pochi altri”.

Si trat­ta anco­ra di pic­co­li nuclei di intel­let­tua­li mili­tan­ti che intro­du­co­no nuo­vi temi di rifles­sio­ne orien­ta­ti anche alla pras­si, si pen­si ad esem­pio all’inchiesta ope­ra­ia, ad un più pre­ci­so appro­fon­di­men­to del rap­por­to fra intel­let­tua­li e clas­se ope­ra­ia, al rap­por­to fra teo­ria e pras­si, ad una let­tu­ra dell’opera di Marx, in par­ti­co­la­re del libro Pri­mo del Capi­ta­le, che si distan­zia da quel­la dei par­ti­ti del Movi­men­to Ope­ra­io uffi­cia­le.

Il nume­ro del­le nuo­ve rivi­ste di que­sto perio­do è con­si­de­re­vo­le, anche se, sot­to­li­nea l’autore, si trat­ta di pub­bli­ca­zio­ni che “cir­co­la­no qua­si clan­de­sti­na­men­te e rara­men­te supe­ra­no il miglia­io di copie” con l’eccezione dei Qua­der­ni Ros­si. Alcu­ne rivi­ste di que­sto perio­do del­la secon­da metà degli anni Ses­san­ta e in con­co­mi­tan­za con le lot­te ope­ra­ie e stu­den­te­sche del 68–69 cam­bia­no l’originaria natu­ra per carat­te­riz­zar­si pro­gres­si­va­men­te in sen­so pret­ta­men­te poli­ti­co. È il caso di “Gio­va­ne cri­ti­ca”, “Nuo­vo impe­gno”, i “Qua­der­ni Pia­cen­ti­ni”, un discor­so ana­lo­go si può fare per rivi­ste poco cono­sciu­te come “Ideo­lo­gie” e “Che fare”, men­tre “La Sini­stra”, diret­ta ini­zial­men­te da Lucio Col­let­ti e soste­nu­ta dall’editore Gian­gia­co­mo Fel­tri­nel­li, fin dal­la nasci­ta è deci­sa­men­te poli­ti­ciz­za­ta con una par­ti­co­la­re atten­zio­ne alle lot­te del Ter­zo Mon­do. Va ricor­da­to che la rot­tu­ra fra Cina e Urss ha effet­ti anche nel pano­ra­ma dell’area a sini­stra del Pci. Fin dal­la pri­ma metà degli anni Ses­san­ta nasco­no grup­pi e par­ti­ti­ni (con rela­ti­vi gior­na­li e rivi­ste) che si richia­ma­no alla linea del Par­ti­to comu­ni­sta cine­se. Si trat­ta di un feno­me­no poco rile­van­te quan­ti­ta­ti­va­men­te i cui svi­lup­pi sono ardui da segui­re, d’altra par­te in que­sto caso non si può nem­me­no par­la­re di “sini­stra ete­ro­dos­sa”.

Il filo­ne “ope­rai­sta” trae ori­gi­ne nell’esperienza dei “Qua­der­ni Ros­si” il cui pri­mo nume­ro esce nel 1961. Fra i pro­mo­to­ri spic­ca­no i nomi di due impor­tan­ti teo­ri­ci del mar­xi­smo ita­lia­no del secon­do dopo­guer­ra: Mario Tron­ti e Ranie­ro Pan­zie­ri. Le vicen­de di que­sta rivi­sta sono sta­te trat­ta­te ampia­men­te in arti­co­li, sag­gi, con­ve­gni, anche in con­si­de­ra­zio­ne degli svi­lup­pi suc­ces­si­vi alle diver­gen­ze e alla sepa­ra­zio­ne fra Tron­ti e Pan­zie­ri. I “tron­tia­ni” fon­da­no “Clas­se Ope­ra­ia”, poi “Con­tro­pia­no”. Volen­do sem­pli­fi­ca­re ed eti­chet­ta­re si può affer­ma­re che la “destra” e lo stes­so Tron­ti rien­tra­no uffi­cial­men­te nel Par­ti­to Comu­ni­sta, Asor Rosa ade­ri­sce al Psiup. La “sini­stra” sarà deter­mi­nan­te nel­la for­ma­zio­ne del Pote­re Ope­ra­io nazio­na­le. Sull’uso dell’etichetta di “ope­rai­smo” per com­pren­de­re tut­ti gli intel­let­tua­li che han­no par­te­ci­pa­to all’esperienza dei Qua­der­ni Ros­si la discus­sio­ne si può dire che non si sia mai chiu­sa.

Il lavo­ro di Mura­ca si sof­fer­ma giu­sta­men­te sul­la sto­ria dei Qua­der­ni Pia­cen­ti­ni, una rivi­sta che “ha attra­ver­sa­to un ven­ten­nio (o poco più) cru­cia­le del­la sto­ria del nostro pae­se , duran­te il qua­le esso ha cono­sciu­to un tumul­tuo­so, dirom­pen­te e radi­ca­le pro­ces­so di tra­sfor­ma­zio­ne e si sono mani­fe­sta­ti ed esau­ri­ti defi­ni­ta­men­te cul­tu­re, valo­ri idea­li, even­ti col­let­ti­vi e movi­men­ti poli­ti­ci e socia­li di sin­go­la­re por­ta­ta (mar­xi­smo , nuo­va sini­stra, ’68, autun­no cal­do, fem­mi­ni­smo, il ’77). Da que­sto pun­to di vista l’itinerario del­la rivi­sta ha rap­pre­sen­ta­to pro­prio la para­bo­la di una gene­ra­zio­ne di intel­let­tua­li che dopo aver vis­su­to un perio­do di entu­sia­smo e di illu­sio­ni ha dovu­to fare i con­ti con la scon­fit­ta e il tra­col­lo del loro pro­get­to poli­ti­co, del­le loro istan­ze di cam­bia­men­to e dell’intera sini­stra”. Pen­so si pos­sa affer­ma­re che i Qua­der­ni Pia­cen­ti­ni sia­no sta­ti la più impor­tan­te rivi­sta degli anni Ses­san­ta e Set­tan­ta. Occor­re ricor­da­re che Mura­ca ha pub­bli­ca­to, pres­so la casa edi­tri­ce Ombre Cor­te, due sag­gi che trat­ta­no le figu­re di due espo­nen­ti di rilie­vo dei Qua­der­ni Pia­cen­ti­ni: Fran­co For­ti­ni e Pier­gior­gio Bel­loc­chio. Si trat­ta di “Pier­gior­gio Bel­loc­chio e i suoi ami­ci” (2018) e “L’integrità dell’intellettuale. Scrit­ti su Fran­co For­ti­ni” (2022).

Tra gli altri meri­ti il sag­gio di Mura­ca, ha anche il pre­gio di trat­teg­gia­re alcu­ne note sul­le rivi­ste “Ombre Ros­se” e “Mon­do beat”.

Il pri­mo nume­ro di “Ombre Ros­se” esce il 1° mag­gio del 1967, la pri­ma serie chiu­de con il nume­ro del dicem­bre 1969. Nasce a Tori­no come rivi­sta di cine­ma, un ambi­to cul­tu­ra­le di note­vo­le impor­tan­za in que­gli anni. Ha scrit­to Gof­fre­do Fofi, cita­to dall’autore: “Il cine­ma e i film ser­vi­va­no per capi­re, per allar­ga­re gli oriz­zon­ti, per cer­ca­re sug­ge­stio­ni, indi­ca­zio­ni, con­fer­me, in un dia­lo­go con­ti­nuo tra la pro­pria con­di­zio­ne e il momen­to sto­ri­co”.

Nel grup­po reda­zio­na­le tro­via­mo Gof­fre­do Fofi e altri gio­va­ni cul­to­ri del cine­ma cri­ti­co, insod­di­sfat­ti del­la “cul­tu­ra cine­ma­to­gra­fi­ca domi­nan­te” e del­la poli­ti­ca del­la sini­stra uffi­cia­le, alcu­ni di loro li tro­via­mo atti­vi nel Movi­men­to Stu­den­te­sco tori­ne­se, Pao­lo Ber­tet­to inse­gne­rà “Sto­ria e cri­ti­ca del cine­ma” all’Università di Tori­no.

La rivi­sta avvia una nuo­va serie a par­ti­re dal 1971 e usci­rà fino al nume­ro 33 (1981). Prin­ci­pa­le ani­ma­to­re: Gof­fre­do Fofi. Con il pas­sa­re del tem­po si col­lo­ca all’interno del movi­men­to espri­men­do una vici­nan­za con le posi­zio­ni di Lot­ta Con­ti­nua. In “Ombre Ros­se” tro­va­no spa­zio le tema­ti­che sul­la con­di­zio­ne gio­va­ni­le, sul fem­mi­ni­smo, sul­la scuo­la, sul movi­men­to dei disoc­cu­pa­ti orga­niz­za­ti. Il movi­men­to del 77 entra nel dibat­ti­to del­la rivi­sta, dove pre­val­go­no posi­zio­ni vici­ne alla “teo­ria dei biso­gni”, su que­sti argo­men­ti la rivi­sta pub­bli­ca un qua­der­no: “Biso­gni, cri­si del­la mili­tan­za, orga­niz­za­zio­ne pro­le­ta­ria”. L’ultimo nume­ro è incen­tra­to sul testo di C. Lasch “La cul­tu­ra del nar­ci­si­smo” che pre­fi­gu­ra l’antropologia domi­nan­te nei decen­ni suc­ces­si­vi.

Il 4° capi­to­lo è dedi­ca­to a “Mon­do beat” e la cul­tu­ra under­ground ita­lia­na. Si trat­ta di un pas­sag­gio impor­tan­te del­la for­ma­zio­ne “pre-poli­ti­ca” del­le gio­va­ni gene­ra­zio­ni. For­se a cau­sa del­la pre­va­len­za di un cer­to tipo di ope­rai­smo, di eco­no­mi­ci­smo, nel­la rico­stru­zio­ne sto­ri­ca di que­gli anni, risul­ta sot­to­va­lu­ta­to il ruo­lo del feno­me­no beat, più in gene­ra­le direi il peso dei movi­men­ti gio­va­ni­li ame­ri­ca­ni. Come scri­ve Mura­ca “Nel­la secon­da metà degli anni Ses­san­ta il feno­me­no beat ebbe una cer­ta rile­van­za anche nel nostro pae­se inci­den­do su diver­si set­to­ri dell’attività cul­tu­ra­le e arti­sti­ca (la musi­ca, la let­te­ra­tu­ra, il cine­ma, la pit­tu­ra, il dise­gno, la moda, sul­la men­ta­li­tà, sul modo di vive­re, sul modo di con­ce­pi­re il mon­do e la vita e sul costu­me dei gio­va­ni”. In 14 pagi­ne l’autore rico­strui­sce la vicen­da, poco cosciu­ta, di “Mon­do beat”.

Il 5° capi­to­lo è dedi­ca­to a rivi­ste che si col­lo­ca­no negli del cosid­det­to “riflus­so”: “Sal­vo impre­vi­sti”, “Alfa­be­ta”,Linea d’ombra”, “Dia­rio”.

L’ultimo capi­to­lo, scrit­to dal­la poe­tes­sa Gabrie­la Fan­ta­to, ha per tito­lo “Un pen­sie­ro ere­ti­co: il fem­mi­ni­smo degli anni Set­tan­ta e le sue rivi­ste”.

Il lavo­ro di Giu­sep­pe Mura­ca sul­le rivi­ste del­la sini­stra cri­ti­ca, per la cui com­pi­la­zio­ne l’autore dichia­ra di aver segui­to i suoi inte­res­si let­te­ra­ri e poli­ti­ci, è un uti­le stru­men­to per arric­chi­re la cono­scen­za del pen­sie­ro cri­ti­co e del­la sini­stra ete­ro­dos­sa dei decen­ni del secon­do dopo­guer­ra. La ric­chez­za del­le note e una “Biblio­gra­fia essen­zia­le”, posta nel­le ulti­me pagi­ne del libro, offro­no ade­gua­ti stru­men­ti per chi voles­se appro­fon­di­re que­ste tema­ti­che.

Elle­Pi

 

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