15.4 C
Torino
sabato, 26 Aprile 2025

«Il comunismo per noi non è uno stato di cose che debba essere instaurato, un ideale al quale la realtà dovrà conformarsi. Chiamiamo comunismo il movimento reale che abolisce lo stato di cose presente. Le condizioni di questo movimento risultano dal presupposto ora esistente»

[K. Marx]

Fabrizio R. Amati, Antitotalitario, Carlo Andreoni: il caso storiografico del comandante partigiano socialista (1901–1957)

Mila­no — Udi­ne, Mime­sis, 2024, pp. 780, € 42.00

«Pri­ma che i comu­ni­sti pos­sa­no con­su­ma­re per inte­ro il loro tra­di­men­to, pri­ma che arma­te stra­nie­re pos­sa­no giun­ge­re sul nostro suo­lo per con­fe­ri­re ad essi il mise­ra­bi­le pote­re “qui­sling” al qua­le aspi­ra­no, il Gover­no del­la Repub­bli­ca e la mag­gio­ran­za degli ita­lia­ni avran­no il corag­gio, l’energia, la deci­sio­ne suf­fi­cien­ti per inchio­da­re al muro del loro tra­di­men­to Togliat­ti e i suoi com­pli­ci. E per inchio­dar­ve­li non meta­fo­ri­ca­men­te».

La pole­mi­ca era diret­ta all’intervento di Togliat­ti alla Came­ra dell’8 luglio 1948 con­tro la rati­fi­ca dell’Accordo di coo­pe­ra­zio­ne eco­no­mi­ca Usa – Ita­lia. La fac­cen­da avreb­be potu­to risol­ver­si in que­re­le o con una scher­ma­glia attra­ver­so gli orga­ni di stam­pa, inve­ce le paro­le di cui sopra sono in un edi­to­ria­le del quo­ti­dia­no dell’allora Par­ti­to socia­li­sta dei lavo­ra­to­ri ita­lia­ni, poi Socia­li­sta demo­cra­ti­co ita­lia­no, “L’Umanità”, usci­to il 13 luglio 1948. Alle 11.30 del mat­ti­no suc­ces­si­vo, in via del­la Mis­sio­ne, il man­ca­to omi­ci­dio di Togliat­ti, ad ope­ra di Anto­nio Pal­lan­te, gio­va­ne anti­co­mu­ni­sta, allo­ra fre­quen­tan­te gli ambien­ti qua­lun­qui­sti. Il Pae­se spro­fon­da nel caos del­le pro­te­ste, anche nel­la con­vin­zio­ne che l’attentato fos­se par­te di un dise­gno di restau­ra­zio­ne rea­zio­na­ria in atto, con le car­ce­ri che, a segui­to di una vio­len­ta repres­sio­ne dei moti, tor­na­no effet­ti­va­men­te a riem­pir­si di mili­tan­ti social­co­mu­ni­sti, come nel Ven­ten­nio.

A scri­ve­re l’editoriale del gior­no pri­ma, da poco alla Dire­zio­ne de “L’Umanità” dopo un lun­go, inquie­to e acci­den­ta­to per­cor­so, è Car­lo Andreo­ni. E tan­to basta. Aldi­là del­la com­pren­si­bi­le indi­gna­zio­ne sul momen­to per quel­la sor­ta di ana­te­ma che vole­va esse­re fuor di meta­fo­ra, su una per­so­na­li­tà cer­to com­ples­sa sì ma impor­tan­te e signi­fi­ca­ti­va come quel­la di Andreo­ni, cala irre­vo­ca­bil­men­te la dam­na­tio memo­riae. Anche in sede sto­rio­gra­fi­ca, nel cor­so dei decen­ni e indi­pen­den­te­men­te dall’orientamento degli auto­ri, si sono rei­te­ra­te le stes­se defi­ni­zio­ni: “vol­ta­gab­ba­na”, “ex anar­chi­co fini­to nel­la social­de­mo­cra­zia su posi­zio­ni anti­co­mu­ni­ste” etc., non facen­do ricer­ca sto­ri­ca ma ripe­ten­do for­mu­le.

Insom­ma, sono dovu­ti pas­sa­re ben 67 anni dal­la mor­te di Andreo­ni per aver­ne di fat­to la pri­ma bio­gra­fia, con ogni pro­ba­bi­li­tà tra le più inte­res­san­ti pub­bli­ca­zio­ni di Sto­ria con­tem­po­ra­nea usci­te di recen­te. L’Autore è Fabri­zio Roma­no Ama­ti, lau­rea­to in Scien­ze poli­ti­che alla Sapien­za di Roma, con all’attivo la mono­gra­fia Il Movi­men­to di uni­tà pro­le­ta­ria, 1943 – 1945 (2005), men­tre l’argomento del volu­me in ogget­to è sta­to intro­dot­to con un con­tri­bu­to di due anni fa sul­la “Rivi­sta sto­ri­ca del socia­li­smo”, Car­lo Andreo­ni e il Par­ti­to socia­li­sta dei lavo­ra­to­ri ita­lia­ni, sin qui, emble­ma­ti­ca­men­te, l’unica vera e pro­pria risor­sa biblio­gra­fi­ca espli­ci­ta­men­te sul­la figu­ra.

Con que­sto libro sia­mo così pas­sa­ti da nien­te a tut­to e oltre: ben 760 pagi­ne di testo, con un appa­ra­to cri­ti­co di anno­ta­zio­ne che ne potreb­be riem­pi­re un altro d’uguale spes­so­re. Infi­ni­te le risor­se con­sul­ta­te: archi­vi pub­bli­ci, di fon­da­zio­ni, isti­tu­ti cul­tu­ra­li e di pri­va­ti, fon­ti biblio­gra­fi­che e a stam­pa, dell’epoca e suc­ces­si­va, e testi­mo­nian­ze indi­vi­dua­li. Tut­to per la gran par­te, va da sé, ine­di­to.

Chi era, dun­que, que­sta per­so­na­li­tà oblia­ta? Car­lo Andreo­ni vie­ne al mon­do nel 1901, a Gia­ve­no (Tori­no), da una fami­glia facol­to­sa: il padre, Lui­gi, è un inge­gne­re, di osser­van­za mas­so­ni­ca, che la fami­glia segue negli spo­sta­men­ti per ragio­ni lavo­ra­ti­ve. Car­lo assor­be il repub­bli­ca­ne­si­mo degli ambien­ti fami­lia­ri e, quin­di, sim­pa­tiz­za per l’interventismo al cospet­to del­la Gran­de guer­ra. Per fisio­no­mia poli­ti­ca e cul­tu­ra­le, e per indo­le, Andreo­ni, che in quel perio­do si tro­va­va in Cala­bria, e che già si face­va nota­re per com­por­ta­men­ti tur­bo­len­ti, potreb­be tran­quil­la­men­te esse­re nel nove­ro di quei gio­va­ni par­ti­ti volon­ta­ri in Ser­bia e Fran­cia pri­ma dell’entrata in guer­ra dell’Italia, i cosid­det­ti pre­cur­so­ri, cosa che a lui non rie­sce. È in linea con il socia­li­smo inter­ven­ti­sta e, cir­co­stan­za non con­sue­ta per la gio­ven­tù del­la sua estra­zio­ne, con la Scis­sio­ne di Livor­no ade­ri­sce al Par­ti­to comu­ni­sta d’Italia, dive­nen­do­ne subi­to atti­vi­sta. Ora si tro­va a Roma, stu­den­te in Medi­ci­na, nel tur­bi­ne del­la guer­ra di movi­men­to sca­te­na­ta dai fasci­sti, quan­do entra nell’apparato ille­ga­le capi­to­li­no del Par­ti­to, tal­vol­ta det­to del­le Guar­die ros­se, al fian­co di figu­re pro­ve­nien­ti dagli Ardi­ti del popo­lo, a segui­to del­la loro mes­sa fuo­ri­leg­ge. Tra que­sti, Nesto­re Tur­si, già mem­bro del Diret­to­rio nazio­na­le degli ardi­to – popo­la­ri.

Pro­prio in seno agli appa­ra­ti clan­de­sti­ni del Par­ti­to, Andreo­ni si ren­de pro­ta­go­ni­sta di un tra­gi­co fat­to assur­to alle cro­na­che nazio­na­li.

Feu­zi Nou­ri Has­sen, ex uffi­cia­le otto­ma­no ade­ren­te alla Lega dei popo­li oppres­si, era fug­gi­to dal­la Rus­sia sovie­ti­ca con docu­men­ta­zio­ne riser­va­ta. La Ceka non era riu­sci­ta a bloc­car­lo ma ave­va avvi­sa­to le sezio­ni este­re del Komin­tern, tra cui quel­la di Roma, dove Nou­ri era appro­da­to in dire­zio­ne di Ber­li­no. L’apparato ille­ga­le del Par­ti­to si era assun­to il com­pi­to di fer­mar­lo, sot­trar­gli la docu­men­ta­zio­ne incri­mi­na­ta e veri­fi­ca­re i suoi pro­po­si­ti onde lasciar­lo anda­re. Tale com­pi­to è diret­ta­men­te affi­da­to ad Andreo­ni, all’ex ardi­to – popo­la­re Tur­si e a cer­to Ange­lo Valen­te. Il pia­no deve espli­car­si sul Diret­to Roma – Mila­no, in par­ten­za dal­la sta­zio­ne Ter­mi­ni alle 23.30 del 30 otto­bre 1921 — men­tre la Capi­ta­le era in agi­ta­zio­ne per l’arrivo del­la sal­ma del Mili­te igno­to -, con la nar­co­tiz­za­zio­ne di tut­ti i viag­gia­to­ri del vago­ne dove si tro­va­va il pre­sun­to fug­gia­sco per pro­ce­de­re con la per­qui­si­zio­ne in tran­quil­li­tà. Le cose van­no diver­sa­men­te. Il pia­no scat­ta all’altezza di Arez­zo ma la nar­co­tiz­za­zio­ne dei viag­gia­to­ri non fun­zio­na come pre­vi­sto. Uno di loro, Egi­dio Toma­si, com­mer­cian­te resi­den­te a Pisto­ia, si avven­ta con­tro i due, pro­ba­bil­men­te pen­san­do­li rapi­na­to­ri, Tur­si lo fred­da spa­ran­do­gli e poi, nel ten­ta­ti­vo di disce­sa dal tre­no in cor­sa, si feri­sce gra­ve­men­te ad una gam­ba che gli vie­ne ampu­ta­ta. Feu­zi Nou­ri, trat­te­nu­to nel­le pri­me fasi dell’istruttoria come testi­mo­ne chia­ve, poco dopo ripren­de­va il viag­gio ver­so Ber­li­no facen­do per­de­re le sue trac­ce. È il Delit­to del Diret­to 38: una per­fet­ta sto­ria di spio­nag­gio che la stam­pa, sul­le pri­me con­vin­ta anch’essa che si trat­tas­se d’un ten­ta­ti­vo di fur­to anda­to a male, segue e ripor­ta con dovi­zia di par­ti­co­la­ri per tut­ta la fase pro­ces­sua­le.

Così, per Andreo­ni, si era­no aper­te le por­te del car­ce­re, e dei mani­co­mi cri­mi­na­li, pre­via peri­zia psi­chia­tri­ca, in anti­ci­po sull’avvento del Regi­me fasci­sta. La sen­ten­za, pro­nun­cia­ta dal­la Cor­te d’assise di Arez­zo il 9 mar­zo 1926, con­dan­na­va Andreo­ni e Tur­si a, rispet­ti­va­men­te, 25 e 20 anni di reclu­sio­ne, per “delit­to di cor­rei­tà in omi­ci­dio volon­ta­rio qua­li­fi­ca­to”.

Andreo­ni è dete­nu­to in diver­si isti­tu­ti di pena, quan­do, l’8 giu­gno 1935, anche gra­zie alla vedo­va del com­mer­cia­te Toma­si, Chec­chi Giu­sep­pi­na, dichia­ra­ta­si dispo­ni­bi­le al per­do­no, vie­ne scar­ce­ra­to in anti­ci­po, in liber­tà vigi­la­ta.

Frat­tan­to, sul fini­re degli anni Ven­ti, Andreo­ni era usci­to dal Par­ti­to comu­ni­sta d’Italia. Per i diri­gen­ti del Pci si sareb­be trat­ta­to di espul­sio­ne; Andreo­ni avreb­be inve­ce par­la­to di una scel­ta volon­ta­ria det­ta­ta dal­le noti­zie che arri­va­va­no dall’Urss. Come per mol­ti fuo­riu­sci­ti dal Par­ti­to comu­ni­sta con moti­va­zio­ni idea­li si pro­spet­ta­va l’opzione socia­li­sta, nel­la con­vin­zio­ne che nei ran­ghi socia­li­sti non si osser­vas­se, quan­to­me­no rigi­da­men­te, il cen­tra­li­smo demo­cra­ti­co e che la mag­gio­re liber­tà dia­let­ti­ca inter­na con­sen­tis­se un cer­to mar­gi­ne di mano­vra. L’afflato liber­ta­rio com­por­ta­va però alcu­ne con­tro­par­ti­te, tra cui: la fram­men­ta­zio­ne in cor­ren­ti di pen­sie­ro, l’impossibilità di costi­tui­re strut­tu­re di mas­sa dure­vo­li dinan­zi all’incedere degli even­ti, da cui una serie infi­ni­ta di scis­sio­ni, riu­ni­fi­ca­zio­ni e di nuo­vo scis­sio­ni. Per­ciò, aldi­là del­la riu­ni­fi­ca­zio­ne, appun­to, avve­nu­ta nel Psi in esi­lio, il socia­li­smo ita­lia­no con­si­ste­va in una sor­ta di sin­to­nia sen­ti­men­ta­le tra la vec­chia guar­dia rifor­mi­sta ed i dis­si­den­ti, per­lo­più gio­va­ni di ten­den­ze rivo­lu­zio­na­rie, del comu­ni­smo. Andreo­ni, ascri­vi­bi­le ai secon­di, si accin­ge quin­di a fare ingres­so in que­sta sfor­tu­na­ta sto­ria, per restar­vi sino alla fine dei suoi gior­ni.

A riguar­do, il 10 gen­na­io 1943, rag­giun­ta Mila­no da Roa­sio, dove si era sta­bi­li­to, Andreo­ni par­te­ci­pa alla fon­da­zio­ne, ovvia­men­te clan­de­sti­na, del Movi­men­to d’unità pro­le­ta­ria (Mup), con la con­ver­gen­za di istan­ze social — rivo­lu­zio­na­rie e luxem­bur­ghia­ne di cui Lelio Bas­so è la figu­ra di mag­gior rilie­vo.

E a Roma, tra il 22 ed il 25 ago­sto di quell’anno, in perio­do bado­glia­no, la fusio­ne tra Psi, Mup e for­ma­zio­ni mino­ri dà vita al Par­ti­to socia­li­sta ita­lia­no di uni­tà pro­le­ta­ria (Psiup), con Segre­ta­rio Pie­tro Nen­ni, in cui Andreo­ni è chia­ma­to a Vice­se­gre­ta­rio, inca­ri­co con­di­vi­so con un cer­to San­dro Per­ti­ni.

Soprag­giun­ge l’8 Set­tem­bre, la tra­sfor­ma­zio­ne del Comi­ta­to del­le oppo­si­zio­ni in Comi­ta­to di libe­ra­zio­ne nazio­na­le (Cln) e la Resi­sten­za. Non era per nul­la scon­ta­to che la Lot­ta di libe­ra­zio­ne si doves­se con­dur­re nel Cln, accan­to alle for­ze monar­chi­che, con­ser­va­tri­ci o che, comun­que, si era­no rese respon­sa­bi­li dell’avvento del Fasci­smo. Un po’ in tut­te le sen­si­bi­li­tà anti­fa­sci­ste si mani­fe­sta que­sta insof­fe­ren­za che ten­de di più ad espli­car­si nel­le fila socia­li­ste ove Andreo­ni, frat­tan­to tra­sfe­ri­to­si con la fami­glia a Roma, se ne fa inter­pre­te. Ciò lo por­ta alla rot­tu­ra con Nen­ni, inten­zio­na­to inve­ce ad un discor­so comun­que uni­ta­rio, che si con­su­ma a fine novem­bre con l’esautorazione di fat­to dell’incarico di Andreo­ni da Vice­se­gre­ta­rio, pur rima­nen­do for­mal­men­te nel­la Dire­zio­ne.

Si entra così nel vivo dei moti resi­sten­zia­li. E su ciò che vede impe­gna­to Andreo­ni da qui alla Libe­ra­zio­ne, occor­re pre­met­te­re alcu­ne cir­co­stan­ze sto­rio­gra­fi­che per quan­to riguar­da Roma. La ricer­ca sto­ri­ca sull’occupazione nazi­sta del­la Capi­ta­le è in gene­re al palo sul­la que­stio­ne ine­ren­te il nes­so via Rasel­la – fos­se Ardea­ti­ne, per le for­ti pole­mi­che stru­men­ta­li sor­te attor­no allo stes­so, per cui è risul­ta­to sem­pre dif­fi­ci­le scri­ve­re e par­la­re d’altro. Anche lad­do­ve l’oggetto del­la trat­ta­zio­ne non lo com­por­ti neces­sa­ria­men­te, ci deve imman­ca­bil­men­te esse­re una par­te, spes­so con­si­sten­te, in cui si riba­di­sce la legit­ti­mi­tà dell’azione gap­pi­sta di via Rasel­la. Sem­bra che a schio­dar­si da ciò si rechi un’offesa alla cor­ret­ta rico­stru­zio­ne di quel­le vicen­de sto­ri­che. In base a que­sto è faci­le poi imma­gi­na­re la con­se­guen­te cen­su­ra su tut­to quan­to di par­ti­gia­no si fos­se mos­so fuo­ri dal Cln e, maga­ri, in un’ottica rivo­lu­zio­na­ria, per­ché vi si potreb­be met­te­re a repen­ta­glio l’idea di Resi­sten­za uni­ta­ria sen­za distin­zio­ni di par­te con­tro lo stra­nie­ro inva­so­re. In que­sta sog­ge­zio­ne, si badi bene, non fan­no ecce­zio­ne sto­ri­ci ora tra i più accre­di­ta­ti sul­la Lot­ta par­ti­gia­na a Roma, che non pos­so­no non sape­re in meri­to, le cui affer­ma­zio­ni sono infat­ti con­fu­ta­te in più ripre­se da Ama­ti.

Venen­do al dun­que, Andreo­ni, a fine novem­bre, a segui­to del­la sostan­zia­le rot­tu­ra con i ver­ti­ci Psiup, si impe­gna per la costi­tu­zio­ne d’un sog­get­to mili­ta­re se non osti­le al Cln, comun­que in gra­do di rac­co­glie­re tut­te le for­ze che si pones­se­ro in modo cri­ti­co dinan­zi alla Monar­chia, che nell’Antifascismo di Roma e del Lazio, in ter­mi­ni quan­ti­ta­ti­vi, sono addi­rit­tu­ra mag­gio­ri­ta­rie. Il rife­ri­men­to in par­ti­co­la­re è alla Fede­ra­zio­ne repub­bli­ca­na socia­le, orga­ni­smo poli­ti­co plu­ra­le frat­tan­to sor­to in con­cor­ren­za con il Cln, dove spic­ca la pre­sen­za del Movi­men­to comu­ni­sta d’Italia – Ban­die­ra ros­sa, accan­to ai Cri­stia­no – socia­li e ad altri fram­men­ti del mon­do socia­li­sta, repub­bli­ca­no e liber­ta­rio. Ne nasce­va il Coman­do supe­rio­re par­ti­gia­no (Csp), con a capo Andreo­ni stes­so, che altre­sì fon­da­va e diri­ge­va “Il Par­ti­gia­no”, sostan­zial­men­te orga­no del Coman­do.

Qui occor­re inve­ce fare una pre­mes­sa con­cer­nen­te la ricer­ca sto­ri­ca. La defi­ni­zio­ne degli orga­ni­gram­mi par­ti­gia­ni è sta­ta fat­ta in par­te note­vo­le ex post, dopo la Libe­ra­zio­ne, con un peso sicu­ra­men­te non indif­fe­ren­te degli orien­ta­men­ti poli­ti­ci con­tin­gen­ti, men­tre maga­ri, al momen­to del­la Resi­sten­za, l’adesione ad un grup­po par­ti­gia­no dei sin­go­li era avve­nu­ta casual­men­te, sen­za neces­sa­ria­men­te la pie­na con­sa­pe­vo­lez­za di qua­li fos­se­ro i refe­ren­ti poli­ti­ci di que­sta o quel­la ban­da. Si aggiun­ga a ciò il fat­to che la cor­sa all’attestato par­ti­gia­no non può non aver fal­si­fi­ca­to i nume­ri rea­li nel con­teg­gio com­ples­si­vo. Per ovvia­re, pos­si­bil­men­te, a ciò, oggi, all’Archivio cen­tra­le del­lo Sta­to, c’è a dispo­si­zio­ne del­la ricer­ca il fon­do Ricom­part, cioè la docu­men­ta­zio­ne pro­dot­ta dal­la Com­mis­sio­ne per il rico­no­sci­men­to del­la qua­li­fi­ca dei com­bat­ten­ti par­ti­gia­ni, infat­ti amplia­men­te com­pul­sa­ta dall’Autore che, tra l’altro, è attual­men­te impe­gna­to pro­prio in una mono­gra­fia spe­ci­fi­ca sul Csp.

Il Csp risul­ta aver fat­to da coor­di­na­men­to del­le ban­de par­ti­gia­ne a Roma e nel Lazio, e qual­co­sa in Abruz­zo, con in atti­vo diver­se azio­ni con­tro i nazi­fa­sci­sti. Andreo­ni è chia­ra­men­te in pri­ma linea e rie­sce addi­rit­tu­ra ad orga­niz­za­re del­le ven­di­te clan­de­sti­ne di qua­dri per finan­zia­re l’attività del Coman­do.

Il 26 feb­bra­io 1944, però, deve lascia­re Roma, per cui sareb­be sta­to assen­te duran­te le ter­ri­bi­li vicen­de capi­to­li­ne di quel­la pri­ma­ve­ra, alla vol­ta di Mila­no, in mis­sio­ne segre­ta per con­to del­la Dire­zio­ne Psiup e con il nome di bat­ta­glia di Deme­trio Ser­gi. Il 10 mar­zo è arre­sta­to dal­le Ss e con­dot­to a S. Vit­to­re, dove si tro­va al momen­to del­lo scop­pio del­la “Bom­ba Erco­li”, vale a dire la Svol­ta di Saler­no, quan­do Pal­mi­ro Togliat­ti annun­cia­va l’accantonamento del­la que­stio­ne isti­tu­zio­na­le e quin­di l’abbandono del­la pre­giu­di­zia­le anti­mo­nar­chi­ca da par­te del Pci.

Andreo­ni è libe­ra­to il 13 giu­gno 1944, for­se, come ipo­tiz­za­to da egli stes­so, in ragio­ne del ten­ta­ti­vo di coin­vol­gi­men­to dei socia­li­sti nel pro­gram­ma repub­bli­chi­no. Al momen­to dell’uscita si era con­ge­da­to da un com­pa­gno di pri­gio­nia, sve­lan­do la sua vera iden­ti­tà, e que­sti si era ricor­da­to del nome dal Delit­to del tre­no. Quel pri­gio­nie­ro era Indro Mon­ta­nel­li e Andreo­ni si sareb­be pro­di­ga­to per pro­cu­ra­re anche a lui la scar­ce­ra­zio­ne.

Andreo­ni fa così ritor­no nel­la Roma libe­ra­ta, e tro­va il Psiup sta­gnan­te in meri­to al da far­si, soprat­tut­to in ter­mi­ni di allean­ze gover­na­ti­ve e di stra­te­gie isti­tu­zio­na­li da adot­ta­re. Un’empas­se che pro­vo­ca le dimis­sio­ni di Andreo­ni dal­la Dire­zio­ne e la crea­zio­ne, nel­la pre­oc­cu­pa­zio­ne di non far sva­ni­re l’eredità resi­sten­zia­le, del Movi­men­to par­ti­gia­no, in con­ti­nui­tà con il Csp clan­de­sti­no ed in con­trap­po­si­zio­ne al Gover­no regio. La vita del Movi­men­to si pre­sen­ta ben pre­sto tra­va­glia­ta, soprat­tut­to riguar­do la gestio­ne de “Il Par­ti­gia­no”, dal­le cui colon­ne, l’11 dicem­bre 1944 Andreo­ni lan­cia­va il Mani­fe­sto dell’Unione Spar­ta­co, sem­pre nell’ottica di coin­vol­ge­re tut­ti i dis­si­den­ti in un pro­get­to uni­ta­rio. Al suo fian­co per l’occasione, tra gli altri, il redat­to­re del “Il Par­ti­gia­no” Rober­to Secon­da­ri, fra­tel­lo di Argo, fon­da­to­re e pri­mo Capo — diret­to­rio nazio­na­le degli Ardi­ti del popo­lo.

A tal pro­po­si­to si sareb­be inge­ne­ra­to un equi­vo­co su cui i detrat­to­ri di Andreo­ni avreb­be­ro ben pre­sto fat­to leva: la con­fu­sio­ne dell’Unione Spar­ta­co con “Spar­ta­co”, uno stra­no foglio atten­di­sta cir­co­la­to duran­te l’occupazione di Roma lascian­do per­ples­sa la stes­sa poli­zia fasci­sta, in cui si esor­ta­va­no i rivo­lu­zio­na­ri a non disper­de­re ener­gie nel­la lot­ta con­tro i nazi­fa­sci­sti onde con­ser­var­le per il momen­to buo­no, cioè la rivo­lu­zio­ne che sareb­be ine­vi­ta­bil­men­te scoc­ca­ta con l’imminente fine del­la guer­ra.

A pochi gior­ni dal 25 Apri­le, cioè il 6 mag­gio 1945, Andreo­ni è trat­to in arre­sto dal­la Poli­zia mili­ta­re allea­ta con l’accusa di col­la­bo­ra­zio­ni­smo con i nazi­sti, col­le­ga­ta alla sua scar­ce­ra­zio­ne da S. Vit­to­re. Il rila­scio dopo 14 gior­ni di deten­zio­ne, a segui­to d’una cam­pa­gna stam­pa e di pre­se di posi­zio­ne pub­bli­che per rimar­ca­re l’infondatezza dell’accusa.

L’arresto lascia­va comun­que intui­re le dif­fi­col­tà di Andreo­ni nell’adattarsi alla nor­ma­liz­za­zio­ne in atto con la fine del­la Guer­ra. Egli teme che con l’organizzazione del gros­so del par­ti­gia­na­to nell’Anpi si rischi una deri­va redu­ci­sti­ca e com­me­mo­ra­ti­va del por­ta­to resi­sten­zia­le, nel­la con­vin­zio­ne che il suo com­pi­to fos­se tutt’altro che assol­to. Così, il 30 ago­sto 1946, a die­ci gior­ni dal­la sol­le­va­zio­ne di San­ta Libe­ra, in cui alcu­ni par­ti­gia­ni, pro­te­stan­do con­tro l’Amnistia Togliat­ti e con varie riven­di­ca­zio­ni eco­no­mi­che e di car­rie­ra per i com­bat­ten­ti, ave­va­no ripre­so la stra­da del­la mon­ta­gna per poi riflui­re a segui­to di accor­di, con la media­zio­ne di Pci e Psiup, Andreo­ni lan­cia­va, con appo­si­to mani­fe­sto, il Movi­men­to di resi­sten­za par­ti­gia­na (Mrp). All’iniziativa, di con­tra­sto al Gover­no e di sfi­du­cia ver­so la Costi­tuen­te, pro­mos­sa da par­ti­gia­ni social­co­mu­ni­sti dis­si­den­ti. ave­va­no ade­ri­to soprat­tut­to ambien­ti liber­ta­ri mila­ne­si.

L’Mrp pas­sa all’azione il 23 otto­bre quan­do a Curi­no, pic­co­lo cen­tro del­le Pre­al­pi biel­le­si, arri­va­va la i Divi­sio­ne Cesa­re Bat­ti­sti. I pro­po­si­ti pote­va­no ricor­da­re quel­li di San­ta Libe­ra ma i par­ti­gia­ni con­ve­nu­ti attua­no una for­ma di pro­te­sta disar­ma­ta, una sor­ta di scio­pe­ro alla rove­scia, come quel­li che sta­va­no avve­nen­do per l’occupazione del­le ter­re, in cui si lavo­ra­va­no i ter­re­ni. La pro­te­sta ha la dif­fi­da di Pci e Psiup e dell’Anpi: in un fran­gen­te in cui i social­co­mu­ni­sti era­no al Gover­no, si era con­qui­sta­ta la Repub­bli­ca e quan­to altro, l’iniziativa veni­va facil­men­te bol­la­ta come pro­vo­ca­to­ria. L’Anpi di Biel­la, a tal pro­po­si­to, man­da­va, come invia­to di “Bai­ta”, Fran­ce­sco Mora­ni­no, il Coman­dan­te Gemi­sto, che ben altre gra­ne avreb­be dovu­to affron­ta­re, e pro­prio a pro­po­si­to di par­ti­gia­ni nell’Italia libe­ra­ta, il qua­le reso­con­ta­va l’esperienza stig­ma­tiz­zan­do­la. Ai fat­ti di Curi­no si pose fine a stret­tis­si­mo giro con l’arresto degli orga­niz­za­to­ri, tra cui ovvia­men­te Andreo­ni che, comun­que, rice­ve­va la soli­da­rie­tà di San­dro Per­ti­ni. Infrut­tuo­se si era­no rive­la­te le per­qui­si­zio­ni in cer­ca di armi pres­so le sedi Mrp a Mila­no.

Si con­clu­de­va così l’ultima mani­fe­sta­zio­ne di insof­fe­ren­za par­ti­gia­na in Ita­lia. E per Andreo­ni, come per tut­ti gli espo­nen­ti di quel­le cul­tu­re poli­ti­che che sta­va­no per esse­re taglia­te fuo­ri dal­la divi­sio­ne del mon­do in bloc­chi, si apre un perio­do incer­to, che non di rado coin­ci­de con la via del tra­mon­to. In Andreo­ni l’insofferenza ver­so il Pci e ver­so l’Urss si tra­sfor­ma in anti­co­mu­ni­smo, chia­ra­men­te non con­tro il comu­ni­smo nei suoi prin­cì­pi in astrat­to ma con­tro la sua rea­liz­za­zio­ne ed i suoi rap­pre­sen­tan­ti. Ciò lo por­ta ad ade­ri­re alla Scis­sio­ne di palaz­zo Bar­be­ri­ni l’11 gen­na­io 1947, a segui­to di Giu­sep­pe Sara­gat, con la fon­da­zio­ne del Par­ti­to socia­li­sta dei lavo­ra­to­ri ita­lia­ni (Psli), fina­liz­za­to a rac­co­glie­re tut­te le sen­si­bi­li­tà socia­li­ste a vario tito­lo volen­te­ro­se di rom­pe­re l’unità d’azione con il Pci. Anco­ra una vol­ta, vec­chi rifor­mi­sti accan­to a gio­va­ni rivo­lu­zio­na­ri. Un’unione rap­pre­sen­ta­ta dal sim­bo­lo del par­ti­to: la fal­ce e mar­tel­lo comu­ni­sta, in Ita­lia pre­sen­te anche nel sim­bo­lo Psi, sovrap­po­sta alle Tre frec­ce, il logo idea­to dal bio­so­cio­lo­go rus­so – tede­sco Ser­gei Tscha­cho­tin con fina­li­tà anti­na­zi­ste, e adot­ta­to da diver­si par­ti­ti socia­li­sti nel mon­do.

Dive­nu­to, come det­to, Diret­to­re dell’organo “L’Umanità”, il 13 ago­sto 1948, Andreo­ni fa lo sci­vo­lo­ne che ne avreb­be per sem­pre segna­to la fama.

Il par­ti­to di Sara­gat si sareb­be tra­sfor­ma­to in Par­ti­to socia­li­sta demo­cra­ti­co ita­lia­no (Psdi), appiat­ti­to su posi­zio­ni gover­na­ti­ve al cospet­to di un mode­stis­si­mo segui­to elet­to­ra­le. Sareb­be sta­to but­ta­to defi­ni­ti­va­men­te fuo­ri dal­la sce­na poli­ti­ca con Tan­gen­to­po­li, anche se for­mal­men­te esi­ste anco­ra oggi.

Intuen­do que­sta deri­va, Andreo­ni, sem­pre impe­gna­to a tro­va­re una ter­za via che con­ci­lias­se giu­sti­zia socia­le e liber­tà civi­li, se ne era allon­ta­na­to. Nel 1953 si face­va pro­mo­to­re dell’Unione socia­li­sta indi­pen­den­te (Usi), il par­ti­to pro­mos­so da Aldo Cuc­chi e Val­do Magna­ni che rac­co­glie­va diver­se figu­re sto­ri­che di dis­si­den­ti incro­cia­ti nel­la sto­ria qui rico­strui­ta e che espri­me­va sim­pa­tie ver­so il Socia­li­smo plu­ra­le auto­ge­sti­to del­la Jugo­sla­via.

Rot­to il pat­to d’azione Pci – Psi, Andreo­ni si fa soste­ni­to­re del­la con­fluen­za dell’Usi in quest’ultimo, sta­bi­li­ta al II Con­gres­so, quel­lo di scio­gli­men­to, del feb­bra­io 1957, ma egli non fa in tem­po a vede­re com­piu­to il suo pro­po­si­to. Alle ore 20.00 dell’8 mar­zo suc­ces­si­vo, men­tre si tro­va­va a bor­do dell’autobus del­la linea cele­re E, nel trat­to tra piaz­za Bolo­gna e via Livor­no, Car­lo Andreo­ni vie­ne còl­to da para­li­si car­dia­ca e muo­re.

Sil­vio Anto­ni­ni

 

 

 

RELATED ARTICLES

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui

Ultimi Articoli

Riceviamo e pubblichiamo

Articoli più letti

Redazione di Lotta Continua