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«Il comunismo per noi non è uno stato di cose che debba essere instaurato, un ideale al quale la realtà dovrà conformarsi. Chiamiamo comunismo il movimento reale che abolisce lo stato di cose presente. Le condizioni di questo movimento risultano dal presupposto ora esistente»

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La storia ignobile delle cariche nel Primo Maggio torinese.

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Nella manifestazione del 1° Maggio torinese, mentre continua a calare la partecipazione dei lavoratori inquadrati negli spezzoni del sindacato istituzionale, da un po' di anni è in crescita la presenza delle forze di polizia. Quest’anno, peraltro in assenza di una qualche apparente logica motivazione, il controllo poliziesco ha raggiunto livelli spropositati: sbarrate tutte le vie laterali che portano alla piazza dei comizi, portici presidiati, il grande spezzone del movimento notav e dell’opposizione sociale marcati stretti dagli uomini in divisa. Che ci facevano questi solerti “lavoratori” muniti di scudi e manganelli al corteo della “festa” del 1°Maggio? Mandati da chi?

Lo sbarramento della polizia ha spezzato la manifestazione in due cortei. Davanti il primo segmento con la triplice alleanza sindacale (a cui il neosegretario Cgil Landini ha lanciato dalle colonne de la Repubblica l’amo dell’unificazione), con al seguito tutta la famiglia delle istituzioni e dei partiti…quasi che il 1° maggio fosse un appuntamento istituzionale al pari di un 2 giugno. Un blocco, piccolo nei numeri, con dentro “cani e porci”, segnaliamo tra gli altri tal Agostino Ghiglia, già noto picchiatore fascista dei tempi andati ora dirigente Fratello d’Italia, Roberto Rosso anch’egli candidato FdI alle elezioni prossime (ora possono partecipare al corteo del 1° maggio perché “non è più una festa comunista”), Alberto Cirio candidato del centro-destra alle elezioni regionali del Piemonte, figuri incappati nella rete di Mani Pulite, Sitav di vario orientamento politico. Un corteo questo, silenzioso, stanco, impegnato a eseguire un rituale di cui è andato perso il significato originale. Dietro, separato dai cordoni della polizia, quasi a voler evitare il contagio, un altro corteo, affollato, multiforme e variegato come età e ragioni che si vogliono rappresentare composto dalle varie realtà dell’opposizione sociale con una forte presenza del movimento Notav. A separare i due cortei non solo la polizia, ma anche una diversità e lontananza di linguaggi, di proiezioni sul futuro, di legami con la tradizione delle lotte degli oppressi.

I giornali hanno raccontato, naturalmente a modo loro, la cronaca del corteo bloccato dalla polizia a pochi metri dalla piazza del comizio finale, con le cinghiate, le manganellate testimoniate anche dai video che circolano sul web. Lo scopo era quello di impedire che l’opposizione entrasse in piazza San Carlo quando i comizi non erano ancora terminati. Si trattava di impedire il manifestarsi delle sicure contestazioni a un ceto politico-sindacale responsabile del deterioramento delle nostre condizioni di vita. Un compito eseguito al prezzo, non indifferente, di limitare il diritto a manifestare.

Dal Comune a guida pentastellata è stata avanzata la proposta di una manifestazione alternativa per il futuro. Una proposta che va rimandata al mittente senza alcun dubbio. Nostro compito è quello di recuperare pienamente il valore politico e conflittuale del Primo Maggio e riconsegnarlo nelle mani dei legittimi proprietari: i soggetti che aspirano a uscire dalle moderne servitù, ad un salario dignitoso, alla liberazione dal bisogno.

Nodo di Torino della Redazione Lotta Continua.

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