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«Il comunismo per noi non è uno stato di cose che debba essere instaurato, un ideale al quale la realtà dovrà conformarsi. Chiamiamo comunismo il movimento reale che abolisce lo stato di cose presente. Le condizioni di questo movimento risultano dal presupposto ora esistente»

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Italia: paese della sottoccupazione

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Potremo anche dubitare dei dati Ocse ma da sempre sappiamo che il nostro paese presenta un elevato numero di disoccupati e sottoccupati con grandi sperequazioni tra aree geografiche che poi sono anche disparità economiche crescenti.
Possiamo discettare a lungo sulle cause di questi fenomeni, attribuirne la causa alla Globalizzazione ma l'Italia le disuguaglianze crescono ogni giorno, anzi diventano sempre più intricate e complesse, ragion per cui i dati Ocse confermano quanto già sappiamo e di cui in pochi, e malvolentieri, intendono parlare.

Oltre al paese dei giovani che non studiano e non lavorano abbiamo tanti posti di lavoro che nell'arco di pochissimi anni potrebbero scomparire in virtu' dei processi di ristrutturazione o di automazione, l'arrivo della ennesima rivoluzione tecnologica potrebbe essere fatale per tanti posti di lavoro senza che , nel frattempo, si stia correndo ai ripari con percorsi formativi atti a riqualificare i lavoratori impiegandoli in altre mansioni. Ma un numero ancora più elevato di lavori potrebbe subire la stessa sorta o cambiamenti radicali senza i quali toccherebbe loro la stessa sorte degli altri (la soppressione). C'è da chiedersi se il nostro paese sia veramente in grado di affrontare la sfida tecnologica.

Tra i principali elementi di preoccupazione la altissima quota di lavoro temporaneo, decisamente superiore alla media Ocse (15,4% mentre la media Ocse è dell’11,2%)

Stesso discorso vale per il part time, anche in questo caso la media italiana supera quella europea, quindi siamo il paese con lavori precari e con il preoccupante fenomeno della sottoccupazione che da 10 anni ad oggi è cresciuto a dismisura. E nella sottoccupazione le donne fanno la parte del leone, ovviamente insieme ai giovani. Questa è la impetuosa fotografia del mercato del lavoro operata dall'Ocse che ovviamente tira le orecchie all'Italia per la carenza, o assenza, di percorsi formativi, di quelle politiche attive del lavoro che da anni non esistono e che ora si vorrebbe invece scaricare sulla contrattazione collettiva, sugli Enti bilaterali, su organismi ai quali demandare compiti che dovrebbero essere propri dello Stato o dei datori di lavoro.

Sta proprio qui la contraddizione principale: invece di rilanciare salari e occupazioni, il sindacato si candida a cogestire i problemi con il capitale offrendo magari la sua rete di servizi per la formazione. Poi ci chiediamo la ragione della scarsa conflittualità nei luoghi di lavoro e di contratti a perdere firmati da anni...

Federico Giusti – Lotta Continua Pisa

 

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